Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2070 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2070 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso di cui nr. 20472/2017 proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t ., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t ., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza nr. 710/2016 pubblicata in data 4/7/2016 della Corte d’Appello di Lecce;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’ 11 luglio 2024 dal Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L a Corte d’Appello di Lecce , con sentenza del 21/1/2011, rigettò l’appello di RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza di primo grado, che
aveva a sua volta respinto la domanda della società – volta a ottenere l’accertamento dell’avvenuta conclusione del contratto di cessione d’azienda oggetto della proposta d’acquisto da essa inoltrata agli organi del Fallimento di RAGIONE_SOCIALE sul rilievo che l’accettazione del curatore e l’autorizzazione del giudice delegato alla stipula dell’atto erano sottoposte alla condizione dell’accollo dei relativi costi da parte della proponente, che non risultava accettata da quest’ultima.
RAGIONE_SOCIALE propose ricorso per la cassazione della sentenza d’appello.
Questa Corte, con l’ ordinanza nr 14682/2013, in accoglimento del secondo motivo del ricorso (assorbito il primo, col quale la ricorrente aveva dedotto che proposta e accettazione riguardavano tutti i termini dell’accordo) cassò con rinvio la decisione impugnata, perché viziata dall’omesso esame del fax inviato dalla ricorrente al curatore in data 26.6.2003, contenente la copia del contratto predisposto dal notaio COGNOME che prevedeva, al punto E), che tutte le spese necessarie per la stipula del contratto sarebbero state sostenute da RAGIONE_SOCIALE
Riassunta la causa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE stante l’intervenuta chiusura del fallimento della società, la Corte d’appello di Lecce, adita quale giudice del rinvio, ha accolto l’appello e ha dichiarato concluso il contratto dedotto in giudizio.
4.1 La corte del merito, per quanto ancora interessa in questa sede, ha accertato che il negozio traslativo si era perfezionato, ai sensi dell’art 1326 1° comma c.c. , sin dal 14.5.2003, allorché il curatore aveva comunicato ad RAGIONE_SOCIALE che il tribunale lo aveva autorizzato ad aderire alla proposta di acquisto dell’azienda della fallita, da essa formulata il 26/3/2003, ed a concludere il contratto; ha aggiunto che la tesi difensiva illustrata da Aliser in comparsa conclusionale, secondo cui la comunicazione da parte del curatore dell’intervenuta autorizzazione alla stipula del contratto andava
tenuta distinta dalla manifestazione della volontà di concluderlo proveniente dall’organo della procedura, non poteva essere condivisa, posto che il curatore, una volta ricevuta l’autorizzazione del G.D., era privo di ogni discrezionalità al riguardo.
4. La sentenza, pubblicata il 4.7.2016, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con tutti e tre i motivi, che denunciano, rispettivamente, violazione dell’art. 31 l.fall. , violazione degli artt. 1321 e 1470 c.c. e violazione dell’art 1350 c.c ., Aliser imputa al giudice del rinvio di aver erroneamente ritenuto che il provvedimento del G.D. di autorizzazione del curatore a concludere il contratto equivalesse all’esercizio del potere negoziale . Sostiene, per contro, che il contratto non poteva ritenersi concluso in difetto di un’espressa manifestazione della volontà d ell’organo di gestione della procedura di alienare l’azienda, atteso che l’eventuale sussistenza di un suo obbligo in tal senso non equivaleva al compimento dell’atto e che la mera comunicazione a controparte di aver ottenuto i poteri necessari alla stipula non poteva comportare il superamento del necessario momento di incontro delle volontà; incontro che – poiché il contratto di cessione di azienda richiede la forma scritta – poteva essere documentato solo da atto scritto e non poteva ritenersi provato in via pre suntiva dall’avvenuta trasmissione di un atto autorizzatorio.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili.
2.1 Secondo quanto ripetutamente affermato da questa Corte, nel giudizio di rinvio, il quale è un procedimento chiuso, non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi sul provvedimento rescindente: in tale giudizio non possono pertanto essere allegati
nuovi fatti né prospettate questioni di diritto ( quand’anche rilevabili d’ufficio) che non siano state considerate da questa Corte in detto provvedimento, perché altrimenti si finirebbe col porne nel nulla o limitarne gli effetti, in contrasto col principio della sua intangibilità (fra molte, Cass. nn. 24357/2023, 5137/2019, 4096/2007, 15952/2006, 5249/1995 ).
2.2 Ora, come si evince dalla lettura dell’ordinanza nr. 14682/2013 , la questione dedotta da RAGIONE_SOCIALE coi motivi in esame non avrebbe potuto formare oggetto del giudizio di rinvio (ed è dunque stata erroneamente affrontata nella sentenza impugnata, anziché essere dichiarata inammissibile) , in quanto l’ unico compito demandato alla corte del merito in sede rescissoria era di valutare se il contratto potesse o meno ritenersi concluso alla luce dell’avvenuta comunicazione al curatore della volontà di RAGIONE_SOCIALE di farsi interamente carico delle spese.
2.3. Può aggiungersi che, al di là della preclusione derivante dal carattere chiuso del giudizio di rinvio, le questioni concernenti la valenza negoziale dell’autorizzazione del G.D. e la forma della manifestazione della volontà del curatore appaiono comunque del tutto nuove, in quanto non risulta che siano state dibattute fra le parti nei primi due gradi del giudizio, né che il primo collegio d’appello a bbia pronunciato su di esse.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.700, di cui € 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’ 11 luglio 2024.