Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20193 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20193 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12617/2020 R.G. proposto da : NOMECOGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrenti- contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2758/2019 depositata il 16/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
In causa tra i fratelli NOMECOGNOME da un lato, e NOME e NOME COGNOME dall’altro, avente ad oggetto lo scioglimento della comunione ereditaria sui beni immobili lasciati dai genitori, il
Tribunale di Catania, con sentenza del 29 luglio 2014, dichiarate aperte le successioni, ripartiva tra i tre eredi gli immobili salvo uno, sito in Roma, per il quale disponeva la vendita all’incanto come da separata ordinanza, e, dopo aver ordinato a NOME e NOME COGNOME di rendere il conto della gestione di alcuni beni, li condannava al pagamento di una determinata somma in favore di NOME COGNOME.
La Corte di Appello di Catania, con sentenza 2758 del 2019, confermava la decisione del Tribunale, salvo porre a carico di tutte le parti alcune spese lasciate dal Tribunale a carico di NOME COGNOME.
NOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della suddetta sentenza con quattro motivi contrastati da NOME COGNOME con controricorso.
Sono pervenute memorie.
1 Preliminarmente, si rileva che le parti, dopo avere, nel dicembre scorso, chiesto e ottenuto un rinvio ‘ per trattative ‘ dell’adunanza camerale fissata al 9 gennaio 2025, hanno nuovamente chiesto un rinvio per identica ragione in data 26 giugno 2025. La richiesta va respinta.
Ai sensi degli artt. 97 e 111 Cost., è contrario ai principi di ragionevole durata del processo e di buon andamento dell’ufficio un nuovo rinvio, pervenuto peraltro a pochissimi giorni dall’adunanza, e relativo ad un ricorso ormai pendente in cassazione dal 2020, considerato altresì che la giustizia è una risorsa limitata.
Passando pertanto all’esame dei motivi, il primo di essi è rubricato ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n.5. c.p.c.’. Il motivo veicola critiche alla CTU recepita dal Tribunale, riguardo al valore attribuito ad alcuni immobili oggetto di divisione. 2. C on il secondo motivo di ricorso si lamenta ‘violazione degli artt. 2736 c.c. e 233 c.p.c., in relazione all’art. 360, n.3 c.p.c.’.
I ricorrenti osservano di avere in un primo momento deferito a NOME COGNOME il giuramento sul se fosse vero che le somme impiegate per pagare il prezzo di acquisto di un immobile posto in Catania, INDIRIZZO provenissero ‘ esclusivamente ‘, come essi ricorrenti sostenevano, dal patrimonio della madre, con la conseguenza che, come richiesto con apposito capo di domanda riconvenzionale, l’immobile o il relativo controvalore, avrebbe dovuto essere incluso nell’asse ereditario. Ricordano altresì che, all’udienza del 28 ottobre 2005, NOME COGNOME aveva prestato giuramento negando che le somme impiegate per l’acquisto provenissero ‘esclusivamente’ dalla madre.
Rilevano quindi di avere invano chiesto al giudice di primo grado e poi ai giudici del gravame (con il secondo motivo di appello) di ammettere di nuovo il giuramento con una formulazione nella quale non era più presente a qualificare la ‘provenienza dal personale patrimonio’ della madre -l’avverbio ‘ esclusivamente ‘ ed era invece presente una articolazione tesa a far emergere se, almeno in parte, le somme impiegate provenissero dalla madre. Ricordano ancora che la Corte di Appello aveva respinto la richiesta affermando che il nuovo capitolato era privo di ‘decisorietà’ e che col primo giuramento l’attore aveva dato una risposta ‘già esaustiva’.
Con il motivo di ricorso in esame i ricorrenti censurano tali affermazioni sostenendo invece che il nuovo capitolato di prova è caratterizzato da ‘decisorietà in quanto volto a spiegare diretto effetto sulla sorte della apposita domanda riconvenzionale’ e che l’avverbio ‘esclusivamente’, contenuto nella risposta data dall’interrogato, ‘è idoneo a indurre incertezza’.
Il motivo è fondato.
Si verte in teme di collazione. Gli attuali ricorrenti, prospettando che l’acquisto dell’immobile sito in Catania INDIRIZZO sia avvenuto ‘per iniziativa’ della madre, che il prezzo sia stato pagato, in tutto o in parte, nella misura di 7.500.00 lire, dalla
madre e che il bene sia stato intestato all’attuale controricorrente, ‘con l’intendimento di beneficiare’ quest’ultimo. Sulla base di tali prospettazioni hanno proposto domanda di accertamento dell’esistenza della donazione indiretta con lo scopo finale, ricordato a pagina 4 del ricorso, di ‘ ricomprendere nell’asse anche tale cespite ovvero, subordinatamente, il controvalore di esso ‘.
Questa Corte ha statuito che ‘ nell’ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, si configura la donazione indiretta dell’immobile e non del denaro impiegato per l’acquisto, sicché, in caso di collazione, secondo le previsioni dell’art. 737 c.c., il conferimento deve avere ad oggetto l’immobile e non il denaro’ (Cass.n. 17604/2015). La Corte ha statuito altresì che ‘ in materia di liberalità non donative, non può ricondursi alla fattispecie della donazione indiretta dell’immobile la donazione di denaro che, pur funzionalmente collegata all’acquisto dello stesso, sia insufficiente a coprirne l’intero prezzo. In tali casi, oggetto di collazione è il denaro corrisposto e non la corrispondente quota di valore dell’immobile’ (Cass. civ. n. 16329/2024).
