Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21903 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21903 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29219-2021 proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2298/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/06/2021 R.G.N. 2876/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Giudizio di rinvio
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/06/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata resa in sede di rinvio disposto da questa Corte con la sentenza n. 16031 del 2018, ha respinto, sebbene con diversa motivazione, l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento, riconoscendo però la sola tutela obbligatoria prevista dalla legge n. 604 del 1966;
la Corte territoriale ha innanzitutto ritenuto, sulla base del pronunciato della sentenza rescindente, che l’RAGIONE_SOCIALE in controversia fosse esclusa dall’area delle organizzazioni di tendenza di cui all’art. 4 l. n. 108 del 1990, per cui ‘conseguirebbe l’applicabilità della tutela reale in relazione al licenziamento irrogato al COGNOME il 17.6.2010′;
tuttavia, la Corte ha rilevato: ‘in data 4.8.2010, come eccepito e documentato dall’RAGIONE_SOCIALE, il P aliani veniva raggiunto da un secondo licenziamento per ragioni del tutto diverse da quelle sottostanti al primo licenziamento (su cui è sceso il giudicato). Il secondo licenziamento irrogato il 4.8.2010 non risulta impugnato. Ciò osta alla pronuncia di reintegra del COGNOME. Sotto il profilo risarcitorio, residuerebbe a favore del COGNOME un credito corrispondente alle retribuzioni maturate tra il primo e il secondo licenziamento (di poco superiore a due mensilità), che, tuttavia, sarebbe inferiore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza impugnata (sei mensilità). Ne consegue il rigetto del motivo sul punto in ossequio del principio del divieto della reformatio in peius ‘;
avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME con quattro motivi, cui ha resistito l’intimata associazione con controricorso; parte ricorrente ha anche comunicato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il
deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi del ricorso possono essere sintetizzati come di seguito;
1.1. col primo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 324 c.p.c., nonché dell’art. 2 l. 604/66 e dell’art. 18 S.d.L., sostenendo che la sentenza rescindente n. 16031 del 2018 avrebbe cassato la pronuncia d’appello impugnata, sancendo, così, definitivamente ‘l’avvenuto passaggio in giudicato di ogni ulteriore questione dedotta o deducibile in corso di causa, compresa quella relativa ad un secondo licenziamento’;
1.2. il secondo motivo deduce: ‘violazione o falsa applicazione dei principi regolatori della cognizione del giudice di rinvio, ex artt. 384, 2° comma, e 394 c.p.c., nonché nullità della sentenza di rinvio, per avere la corte territoriale omesso di uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, e per indebita rinnovazione di ius dicere su parti coperte dal giudicato ex art. 2909 c.c. e 324 c.p.c.’; si sostiene che la Corte del rinvio avrebbe rivalutato accertamenti già divenuti definitivi in ordine al secondo licenziamento, mentre il dictum della sentenza rescindente avrebbe demandato una nuova verifica solo in relazione al principio dell’esclusione dall’area di applicazione delle organizzazioni di tendenza;
1.3. col terzo mezzo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 384, 2° comma, e 394 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., con nullità della sentenza di rinvio per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; si eccepisce che in seguito alla dichiarazione di inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione, con cui l’RAGIONE_SOCIALE aveva proposto impugnazione incidentale lamentando l’omessa valutazione del secondo licenziamento, risulterebbe precluso ogni nuovo esame della questione;
1.4. il quarto motivo deduce subordinatamente ancora la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 384, 2° comma, e 394 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., nonché la nullità della sentenza di rinvio per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; si sost iene che ‘nessuna eccezione sulla pretesa esistenza di un secondo licenziamento è stata riproposta dall’associazione nel giudizio di rinvio’, per cui la stessa doveva comunque intendersi rinunciata;
i motivi, da valutarsi congiuntamente per evidente connessione reciproca, non risultano meritevoli di accoglimento;
2.1. la parte ricorrente non individua la statuizione giudiziale, intervenuta nelle precedenti fasi del processo, dalla quale evincere che si possa essere formato, sulla questione del secondo licenziamento, un giudicato interno preclusivo; chiaramente detta questione si poneva a valle di quella preliminare in ordine al regime di tutela applicabile in relazione al primo licenziamento, su cui vi è stata anche la pronuncia di questa Corte, di modo che l’eccezione concernente il secondo licenziamento, formulata sin dalla memoria di costituzione in primo grado dall’RAGIONE_SOCIALE (come ricordato alla pag. 2 della sentenza qui impugnata), era rimasta assorbita sia nella
sentenza del tribunale, ma anche nella successiva sentenza d’appello confermativa della medesima;
2.2. in difetto di una statuizione di merito su tale questione non può neanche ritenersi che la decisione di inammissibilità sul primo motivo di ricorso incidentale per cassazione proposto dall’RAGIONE_SOCIALE si lamentava l’omesso esame di un fatto decisivo rappresentato dal secondo licenziamento – abbia realizzato un giudicato preclusivo della possibilità per la Corte del rinvio di esaminare la questione;
ciò non solo perché si tratta di una pronuncia di inammissibilità in rito -che secondo condivisibile giurisprudenza dà luogo soltanto al giudicato formale ed ha effetto limitato al rapporto processuale nel cui ambito è emanata, per cui non è idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale e non preclude la riproposizione della domanda in altro giudizio (così Cass. n. 10641 del 2019, con la giurisprudenza ivi citata) -ma anche perché l’efficacia del giudicato si può estendere, oltre a quanto dedotto dalle parti (cd. giudicato esplicito), anche alle ragioni di fatto o di diritto che tuttavia si presentino come un antecedente logico necessario della pronuncia (cd. giudicato implicito) ( ex multis , Cass. n. 7774 del 2012; Cass. n. 3434 del 2011; Cass. n. 8650 del 2010; Cass. n. 18791 del 2009; Cass. n. 15343 del 2009); deve trattarsi, cioè, di questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che sebbene non dedotte specificamente, costituiscano tuttavia precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia;
il che non può dirsi nella specie per la questione del secondo licenziamento, che evidentemente era destinata a venire in rilievo solo nel momento in cui si fosse statuita l’operatività della tutela reintegratoria, rispetto alla quale ha poi operato l’eccezione dell’RAGIONE_SOCIALE, che ha opposto il secondo
licenziamento come fatto successivo idoneo a precludere la reintegrazione;
2.3. quanto poi alle censure, contenute nel terzo e soprattutto nel quarto motivo di ricorso, secondo cui l’RAGIONE_SOCIALE non avrebbe riproposto l’eccezione relativa al secondo licenziamento nel giudizio di rinvio, è appena il caso di rilevare che, poiché il giudizio di rinvio non dà luogo ad un nuovo procedimento ma ad una prosecuzione dei precedenti gradi di merito (Cass. n. 30529 del 2017; Cass. n. 23073 del 2014), il giudice del rinvio, se è tenuto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte per le questioni già decise, per gli altri aspetti della controversia, rimasti impregiudicati o non definiti nelle precorse fasi del giudizio, deve esaminare ” ex novo ” il fatto della lite e pronunciarsi su tutte le eccezioni sollevate e pretermesse nei precedenti stati processuali, indipendentemente dalla relativa riproposizione, senza che possa rilevare finanche l’eventuale contumacia della parte interessata (cfr. Cass. n. 4070 del 2019);
conclusivamente, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.000,00, oltre esborsi pari ad euro 200,00, spese generali al 15% ed accessori secondo legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 4 giugno 2024 .