Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8419 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8419 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12766/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicata, rappresentata e difesa dall’avvocato NOMECOGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-controricorrente al ricorso principale e ricorrente incidentaleavverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 490/2022 depositata il 12/12/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. In data 13 ottobre 2015 NOME COGNOME aveva notificato alla società RAGIONE_SOCIALE (di seguito per brevità RAGIONE_SOCIALE) atto di precetto (di seguito indicato come primo precetto), unitamente alla sentenza n. 60/2014 del Tribunale di Gorizia munita di formula esecutiva, intimando il pagamento di € 77.137,83, oltre accessori; nel precetto aveva dichiarato che la società precettata era tenuta al pagamento, perché essa era succeduta mediante fusione per incorporazione alla RAGIONE_SOCIALE la quale si era resa cessionaria di ramo di azienda della società RAGIONE_SOCIALE nei cui confronti la sentenza n. 60/2014 aveva pronunciato la condanna al pagamento delle retribuzioni, da lei maturate in qualità di lavoratrice dipendente.
La Intercontinental aveva proposto opposizione al precetto.
Il Tribunale di Gorizia, con sentenza n. 403/2018, aveva accolto detta opposizione.
Avverso tale sentenza era stata proposta impugnazione dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti oltre che della RAGIONE_SOCIALE, anche nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE quale incorporante mediante fusione della prima.
Si era costituita la RAGIONE_SOCIALE, nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La Corte d’appello di Trieste con sentenza n. 303/2020, accogliendo l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Gorizia n. 403/2018, aveva rigettato l’opposizione al precetto ed aveva accertato che quest’ultimo produceva effetto anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE quale incorporante della RAGIONE_SOCIALE
In estrema sintesi, la corte di merito, confermando in ciò la sentenza di primo grado, aveva escluso il subentro di RAGIONE_SOCIALE nel debito verso la RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2112 c.c., ma, riformando in
ciò la sentenza di primo grado, aveva ritenuto che ricorressero i presupposti per affermare la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2560, comma 2, c.c, in applicazione dei principi affermati da Cass. 32134/2019.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE aveva proposto ricorso per cassazione.
Con precetto 8 settembre 2020 (di seguito indicato come secondo precetto) la RAGIONE_SOCIALE intimava a RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) il pagamento della somma di € 161.166,83 in forza del titolo costituito dalla sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 303/2020.
La Iot proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c. avanti al Tribunale di Gorizia avverso il precetto ad essa notificato dalla COGNOME. A fondamento dell’opposizione deduceva il difetto del titolo esecutivo, in quanto quello originariamente azionato (e cioè la sentenza del Tribunale di Gorizia n. 60/2014) era stato ottenuto nei soli confronti della società RAGIONE_SOCIALE e non nei confronti di essa esponente, indicata quale mera obbligata solidale ex art. 2560 c.c. dalla Corte d’appello di Trieste nella sentenza n. 303/2020. Deduceva altresì che detta ultima sentenza era stata impugnata avanti la Corte di cassazione.
Si costituiva avanti al Tribunale la COGNOME chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Il Tribunale di Gorizia – respinta la richiesta di sospensione della efficacia esecutiva del titolo (con ordinanza 17 settembre 2020 confermata in sede di reclamo dal Collegio in data 10 dicembre 2020) – con la sentenza n. 353/2021, rigettava l’opposizione sul presupposto che con quest’ultima non fossero stati dedotti motivi diversi da quelli già sollevati nel ricorso per cassazione, sui quali questa Corte avrebbe dovuto decidere, e, d’altra parte, quanto rilevato in comparsa conclusionale non poteva essere preso in considerazione in quanto
tardivamente dedotto. Il tutto con condanna della società opponente al pagamento delle spese di lite.
Avverso detta sentenza proponeva appello la Iot.
La COGNOME si costituiva e, nell’opporsi all’accoglimento dell’appello principale, proponeva appello incidentale in relazione alla rifusione delle spese processuali relative al giudizio di reclamo.
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 490/2022, giudicando nel contraddittorio delle parti, respingeva l’impugnazione principale, confermando nella sostanza l’impianto della sentenza di primo grado, mentre accoglieva quella incidentale, condannando la Iot alla rifusione delle spese processuali relative alla fase del reclamo, oltre che a quelle relative al grado.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso la COGNOME.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive conclusioni e facendo presente che il ricorso avverso la sentenza n. 303/2020, emessa dalla Corte d’appello di Trieste, è stato nelle more respinto da questa Corte con sentenza n. 26450, emessa ad esito dell’udienza pubblica svoltasi il 13 settembre 2023.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nella impugnata sentenza, la corte territoriale, decidendo sui motivi dell’appello principale proposto dalla Iot, li ha rigettati sulla base della seguente motivazione:
<>.
La società RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso quattro motivi.
2.1.Con il primo la società ricorrente denuncia: <>.
Sottolinea (p. 10 e p. 11) che nel giudizio di opposizione al primo precetto aveva contestato il diritto della COGNOME (di procedere esecutivamente), <>, mentre nel giudizio di opposizione al secondo precetto, <>, ha censurato tale affermazione <>.
Si duole che la corte territoriale ha attribuito ai giudizi di opposizione a precetto (e alle decisioni ivi rese) una portata preclusiva, che gli stessi non hanno rispetto a successivi giudizi di opposizione a precetto.
2.2. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia: <>.
Sostiene che, avendo la sentenza di primo grado (con motivazione, che riporta nella esposizione dei fatti) ritenuto tardive le contestazioni da essa svolte in sede di comparsa conclusionale (che pure riporta), aveva censurato, con il secondo motivo di appello (che pure riporta), tale affermazione, <>.
Osserva che la corte di merito, con la sentenza impugnata non aveva giustificato il rigetto del secondo motivo di appello <<nella parte in cui veniva contestato il difetto dei requisiti di cui all'art. 474 c.p.c. (e, segnatamente, di quello della determinabilità del credito) nella sentenza/titolo esecutivo 60/2014 del Tribunale di Gorizia.
2.3. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia: <>. Tanto denuncia nel non creduto caso in cui fosse ritenuto che l’impugnata sentenza – nell’affermare che ‘Il precetto del 2020 è la rinnovazione del precedente precetto del 2015 ed in quanto tale porta un diverso conteggio degli interessi che nelle more erano maturati; il quantum resta quello indicato nel titolo esecutivo costituito dalla nota sentenza del Tribunale di Gorizia che risulta passata in giudicato e quindi non più discutibile nei suoi dettati’ – abbia pronunciato, disattendendola, anche sulle contestazioni in ordine al difetto nella sentenza 60/14 del Tribunale di Gorizia dei requisiti di certezza e liquidità del credito richiesti dall’art. 474 c.p.c..
Osserva che la corte di merito è incorsa in error in procedendo laddove sembra ritenere che <>.
Al riguardo, sottolinea che nelle opposizioni esecutive la preclusione da giudicato (e, ancora prima, da litispendenza) copre solo il dedotto e non il deducibile. Con la conseguenza che il difetto nella sentenza/titolo esecutivo del requisito della certezza del credito ex art. 474 c.p.c., in quanto non dedotto nell’opposizione al Primo Precetto del 2015, ben poteva essere dedotto nel giudizio di opposizione al Secondo Precetto .
Osserva altresì che la corte di merito è incorsa nel vizio di violazione di legge, laddove sembra affermare anche una preclusione da giudicato derivante dal titolo esecutivo/sentenza 60/14 del Tribunale di Gorizia.
Al riguardo sottolinea di non aver contestato il merito delle statuizioni contenute nel titolo esecutivo giudiziale passato in giudicato, ma di aver sostenuto che la loro interpretazione non consente di pervenire all’individuazione di un credito certo e liquido ( id est determinato e determinabile) come richiesto dall’art. 474 c.p.c. per valere come titolo esecutivo.
2.4. Con il quarto motivo la società ricorrente denuncia: <>.
Sostiene che, anche con riguardo alla quantificazione del credito, la corte di merito sia incorsa sia in un error in procedendo (per aver ritenuto che il precedente precetto del 2015 ed il conseguente giudizio di opposizione avevano precluso la possibilità di far valere eccezioni, quale quella relativa all’errata applicazione della rivalutazione) che nella violazione di legge (dovendosi ritenere tale anche l’errata interpretazione/applicazione di una sentenza passata in giudicato, non contenendo la sentenza n. 60/14 del Tribunale di Gorizia alcuna specifica quantificazione della rivalutazione monetaria).
La COGNOME, in sede di controricorso, articola ricorso incidentale con il quale denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale, violando le tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014 laddove, dopo aver applicato il principio della soccombenza ed aver ritenuto che non sussistessero ragioni per compensare le spese di lite, è andata sotto i valori minimi, senza fornire alcuna motivazione a sostegno della scelta operata.
Il ricorso principale non è fondato.
4.1. Non fondati sono i primi tre motivi, che, in quanto connessi, sono qui trattati unitariamente.
Sul punto, occorre preliminarmente dar atto che questa Corte, con sentenza n. 26450/2023, ha respinto il ricorso, proposto dall’odierna ricorrente RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 303/2020 della Corte d’appello di Trieste, rendendo così definitivo il rigetto dell’opposizione al primo precetto.
In particolare, questa Corte, in motivazione (p. 15 e ss.) – dopo aver rilevato che: <> – ha rigettato il ricorso avverso la sentenza impugnata (pur correggendone la motivazione), rilevando:
<<1.1.g. Nel caso di specie è stato accertato in sede di merito ed è incontroverso tra le parti – che il sig. NOME COGNOME era socio di maggioranza ed amministratore unico della cedente RAGIONE_SOCIALE ma anche amministratore unico della cessionaria RAGIONE_SOCIALE nonché socio di maggioranza e presidente del consiglio d'amministrazione di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta socia unica della cessionaria.
<<È stato, poi, altresì accertato – ed anche questa circostanza è incontroversa – che la compagine sociale della società cedente era formata dallo stesso NOME COGNOME (per una quota pari al 72,17%) e da NOME COGNOME (per la rimanente quota del 27,83%), i quali, dal 2011, erano divenuti, rispettivamente, presidente del Consiglio di amministrazione e amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE.
<<In tale situazione, a prescindere dalla circostanza se la 'cessione' fosse connotata, o no, dalla finalità fraudolenta accertata dal giudice d'appello, non si poneva il problema di tutelare l'interesse del cessionario alla conoscenza dei debiti dell'azienda acquistata, poiché mancava in radice, nella sostanza, l'alterità soggettiva del
cessionario medesimo rispetto al cedente, che quei debiti aveva assunto.
<<Inoltre, diversamente da quanto reputato dal giudice di primo grado (e conformemente, invece, a quanto ritenuto da quello d'appello), nessun rilievo poteva attribuirsi, in senso favorevole alla società debitrice, alla circostanza che il debito verso la sig.ra COGNOME non risultasse nella relazione di stima di cui all'art. 2465 cod. civ. (tra l'altro, specificamente prescritta dalla legge con riguardo ai conferimenti dei beni in natura e dei crediti, non anche dei debiti), mentre l'ulteriore circostanza che esso debito risultasse invece nel bilancio finale di liquidazione della società cedente, lungi dall'essere assunta a presupposto dell'accoglimento dell'opposizione a precetto, avrebbe dovuto essere valorizzata in funzione dell'affermazione della responsabilità dell'opponente.
<<1.1.h. Al riguardo, va osservato che la disciplina organica dei bilanci e degli altri documenti contabili della liquidazione volontaria delle società di capitali non era contemplata nella formulazione originaria del Codice civile del 1942, il quale si limitava a rinviare alle poche, disorganiche disposizioni dettate in tema di società di persone.
<<Questa disciplina è stata introdotta con la legge di riforma del diritto societario (d.lgs. n. 6 del 2003 e successivi due decreti correttivi), con effetto dal 1°gennaio 2004, mediante la sostituzione del Capo VIII del Titolo V del Libro V (artt.2484-2496).
<<È stata così prevista una serie di documenti contabili che devono essere redatti nella fase di scioglimento e di liquidazione della società, i quali consistono, principalmente, nel rendiconto della gestione degli amministratori, nei bilanci intermedi o annuali di liquidazione con i loro allegati e nel bilancio finale di liquidazione e correlativo piano di riparto.
<<In particolare, il bilancio finale di liquidazione, che deve essere redatto e sottoscritto dai liquidatori dopo aver compiuto la liquidazione,
deve indicare la parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell'attivo e si articola in due parti distinte, il bilancio finale in senso stretto e il piano di riparto (art.2492, primo comma, cod. civ.).
<<Pur presupponendo compiuta la fase di liquidazione e la monetizzazione del patrimonio aziendale, il bilancio finale deve indicare, ove sussistano, sia gli eventuali elementi patrimoniali attivi non ancora realizzati sia eventuali posizioni debitorie non ancora estinte.
<<Si tratta, dunque, di un documento contabile particolarmente rilevante ai fini degli effetti giuridici connessi al trasferimento dell'azienda commerciale organizzata per l'esercizio collettivo dell'impresa nella forma di società di capitali, perché redatto nella fase successiva alla liquidazione della società cui appartiene l'azienda o il ramo di azienda che forma oggetto di cessione.
<<Esso bilancio, dunque, anche in ragione del fatto che deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese (art. 2492, secondo comma, cod. civ.), assume un rilievo sostanziale in funzione sia delle esigenze di tutela dell'acquirente dell'azienda sia dell'esigenza di garantire la sicurezza della sua circolazione.
