Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33902 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33902 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8913/2021 proposto da
ASSESSORATO REGIONALE TERRITORIO E AMBIENTE DELLA REGIONE SICILIANA, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
-ricorrente –
-contro-
CONGREGAZIONE RELIGIOSA SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrente-
-nonché-
CONGREGAZIONE RELIGIOSA SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente incidentale-
-contro-
ASSESSORATO REGIONALE TERRITORIO E AMBIENTE DELA REGIONE SICILIANA, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
-intimata- avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Palermo , n. 1515/2020, depositata il 14.10.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza del 2.5.2016 il Tribunale di Palermo, in parziale accoglimento delle domande proposte dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’A mbiente della Regione Sicilia nei confronti della ‘RAGIONE_SOCIALE ‘ , condannava quest’ultima al pagamento della somma di euro 1.648.191,47 a titolo d’indennità risarcitoria per l’abusiva detenzione, in difformità del titolo concessorio, per il periodo dall’1.7.2001 al 31.8.2007, della superficie demaniale marittima di mq 35.000, sita in località INDIRIZZO, relativamente alla quale era stata revocata la concessione rilasciata con atto pubblico del 1991, e per il periodo 1.7.01- 9.9.03 (data dell’intervenuto sequestro penale), della limitrofa superficie demaniale marittima di mq 4161 rispetto alla quale era stata revocata la licenza annuale del 29.1.01, successivamente prorogata.
Il Tribunale rigettava invece la domanda di risarcimento dei danni per l’occupazione senza titolo per il periodo dal 16.8.03 al 19.12.08.
Con sentenza del 14.10.20, la Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, pronunciando sull’appello principale della Congregazione e sull’incidentale dell’Assessorato, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda introduttiva del giudizi, confermando nel resto la sentenza impugnata. Al riguardo, la Corte osservava che: dopo aver riscontrato delle difformità, da parte della convenuta, nell’uso del bene demaniale rispetto all’oggetto del titolo concessorio, la capitaneria di Porto di Palermo aveva emesso un’ordinanza di sgombero cui faceva seguito il provvedimento di decadenza dei due titoli, notificato il 30.7.03; a seguito del rigetto, da parte del CGAS, del ricorso proposto dalla convenuta innanzi al Tar avverso il provvedimento suddetto di decadenza, l’Assessorato aveva promosso il g iudizio risarcitorio in questione; la controversia in esame era strettamente connessa all’esercizio del potere autoritativo della Pubblica Amministrazione, in relazione al potere gestorio delle licenze demaniali, sfociato nella predetta decadenza; non era pertanto condividibile la difesa dell’ Amministrazione, secondo la quale si controverteva, invece, in ordine alla condotta illecita della convenuta, consistita nell’aver utilizzato il bene demaniale in maniera difforme dalla concessione e poi omesso il rilascio del bene occupato dopo il provvedimento di decadenza, in quanto trascurava il fatto che la causa svoltasi prima del giudizio in questione aveva avuto ad oggetto proprio la pronunciata decadenza e l’ordinanza di sgombero, considerando altresì che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sussiste quando sorgono questioni in ordine al provvedimento concessorio che investon o l’azione autoritativa sul rapporto amministrativo, dovendo in tal caso lo stesso giudice conoscere anche delle domande risarcitorie, a norma del combinato disposto degli artt. 7, c.5, e 133, c. 1, lett. b),
d.lgs. 104/10; era infondato l’appello incidentale in quanto l’attore, con le memoria ex art. 183 c.p.c., aveva introdotto una domanda nuova, per il periodo 16.8.03-19.12.08, per risarcimento a titolo di occupazione senza titolo, per la seconda area, per somma ben superiore a quella chiesta in citazione, ed estendendo la domanda originaria, relativa all’indennizzo previsto dal decreto del Presidente della Regione Sicilia del 26.7.94 per l’uso difforme del demanio rispetto alla concessione per il periodo sa ll’1.7.01 al 31.7.07 al periodo successivo al 31.8.07.
