Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18406 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18406 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
R.G.N. 28018/20
C.C. 11/06/2025
ORDINANZA
Vendita internazionale -Beni mobili -Giurisdizione -Luogo di esecuzione dell’obbligazione sul ricorso (iscritto al N.R.G. 28018/2020) proposto da: COGNOME NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C. VAT.: NUMERO_DOCUMENTO), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 323/2020, pubblicata il 17 luglio 2020, notificata a mezzo PEC il 1° settembre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11 giugno 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
viste le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ai sensi dell’art. 380 -bis .1., primo comma, secondo periodo, c.p.c., che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1., primo comma, terzo periodo, c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 23 ottobre 2017, la COGNOME NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Pordenone, la RAGIONE_SOCIALE società con sede in Canada, al fine di sentirla condannare al pagamento del saldo della fattura n. 47 del 28 febbraio 2017, per l’importo di USD 136.648,67, pari ad euro 127.333,00 al cambio del 23 aprile 2017, oltre rivalutazione monetaria e interessi di mora, a fronte della intervenuta vendita internazionale di beni mobili e della consegna del materiale ordinato.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE la quale eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in favore del giudice canadese, poiché il luogo dell’obbligazione
dedotta in giudizio doveva individuarsi in quello di adempimento dell’obbligazione caratteristica della vendita, ossia il luogo di effettiva consegna e destinazione della merce -nel caso di specie in Weston (Toronto) in Ontario, Canada -e, nel merito, contestava la fondatezza della pretesa.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 190/2019, depositata il 27 febbraio 2019, notificata il 29 marzo 2019, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in favore della giurisdizione del giudice canadese, e condannava parte attrice alla refusione, in favore di parte convenuta, delle spese di lite.
2. -Con atto di citazione notificato il 3 aprile 2019, la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’erronea interpretazione dell’art. 3, secondo comma, della legge n. 218/1995, ai fini di ritenere applicabile al caso di specie la disciplina del Regolamento UE n. 1215/2012, sostitutiva del Regolamento CE n. 44/2001, in quanto disposizioni sostitutive della Convenzione di Bruxelles del 1968; 2) l’erronea individuazione della giurisdizion e sulla scorta del criterio di collegamento previsto dall’art. 7, lett. b), primo alinea, del Regolamento UE n. 1215/2012 -secondo cui nella compravendita di beni mobili la giurisdizione sarebbe appartenuta al giudice del luogo di consegna dei beni, indipendentemente dall’obbligazione dedotta in giudizio -, in luogo dell’art. 5, primo comma, della Convenzione di Bruxelles del 1968 -secondo cui, in materia contrattuale, la giurisdizione apparteneva al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giud izio fosse stata o dovesse essere eseguita -; 3) l’improprio riferimento ai
precedenti di legittimità citati per individuare la giurisdizione; 4) l’indebita condanna alla refusione delle spese di lite, poiché, quand’anche il difetto di giurisdizione del giudice italiano fosse stato confermato, la decisione si sarebbe discostata radicalmente dal dettato normativo europeo e nazionale, il che avrebbe giustificato la compensazione delle spese di lite.
Si costituiva nel giudizio d’appello la RAGIONE_SOCIALE la quale instava per il rigetto dell’appello, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Trieste, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che, al fine di individuare la giurisdizione nel caso di specie occorreva fare applicazione dell’art. 3, secondo comma, della legge n. 218/1995, ai sensi del quale avrebbe dovuto farsi riferimento ai criteri stabiliti dalla Convenzione di Bruxelles del 22 settembre 1968 e successive modificazioni in vigore per l’Italia, applicabili anche allorché il convenuto non fosse stato domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, purché in materie, come la compravendita di beni mobili, comprese nel campo di applicazione della Convenzione; b ) che, in sostanza, la norma in concreto applicabile sarebbe stata certamente l’art. 7, lett. b), primo alinea, del Regolamento UE 12 dicembre 2012, n. 1215, sostitutivo dell’art. 5, n. 1, lett. b), del Regolamento CE 22 dicembre 2001, n. 44, quali disposizioni sostitutive della Convenzione di Bruxelles del 1968; c ) che, in adesione alla giurisprudenza comunitaria, il
criterio del luogo della consegna materiale della merce oggetto del contratto era il criterio da preferire, poiché presentava un alto grado di prevedibilità e rispondeva ad un obiettivo di prossimità, in quanto avrebbe garantito l’esistenza di una stretta correlazione tra il contratto e il giudice chiamato a conoscerne: in linea di principio, i beni che costituiscono l’oggetto del contratto devono trovarsi in tale luogo dopo l’esecuzione dello stesso; d ) che non vi erano elementi idonei a giustificare una diversa interpretazione, anche perché era la stessa legge italiana in materia di diritto internazionale privato a prevedere l’applicazione, ai soggetti non domiciliati nel territorio di uno Stato contraente, anche delle modifiche successive della Convenzione di Bruxelles purché in vigore per l’Italia, in quanto si fosse trattato di una delle materie comprese nel campo della Convenzione, come la vendita.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la COGNOME NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
-Il Pubblico Ministero ha presentato conclusioni scritte, come già rassegnate in epigrafe.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, secondo comma, della legge n. 218/1995, con la conseguente applicabilità della Convenzione di
Bruxelles, per avere la Corte di merito ritenuto applicabile, ai fini dell’individuazione della giurisdizione, anche allorché il convenuto non fosse stato domiciliato nel territorio di uno Stato membro, purché in materie, come la compravendita di beni mobili, comprese nel campo di applicazione della Convenzione, l’art. 7, lett. b), primo alinea, del Regolamento UE n. 1215/2012, sostitutivo dell’art. 5, n. 1, lett. b), del Regolamento CE n. 44/2001, quali disposizioni sostitutive della Convenzione di Bruxelles del 1968, benché i regolamenti si applicassero solo ed esclusivamente tra gli Stati aderenti, cosicché il regolamento europeo non avrebbe potuto essere applicato ad un soggetto con sede in Canada.