Sotto diverso profilo, è stato affermato che i capitoli del giuramento decisorio ‘devono essere formulati in modo che il destinatario possa, a sua scelta, giurare e vincere la lite o non giurare e perderla, sicché, a seguito della prestazione del giuramento, al giudice non resta che verificare l’an iuratum sit, per accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto’ (tra le recenti, Cass. n. 29614 del 2023), e che ‘per il giuramento decisorio, in quanto mezzo ordinato a troncare la lite mediante il supremo appello che una parte fa alla coscienza dell’avversario, che deve essere ammesso anche quando i fatti dedotti siano stati accertati o esclusi dalle risultanze di causa e anche se sia stato deferito in via subordinata, è pur sempre necessario che i fatti per i
quali è deferito abbiano il requisito della decisività’ (così, in motivazione, Cass. n.13181 del 2025 che richiama Cass. n. 16216 del 2019; Cass. n. 10653 del 1994; v. altresì Cass. SU n. 5841 del 2025, in motivazione).
Insomma, in virtù della sua precipua attitudine ad assicurare un’irreversibile composizione della lite , il giudice di merito deve sempre disporre il giuramento decisorio, benché deferito in via subordinata, purché il contenuto del giuramento abbia il carattere della decisorietà.
Contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello non può escludersi in astratto che il giuramento in questione sia decisivo rispetto all’accertamento della fondatezza della ricordata domanda dei ricorrenti.
Si rende pertanto necessario un nuovo esame sulla scorta dei citati principi.
Resta così logicamente assorbito l’esame del primo motivo che riguarda il valore degli immobili da dividere.
3 C on il terzo motivo di ricorso si lamenta ‘violazione dell’art. 723 c.c., dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 263 c.p.c.’
Il motivo è riferito alla affermazione della Corte di Appello per cui era da respingersi il motivo di appello con cui gli allora appellanti e attuali ricorrenti avevano lamentato che il Tribunale non si era pronunciato sulla loro domanda volta ad ottenere che NOME COGNOME rendesse conto della gestione ‘dell’immobile sito in Tremestieri Etneo, oggetto di comunione ereditaria’, posto che ‘la domanda di rendiconto è stata formulata in via subordinata e in modo alquanto generico in quanto non fa specifico riferimento ai beni immobili di cui l’attore, NOME COGNOME, doveva rendere espressamente il conto’.
I ricorrenti, a sostegno del motivo di doglianza, deducono che la circostanza che l’immobile fosse stato gestito da NOME COGNOME era
‘pacifica’ e che ‘ugualmente incontestato’ era che ‘il cespite entrasse (entri) a far parte dell’intero asse’;
Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio della sentenza impugnata.
Il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento sulla domanda o sulla eccezione sottoposta al suo esame. Nel caso di specie la Corte di Appello non ha affatto omesso di pronunciarsi sulla domanda di rendiconto avendo invece respinto tale domanda perché reputata generica.
La rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, sicché non è deducibile la violazione dell’art. 112 c.p.c., quale errore procedurale rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., quando il predetto giudice abbia svolto una motivazione sul punto, dimostrando come la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione, attenendo, in tal caso, il dedotto errore al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte’ (Cass. n.27181 del 22/09/2023);
4 Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, infine, la violazione degli artt. 817 e 818 c.c. e dell’art. 12, comma nono, della l.246/05, in relazione all’art. 360, primo comma n, 3, c.p.c.
La Corte di Appello ha confermato la decisione del Tribunale di assegnare due garages siti in Catania, INDIRIZZO a NOME COGNOME, ritenendo condivisibile l’argomento del Tribunale -argomento che la Corte di Appello ha sottolineato non essere stato ‘espressamente censurato’ -secondo cui tale assegnazione riduceva al minimo i conguagli.
I ricorrenti, a sostegno del motivo, deducono che il Tribunale avrebbe ‘scorporato i garages rispetto alla proprietà relativa agli appartamenti di cui costituivano pertinenza in relazione alla
sopravvenienza normativa di cui all’art. 12 comma nono della l.246/05′, che la Corte di Appello avrebbe condivido tale pronuncia, che la normativa indicata non aveva natura interpretativa con la conseguenza che di essa non potevano beneficiare gli immobili esistenti alla data di relativa entrata in vigore, che in ogni caso ‘la separazione di una pertinenza rispetto ad un bene principale genera un decremento di valore … e si pone in conflitto coi principi generali desumibili dalle norme codicistiche’
Anche questo motivo, come il primo, resta logicamente assorbito per effetto dell’accoglimento del secondo .
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione per nuovo esame sulla scorta dei citati principi di diritto.
Il giudice del rinvio dovrà provvedere anche sulle spese di questo giudizio.
PQM
la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso rigetta il terzo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione,
Roma, 1° luglio 2025.