Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 6443 Anno 2025
Civile Sent. Sez. U Num. 6443 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
proprio precedente n. 5569/2023, con il quale, nell’ambito di un regolamento preventivo di giurisdizione reso in relazione a giudizio pendente dinanzi al Giudice di Pace di Napoli, tra le stesse parti, si è affermata la giurisdizione della Corte dei Conti , ha ritenuto che fosse necessario un ulteriore approfondimento in merito alla questione, posta nel presente ricorso con motivo di giurisdizione, circa la sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti rispetto ad una azione risarcitoria come quella proposta dall’RAGIONE_SOCIALE.
Il P.G. ha depositato nuova memoria, reiterando la richiesta di accoglimento del primo motivo del ricorso ADER.
La resistente RAGIONE_SOCIALE ha depositato nuova memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La ricorrente ADER lamenta: a) con il primo motivo, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario rispetto all’azione risarcitoria diretta dell’Ente impositore nei confronti dell’ Agente della Riscossione per responsabilità per mancato tempestivo introito delle pretese erariali, spettando la giurisdizione alla Corte di Conti; b) con il secondo motivo, ex art. 360 n. 3 c.p.c., l’inammissibilità della suddetta azione risarcitoria, stante il mancato preventivo esperimento delle procedure ex artt. 19 e 20 d.lgs. 112/1999; c) con il terzo motivo, ex art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 20 d.lgs. 112/1999,
essendo doverosa la rideterminazione del quantum debeatur nei limiti di quanto previsto dall’art. 20 d.lgs. 112/1999.
Lamenta ADER che il richiamo a quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella pronuncia n. 11385/2016 è inconferente: la fattispecie in esame in tale pronuncia riguardava, infatti, la responsabilità degli amministratori della RAGIONE_SOCIALE per fatti accaduti tra il 2000 e il 2005, quando detta società di capitali non operava sicuramente come società « in house ». Invece, dal 2013 in poi, per effetto di una modifica statutaria del 2017, l’ente ha rivestito natura pubblicistica di società « in house », soggetta alla disciplina di cui al d.lgs. n. 175 del 19 agosto 2016, cosicché, avuto riguardo al momento della proposizione della domanda (2020), il danno al patrimonio della società partecipata -mera longa manus della pubblica amministrazione, nella formazione di ruoli coattivi, poi affidati all’agente della riscossione affinché questi provveda alla loro riscossione secondo le norme vigenti in materia di esazione delle imposte sui redditi, disciplina questa integralmente pubblicistica -si configura come danno erariale e la giurisdizione della responsabilità contabile, nella specie di ADER quale agente contabile, spetta alla Corte di Conti.
In subordine, la ricorrente COGNOME denuncia l’inammissibilità della domanda, stante il mancato rispetto della lex specialis , dettata segnatamente dagli artt.19 e 20 del d.lgs. 112/1999, che, nel disciplinare la responsabilità dell’esattore, prevedono la necessità di un previo procedimento amministrativo tra le parti, nella specie del tutto obliato: n on sarebbe ammissibile un’azione risarcitoria diretta nei confronti dell’Agente della riscossione per farne valere la responsabilità per mancato, tempestivo, introito delle pretese erariali senza il previo esperimento delle procedure D.Lgs. n. 112 del 1999, ex artt. 19 e 20.
Si lamenta poi l’erroneità della quantificazione del danno patrimoniale, con violazione e falsa applicazione dell’art. 20 d.lgs. 112/1999.
Il precedente n. 5569/2023 su regolamento preventivo di giurisdizione in controversia del tutto sovrapponibile alla presente (Azienda Napoletana mobilità
ha intrapreso, dopo il 2017, una serie di azioni risarcitorie dinanzi al giudice di pace di Napoli nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, Agenzia Entrate Riscossione).
Questa Corte, con ordinanza n. 5569/2023, si è pronunciata, affermando la sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti, in un regolamento preventivo di giurisdizione promosso da Agenzia delle Entrate-Riscossione: il giudizio, pendente davanti al giudice di pace di Napoli, era stato promosso, nel settembre 2020, nei confronti della prima, dalla RAGIONE_SOCIALE per sentir accertare e dichiarare l’inadempimento contrattuale e la responsabilità del Concessionario dell’Agenzia delle entrate in ordine alla riscossione, per il mancato introito della somma iscritta a ruolo a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, irrogata con cartella di pagamento emessa nei confronti di un privato e, per l’effetto, condannare la convenuta al pagamento, in favore di essa attrice, della somma di Euro 139,00, oltre maggiorazione del 10%, per ogni semestre di ritardo a decorrere dalla notifica dell’ordinanza-ingiunzione alla data della trasmissione del ruolo del concessionario ed interessi moratori (o, in subordine, legali), con la ulteriore condanna accessoria dello stesso concessionario, ai sensi dell’art. 1226 c.c., al risarcimento del danno da immagine da liquidarsi in via equitativa, nonché al pagamento delle spese giudiziali.
La ricorrente ADER invocava il difetto assoluto di giurisdizione o, in via gradata, l’appartenenza della cognizione sulla controversia in questione alla giurisdizione contabile, sul presupposto che l’azione avrebbe dovuto ritenersi esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE per conseguire quanto asseritamente dovuto da essa ADER nella qualità di agente contabile nell’ambito della propria gestione e, quindi, ricadendo la domanda nella materia della contabilità pubblica, ovvero, in linea più subordinata, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore di quello amministrativo.
La controricorrente RAGIONE_SOCIALE contestava l’eccepito difetto di giurisdizione del giudice ordinario, deducendo, in primo luogo, la sua qualità di soggetto di diritto privato, il cui patrimonio sociale non può considerarsi di natura pubblica, ovvero riconducibile a quello di un ente pubblico
e, in secondo luogo, che la controversia dalla stessa intentata non aveva ad oggetto i rapporti di dare ed avere con riferimento a denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, bensì atteneva ad un inadempimento contrattuale di riscossione del credito – affidato all’ADER.
Questa Corte ha rilevato che le due questioni di fondo, poste dal regolamento di giurisdizione, vertevano, l’una, sulla natura giuridica dell’RAGIONE_SOCIALE e, l’altra, sulla disciplina normativa applicabile con riferimento al rapporto tra la società RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE
Quanto al primo profilo, era da condividere la prospettazione di RAGIONE_SOCIALE in ordine alla qualificazione, sulla base delle disposizioni statutarie richiamate, dell’A.RAGIONE_SOCIALE quale « società in house », facente capo al Comune di Napoli, caratterizzandosi la stessa « come un’azienda pubblica controllata dalla municipalizzata Napoli RAGIONE_SOCIALE e concessionaria del servizio di trasporto pubblico locale nella città di Napoli e nella circostante città metropolitana »; in tale qualità risultava essere stato sottoscritto il contratto tra le due società per la gestione del servizio urbano e metropolitano, affidata secondo le modalità dell’ in house providing , per cui, anche alla stregua di questa conferente impostazione, doveva essere riconosciuta alla citata A.N.M. natura pubblicistica, in virtù della sopravvenuta disciplina generale di cui al D.Lgs. n. 175 del 2016.
Sul secondo aspetto, questa Corte ha rilevato che l’ARAGIONE_SOCIALE, pur sul presupposto della riconosciutale legittimazione a formare, unilateralmente e stragiudizialmente, i ruoli coattivi, era tenuta poi ad affidarne la fase della riscossione al competente agente contabile (v. Cass. SU n. 16014/2018 e SU n. 760/2022), affinché questi provvedesse alla loro esazione sulla base delle norme vigenti in materia di recupero delle imposte e, quindi, per legge e non sulla scorta di un rapporto contrattuale tra la stessa società RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE
Si è affermato che le funzioni giurisdizionali, di controllo e consultive, della Corte dei conti sono indirizzate, in base alla normativa di settore, nei confronti degli enti pubblici non delle società di capitali; per effetto, però, della progressiva introduzione di disposizioni imperative, tra cui il D.Lgs. n. 175 del 2016, recante il testo unico delle società a partecipazione pubblica, il suddetto controllo si era
esteso alle società partecipate da enti pubblici (art.12, comma 2). Particolare rilievo hanno assunto le « società in house » , definite (art.2, comma 1, del citato d.lgs.) come « le società sulle quali un’amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, nelle quali la partecipazione di capitali privati avviene nelle forme di cui all’art. 16, comma 1, e che soddisfano il requisito dell’attività prevalente di cui all’art. 16, comma 3 »; per « controllo analogo », ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c) del detto D.Lgs., s’intende « la situazione in cui l’amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante».
Nella specie, l’RAGIONE_SOCIALE – attrice nel giudizio nel corso del quale era stato formulato il regolamento ai sensi dell’art. 41 c.p.c. – era qualificabile, come da statuto, « società in house » che esercita il servizio di trasporto pubblico locale sul territorio del Comune di Napoli ed era totalmente partecipata dalla società RAGIONE_SOCIALE, a sua volta « società in house » del Comune di Napoli, dal quale è totalmente partecipata; di conseguenza, ai sensi del menzionato lo stesso D.Lgs. n. 175 del 2016, art. 12, comma 1, il danno al patrimonio della RAGIONE_SOCIALE , arrecato da condotte di amministratori e dipendenti, è qualificabile come danno erariale ed il conseguente giudizio di responsabilità è attratto alla giurisdizione della Corte dei Conti.
Invero, rispondono dinanzi alla Corte dei conti « non solo i soggetti che abbiano un rapporto organico con la “società in house” (dipendenti e amministratori o, deve aggiungersi, i sindaci), ma anche i soggetti che, pur non avendo con la società un rapporto organico, abbiano tuttavia un rapporto di servizio facendo parte dell’organizzazione della società, come appunto il suo agente della riscossione ». Nel caso in esame, ci si trovava di fronte ad un’azione di danno esercitata dalla « società in house », che gestisce il servizio di trasporto pubblico locale su un territorio comunale, nei confronti del suo agente contabile per non aver tempestivamente riscosso un importo iscritto in ruoli ad esso consegnati.
Si verteva quindi (stante la presenza di un agente contabile, tale dovendo qualificarsi l’Agenzia delle entrate Riscossione, e di un’amministrazione pubblica, una società in house di ente territoriale, al cui servizio operava l’agente contabile, con conseguente maneggio di denaro pubblico) in materia di giurisdizione contabile, dovendo qualificarsi, in senso lato, « giudizio di conto » ogni controversia tra società concessionaria del servizio di riscossione e l’ente impositore, che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare ed avere e il risultato finale di tali rapporti (cfr., ad es., Cass. SU n. 5559/2010 e SU n. 16014/2018).
Ma l’azione non era « propriamente inquadrabile nè nelle forme di un giudizio di responsabilità amministrativo-erariale, essendo di essa titolare il Pubblico Ministero contabile, nè nelle forme di un giudizio di conto, che si instaura ex lege con il deposito del conto giudiziale, deposito che nel caso che ci occupa, al tempo della proposizione della domanda giudiziale, non era (ancora) avvenuto ».
Il giudizio nella cui pendenza era stato proposto il regolamento preventivo di giurisdizione doveva quindi inquadrarsi tra « gli altri giudizi ad istanza di parte », disciplinati dagli artt. 172 e ss. del c.g.c. (di cui al d. lgs. n. 174/2016), e precisamente nella categoria residuale di cui alla lettera d) dell’art. 172 di detto codice, tra i giudizi ad istanza di parte in materia di contabilità pubblica, nei quali siano interessati anche persone o enti diversi dallo Stato. Si tratta di una categoria « apert a» di giudizi, che non necessariamente sono tipizzati dalla legge, ma che, afferendo comunque agli obblighi e alla responsabilità di gestione di denaro e valori pubblici da parte di un dipendente, di un amministratore o, come nel caso che ci occupa, di un soggetto (ADER) incaricato di un pubblico servizio e qualificabile come agente contabile di un ente (sotto forma di « società in house ») titolare di un patrimonio pubblico, riguardano l’ampia materia della « contabilità pubblica » e sono attratti alla giurisdizione della Corte dei Conti (v., sostanzialmente in termini, Cass. SU n. 22810/2020).
L’azione quindi, venendo un rilievo un danno erariale subito da RAGIONE_SOCIALE per effetto dell’operato di ADER , andava proposta davanti alla Corte dei Conti.
3. L’Ordinanza interlocutoria all’esito adunanza 14/5/2024.
Nell’ordinanza interlocutoria n. 18648/2024, con la quale si è disposto rinvio della causa dall’adunanza camerale del 14/5/2024, in udienza pubblica, si è evidenziato come, a seguito dell’ordinanza di queste Sezioni Unite n. 5569/2023, la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale Regionale per la Campania, investita in varie controversie delle domande risarcitorie della RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, pur affermata la giurisdizione contabile, ai sensi dell’art. 103, comma 2, Cost., e la legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE , stante la necessaria riconducibilit à del petitum alla categoria, residuale, dei giudizi ad istanza di parte di cui all’art. 172 c.g.c., ha ritenuto, in base al potere -dovere di qualificazione giuridica dei fatti e di individuazione delle norme applicabili, di dovere procedere alla « riqualificazione» della domanda, da intendere «non in senso meramente risarcitorio » (risultando « estranee finalit à tipicamente risarcitorie, rientranti nel diverso paradigma della responsabilit à amministrativa, di competenza esclusiva della Procura erariale, istituzionalmente deputata alla verifica, nel rispetto delle inderogabili garanzie istruttorie previste per il presunto responsabile, dei presupposti specifici della predetta responsabilit à »), ma quale azione dichiarativa relativa ad un rapporto fra i due soggetti, parametrato al carico affidato, da riscuotere e non riscosso (per presunta condotta negligente), in sostanza coincidente con i crediti non riscossi in suo nome, e dunque finalizzata a ll’accertamento contabile dei rapporti di « dare-avere », rientrante in quelle proponibile ex art.172, lett.d), c.g.c. (Corte dei Conti sentenza n. 39/2023 della Sez. II App; Corte dei Conti ; Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale Campania, sentenze nn. sent. n. 445/2023, in controversia per ò tra un Comune e Agenzia Entrate Riscossione, n. 665/2023 e 706/2023; nn. 47/2024 e 48/2024, nn. 79/2024 e 80/2024, nn. 171/2024 e 172/2024, nn. 215 e 217/2024; e diverse altre).
In considerazione di ciò, si è ritenuto opportuno un ulteriore approfoondimento.
Il P.G., richiamando le conclusioni scritte depositate il 19/4/2024, ha aggiunto che la Corte dei Conti, II Sezione giurisdizionale centrale di appello, con la sentenza n. 39 del 21.2.2023 (cit. nell’ordinanza interlocutoria) ha affermato (in relazione ad un’azione svolta, ex art.172, comma 1, lett.d), c.g.c., dal Consorzio di Bonifica del Sannio nei confronti dell’agente della riscossione, per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al mancato assolvimento degli obblighi propri dell’attività di r iscossione demandatagli dal consorzio), accogliendo l’appello del Consorzio, che l’azione rientra nella giurisdizione contabile « facendosi questione della corretta gestione del danaro pubblico da parte di un agente contabile …» e nella categoria residuale di cui all’art. 172 c.g.c, ad iniziativa di soggetti diversi dal Pubblico Ministero, con l’unico limite della giurisdizione della Corte dei Conti, escludendosi, nel caso di specie, la legittimazione esclusiva del PM contabile, in quanto non rientrante nelle ipotesi di azione risarcitoria da responsabilità amministrativa (difettando ogni presupposto di una simile azione, danno erariale, condotta antigiuridica, nesso eziologico, elemento soggettivo); l’azione piuttosto doveva inquadrarsi tra le domande dichiarative di verifica contabile dei rapporti di dare/avere fra Consorzio e Agenzia di riscossione e di affermazione di eventuali ragioni di credito del primo verso la seconda.
Osserva il P.G. che l’eventuale diversa qualificazione della domanda da domanda risarcitoria a domanda di accertamento contabile -non incide sulla competenza del giudice contabile (Cass. SU n. 760/2022; Cass. SU n. 16014/2018).
Nella nuova memoria, la controricorrente RAGIONE_SOCIALE rileva che, nelle pronunce della Corte dei Conti citate nell’ordinanza interlocutoria, il profilo controverso atteneva però alla legittimazione attiva dell’ente impositore ( la RAGIONE_SOCIALE al fine di decidere in ordine alla sollevata eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dalla difesa Erariale nel giudizio in riassunzione ex art. 172 cgc) o del PM della Corte dei Conti.
Tale tema è estraneo alla presente controversia in cui si discute semmai della natura pubblica o meno dell’RAGIONE_SOCIALE
L’A.N.M. sostiene che RAGIONE_SOCIALE non ha la qualifica di agente contabile, atteso che l’A.RAGIONE_SOCIALE, per il quale l’RAGIONE_SOCIALE agisce, non è soggetto pubblico , ma soggetto di diritto privato e che la controversia azionata da RAGIONE_SOCIALE non ha ad oggetto i rapporti di dare ed avere con riferimento a denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, bensì attiene ad un inadempimento contrattuale di riscossione del credito – affidato ex lege all’ADER – con riferimento alle sanzioni irrogate per mancata esibizione del titolo di viaggio, e non riscosse per omessa notifica della cartella di pagamento e conseguente riscossione del credito con conseguente danno al patrimonio sociale della società, quale società azionaria di diritto privato (i cui poteri di vigilanza sulla gestione e sulla contabilità, attribuiti ai competenti organi sociali secondo gli ordinari criteri di diritto privato), come già sancito dalla Suprema Corte SSUU, giusta sentenza n. 11385 del 31.5.2016.
Il rapporto sussistente tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha i contenuti di un rapporto di mandato con rappresentanza ex lege , la cui responsabilità è disciplinata e rientra, ai sensi dell’art. 1710 c.c., nella responsabilità del concessionario incaricato al recupero del credito, e la responsabilità, fatta valere nel contenzioso promosso dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, è una responsabilità contrattuale discendente dal rapporto di mandato che sussiste ex lege tra il creditore e l’agente preposto alla riscossione/concessionario incaricato ex lege alla riscossione del credito
Di conseguenza, si ribadisce che alcuna giurisdizione del giudice contabile sia sussistente nel caso di specie, atteso che la stessa, come affermato dalla stessa parte ricorrente, attiene ai giudizi «…tra ente pubblico e agente della riscossione » di imposte/tributi ovvero di denaro pubblico.
I profili che sono da esaminare nel presente ricorso con motivo di giurisdizione attengono:
sia alla natura, pubblicistica, o meno della società attrice originaria (dinanzi al giudice di pace) -appellata (dinanzi al Tribunale) RAGIONE_SOCIALE – sia alla qualificazione della domanda in rapporto alla prospettata giurisdizione
contabile, anziché del giudice ordinario.
6.1.Quanto al primo aspetto, il Tribunale di Napoli ha ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE non poteva definirsi, in rapporto alle norme statutarie vigenti « nel periodo che interessa la presente controversia », una società « in house providing », in quanto nel suo statuto societario mancava una previsione volta ad escludere la possibilità di partecipazione al capitale anche di soci privati (richiamato il precedente di questa Corte a Sezioni Unite n. 11385/2016).
Nel controricorso, nel presente giudizio di cassazione, RAGIONE_SOCIALE sviluppa ulteriormente le proprie difese sul punto, sostenendo che la società è un ente privato e non pubblico, sia in generale, in relazione alla normativa in tema di società in house e suoi profili pubblicistici che non fanno venir meno la qualità di soggetto di diritto privato, sia nello specifico.
Nella sentenza n. 5569/2023, si è affermata la natura pubblica di RAGIONE_SOCIALE, ente impositore, sulla base delle disposizioni statutarie vigenti all’epoca dei fatti.
6.2. Altro aspetto di rilievo ai fini della giurisdizione è poi quello attinente alla qualificazione della domanda e la sua incidenza sulla decisione in punto di giurisdizione contabile.
Nella specie, l’azione proposta, dinanzi al giudice ordinario, da RAGIONE_SOCIALE è un’azione di risarcimento danni.
Questa Corte, nel precedente n. 5569/2023 di queste Sezioni Unite, nell’affermare la giurisdizione contabile, ai sensi dell’art. 103, comma 2, Cost., e la legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE (respinta l’eccezione di inammissibilit à dei ricorsi in riassunzione sollevata, in quella sede, da ADER), ha ritenuto che il petitum si potesse ricondurre alla categoria, residuale, dei giudizi « ad istanza di parte » di cui all’art. 172 c.g.c..
Oltre alle pronunce del giudice contabile richiamate nell’ordinanza interlocutoria, si possono evidenziare altre, con le quali la Corte dei Conti anche sulla base dell’ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 5569/2023, ha ribadito la giurisdizione contabile, ricondotto il petitum , debitamente riqualificato in termini di domanda volta alla mera verifica dei rapporti di dare-avere tra i soggetti del rapporto esattoriale, connessa « al presunto mancato incasso dei crediti iscritti a ruolo, in quanto la richiesta di
pagamento in realtà è coincidente con i crediti non riscossi a causa della asserita negligenza dell’agente della riscossione », alla categoria dei giudizi ad istanza di parte di cui all’art. 172 c.g.c. lett.d) (Sez. Campania, n. 174 del 22/3/24; Sez. giurisd. Campania, n. 299 del 4/6/2024; Sez. Giur. Campania, n. 706 del 12/12/23)
La prima questione: la natura pubblica o privata della società originaria attrice. Il quadro normativo.
7.1. L’art. 2, comma 1, lett. o), d.lgs. 19.8.2016, n. 175, Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, entrato in vigore il 23 settembre 2016, definisce le società in house come quelle « società sulle quali un’amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, nelle quali la partecipazione di capitali privati avviene nelle forme di cui all’articolo 16, comma 1, e che soddisfano il requisito dell’attività prevalente di cui all’articolo 16, comma 3 ».
L’art. 2, comma 1, lett. c), d. lgs. 175/2016, definisce il « controllo analogo » come « la situazione in cui l’amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante ».
Il primo comma dell’art. 26 (contenente disposizioni transitorie) recita: « Le società a controllo pubblico già costituite all’atto dell’entrata in vigore del presente decreto adeguano i propri statuti alle disposizioni del presente decreto entro il 31 luglio 2017. Per le disposizioni dell’articolo 17, comma 1, il termine per l’adeguamento è fissato al 31 dicembre 2017 ».
L’art. 12 d.lgs. n. 175 del 19 agosto 2016 stabilisce che « I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. È devoluta alla
Corte dei conti, nei limiti della quota di partecipazione pubblica, la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale di cui al comma 2 ».
Al comma 2, si qualifica espressamente come « danno erariale » il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione.
Il comma 1 conferisce, quindi, espressamente alla giurisdizione della Corte dei Conti il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house .
Giurisdizione contabile che concerne non solo i soggetti che abbiano un rapporto organico con la società in house (dipendenti e amministratori), ma anche i soggetti che, pur non avendo con tale società un rapporto organico, abbiano tuttavia un rapporto di servizio facendo parte dell’organizzazione della società, come appunto il suo Agente della riscossione (Cass. Sez. un., 5569/2023, in motivazione, pag. 12, ultimo periodo).