Osserva l’istante che i Regolamenti CE n. 44/2001 e UE n. 1215/2012 si sarebbero sostituiti alla Convenzione di Bruxelles limitatamente agli Stati membri, con l’effetto che, nelle controversie in cui il convenuto non fosse stato domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, i regolamenti non sarebbero stati applicabili, ma avrebbe trovato applicazione la Convenzione di Bruxelles del 1968.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, primo comma, della Convenzione di Bruxelles del 1968, con il consequenziale criterio di collegamento del luogo di esecuzione dell’obbligazione concretamente dedotta in giudizio, per avere la Corte territoriale reputato che la giurisdizione appartenesse al giudice del luogo di consegna materiale dei beni, ossia il Canada, dove aveva sede la convenuta, indipen dentemente dall’obbligazione in concreto
dedotta in giudizio, rappresentata dall’obbligazione di pagamento del prezzo, che avrebbe imposto di individuare la giurisdizione in ragione del luogo di esecuzione di detta obbligazione.
2.1. -I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondati.
Si premette che, ai sensi dell’art. 374, primo comma, secondo periodo, c.p.c., la questione di giurisdizione può essere decisa dalle Sezioni semplici, poiché sulla stessa si sono già pronunciate le Sezioni unite, ancorché non sullo specifico caso, affermando sul punto chiari e precisi principi informatori, suscettibili di rappresentare una guida orientativa per le Sezioni semplici (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7152 del 17/03/2025; Sez. U, Sentenza n. 1599 del 19/01/2022).
Ora, passando al merito della questione, in tema di giurisdizione del giudice italiano, allorché il convenuto non sia domiciliato in uno Stato membro dell’Unione Europea, la giurisdizione deve essere verificata alla stregua dei criteri stabiliti dall’art. 7 del Regolamento (UE) n. 1215 del 2012 (applicabile ratione temporis ), per le controversie in materia contrattuale, individuando l’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio, fatta salva la previsione di un foro esclusivo convenzionale in favore del giudice di un determinato Stato (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 19571 del 10/07/2023; Sez. U, Ordinanza n. 11346 del 02/05/2023; Sez. U, Ordinanza n. 20633 del 28/06/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 35784 del 22/11/2021; Sez. U, Sentenza n. 17566 del 28/06/2019; Sez. U, Ordinanza n. 32362 del 13/12/2018; Sez.
U, Ordinanza n. 24279 del 14/11/2014; Sez. U, Ordinanza n. 1134 del 21/01/2014; Sez. U, Ordinanza n. 21191 del 05/10/2009).
Pertanto, anche qualora la controversia abbia ad oggetto il pagamento della merce, la giurisdizione deve essere individuata con riferimento al luogo della sua consegna.
Sicché, in caso di controversia su materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ove il convenuto non sia domiciliato in uno Stato membro dell’UE, la giurisdizione italiana sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215 del 2012, che ha sostituito il Regolamento (CE) n. 44 del 2001, a sua volta sostitutivo della predetta convenzione, stante la natura ‘mobile’ del rinvio a quest’ultima ex art. 3, secondo comma, della legge n. 218 del 1995 (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2481 del 02/02/2025; Sez. U, Ordinanza n. 9971 del 12/04/2024).
3. -Con il terzo (subordinato) motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92, secondo comma, c.p.c. e/o la nullità della sentenza o del procedimento, in ragione della sussistenza dei presupposti per la compensazione delle spese di lite, per avere la Corte distrettuale disposto la condanna del soccombente al pagamento di tali spese, benché vi fosse stato un mutamento di giurisprudenza sull’individuazione della giurisdizione.
3.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, secondo il richiamato e consolidato orientamento nomofilattico, sin dall’instaurazione della lite (avvenuta con atto
di citazione del 23 ottobre 2017), le Sezioni unite hanno individuato la giurisdizione nel luogo di consegna della merce, secondo il plesso normativo già emarginato.
4. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda