Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34670 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34670 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17966-2022 proposto da:
COGNOME ASSUNTA, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, NOMECOGNOME tutti nella qualità di eredi di NOME COGNOME, domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5561/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/01/2022 R.G.N. 1246/2019;
Oggetto
Licenziamento
–
rapporto privato – cooperativa
R.G.N. 17966/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 30/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/10/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Napoli, decidendo con sentenza n. 5561/2021 quale giudice del rinvio a seguito dell’ordinanza n. 8223/2019 di questa Corte, rigettava l’appello avverso la sentenza n. 33400/2011 del Tribunale di Napoli, che era già stata confermata dalla stessa Corte con sentenza n. 8939/2014, quanto al rigetto della domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della Cooperativa “RAGIONE_SOCIALE” diretta ad ottenere, previa declaratoria di illegittimità del licenziamento comminato in data 19.11.2008 per assenze ingiustificate dal luogo di lavoro, la reintegrazione in servizio con ogni conseguenza risarcitoria ex art. 18 Statuto dei lavoratori;
questa Corte, con l’ordinanza n. 8223/2019 cit., aveva accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, avverso la prima sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che aveva rilevato che, nella fattispecie, doveva escludersi che la società cooperativa avesse posto in essere il licenziamento, dovendosi, invece, ritenere che l’estinzione del rapporto di lavoro fosse stata determinata dalla delibera di esclusione da socio, non impugnata nei termini decadenziali di legge, con preclusione dell’indagine sul merito della vicenda estintiva sotto il profilo del licenziamento;
con il motivo di ricorso per cassazione accolto il lavoratore aveva denunziato il mancato esame della domanda di accertamento della natura fittizia della qualifica di socio e di ammissione dei mezzi istruttori (prove testimoniali) ritualmente proposte sin dal primo atto difensivo, nonché la violazione del
principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, sostenendo che la Corte di merito aveva omesso di pronunciarsi sulla principale domanda proposta, attinente alla natura del vincolo sussistente tra le parti, che, se correttamente inquadrata esclusivamente come rapporto di lavoro di natura subordinata, avrebbe escluso l’operatività della decadenza ex art. 2533 c.c.;
con l’ordinanza rescindente, richiamando Cass. S.U. n. 27436/2017, secondo cui, in tema di estinzione del rapporto del socio lavoratore di cooperativa, ove per le medesime ragioni afferenti al rapporto lavorativo siano stati contestualmente emanati la delibera di esclusione ed il licenziamento, l’omessa impugnativa della delibera non preclude la tutela risarcitoria contemplata dall’art. 8 della legge n. 604 del 1966, mentre esclude quella restitutoria della qualità di lavoratore, sicché occorreva indagare il merito della vicenda estintiva del rapporto di lavoro, veniva demandato alla Corte di Napoli in diversa composizione di procedere a un nuovo esame della fattispecie tenendo conto dei principi e dei rilievi sull’omessa pronuncia di cui sopra;
riassunto il giudizio dal lavoratore, con la seconda sentenza di appello la Corte di Napoli giudicava l’appello infondato; dava atto che il lavoratore aveva nuovamente eccepito l’illegittimità del provvedimento di espulsione e dell’implicito licenziamento per le ragioni già formulate con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado; premetteva che la cooperativa resistente era una cooperativa affidataria di lavori socialmente utili sottoposta alla normativa speciale di cui alla legge n. 452/1987 (di c
osservava che le prove testimoniali ammesse (così come demandato dalla pronuncia rescindente) non avevano consentito di ritenere provata la natura fittizia della qualità di socio; rilevava che, pertanto, la delibera 19.11.2008 del Commissario di governo con la quale il lavoratore era stato escluso dalla cooperativa per assenze ingiustificate (quantunque risalenti a molti anni prima) era stata legittimamente adottata, in attuazione della previsione dell’art. 12, comma 3, di tale legge (‘
rimanendo la risoluzione del rapporto di lavoro conseguenza diretta e automatica della cessazione del rapporto associativo conseguente all’esclusione
disposta dal commissario, quale ipotesi normativa di esclusione da socio;
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli quale giudice del rinvio propongono ricorso per cassazione gli eredi del lavoratore (deceduto il 30.4.2021) con 5 motivi; resiste la società cooperativa con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione degli artt. 2533, comma 3, 2697 e 2984 ss. c.c., per avere la Corte erroneamente dichiarato la decadenza dal potere di impugnare il provvedimento espulsivo senza che al processo sia stata acquisita la prova della comunicazione della delibera di espulsione del destinatario, il quale negava di averla ricevuta;
con il secondo (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione degli artt. 2 legge n. 604/1966, e 7 legge n. 300/1970: sostiene che, in mancanza di comunicazione della delibera di esclusione da socio, il licenziamento era nullo per mancanza di forma scritta e per violazione dell’onere di preventiva contestazione degli addebiti e di immediatezza;
con il terzo (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.: sostiene che la Corte non ha esaminato la questione dell’illegittimità del licenziamento sotto il profilo dei principi di buona fede e correttezza;
con il quarto motivo deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza impugnata, per mancanza di motivazione circa l’esclusione dell’applicabilità del principio enunciato da Cass.
S.U. n. 27436/2017, in riferimento al rigetto della tutela risarcitoria;
con il quinto (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione degli artt. 1322, 2533 c.c., 1, 2 e 5 legge n. 142/2001, 8 legge n. 604/1966: sostiene che la Corte doveva valutare l’illegittimità del licenziamento e l’applicazione della tutela risarcitoria;
il ricorso risulta complessivamente inammissibile;
occorre premettere che il giudizio di rinvio non determina, per così dire, il ritorno al punto di partenza, ma la prosecuzione delle fasi precedenti nell’ambito perimetrato dalla pronuncia rescindente; con la conseguenza che le censure alla sentenza impugnata devono necessariamente essere incentrate sulla violazione dell’384 c.p.c., ovvero sulla mancata o impropria attuazione dei principi di diritto fissati dalla pronuncia rescindente; non è, invece, consentito di ripetere il giudizio su tutte le questioni affrontate dall’inizio della procedura, perché, nel caso in esame, la questione da accertare era la natura fittizia o meno del rapporto sociale; e nella specie la natura fittizia della qualifica di socio è stata in concreto, in fatto, esclusa, in base alle prove raccolte nel giudizio rescissorio, come disposto dalla precedente pronuncia rescindente di questa Corte;
occorre qui richiamare l’insegnamento di questa Corte sul carattere cd. chiuso del giudizio di rinvio (Cass. S.U. n. 17332/2021; Cass. n. 8039/2023, n. 21692/2023, n. 5588/2024), al quale la sentenza gravata si è attenuta;
la ricostruzione ampiamente consolidata della natura del giudizio di rinvio evidenzia che quest’ultimo non costituisce la rinnovazione o la prosecuzione del giudizio di merito, bensì la fase rescissoria rispetto a quella rescindente del giudizio di cassazione; il giudizio di rinvio si presenta, quindi, come una prosecuzione del processo di Cassazione, nel corso del quale il
giudice di merito ha il compito di svolgere quelle attività necessarie a conformarsi al principio di diritto enunciato dalla S.C. ai sensi dell’art. 384 c.p.c.; pertanto il giudice del rinvio, riassunta la causa, dovrà innanzitutto individuare l’oggetto de l giudizio attraverso un’attenta ricostruzione delle censure accolte dalla Cassazione, per poi adoperarsi nell’espletamento delle attività conseguenti;
10. in ragione della struttura ‘chiusa’ propria del giudizio di rinvio, cioè della cristallizzazione della posizione delle parti nei termini in cui era rimasta definita nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione, il giudice di rinvio, al fine di procedere al giudizio nei termini rimessi dalla cassazione con rinvio, può prendere in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti (senza violare il divieto di esame di punti non prospettati o prospettabili dalle parti fino a quel momento) soltanto a condizione che si tratti di fatti dei quali, per essere avvenuta la loro verificazione dopo quel momento, non era stata possibile l’allegazione, a meno che la nuova attività assertiva ed istruttoria sia giustificata proprio dalle statuizioni della Corte di Cassazione in sede di rinvio (cfr. Cass. n. 11411/2018, n. 7281/2011, n. 11962/2005);
11. a parte queste ultime ipotesi, il giudice di rinvio è vincolato dalla sentenza di cassazione che dispone il rinvio stesso, anche nel caso in cui essa non si limiti ad accertare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto o il vizio di motivazione che inficiano la sentenza cassata e ad adottare le pronunce consequenziali, ma anche quando essa contenga statuizioni ulteriori (vedi per tutte: Cass. n. 21006/2005);
12. la denuncia del mancato rispetto da parte del giudice di rinvio del decisum della sentenza di cassazione concreta denuncia di error in procedendo (art.360, n. 4, c.p.c.), per aver
operato il giudice stesso in ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione, per la cui verifica la Corte di cassazione ha tutti i poteri del giudice del fatto in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, la quale va equiparata al giudicato, partecipando della qualità dei comandi giuridici, con la conseguenza che la sua interpretazione deve essere assimilata, per l’intrinseca natura e per gli effetti che produce, all’interpretazione delle norme giur idiche (Cass. n. 6461/2005, n. 6344/2019, n. 26545/2024);
13. tutto ciò premesso, i profili che le parti possono dedurre nell’impugnazione della sentenza rescissoria debbono necessariamente riguardare l’aderenza di quest’ultima al principio espresso dalla sentenza rescindente;
14. nel caso in esame, invece, mancano nel ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio adeguati riferimenti fondati sulla deduzione dell’infedele esecuzione dei compiti affidati con la precedente pronuncia di annullamento, con conseguente non pertinenza all’ambito del presente giudizio delle relative doglianze;
15. nel caso di specie, infatti, la Corte territoriale ha correttamente inquadrato e delimit ato l’oggetto del giudizio di rinvio e ha giustificato il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento;
16. segnatamente, la seconda sentenza d’appello ha proceduto, come specificato nella pronuncia rescindente (vedi § 9) a verificare in concreto l’eventuale riqualificazione del rapporto che avrebbe determinato la rivisitazione delle istanze reintegratorie e risarcitorie, nonché la possibile irrilevanza dell’impugnazione della delibera di esclusione, come demandatole; e, previa istruttoria testimoniale nel grado,
sempre come stabilito nella pronuncia rescindente, è pervenuta ad escludere che il rapporto societario fosse, nel caso concreto, fittizio;
17. il ricorso deve pertanto, stante l’inammissibilità dei motivi dedotti, essere respinto, con regolazione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, secondo il regime della soccombenza;
18. al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 30 ottobre