Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34120 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34120 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7535/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante pro-tempore , RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 175/2023 della Corte d’Appello di Milano, depositata il 20/01/2023 e notificata in data 26/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva dinanzi al Tribunale di Busto Arsizio la RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti FXCM), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, quantificati in euro 100.000,00, al netto di accessori. A tal fine adduceva: i) di avere stipulato in data 12/01/09, in Novara, con la RAGIONE_SOCIALE un negozio denominato ‘RAGIONE_SOCIALE and Indemnity Individual POA’, con delega ad operare sul conto corrente di trading e successivamente, il 15/01/2009, un contratto avente ad oggetto un conto corrente di trading con RAGIONE_SOCIALE (divenuta RAGIONE_SOCIALE a seguito di un’operazione di fusione), su cui, tramite bonifico, aveva trasferito in data 04/02/2009, la somma di euro 100.000,00; ii) di avere ricevuto, tra il 2009 ed il 2017, da RAGIONE_SOCIALE diversi resoconti che rappresentavano un andamento più che positivo del proprio trading account ; iii) di avere, invece, in seguito accertato che: a) dette comunicazioni erano false e che pendevano a carico della società elvetica indagini ‘per diversi reati presupposti tra cui truffa e abusivismo finanziario’; b) erano stati fatti numerosi investimenti rivelatisi pregiudizievoli.
Chiedeva, pertanto, premesso di essere consumatore, che il giudice accertasse il collegamento tra il contratto di conto corrente e quello di POA (sottoscritto su carta intestata di FXCM) e la responsabilità della società convenuta per aver svolto un ruolo attivo nell’attività di gestione esercitata da Plus Finanz AG, avendo reso detta gestione possibile <>.
Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza n. 347/2021, dichiarava la propria carenza di giurisdizione, ritenendo che la cognizione della controversia appartenesse all’autorità giudiziaria
inglese, in quanto, stipulando il contratto di conto corrente di trading ed optando per un investimento all’estero, NOME COGNOME aveva espressamente accettato la giurisdizione straniera, acconsentendo a che le controversie con la società convenuta fossero decise dal giudice inglese e con applicazione della legge inglese, e osservando che l’eventuale qualifica di ‘consumatore’ dell’attore era irrilevante, avendo egli deciso di investire parte dei suoi risparmi con una società con sede estera, non operante con offerta al mercato nazionale e priva, alla data di stipula del contratto, di una succursale in Italia. Non operava quindi la giurisdizione del luogo di residenza del consumatore <> fra i quali reputava <>.
All’esito del giudizio di appello promosso da NOME COGNOME la Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 175/2023, depositata il 20/01/2023 e notificata in data 26/01/, ha riformato la decisione del tribunale, dichiarando la giurisdizione del giudice italiano.
Per quanto ancora rileva in questa sede:
a) ha riconosciuto che l’appellante aveva sottoscritto la clausola, espressa dall’art. 16.3 delle condizioni generali regolanti il rapporto di conto corrente di trading , che prevedeva la giurisdizione a favore delle Autorità inglesi per qualsiasi controversia derivante o connessa al contratto od essere comunque allo stesso connessa o correlata, ma ha ritenuto che NOME COGNOME era da considerare consumatore, non rilevando che il contenuto altamente speculativo del contratto di apertura di un conto di trading non rientrasse tra le sue esigenze di vita quotidiana, perché, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 6546/2020), allineata alla giurisprudenza comunitaria (sentenza 3/10/19 in C- 208/18), una persona fisica che in forza di un contratto di investimento concluso
con una società di intermediazione finanziaria effettua operazioni sul mercato internazionale dei cambi FOREX ( Foreign Exchange ) tramite tale società riveste la qualifica di consumatore per il sol fatto che la conclusione di tale contratto non rientra nell’ambito della sua attività professionale, non essendo d’ostacolo <>; pertanto, se il consumatore evoca in giudizio un professionista che ha la propria sede legale in altro Stato membro dell’Unione Europea può scegliere, se il contratto oggetto della controversia rientri in una delle categorie di cui al paragrafo 1, lettere da a) a c), dell’articolo 17 regolamento UE 1215/12 (ovvero dell’art. 15 regolamento 44/01, di identico tenore) e a meno che non sia stato diversamente convenuto dopo il sorgere della controversia, se citarlo davanti al giudice dello Stato membro nel cui territorio è domiciliato il convenuto oppure presso il giudice del luogo in cui è domiciliato il consumatore stesso; è richiesto cioè che il professionista svolga la sua attività nello Stato in cui è domiciliato il consumatore oppure che tale attività sia diretta, con qualsiasi mezzo, verso di esso, vale a dire che sia offerta alla potenziale clientela di quello Stat; detto requisito sussiste (Cass. n. 6280/19) tutte le volte in cui il professionista convenuto <>; nel caso in esame, ha ravvisato la presenza di elementi sufficienti per affermare che, già al momento della conclusione del contratto, l’attività della (attuale) RAGIONE_SOCIALE fosse orientata, ancorché in via indiretta, verso lo Stato
Italiano: il contratto intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, perfezionatosi e conclusosi in Italia, con il quale veniva conferita delega alla società ad operare sul conto corrente che l’investitore avrebbe aperto presso RAGIONE_SOCIALE, era stato sottoscritto su carta intestata della RAGIONE_SOCIALE, e ciò indicava la volontà dell’appellata di esercitare la sua attività anche in Italia, consentendo a RAGIONE_SOCIALE di proporre a soggetti ivi residenti la stipula di contratti collegati con la società avente sede legale in Londra; RAGIONE_SOCIALE aveva aperto una sede secondaria in Italia, in Legnano, conferendo al nominato institore la facoltà di <> e ciò <>, al fine, quindi, di rendere più agevoli quelle attività di proposizione dei propri prodotti, precedentemente svolte attraverso terzi;
ha escluso che la richiesta rivolta da NOME COGNOME all’Ombudsman, allo scopo di ottenere gli estratti conto che l’appellata si era rifiuta di consegnargli, rappresentasse una accettazione della clausola di deroga alla giurisdizione in forza del principio del ne venire contra factum proprium , perché l’organismo citato non è una autorità giudiziaria e le istanze ad esso rivolte non possono pertanto essere considerate quale implicita adesione alla giurisdizione inglese, e perché, in aggiunta, mancava una pattuizione post litem che precludesse al consumatore di citare la controparte presso il giudice del luogo in cui era domiciliato;
ha individuato, quale ulteriore argomento a favore del convincimento che la giurisdizione appartenesse al giudice italiano, la previsione di cui all’art. 5 cod.proc.civ. che afferma che la giurisdizione si determina con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e, in tale momento (luglio 2020), RAGIONE_SOCIALE era certamente attiva in Italia attraverso la
sede di Legnano e con la dichiarata finalità di proporre in Italia i suoi servizi.
RAGIONE_SOCIALE (FXCM) ricorre ora per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunziata <>, nella parte in cui la corte d’appello, ai fini della determinazione della giurisdizione del giudice italiano, ha riconosciuto a NOME COGNOME la qualifica di consumatore.
Nella specie, infatti, da un lato, vi sarebbe violazione dei criteri attinenti alla giurisdizione, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 1) cod.proc.civ., poiché, ove la corte d’appello avesse accertato che l’appellato non era qualificabile alla stregua di un consumatore, avrebbe dichiarato la giurisdizione delle Corti inglesi, applicando la clausola di proroga della giurisdizione ai sensi dell’art. 16 del contratto; dall’altro lato, vi sarebbe stata violazione e falsa applicazione degli artt. 15 del Regolamento Bruxelles I, 17 del Regolamento Bruxelles I Bis e 6 del Regolamento Roma I, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., poiché la corte d’appello, ove avesse interpretato correttamente e coerentemente le tre norme, avrebbe dovuto escludere l’applicabilità della disciplina consumeristica ai contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari come quello di specie. In particolare, la ricorrente osserva che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, gli artt. 15, par. 1, del Regolamento Bruxelles I e 17, par. 1, del Regolamento
Bruxelles I Bis sono applicabili nell’ipotesi in cui ricorrano cumulativamente tre presupposti: i) che una parte contrattuale abbia la qualifica di consumatore e agisca in un contesto che può essere estraneo alla sua attività professionale; ii) che il contratto sia stato effettivamente concluso; iii) che il contratto rientri in una delle categorie di cui ai par. 1, lett. da a) a c) delle due norme menzionate. Nel caso di specie, mancherebbe il primo presupposto, perché la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, diversamente da quanto affermato dal giudice a quo , ritiene che la nozione di consumatore debba essere interpretata restrittivamente, <> e ciò perché la disciplina di favore prevista dalle norme comunitarie ha come unico scopo quello di tutelare la parte economicamente più debole e, per questa ragione, è necessario indagare se, nel caso concreto e valutata la natura e la finalità del contratto concluso, il soggetto che ha stipulato l’accordo sia effettivamente la parte economica più debole.