L’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente della Regione Sicilia propone ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza, affidato a due motivi, illustrati da memoria. La Congregazione Religiosa RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, formulando ricorso incidentale condizionato.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 7, c.5, 133, c.1, dlgs. 104/2010, pe r aver la Corte d’appello affermato la giurisdizione del giudice amministrativo, rilevando che per il periodo successivo alla decadenza dei titoli concessori la domanda risarcitoria era conseguenza del mancato rilascio delle aree oggetto di concessione, e dunque della condotta illecita che non presentava nessun nesso con l’ormai con cluso rapporto amministrativo (che consisteva nell’occupazione senza titolo dell’area demanial e).
Pertanto, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia affermato che la lite in questione sarebbe strettamente connessa all’esercizio del potere autoritativo della Pubblica Amministrazione, ovvero del potere gestorio delle licenze demaniali, se si considera che si tratta di due diverse azioni proposte innanzi a diverse giurisdizioni, per cui il giudizio
per cui è causa non costituiva il prosieguo di quello svoltosi innanzi al giudice amministrativo.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 99, 112, 183, c.p.c., per aver la Corte d’appello , sebbene avesse dichiarato il difetto di giurisdizione, rigettato l’appello incidentale del ricorrente sul capo della sentenza che aveva dichiarato inammissibile la richiesta contenuta nella memoria istruttoria, ritenendo che contenesse una domanda nuova.
Al riguardo, il ricorrente esclude la ritenuta mutatio libelli , in quanto la domanda precisata nella suddetta memoria s’inseriva in modo omogeno nel thema decidendum dell’atto introduttivo del giudizio, sia perché la richiesta risarcitoria riguardava un’unica condotta illecita, sia perché nella citazione era stata fatta espressa riserva di indicare ulteriori pretese.
L’unico motivo del ricorso incidentale denunzia violazione degli artt. 7 e 133 dlgs. 104/10, per aver la Corte territoriale esaminato l’appello incidentale, pur avendo pronunciato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
In primo luogo, le eccezioni preliminari sollevate dalla parte controricorrente sono infondate. Quanto al l’eccezione d’inammissibilità per mancata prova della notifica del ricorso, essa non è accoglibile essendo acquisita agli atti la relata di notifica, tempestivamente effettuata il 6.4.2021, nel termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata (14.10.2020).
L’eccezione d’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza è parimenti destituita di fondamento. Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità
dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass., SU, n. 8950/2022; n. 11325/2023).
Nella specie, il ricorrente ha indicato in maniera chiara ed esaustiva i punti della sentenza oggetto d’impugnazione, indicando il contenuto degli atti richiamati a sostegno delle censure, e la loro presenza negli atti del giudizio di merito.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
A norma dell’art.7, c. 5, CPA, nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall’articolo 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi.
A norma dell’art.133, c. 1, CPA, s ono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge:
…..b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche.
Alla luce della costante giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione -dalla quale non v’è ragione di discostarsi -appartengono al giudice ordinario le controversie in materia di pagamento di indennità e canoni relativi a beni demaniali solamente
quando le stesse abbiano un contenuto meramente patrimoniale. E cioè solamente quando le ridette controversie « non coinvolgano la verifica dell’azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio sottostante », attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 5 I. 6 dicembre 1971 n. 1034 (Cass., Sez. Un. n. 1848 del 2009; Cass. sez. un. n. 20749 del 2008; Cass., Sez. Un. n. 5912 del 2008;Cass., SU, n. 16829/17).
In materia di concessioni amministrative, le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, riservate dall’art. 5, secondo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della P.A. a tutela di interessi generali; quando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull’ “an” che sul “quantum”), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo. Ne consegue che, in materia di concessione di cava, è devoluta alla giurisdizione dell’A.G.O. la controversia nella quale il concessionario – sul presupposto dell’impossibilità di escavazione per motivi oggettivi – contesti la pretesa dell’amministrazione di conseguire il pagamento del canone minimo, a prescindere dalla concreta possibilità di sfruttamento della cava (Cass, SU, n. 13903/2011; Cass., SU, n. 16459/20).
