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Giurisdizione consumatore nel trading online: la guida

Un investitore citava in giudizio una società di trading online estera per ottenere un risarcimento danni. La società eccepiva la carenza di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello inglese, come previsto da una clausola contrattuale. La Corte di Cassazione ha confermato la giurisdizione italiana, stabilendo che l’investitore, agendo per scopi estranei alla propria attività professionale, riveste la qualifica di consumatore. Di conseguenza, si applica la speciale giurisdizione del consumatore prevista dai regolamenti europei, che consente di adire il tribunale del proprio luogo di residenza, a condizione che l’attività del professionista sia diretta verso tale Stato, come accertato nel caso di specie.

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Giurisdizione Consumatore nel Trading Online: la Cassazione fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale a tutela degli investitori italiani che operano con società finanziarie estere: la giurisdizione del consumatore prevale sulle clausole contrattuali che designano un tribunale straniero. Questo principio si applica anche a investimenti complessi e rischiosi come il trading online, a patto che l’investitore agisca al di fuori della propria attività professionale.

I Fatti di Causa

Un risparmiatore italiano aveva investito una somma considerevole, 100.000 euro, in un conto di trading online gestito da una società con sede a Londra. L’operazione era stata mediata da un’altra entità che operava in Italia. Per anni, l’investitore aveva ricevuto resoconti che mostravano un andamento positivo del suo capitale. Tuttavia, in seguito scoprì che tali comunicazioni erano false e che, in realtà, aveva subito ingenti perdite a causa di investimenti pregiudizievoli. Decise quindi di citare in giudizio la società di trading per ottenere il risarcimento del danno.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Il caso ha visto due decisioni contrastanti nei primi gradi di giudizio.
* Il Tribunale di primo grado aveva negato la giurisdizione italiana. Secondo il giudice, l’investitore, scegliendo di operare con una società estera, aveva implicitamente accettato la competenza dei tribunali inglesi, come previsto dal contratto. La sua qualifica di “consumatore” era stata ritenuta irrilevante.
* La Corte d’Appello, invece, ha ribaltato questa decisione. Ha riconosciuto la qualifica di consumatore al risparmiatore e ha affermato che la società estera aveva “diretto” la sua attività verso l’Italia, anche tramite intermediari. Questo elemento è stato ritenuto sufficiente per radicare la giurisdizione presso il tribunale di residenza dell’investitore, in applicazione della normativa europea.

La questione della giurisdizione del consumatore davanti alla Cassazione

La società finanziaria ha impugnato la sentenza d’appello, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione. La questione centrale era stabilire se un investitore in prodotti finanziari ad alto rischio potesse essere qualificato come consumatore e, di conseguenza, beneficiare del foro speciale previsto a sua tutela, nonostante la presenza di una clausola contrattuale che indicava un giudice straniero.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando la giurisdizione del giudice italiano. Le motivazioni si basano su principi consolidati a livello europeo e nazionale.

La Qualifica di Consumatore nell’Investitore Online

La Corte ha chiarito che la qualifica di “consumatore” dipende dallo scopo per cui viene concluso il contratto. Se una persona fisica stipula un contratto di investimento per finalità estranee alla propria attività professionale o imprenditoriale, è da considerarsi un consumatore. Non rilevano, a tal fine, né l’elevato valore dell’investimento, né la sua natura speculativa, né le eventuali competenze finanziarie dell’investitore. Lo scopo della normativa è proteggere la parte economicamente più debole e meno informata nel contesto di quel specifico contratto.

L’Attività “Diretta” verso l’Italia

Affinché si applichi il foro del consumatore, è necessario che il professionista svolga la propria attività nello Stato di residenza del consumatore o, con qualsiasi mezzo, la “diriga” verso tale Stato. La Cassazione ha ritenuto che vi fossero prove sufficienti di tale orientamento verso il mercato italiano. Ad esempio, il contratto di mandato per la gestione del conto (POA) era stato sottoscritto su carta intestata della società estera e il perfezionamento dell’accordo era avvenuto in Italia tramite un intermediario. Questi elementi dimostravano la volontà della società di operare, anche se indirettamente, sul territorio italiano.

La Prevalenza della Normativa Europea

Infine, la Corte ha ribadito che i regolamenti europei in materia di giurisdizione (in particolare, il Regolamento Bruxelles I bis) sono norme di rango superiore rispetto al diritto interno. Pertanto, le tutele previste per i consumatori prevalgono sia sulle clausole contrattuali che tentano di derogare al foro competente, sia sulle norme processuali nazionali che potrebbero portare a un risultato diverso.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un importante baluardo a protezione dei risparmiatori italiani. Stabilisce che, anche nel mondo del trading online e degli investimenti internazionali, le tutele per i consumatori non possono essere facilmente aggirate. Una società estera che si rivolge al mercato italiano, anche tramite canali indiretti, deve accettare la possibilità di essere citata in giudizio davanti ai tribunali italiani dai propri clienti consumatori. Questa decisione rafforza la certezza del diritto e garantisce un accesso più equo alla giustizia per chi investe i propri risparmi.

Un investitore che opera nel trading online con una società estera è considerato un “consumatore”?
Sì, è considerato un consumatore se stipula il contratto per scopi estranei alla sua attività professionale. La natura rischiosa o il valore dell’investimento, così come le sue competenze finanziarie, non sono di per sé sufficienti a escludere tale qualifica.

Una clausola contrattuale che stabilisce la giurisdizione di un tribunale straniero è sempre vincolante?
No, nei contratti con i consumatori, una tale clausola non è vincolante se l’azienda dirige le sue attività commerciali verso il paese di residenza del consumatore. In tal caso, il consumatore ha il diritto di scegliere di avviare la causa presso i tribunali del proprio paese.

Come si determina se un’azienda estera “dirige” la sua attività verso l’Italia?
Si può determinare attraverso vari indizi, anche indiretti. Ad esempio, l’uso di intermediari che operano in Italia, la conclusione di contratti su carta intestata della società estera nel territorio italiano o la promozione dei propri servizi a residenti italiani sono tutti elementi che possono dimostrare tale orientamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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