7.2. Si deve poi, sempre in generale, ribadire che, a norma degli artt. 103, comma secondo, Cost., 13 e 44 R.D. 12/7/1934, n. 1214, 9 d.P.R. 29/9/1973 n. 603, 127 d.P.R. 15/5/ 1963, n. 858, 1 d.lgs. 26/8/2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile), alla Corte dei conti è attribuita una giurisdizione tendenzialmente generale in materia di contabilit à pubblica (ancorch é secondo ambiti la cui concreta determinazione è rimessa alla discrezionalit à del legislatore), giurisdizione che riguarda ogni controversia inerente alla gestione di denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici da parte di un agente contabile (Cass. Sez. Un., 18/6/2018, n. 16014; Cass. Sez.Un. 16/11/2016, n. 23302; Cass. Sez.Un. 07/05/2003, n. 6956; Cass. Sez. Un., 07/12/1999, n. 862; Cass. Sez. Un., 29/05/2003, n. 8580; Cass. Sez. Un., 10/04/1999, n. 237).
È stato altres ì precisato che gli elementi essenziali e sufficienti perch é un soggetto rivesta la qualifica di agente contabile, ai fini della sussistenza della
giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilit à contabile, sono costituiti soltanto dal carattere pubblico dell’ente per il quale tale soggetto agisce e dalla natura parimenti pubblica del denaro o del bene oggetto della sua gestione, rimanendo irrilevante la natura privatistica del soggetto affidatario del servizio (cfr. Cass., Sez. Un., 24/03/2017, n. 7663; Cass., Sez. Un., 16/12/2009, n. 26280), cos ì come il titolo giuridico in forza del quale la gestione è svolta, che pu ò consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in una concessione amministrativa, in un contratto e perfino mancare del tutto, potendo il relativo rapporto modellarsi indifferentemente secondo gli schemi generali, previsti e disciplinati dalla legge, ovvero discostarsene in tutto od in parte (Cass., Sez. Un., 1/4/2020, n. 7645; Cass. 30/8/2019, n. 21871; Cass. Sez.Un., n. 16014/2018, cit.).
La giurisdizione contabile ha infatti natura tendenzialmente generale, dotata di propria vis expansiva in difetto di espresse limitazioni legislative, in materia di contabilit à pubblica (cos ì Cass. Sez.Un.n. 22810/2022; Cass. Sez. Un. 18/9/2017, n. 21546; v. pure Cass.,Sez. Un.19/5/2016, n. 10324).
7.3. E’ utile richiamare l a giurisprudenza di legittimità in tema di giudizio di conto tra concessionaria servizio riscossione imposte e agente incaricato della riscossione.
Questa Corte (Cass. SU 16014/2018; Cass. SU 760/2022) ha affermato che «la società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte, in quanto incaricata, in virtù di una concessione contratto, di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, del quale la stessa ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione ed il versamento, riveste la qualifica di agente contabile, ed ogni controversia tra essa e l’ente impositore, che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare e avere e il risultato finale di tali rapporti, dà luogo ad un “giudizio di conto » (nella specie, nella pronuncia del 2018, oggetto del giudizio era la pretesa risarcitoria avanzata dall’Agenzia delle Entrate in relazione alle inadempienze contestate alla societ à concessionaria del servizio di riscossione a causa della tardiva notificazione delle cartelle di pagamento, mentre, nella pronuncia del 2022, si è affermata la giurisdizione
contabile in una controversia in tema di risoluzione della concessione, disposta dall’Ente locale a seguito di misura interdittiva antimafia, ed anche sulla ulteriore domanda proposta dalla concessionaria, relativa alla declaratoria di illegittimità dell’atto di incameramento della polizza fideiussoria da parte del Comune). Si è ribadito come gli elementi essenziali e sufficienti perch é un soggetto rivesta la qualifica di agente contabile, ai fini della sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilit à contabile, sono costituiti soltanto dal carattere pubblico dell’ente per il quale tale soggetto agisca e dalla natura parimenti pubblica del denaro o del bene oggetto della sua gestione e che il giudizio di conto tra societ à concessionaria del servizio di riscossione delle imposte e l’ente impositore pu ò essere instaurato, oltre che su iniziativa officiosa, anche su iniziativa della stessa societ à concessionaria del servizio di riscossione, allorquando questa pretenda da parte dell’ente pubblico la corresponsione di compensi o la restituzione della cauzione versata, in forza, a decorrere dal 7 ottobre 2016, del d.lgs. 26 agosto 2016 n. 174 degli artt. 172 e segg. di tale decreto.
Ma al fine di radicare la giurisdizione della Corte dei Conti in relazione alla controversia tra un ente e l’agente incaricato della riscossione, perché qualificato agente contabile, si deve vertere in tema di « servizio di riscossione delle imposte o, comunque, della riscossione di denaro pubblico, dal momento che è proprio il “maneggio” di quest’ultimo a costituire il presupposto della sussistenza della giurisdizione contabile », il che non si verifica laddove manchi tanto la natura pubblica dell’ente che ha affidato il servizio quanto la natura pubblica del denaro di cui si contesta la mancata riscossione (Cass. SU 16125/2024, che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, in controversia avete ad oggetto il rapporto obbligatorio fra il consorzio di difesa delle produzioni intensive e il soggetto deputato alla riscossione dei contributi consortili mediante ruolo).
7.4. Le funzioni giurisdizionali di controllo e consultive della Corte dei Conti sono indirizzate, in base alla normativa di settore, nei confronti degli enti pubblici, nel cui novero non rientrano, per definizione, le società di capitali.
Tuttavia, come già chiarito nell’ordinanza n. 5569/2023, la progressiva introduzione di disposizioni imperative che devono essere osservate dalle società per azioni partecipate e l’utilizzo di risorse pubbliche nell’espletamento delle funzioni loro attribuite, spesso strumentali al raggiungimento di finalità istituzionali degli enti costitutori, ha comportato che, per un verso, molte delle società in questione sono attratte, per molteplici attività, nell’orbita pubblicistica e, per un altro verso, che le attività di verifica e controllo svolte nei confronti delle attività degli enti pubblici hanno ad oggetto anche i rapporti con le società partecipate e le modalità di applicazione dei vincoli di finanza pubblica da parte di queste ultime.
Nella specie, RAGIONE_SOCIALE è una società per azioni; una società privata, quindi, ma con partecipazione azionaria pubblica del Comune di Napoli e affidataria in house del servizio di trasporto pubblico locale, che svolge sulla base di contratti d servizio stipulati con il Comune di Napoli.
Rileva il PG che RAGIONE_SOCIALE, società in house , subisce il controllo analogo del Comune di Napoli e quindi , ai sensi dell’art.12, comma 1, del d.lgs. 176/2016, il danno al patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, arrecato da condotte di amministratori e dipendenti, è qualificabile come danno erariale e il conseguente giudizio di responsabilità è attratto dalla giurisdizione della Corte di Conti.
RAGIONE_SOCIALE è poi concessionaria del servizio di trasporto pubblico locale nella città di Napoli e nella circostante città metropolitana. Il contratto 18.12.2014 tra RAGIONE_SOCIALE e Napoli RAGIONE_SOCIALE per la gestione del servizio urbano e metropolitano, è avvenuto second o le modalità dell’ « in house providing », di cui all’art. 16, d.lgs. 175/2016, richiamato dal suddetto art. 2, comma 1, lett. o).