Ora, nella specie, come detto, il giudizio in questione è stato promosso dopo la sentenza del CGAS di conferma della sentenza del Tar che aveva respinto il ricorso avverso i provvedimenti di decadenza dalla
concessione e di sgombero emessi dal ricorrente; ne consegue che la controversia non riguarda l’esercizio dell’azione autoritativa della Pubblica Amministrazione, che non viene in rilievo, atteso che la causa petendi consiste nell’uso difforme dalla concessione demaniale, e nella domanda di pagamento dell’indennità, allorché il rapporto amministrativo si era ormai esaurito con la pronuncia della suddetta sentenza del CGAS.
Pertanto, non è condivisibile l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, a tenore della quale la domanda oggetto di causa sarebbe connessa con l’esercizio del potere autoritativo dell’Ente pubblico .
D’altra parte, non è neppure applicabile alla fattispecie l’invocato art. 7 del d.lgs n. 104/2010 che contempla la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai fini risarcitori, in ordine alle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi. Infatti , la domanda oggetto di causa riguarda il pagamento dell’indennità, e non ha per oggetto atti e provvedimenti di concessione di beni demaniali, che costituiscono solo l’antecedente logico -temporale della causa.
Il secondo motivo è infondato. Al riguardo, l’attore, con la memoria ex art. 183 c.p.c., aveva introdotto una domanda nuova, per il periodo 16.8.03-19.12.08, chiedendo il risarcimento dei danni per occupazione senza titolo, per somma ben superiore a quella chiesta in citazione, di fatto estendendo la domanda originaria, relativa all’indennizzo previsto dal dprs 26.7.94 per l’uso difforme del demanio rispetto alla concessione, per il periodo d all’1.7.01 al 31.7.07 .
La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ( petitum e causa petendi ), sempre che la domanda così modificata
risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Cass., SU, n. 12310/2015; Cass., n. 30455/2023; n. 3920/2024; n. 23975/2024).
Nel caso concreto, la domanda oggetto della memoria ex art. 183 c.p.c., presenta oggetto e titolo differenti dalla domanda introduttiva del giudizio (i cui fatti costitutivi integrano la fattispecie di occupazione senza titolo che da ‘ diritto all’indennizzo previsto dal decreto del Presidente della Regione Sicilia 26.7.94 per l’uso difforme del demanio rispetto alla concessione), in relazione a fatti verificatisi successivamente al periodo d’efficacia della concessione.
Pertanto, non è corretto discorrere di una unica condotta illecita protrattasi nel tempo, venendo in rilievo fattispecie ben diverse, riguardo all’uso di beni demaniali, non connesse tra loro.
Infine, l’unico motivo del ricorso condizionato (connesso oggettivamente con il precedente motivo, avendo ad oggetto la doglianza sulla pronuncia nel merito dell’appello incidentale, una volta declinata la giurisdizione del giudice amministrativo) è da ritenere infirmato da inammissibilità sopravvenuta. Orbene, se è vero in teoria che la pronuncia di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, determinando ipso jure la caducazione del potere decisorio del giudice d’appello , avrebbe dovuto precludere ogni decisione nel merito, l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale rende la critica in questione non più esaminabile, avendo radicalmente privato d’interesse la censura.
Per quanto esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa
alla Corte d’appello di Palerm o, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Giova rilevare che il carattere sopravvenuto della inammissibilità esclude il raddoppio del contributo unificato, non sussistendone i presupposti (Cass., SU, n.19976/24; n. 31732/2018).
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo, e dichiara l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata, nei limiti di cui in motivazione, e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della prima sezione civile del 21