Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2926 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2926 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20818/2023 R.G. proposto da NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO,
– ricorrente –
contro
– controricorrente – avverso la sentenza n. 1105/2023 della Corte d’Appello di Venezia, depositata il 18.5.2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente stipulò con RAGIONE_SOCIALE un accordo per l’occupazione provvisoria di un suo terreno in Comune di NOME Veneto per il tempo necessario a svolgere i «lavori consistenti nella bonifica bellica e nella realizzazione di una paratia di protezione … tra l’esistente canale ENEL e la prevista galleria stradale». Vennero stabiliti un corrispettivo per l’occupazione e una penale giornaliera per il caso di ritardato rilascio dei terreni rispetto alla durata massima prevista in undici mesi.
Il Tribunale di Treviso, adito dal ricorrente per la condanna al rilascio del terreno e al pagamento di quanto previsto nell’accordo, constatò che il rilascio e il pagamento, sia del corrispettivo che della penale, erano avvenuti in corso di causa. Tuttavia, avendo accertato la realizzazione sui fondi di quattro pozzetti per il rilascio della falda e la costituzione di una servitù di passaggio per consentire l ‘ispezione e l a manutenzione dei pozzetti, il Tribunale condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento della penale giornaliera prevista nell’accordo per il periodo intercorso tra il rilascio dei fondi e la costituzione della servitù.
RAGIONE_SOCIALE impugnò la sentenza davanti alla Corte d’Appello di Venezia, contestando -per quanto qui interessa -« che l’accordo in parola, essendo intervenuto nell’ambito di un procedimento espropriativo ed a seguito della dichiarazione di pubblica utilità, sia riconducibile alla disciplina dettata dall’art. 11 della legge n. 241 del 1990, per cui la cognizione delle controversie attinenti alla sua esecuzione è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133 lett. a) -2) e g) del d. lgs. 104/2010».
La Corte d’Appello , accogliendo tale motivo di gravame, dichiarò la carenza di giurisdizione del giudice ordinario, per
essere la controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Contro la sentenza della Corte territoriale NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
Il ricorrente ha altresì depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L ‘unic o motivo di impugnazione è così sintetizzato nel ricorso: « in relazione all’art. 360, comma 1, n. 1 c.p.c., motivi attinenti alla giurisdizione, per violazione delle norme sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo (v. artt. 100, comma 1, 103, comma 1, 113, comma 1, Cost.) ed in particolare dell’art. 133, comma 1, lett. g del c.p.a. per avere la Corte territoriale erroneamente dichiarato il difetto di giurisdizione ordinaria in favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, spettando invece la giurisdizione al giudice ordinario sulla controversia risarcitoria promossa dal signor COGNOME, giacché il comportamento tenuto nel caso di specie da RAGIONE_SOCIALE non era connesso, neppure in via mediata, all’esercizio di pubblici poteri ».
Il ricorrente afferma che la dichiarazione di pubblica utilità delle opere eseguite da RAGIONE_SOCIALE era priva di indicazioni relative agli immobili da espropriare e che, in ogni caso, non era mai stata prevista l’espropriazione dei suoi terreni, dal che desume che « nel caso di specie ricorre proprio un’ipotesi di c.d. occupazione usurpativa», priva di qualsiasi collegamento con l’esercizio di poteri pubblici .
2. Il motivo è inammissibile.
2.1. La Corte d’Appello di Venezia ha applicato un consolidato principio di diritto laddove ha affermato che sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie insorte dalla «attività di occupazione e trasformazione di un bene immobile conseguenti a una dichiarazione di pubblica utilità», richiamando alcuni pertinenti arresti delle sezioni unite (Cass. S.U. nn. 26033/2022; 8568/2021; 2145/2018)
Tale principio non è messo in discussione nel ricorso.
2.2. La Corte territoriale ha quindi affermato, con riguardo al fatto sottoposto al suo giudizio, che «l ‘ occupazione e la trasformazione del fondo del COGNOME sono avvenute in presenza della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (v. doc. 4 del fascicolo di primo grado di RAGIONE_SOCIALE), la quale costituisce espressione del potere pubblicistico in rapporto al fondo di proprietà privata ed a cui è funzionalmente collegata tutta la successiva attività, giuridica e materiale, di utilizzazione dello stesso per lo scopo pubblico sopra indicato».
Questa è l’affermazione contestata dal ricorrente , ma si tratta appunto di una affermazione che riguarda il fatto. Inoltre, nel ricorso non si riportano le parti del documento richiamato necessarie per giustificare la contraria affermazione secondo cui la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera non avrebbe alcun nesso, neanche «mediatamente» (art. 133, lett. g , Codice del Processo Amministrativo, allegato al d.lgs. n. 104 del 2010), con l’occupazione e con la parziale trasformazione dei terreni per cui è causa.
2.3 L’inammissibilità del ricorso è dunque legata sia al la constatazione che non viene contestata l’interpretazione data dalla Corte territoriale della norma sul riparto di giurisdizione, sia alla mancanza di specificità (art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.), per quanto riguarda la censura mossa alla ricostruzione del fatto in punto rapporto tra dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e occupazione degli immobili.
2.4. È appena il caso di aggiungere che non è sufficiente -al fine di negare che l’occupazione fosse riconducibile, «anche mediatamente , all’esercizio di un pubblico potere delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità» -la semplice circostanza che non fosse prevista l’espropriazione dei terreni del ricorrente; posto che qui non si discorre dell’espropriazione, ma di una occupazione temporanea e che solo di quest’ultima si trattava di verificare il rapporto con la realizzazione dell’opera di pubblica utilità.
2.5. Infine, si precisa che la presente decisione viene assunta dalla sezione semplice, perché «sulla questione di giurisdizione proposta [ma, in realtà, nemmeno attinta dal ricorso, in quanto inammissibile] si sono già pronunciate le sezioni unite» (art. 374, comma 1, c.p.c.).
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che, in base all’esito del ricorso, sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 7.000 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del