Questa Corte a Sezioni Unite, intervenendo sul tema della giurisdizione contabile in materia di responsabilità di gestori ed organi di controllo delle società partecipate da enti pubblici, già con la sentenza n. 26683/2013 affermava che « La Corte dei conti ha giurisdizione sull’azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repubblica presso la Corte quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio di una società “in house”, così dovendosi intendere
quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggetta a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici ». Affinché si possa configurare un danno erariale, deve trattarsi di pregiudizio derivato alla società partecipata dall’ente pubblico « non di riflesso, quale conseguenza indiretta del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, bensì direttamente ». Nell’esaminare le tre caratteristiche salienti delle società in house (la natura esclusivamente pubblica dei soci, l’esercizio dell’attività in prevalenza a favore dei soci stessi e la sottoposizione ad un controllo corrispondente a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici), indubbiamente un’anomalia nel pano rama del diritto societario, si precisava quanto al primo requisito, allora, che fosse necessario « pur sempre, comunque, che lo statuto inibisca in modo assoluto la possibilità di cessione a privati delle partecipazioni societarie di cui gli enti pubblici siano titolari ».
Nella sentenza n. 26936 del 2013, si è poi chiarito che per società « in house providing » deve intendersi quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici.
E, nella successiva sentenza n. 5941/2014, le Sezioni Unite hanno precisato che « La Corte dei conti ha giurisdizione sull’azione di responsabilità degli organi sociali per i danni cagionati al patrimonio della società solo quando possa dirsi superata l’autonomia della personalità giuridica rispetto all’ente pubblico, ossia quando la società possa definirsi “in house”, per la contemporanea presenza di tre requisiti: 1) il capitale sociale sia integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto vieti la cessione delle partecipazioni a privati; 2) la società esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una
valenza meramente strumentale; 3) la gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile » (conf. Cass. Sez.Un. 26643/2016; Cass. Sez.Un. n. 22409/2018, ove si è precisato che i detti requisiti devono sussistere tutti contemporaneamente e risultare da precise disposizioni statutarie in vigore al momento in cui risale la condotta ipotizzata come illecita).
Quindi sono necessari tre elementi coesistenti per potersi configurare il modello di gestione in house : a) l’appartenenza dell’intero capitale sociale a uno o più enti pubblici; b) la realizzazione della parte più importante dell’attività sociale con l’ente o gli enti pubblici che controllano la società; c) l’esercizio, da parte dell’ente o degli enti pubblici titolari del capitale sociale, di un controllo sulla società « analogo a quello esercitato sui propri servizi ».
In questo contesto, si è inserito il d.lgs. n. 175 del 2016, recante il testo unico delle società a partecipazione pubblica, emanato su delega conferita con legge n. 124 del 2015, con il quale si è data una regolamentazione più organica e il legislatore ha introdotto disposizioni che realizzano una sorta di statuto speciale delle società a controllo pubblico.
7.5. La RAGIONE_SOCIALE è società totalmente partecipata da RAGIONE_SOCIALE, a sua volta totalmente partecipata dal Comune di Napoli.
Come rilevato dalla ricorrente, « dal 2013 e con la modifica statutaria del 2017 » (allegata in appello, anche attraverso il richiamo allo Statuto), la RAGIONE_SOCIALE ha assunto natura di società in house , ai sensi del d.lgs. 175/2016.
La controricorrente A.N.M. deduce, tuttavia, che i fatti per cui è causa (la condotta inadempiente di Equitalia Sud, oggi RAGIONE_SOCIALE) risalirebbero, al più, al 2009 , anno in cui A.N.M. aveva provveduto a trasmettere all’agente il ruolo (relativo a sanzioni amministrative irrogate), conferente l’incarico alla riscossione, cosicché correttamente il Tribunale di Napoli aveva affermato che, « nel periodo che interessa la presente controversia », la A.N.M. non poteva considerarsi una società in house providing , difettando nel suo statuto speciale
una previsione volta ad escludere la possibile partecipazione al capitale anche di soci privati .
Nella pronuncia n. 11385 del 2016, richiamata in motivazione dal Tribunale di Napoli nella sentenza qui impugnata, intervenuta in un regolamento preventivo di giurisdizione sollevato in relazione ad azione di responsabilità contabile avviata, nel 2013, dalla Procura regionale presso la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Campania, nei confronti del direttore generale pro tempore dell’RAGIONE_SOCIALE interamente partecipata dal Comune di Napoli, per gravi irregolarità compiute nel periodo 2005-2010, si è, in effetti, dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, rilevando che: a) « al quadro statutario vigente all’epoca della condotta ipotizzata come illecita (Sez. Un., 26 marzo 2014, n. 7177), la contemporanea presenza di tali requisiti non è ravvisabile nella RAGIONE_SOCIALE (in sigla RAGIONE_SOCIALE, società istituita dal Comune di Napoli e da quest’ultimo interamente partecipata »; b) « infatti, nello statuto societario del quale l’Azienda era dotata mancava una previsione volta ad escludere la possibile partecipazione al capitale anche di soci privati: non solo non era contemplata la esclusività assoluta della partecipazione societaria per i soli enti pubblici, ma si prevedeva espressamente la cedibilità delle azioni a soggetti terzi, anche privati »; c) « inoltre, difettava il requisito del c.d. controllo analogo, nei termini di quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità ed intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile: l’Azienda era infatti assoggettata unicamente alla attività di direzione e coordinamento da parte del Comune, essendo i poteri di gestione dell’impresa, al pari dei poteri di vigilanza sulla medesima gestione e sulla contabilità, attribuiti ai competenti organi sociali secondo criteri del tutto corrispondenti a quelli di regola previsti nelle normali società azionarie di diritto privato ».
Nella sentenza a sezioni Unite n. 14776/2023, in relazione a una società qualificata in house, gestore del trasporto pubblico locale di un Comune, con conseguente giurisdizione contabile, malgrado una clausola statutaria che consentiva la cessione di azioni ai dipendenti, si è dato comunque rilievo all’ essere « incontroverso che il consiglio di amministrazione mai si avvalse di tale
facoltà nel termine previsto dallo statuto, e che la suddetta clausola fu in seguito modificata, prima che avesse trovato mai attuazione », con richiamo alla giurisprudenza eurounitaria. E si è ritenuto sussistente il requisito del controllo analogo in quanto il Comune era l’unico socio della società di capitali gestore del servizio di trasporto pubblico locale, il che consentiva di per s é il totale controllo dell’attività sociale.
Nella successiva Cass. S.U. n. 567/2024, viene poi evidenziato il fatto che le modifiche statutarie di una società, definita in house , introdotte nel 2016 e nel 2017, erano intervenute « a specificazione nel dettaglio della natura di societ à in house gi à esistente alla data dell’illecito contestato » e non avevano « introdotto ex novo un regime di controllo analogo prima insussistente », bens ì « solamente rafforzato quello preesistente con introduzione di disciplina di dettaglio ».
Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, tuttavia, è la stessa RAGIONE_SOCIALE, originaria attrice, che si è definita, come da statuto, « società in house che esercita il servizio di trasporto pubblico locale sul territorio del Comune di Napoli ».
E la ricorrente RAGIONE_SOCIALE, dando rilievo anche alle modifiche statutarie intervenute nel 2017, evidenzia la natura in house della società RAGIONE_SOCIALE e la conseguente natura pubblicistica (non essendovi alterità soggettiva tra società partecipata ed ente pubblico partecipate, operando la società in house come mera longa manus della pubblica amministrazione), rilevando che, ai fini della giurisdizione, risulta determinante la legge vigente e lo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, nel caso in esame avvenuta nel 2020.
7.6. Inoltre, ai fini che interessano assume valore decisivo più che il momento in cui è stata proposta la domanda, quello in cui sono state poste in essere le condotte contestate, causative del danno.
Invero, appare pertinente il richiamo alla giurisprudenza formatasi in tema di giurisdizione della Corte dei conti sull’azione di responsabilità esercitata nei confronti degli organi di gestione e di controllo di società di capitali partecipate da enti pubblici per i danni da essi cagionati al patrimonio della società.