In aggiunta, la formulazione degli artt. 15 del Regolamento Bruxelles I e 17 del Regolamento Bruxelles I Bis è del tutto identica a quella dell’art. 6 del Regolamento Roma I, il quale, al par. 4, stabilisce espressamente che le norme del Regolamento dedicate ai contratti con i consumatori non si applicano <> e tali sono, secondo il considerando 30, quelli di cui all’art. 4 della Direttiva 2004/39/CE, ora Direttiva 2014/65/UE, che per l’elenco degli strumenti finanziari rinvia alla sezione C dell’allegato I della direttiva 2004/39, la quale, al punto 9, menziona i contratti stipulati per eseguire operazioni nel mercato Forex.
2) Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 cod.proc.civ., 15 del Regolamento
Bruxelles I e 17 del Regolamento Bruxelles I Bis , in relazione all’art. 360, 1° comma, nn. 1) e 3), ovvero per violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., nella parte in cui la sentenza d’appello ha ritenuto che la giurisdizione del giudice italiano debba essere affermata comunque in base allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda giudiziale, pur in presenza di una valida clausola di proroga della giurisdizione in favore del giudice straniero.
L’esponente ritiene infatti che l’applicazione dell’art. 5 cod.proc.civ. da parte della corte d’appello sia censurabile almeno sotto tre profili: a) il primo, assorbente, per il contrasto con gli artt. 15, par. 1, lett. c) del Regolamento Bruxelles I e 17, par. 1, lett. c) del Regolamento Bruxelles I Bis , che sono norme di rango superiore, con conseguente obbligo di disapplicazione della disposizione di diritto interno confliggente; b) lo ‘stato di fatto’ rilevante ai sensi dell’art. 5 cod.proc.civ. è quello affermato dall’attore nel proprio atto introduttivo e, nel caso di specie, NOME COGNOME aveva sostenuto espressamente che RAGIONE_SOCIALE promuoveva in Italia la propria attività e non quella di RAGIONE_SOCIALE e/o di FXCM; c) il contrasto con la ratio dell’art. 5 cod.proc.civ. che è quella di impedire che atteggiamenti dilatori provochino il venir meno della giurisdizione del giudice italiano nel corso del processo, e non già quella di attrarre in Italia la giurisdizione che appartiene pacificamente ad un giudice straniero.
3) Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione dei motivi attinenti la giurisdizione dettati dagli artt. 15, par. 1, lett. c) del Regolamento Bruxelles I e 17, par. 1, lett. c) del Regolamento Bruxelles I Bis , in relazione all’art. 360, 1° comma n. 1 cod.proc.civ., nonché della nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 345 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ., nella parte in cui il giudice a quo ha ritenuto che FXCM, all’epoca della conclusione del
contratto, dirigeva la propria attività in Italia, accedendo anche all’inammissibile nuova prospettazione dei fatti operata da NOME COGNOME negli atti conclusivi del procedimento di appello.
Il giudice a quo avrebbe completamente ignorato che la nuova tesi dell’appellato, secondo la quale RAGIONE_SOCIALE agiva quale intermediario di RAGIONE_SOCIALE era diametralmente opposta alla ricostruzione dei fatti dallo stesso proposta sino a quel momento, ed era stata esposta -per la prima volta -nella comparsa conclusionale depositata in appello.
4) Il primo motivo è infondato.
Innanzitutto, deve essere precisato che il ricorso può essere deciso da questa sezione semplice.
Occorre, infatti, richiamare il principio di diritto secondo cui i ricorsi che pongono questioni di giurisdizione possono essere trattati dalle sezioni semplici allorché sulla regola finale di riparto della giurisdizione si siano già pronunciate le Sezioni Unite ovvero sussistano ragioni di inammissibilità inerenti alla modalità di formulazione del motivo (ad esempio, per inosservanza dei requisiti di cui all’art. 366 cod.proc.civ., difetto di specificità, di interesse etc.) ed all’esistenza di un giudicato sulla giurisdizione (esterno o interno, esplicito o implicito), costituendo questione di giurisdizione anche la verifica in ordine alla formazione del giudicato (così Cass., Sez. Un. 19/01/2022, n.1599).
Nella specie, sussiste il primo dei presupposti suddetti, essendosi le Sezioni unite pronunciate sulla questione di giurisdizione su cui verte il presente ricorso con l’ordinanza n. 25954 del 3/10/2024 e, in precedenza, con la n. 6456 del 6/03/2020.
In particolare, le Sezioni Unite, con l’ordinanza n. 25954/2024, si sono espresse sulla questione di giurisdizione in una controversia con cui veniva chiesta la condanna di una società, avente sede a Nicosia (Cipro), alla restituzione di una somma, asseritamente
sottratta all’attore, costituente il profitto di una operazione di trading su CFD (” contract for difference “). L’attore anche in quella ipotesi aveva sottoscritto una clausola di devoluzione della giurisdizione al giudice cipriota ed anche in quell’occasione era stato denunciato, al fine di escludere la giurisdizione italiana, il fatto che con le capacità tecniche e l’attitudine al rischio che l’investitore aveva dimostrato di avere non poteva essere qualificato consumatore.
Le Sezioni Unite hanno confermato la giurisdizione del giudice italiano, ritenendo che:
la questione dovesse essere risolta proprio in base agli articoli 15, 16 e 17 del Regolamento CE del Consiglio n. 44/2001, del 22 dicembre 2000 (Regolamento Bruxelles I) rispettivamente poi sostituiti e riprodotti dagli articoli 17, 18 e 19 del Regolamento U.E. del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1215/2012, del 12 dicembre 2012 (Regolamento Bruxelles I Bis );
l’articolo 15, par. 1, lett. c) del Regolamento CE n. 44/2001 quando precisa che viene disciplinata, salve le disposizioni dell’articolo 4 e dell’articolo 5, punto 5, la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale, afferma che detta competenza opera in tutti i casi in cui il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività;
l’articolo 16, par. 1, del Regolamento CE n. 44/2001 dispone quindi che l’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliata tale parte o davanti ai giudici del luogo in cui è domiciliato il consumatore;
l’art. 17 del Regolamento CE n. 44/2001 prescrive la derogabilità delle disposizioni in tema di competenza per i contratti conclusi da consumatori, alla condizione che la convenzione derogatoria sia posteriore al sorgere della controversia;
e) come più volte chiarito dalla Corte di Giustizia UE, <>;
f) lo stato soggettivo di “consumatore”, agli effetti delle regole di competenza dettate in materia di contratti conclusi dai consumatori, dipende pur sempre dalla natura e dalla finalità del contratto da verificare al momento della sua conclusione, restando poi ai giudici nazionali di valutare se lo stesso soggetto nel corso dell’esecuzione del rapporto abbia fatto in concreto un uso essenzialmente professionale del servizio;
g) la Corte di Giustizia, sentenza del 3 ottobre 2019, COGNOME, C-208/18, ha precisato che <>;
h) anche Cass., Sez. Un., 06/03/2020, n. 6456 (pronuncia, peraltro, richiamata da Cass., Sez. Un., n. 25954/2024), occupandosi di una questione di giurisdizione relativa ad contratto di conto trading-online stipulato con una società danese per lo svolgimento di attività di investimento finanziario (segnatamente) in prodotti “Forex”, dopo aver ritenuto sussistenti i presupposti per l’applicazione dei criteri di collegamento di cui alla Sezione Quarta del Regolamento n. 1215/2012, artt. 17-19, concernente la <>, ha confermato la giurisdizione italiana negando rilievo alle censure volte a negare la qualità di consumatore in capo allo stipulante italiano che aveva evocato dinanzi al giudice italiano la società danese (pur in presenza di una clausola di proroga della giurisdizione danese), in ragione delle specifiche competenze professionali da esso maturate proprio nel campo degli investimenti finanziari come direttore generale di una banca di credito cooperativo, escludendone l’assimilabilità a un comune investitore/consumatore in relazione ad un’attività sofisticata qual è quella del trading in derivati su valute, facendo applicazione dei principi enunciati dalla già evocata pronuncia della Corte di Giustizia in C-208/18 e negando che vi fosse evidenza del fatto che il contratto di trading on line fosse stato stipulato nella veste di direttore di banca.
5) I motivi secondo e terzo sono inammissibili perché confutano statuizioni rese ad abundantiam dalla corte d’appello.
Trova, infatti, applicazione il principio secondo cui <> (Cass. 08/06/2022, n. 18429; Cass. 10/04/2018, n. 8755).
All’infondatezza del primo motivo e all’inammissibilità del secondo e del terzo motivo consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 29 novembre 2024 dalla