Questa Corte a Sezioni Unite ha affermato, con orientamento consolidato, che « La verifica in ordine alla ricorrenza dei requisiti propri della società ‘in house”, come delineati dall’art. 113, comma 5, lett. c), del d.lgs 18 agosto 2000, n. 267 (come modificato dall’art. 15, comma 1, lett. d, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326), la cui sussistenza costituisce il presupposto per l’affermazione della giurisdizione della Corte dei conti sull’azione di responsabilità esercitata nei confronti degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio della società, deve compiersi con riguardo alle previsioni contenute nello statuto della società al momento in cui risale la condotta ipotizzata come illecita e non a quelle, eventualmente differenti, esistenti al momento in cui risulti proposta la domanda di responsabilità del P.G. presso la Corte dei conti » (Cass. Sez.Un. 7177/2014; questa Corte, nella fattispecie, sulla base di quanto emergente dagli atti, vale a dire in forza delle disposizioni statutarie di società in house al momento della condotta contestata degli amministratori e non al momento della domanda, in quanto, pur indiscussa la partecipazione totalitaria da parte del Comune o dei Comuni era però « totalmente assente… la previsione di un esplicito tassativo divieto di cessione delle partecipazioni a soggetti privati », ha concluso per « la insussistenza dei complessivi requisiti per far ritenere che, all’epoca della condotta ascritta agli odierni intimati, i danni al patrimonio della società partecipata potessero essere oggetto di azione di responsabilità, a carico dei pretesi autori, da parte della Procura Generale della Corte dei Conti », dichiarando il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti).
Il principio si trova ribadito in Cass. Sez.Un.17188/2018, Cass. Sez.Un.16741/2019, Cass. Sez.Un. 20632/2022, Cass. 13088/2023: al fine del radicamento della giurisdizione, occorre guardare alla situazione esistente all’epoca cui risalgono le condotte addebitate ai convenuti.
In un precedente (Cass.SU n. 8352/2013), per regolamento di giurisdizione, si è affermato il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti in merito a una domanda proposta dalla Procura della Corte dei Conti relativa ai danni arrecati ad una società per azioni, partecipata dalla provincia autonoma di Bolzano, da un funzionario della provincia e da un direttore tecnico della partecipata per un
pagamento indebito a favore di un terzo soggetto. Si è ribadito, in base alla normativa vigente all’epoca, che tali « società non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato in tutto o in parte da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico », precisando che non rilevava che la società danneggiata si fosse trasformata in società in house , considerato che la trasformazione era avvenuta in epoca successiva ai fatti di causa ed in particolare al danno arrecatole.
Tali pronunce, che attengono ad azioni di responsabilità promosse dalla società per azioni a partecipazione pubblica nei confronti degli amministratori e sindaci della stessa (legati da rapporto organico) o di dipendenti, possono estendersi all’azione, come quella oggetto del presente giudizio, intrapresa dalla società in house nei confronti dell’agente incaricato della riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla società.
Si tratta, come rilevato in Cass. SU n. 5569/2023, invero, di soggetti che, pur non avendo un rapporto organico con la società, hanno « tuttavia un rapporto di servizio , facendo parte dell’organizzaxione della società »
7.7. Nella specie, il Tribunale ha rilevato che, « nel periodo che interessa la presente controversia », la A.N.M., analogamente a quanto ritenuto da questa Corte nella pronuncia n. 11385/2016 (relativa, si ripete, a fatti verificatisi tra il 2005 il 2010), non potesse qualificarsi una società « in house providing », in quanto nel suo statuto societario mancava una previsione volta ad escludere la possibilità di partecipazione al capitale anche di soci privati, vale a dire uno dei tre requisiti necessari per tale configurazione.
In applicazione della giurisprudenza richiamata nel precedente paragrafo, si deve aver riguardo, ai fini della definizione della attrice come società di rilievo pubblicistico in house , all’epoca degli illeciti contestati , causativi del danno, e non solo a quella in cui è stata proposta l’azione risarcitoria (nel 2020).
Tuttavia , nella specie, la condotta illecita dell’agente contabile (ADER) non può collocarsi unicamente alla data della trasmissione del ruolo al concessionario per la riscossione (2009) e non anche a quella in cui il Giudice di Pace di Napoli ha dichiarato, nel 2012 , pronunciandosi sull’opposizione all’esecuzione
promossa dal contravventore, nella contumacia di Equitalia Sud, l’intervenuta prescrizione del credito. L’illecito o meglio la condotta contestata all’agente legato da rapporto di servizio, invero, è rappresentato « dalla mancata riscossione delle sanzioni amministrative », essendo stata la pretesa creditoria dichiara prescritta.
E, a parte la stessa auto-qualificazione da parte della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, cui è stato da tempo affidato il servizio di trasporto pubblico locale, come società in house , partecipata in via esclusiva dal Comune di Napoli, con conseguente controllo analogo dell’Ente, non è puntualmente e efficacemente contestato che, come dedotto dalla ricorrente RAGIONE_SOCIALE, anche prima (si indica « dal 2013 »), essa ha operato come società in house .
Quindi l’eccezione della controricorrente sulla natura privata del rapporto non è fondata e deve essere riconosciuta alla citata A.RAGIONE_SOCIALE la natura pubblicistica, in virtù della disciplina generale dianzi riportata.
7.8. In ordine alla qualità di agente contabile di RAGIONE_SOCIALE, deve poi rilevarsi che RAGIONE_SOCIALE forma unilateralmente il ruolo dei propri crediti che affida ad Agenzia delle Entrate-Riscossione (prima Equitalia Sud) per il recupero, secondo la disciplina del d.p.r. 29.9.1973, n. 602.
Ciò è previsto anche dall’art. 1, comma 3, d.l. 22.10.2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla l. 1.12.2016, n. 225, ove si menzionano i crediti delle società partecipate dalle amministrazioni locali.
Nella pronuncia, già citata n. 5569/2023, in fattispecie simile alla presente, si è rilevato che « nella vicenda dedotta in giudizio, l’RAGIONE_SOCIALE pur sul presupposto della riconosciutagli legittimazione a formare, unilateralmente e stragiudizialmente, i ruoli coattivi, la stessa è tenuta poi ad affidarne la fase della riscossione al competente agente contabile (v. Cass. SU n. 16014/2018 e SU n. 760/2022), affinch é questi provveda alla loro esazione sulla base delle norme vigenti in materia di recupero delle imposte e, quindi, per legge e non sulla scorta di un rapporto contrattuale tra la stessa ANM e l’ADER ».
Ricorre quindi anche la qualità di agente contabile di ADER.
8. La seconda questione posta dal presente giudizio concerne la possibilità di fare rientrare la domanda attrice, una volta affermata la giurisdizione della Corte dei Conti, nella categoria residuale dei giudizi a istanza di parte, ex art.172 lett.d) c.g.c.
La questione attiene quindi alla natura dell’azione proposta e se essa possa essere fatta rientrare nei giudizi di conto a istanza di parte dinanzi alla Corte dei Conti.
Invero, al fine di radicare la giurisdizione della Corte dei Conti occorre anche dare rilievo al petitum e alla causa petendi della domanda originaria avanzata da RAGIONE_SOCIALE al fine di verificare se essa possa trovare spazio in un giudizio di conto dinanzi al giudice contabile.
Anche nella ordinanza n. 5569/2023, si è dovuto affermare che l’azione svolta da RAGIONE_SOCIALE non potesse qualificarsi in termini di semplice azione di risarcimento dei danni da inadempimento di un contratto di mandato.
Il giudizio in oggetto non è stato iniziato dal Pubblico Ministero contabile, trattandosi di un’azione risarcitoria esercitata dalla società in house che gestisce il servizio di traporto pubblico locale su territorio comunale, nei confronti del suo agente contabile, per non avere tempestivamente riscosso un importo iscritto in ruoli allo stesso consegnati.
Pur vertendosi in materia di contabilità pubblica, concernendo gli obblighi le responsabilità dell’agente contabile (ADER) la gestione in sede esecutiva di crediti afferenti a patrimonio pubblico, qual è quello di RAGIONE_SOCIALE la presente azione, si è detto nel precedente del 2023, non è inquadrabile né nelle forme di un giudizio di responsabilità amministrativa-erariale, essendo di essa titolare soltanto il Pubblico Ministero contabile, né nelle forme di un giudizio di conto o di resa del conto (artt. 139 e seg. E art.142 c.g.c.), non risultando che la Procura presso la Corte dei Conti avesse instaurato nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione un giudizio per la resa del conto.
Il presente giudizio doveva, allora, essere fatto rientrare fra gli altri giudizi « ad istanza di parte », previsti dall’art. 172, lett. d), c.g.c. in materia di contabilità pubblica, nei quali siano interessati anche persone o enti diversi dallo Stato,
giudizi che concernono gli obblighi e la responsabilità di gestione di denaro e valori pubblici da parte di un dipendente, di un amministratore o, come nel caso di Agenzia delle Entrate Riscossione, dall’agente contabile della società in house , titolare di un patrimonio pubblico, e riguarda quindi l’ampia materia della contabilità pubblica attratta dalla giurisdizione della Corte dei Conti.
8.1. I giudizi « a istanza di parte » dinanzi alla Corte dei Conti. Disciplina generale.
Non vi è dubbio che nell’ambito del processo dinanzi alla Corte dei Conti, come disciplinato dal d.lgs. 174/2016, i giudizi « ad istanza di parte » rappresentino una categoria residuale: si tratta di « altri » giudizi, rispetto sia a quelli oggetto di disciplina specifica (lettere anteriori alla d), sia a quelli in cui soprattutto si esplica la giurisdizione contabile (giudizio di responsabilità, giudizio sui conti, giudizio sulla irrogazione di sanzioni).
Il fondamento si rinviene nel dettato costituzionale (art.103 Cost.). Anche il privato può adire la Corte dei Conti, giudice naturale della contabilità pubblica, nei casi previsti dalla legge.
La regolamentazione, prima prevista dagli artt.52-58 del R.D. 13/8/1933 n. 1038 (Regolamento di procedura: artt. 52-55, ricorsi per rifiutato rimborso di quote d’imposta inesigibili; art.56, ricorsi contro addebiti dichiarati dall’amministrazione delle Fer rovie dello stato a carico dei propri dipendenti; art.57, ricorsi contro ritenute a titolo cautelativo su stipendi ed altri emolumenti di funzionari ed agenti statali; art.58, « altri giudizi ad istanza di parte »), è oggi contenuta nel d.lgs. 174/2016, art.172 (lett.a), ricorsi in materia di rimborso di quote d’imposta inesigbili o quote di altri proventi dell’erario; lett.b) ricorsi contro ritenute a titolo cautelativo su stipendi ed altri emolumenti; c) ricorsi sull’interpretazione del tutolo giudiziale; l ett.d), « altri giudizi ad istanza di parte previsto dalla legge e comunque nelle materia di contabilità pubblica, nei quali siano interessati anche oersone o enti diversi dallo Stato »).
8.2. In relazione a ll’ipotesi disciplinata dalla norma di chiusura della categoria (« altri giudizi ad istanza di parte », una volta contenuta nel’art.58 del
regolamento del 1933, oggi nell’art.172 lett.d) c.g.c.), è utile richiamare Cass. SU n. 6478/1992 e il principio di diritto in essa affermato.
In quella controversia, un cassiere, dipendente del Monte dei Paschi di Siena, gestore della esattria del Comune di Roma, si era appropriato, in correità con terzi, degli importi dovuti da numerosi contribuenti all’Amministrazione finanziaria, rilasciando false quietanze; importi che così non erano affluiti nelle casse esattoriali e non erano stati perciò riversati dall’esattore alla tesoreria provinciale, ne’ compresi nelle distinte riepilogative trasmesse al ricevitore provinciale. In conseguenza di ciò, l’Intendenza di Finanza di Roma notificava al Monte dei Paschi di Siena nella qualità di esattore, ai sensi dell’art. 12, 2 c., DPR 603/1973, un invito a versare una certa somma di cui si lamentava l’omesso ri -versamento. Il Monte dei Paschi impugnava dinnanzi al giudice amministrativo tale atto, sul presupposto che si trattava di controversia attinente alla concessione del servizio esattoriale e deduceva l’illegittimità del detto atto. L’Amministrazione finanziaria proponeva istanza di regolamento preventivo di giurisdizione deducendo che la controversia andasse devoluta alla cognizione della Corte dei Conti.
Le Sezioni Unite hanno affermato la giurisdizione del giudice contabile, osservando che: – « quando l’invito all’esattore di versare somme dovuto in adempimento del rapporto concessorio esattoriale riguardi importi il cui acclaramento richieda un riesame globale della gestione contabile ovvero l’applicazione di criteri giuridici o regole contabili che implichino un giudizio di conto, determinandosi una controversia di natura contabile, si delinea la giurisdizione della Corte dei Conti, quale giudice istituzionalmente preposto a simili accertamenti; e la stessa complessità dell’indagine da effettuarsi in tale ipotesi dimostra la non esperibilità del procedimento di esecuzione forzata di cui all’art. 12 D.P.R. 603/1973 »; – al « giudizio contabile non è certo di ostacolo poi il fatto che l’agente della riscossione abbia il maneggio del danaro pubblico in forza di (concessione) – contratto, poiché l’obbligo del concessionario di rispondere contrattualmente verso l’Amministrazione concedente non può escludere l’obbligo di rendiconto ne’ il suo diritto ad ottenere un accertamento sulla effettiva esistenza dell’obbligo contrattuale »; – « la controversia di natura
contabile che ne deriva, mentre conferma l’inapplicabilità del procedimento di pronta riscossione ex art. 12, trasferisce al giudice della pubblica contabilità la vertenza sull’ambito dell’obbligazione contrattuale, la cui cognizione resta pertanto sottratta al giudice (quello amministrativo, ai sensi dell’art. 5, 2 c. L. n. 1034/1971) del rapporto di concessione ».
Il principio si trova ribadito in Cass. SU n. 5424/1993: « L’invito dell’Intendente di Finanza, al concessionario del servizio esattoriale delle imposte, per il pagamento degli importi dei versamenti diretti effettuati dai contribuenti, costituisce, ai sensi dell’art. 12 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 603, l’atto iniziale del procedimento di espropriazione forzata della cauzione prestata dall’esattore, inteso al pronto recupero del proprio credito, da parte dell’Amministrazione finanziaria, nell’esercizio di un potere di autotutela, utilizzabile nel solo caso di discordanze tra versamenti effettuati e risultanze in possesso di detta Amministrazione, nel quale vi è certezza dei dati contabili. Mentre qualora l’invito stesso riguardi importi il cui accertamento richieda un riesame globale della gestione contabile, ovvero l’applicazione di criteri giuridici o regole contabili che implichino un giudizio di conto, si instaura una controversia di natura contabile, che appartiene alla giurisdizione della Corte dei Conti, la quale può essere direttamente adita, in applicazione degli artt. 61 del R.D. 12 luglio 1934 n. 1214 e 58 del R.D. 13 agosto 1933 n. 1038, per ottenere i necessari accertamenti, dall’esattore destinatario dell’invito » (conf. Cass SU 14080/2022).
Con l’entrata in vigore del Codice di giustizia contabile, le tipologie di azioni a istanza di parte sono state inserite nelle quatto ipotesi di cui all’art.172.
La lett.d) costituisce sempre (al pari della previsione dell’art.58 del Regolamento) una categoria residuale e aperta, che tuttavia è stata oggetto di un’interpretazione costituzionalmente orientata al fine anche di impedire che essa diventi lo strumento per superare il riparto tra giurisdizioni o introdurre azioni non previste dall’ordinamento giuridico.
Tra le varie pronunce, sull’interpretazione sia dell’art.58 del Regolamento sia dell’art.172 lett.d) del c.g.c., meritano segnalazione, ai fini che qui interessano:
-Corte dei Conti Sez.II d’appello, n. 347/2011, che vi ha fatto rientrare il ricorso di un Comune nei confronti del concessionario della riscossione per danni da inadempimenti contrattuali dovuti alla mancata riscossione dell’imposta sulla pubblicità; – Corte dei Conti, Sez. III centrale, n.34/2018, che vi ha fatto rientrare il ricorso promosso dal Comune avverso inadempimenti contrattuali del concessionario per la mancata formazione dei ruoli e per il maturare della prescrizione a carico dei crediti in esazione; – Cass. SU n. 22810/2020, che ha affermato la giurisdizione della Corte dei Conti in giudizio promosso, ex art.172 lett.d) c.g.c., da un Consorzio Stradale, dinanzi alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, subentrata a Equitalia, che svolgeva per suo conto attività di riscossione in forma volontaria ed esecutiva di somme iscritte a ruolo in danno di soggetti obbligatoriamente consorziati, per la condanna al pagamento in proprio favore di somma a titolo di crediti non riscossi per tributi; – Corte conti, II sez. app., 297/2021 e 10/2022, che ha riconosciuto l’ammissibilità delle azioni di accertamento ovvero di azioni volte alla verifica dei rapporti di dare/avere tra ente impositore e concessionario della riscossione, formulate dinanzi al Giudice contabile, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, purché non vengano in evidenza profili risarcitori, i quali rientrano nel diverso paradigma del giudizio di responsabilità amministrativa, il cui avvio è di esclusiva competenza della Procura erariale; – Corte dei Conti Sez. I Appello n. 6/14/1/25, in giudizio ad istanza di parte, fatto valere dinanzi alla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per il Veneto, dal Comune di Venezia, che lamentava come che, nonostante la corretta trasmissione dei ruoli da parte del Comune, l’agente della riscossione (crediti relativi a infrazioni C.d.S.) avesse omesso di notificare le cartelle esattoriali e/o i successivi atti interruttivi della prescrizione – o comunque di darne prova – determinando, per sua colpa, la prescrizione dei relativi crediti, con conseguente danno all’Amministrazione comunale, ha respinto l’appello del Comune avverso la sentenza n. 252/2022 della Sezione giurisdizionale regionale per la Regione Veneto, che aveva affermato la giurisdizione in materia della Corte dei Conti, ma dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione attiva del Comune soto vari
profili, stante anzitutto legittimazione esclusiva del P.M. contabile; – le numerosissime pronunce della Corte dei Conti, intervenute nel rilevante contenzioso instaurato dalla nostra ricorrente RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, prima davanti al G.O. e poi, a seguito di Cass.SU 5569/2023 e di declaratoria di difetto di giurisdizione del T.Napoli, in riassunzione dinanzi alla Corte dei Conti Sezione Giurisdiz. Campania, già richiamate al par. 6, nelle quali si è ribadita la giurisdizione contabile, sulla base dell’art. 103, comma 2, Cost. che ad essa attribuisce la cognizione sulle controversie « nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge », tra cui quelle afferenti alla corretta gestione del pubblico denaro da parte degli agenti contabili.
Soltanto in Cass. SU n. 5463/2009, si è invece affermata la giurisdizione del giudice ordinario, in relazione a controversia instaurata da un messo comunale dipendente del Comune di Prato, che aveva chiesto accertarsi il suo diritto di percepire e trattenere il c.d. diritto di notifica, rilevandosi che la categoria residuale, allora prevista da ll’art.58 del Regolamento, « aperta », relativa a giudizi che possono essere instaurati avanti il giudice contabile ad iniziativa di soggetti privati, incontrava « l’unico limite, posto dal medesimo art. 58, che si verta in materia di competenza della Corte dei conti », e che la pronuncia chiesta al giudice concerneva, nello specifico, « esclusivamente » le obbligazioni derivanti dal rapporto, senza alcuna incidenza sulla questione della responsabilità contabile per violazione dell’obbligo di rendere il conto e di versarle all’amministrazione competente a riceverle.
La categoria dei giudizi « ad istanza di parte » dinanzi al giudice contabile è, quindi, di una categoria residuale ma aperta, nella quale sono state fatte rientrare azioni volte alla verifica dei rapporti di dare/avere tra ente impositore e concessionario della riscossione, purché non vengano in evidenza soltanto profili risarcitori, i quali rientrano nel diverso paradigma del giudizio di responsabilità amministrativa, il cui avvio è di esclusiva competenza della Procura erariale.
In conformità a Cass. SU n. 5569/2023 (cui hanno fatto seguito numerosissime pronunce del giudice contabile e del giudice ordinario di
declaratoria del difetto di giurisdizione del G.O.) e alle conclusioni del PG, il primo motivo del ricorso ADER, sotto il profilo della giurisdizione (della Corte dei Conti anziché del giudice ordinario adito), va accolto.
La conclusione va ribadita, anzitutto, sulla base del rilievo che nella giurisdizione contabile rientrano ex art. 103, comma 2, Cost., anche le controversie incentrate sulla corretta gestione di denaro pubblico da parte dell’agente contabile. E l’art.103 Cost. ha ratificato l’assetto precedente (vedasi art.58 del regolamento n. 1038 del 1933).
La giurisdizione contabile ha infatti natura tendenzialmente generale, dotata di propria vis expansiva in difetto di espresse limitazioni legislative, in materia di contabilit à pubblica (cos ì Cass. SU n. 22810/2022; Cass. SU n. 21546/2017; Cass. SU n. 10324/2016).
La controversia specifica concerne proprio il merito della contabilità pubblica (in particolare, l’operativtà del d.lgs. 112/1999, poiché si discute della necessità del preventivo esperimento delle procedure ex artt. 19 e 20 d.lgs. 112/1999 ovvero dei limiti di inesigibilità dei crediti) e non si può ritenere che la pronuncia chiesta al giudice riguardi « esclusivamente le obbligazioni derivanti dal rapporto, senza alcuna incidenza sulla questione della responsabilità contabile per violazione dell’obbligo di rendere il conto e di versarle all’amministrazione competente a riceverle » (Cass. SU n. 5463/2009).
Né può rappresentare ostacolo l’interpretazione, non eccessivamente espansiva, da dare all’art.172 lett.d) c.g.c. come categoria residuale, in quanto la domanda può essere ri-qualificata dal giudice (e la Corte dei Conti lo ha fatto) al fine di farla rientrare nei limiti di un giudizio di conto, ad istanza di parte, cui applicare regole contabili, senza che ciò assuma rilievo ai fini della giurisdizione. E alcune aperture nella giurisprudenza contabile e delle Sezioni unite sulla previsione di cui alla lett .d) dell’art.172 c.g.c., indicate al paragrafo 8.2., già vi sono state.
I restanti motivi sono assorbiti.
Per tutto quanto sopra esposto, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti va cassata la sentenza impugnata e dichiarata la giurisdizione della
Corte di Conti; le parti vanno, di conseguenza, rimesse dinanzi al giudice contabile, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il primo motivo del ricorso per cassazione, assorbiti i restanti, dichiara la giurisdizione della Corte di Conti, cassa la sentenza impugnata e rimette le parti dinanzi al giudice contabile competente, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 4 febbraio 2025 .