<>.
Questa Corte ha quindi concluso affermando che:
<>.
Orbene, contrariamente a quanto ritenuto dalla società ricorrente, l’intervenuto giudicato sul primo precetto preclude ogni questione sul secondo precetto, che dal primo deriva, anche quanto alla prospettazione qui sviluppata: la quale è solo in apparenza diversa, riconducendosi invece al medesimo accertamento di estensione dell’obbligazione originaria anche all’intimata, come operato nel primo giudizio. In sostanza, il giudicato sul primo precetto produce quale conseguenza la preclusione di ogni questione sulla titolarità passiva dell’obbligazione consacrata nel titolo e, quindi, azionata col precetto.
Difettando l’alterità soggettiva tra la Intercontinentale, alla quale fu intimato il primo precetto, e la Ior, alla quale è stato intimato il secondo precetto, la corte territoriale ha correttamente affermato la piena efficacia del titolo esecutivo, posto a base di quest’ultimo.
In definitiva, in sede di merito, è stato correttamente ritenuto che del debito di RAGIONE_SOCIALE è divenuta responsabile: dapprima, la cessionaria del ramo d’azienda RAGIONE_SOCIALE; poi, a seguito della fusione mediante incorporazione di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima società; infine, a seguito della fusione per incorporazione di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE attualmente denominata RAGIONE_SOCIALE, debitrice è divenuta quest’ultima, nei cui confronti il secondo precetto azionato, che quantifica all’attualità il credito (certo, liquido ed esigibile della lavoratrice), produce effetto.
L’estensione del comando contenuto nel titolo esecutivo, quindi, deriva necessariamente dal riconoscimento, nel primo giudizio, dell’estensione dell’obbligazione a base del titolo all’odierna intimata opponente.
4.2. Infondato è anche il quarto motivo.
Invero, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. SU n. 25478/2021 e 28387/2020, nel cui solco si è successivamente posta la giurisprudenza di legittimità a Sezione semplice: cfr., tra le tante, Cass. n. 23216/24, n. 31363/2023, n. 11237/2022) il principio per cui, nelle opposizioni esecutive, il thema decidendum è definito e circoscritto ai motivi addotti con l’atto introduttivo della controversia, costituendo ogni mutamento delle contestazioni rispetto agli stessi una inammissibile domanda nuova.
Tale principio di diritto preclude, quindi, motivi nuovi rispetto a quelli introdotti con l’atto introduttivo della fase sommaria della singola opposizione esecutiva; ciò che, però, non osta, in base ai principi generali in tema di giudicato, all’estensione di questo alle ragioni deducibili quanto a quelli ritualmente proposti o da quelli dipendenti.
Il ricorso incidentale è fondato.
Secondo l’indirizzo costante di questa Corte (cfr. tra le tante Cass. n. 89/2021, n. 2386/2017, n. 26608/2017, n. 29606/2017), in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al d. m. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili (o, tra quelli, almeno il secondo, attesa l’attuale formulazione della vigente disciplina al riguardo) con apposita motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi, affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo.
Pertanto, l’obbligo di motivazione non sussiste in caso di liquidazione di importi che comunque si mantengono al di sotto dei limiti massimi e al di sopra di quelli minimi; ma sussiste in caso di superamento dei valori minimi e/o dei valori massimi della tariffa.
Orbene risulta che la COGNOME in sede di comparsa di costituzione con appello incidentale aveva dedotto (p. 15) che <>.
In sede di ricorso incidentale, la COGNOME, oltre a precisare che il valore di causa è di euro 161.166,83 (dunque scaglione da 52.000 a 260.000 euro), ha precisato le singole voci indicate sia nella nota delle spese relativa al primo grado che in quella relativa al giudizio di appello.
Senonché la corte territoriale – dopo aver rigettato l’appello principale, proposto dalla società, ed accolto l’appello incidentale, proposto dalla lavoratrice in ordine alla mancanza del Tribunale circa la liquidazione delle spese legali relative al reclamo – ha liquidato in euro 1.500 le spese della fase di reclamo e in euro 3.000 le spese del grado di appello, cioè compensi in entrambi i casi inferiori ai minimi di tariffa e, per di più, senza motivare.
Tale illegittima liquidazione implica la fondatezza dell’unico motivo dell’impugnazione incidentale della Meroi, con accoglimento di quello e conseguente cassazione, quanto alla doglianza accolta, del relativo capo della sentenza qui gravata; e, poiché non sono necessari altri accertamenti di fatto, può procedersi alla decisione nel merito sulla liquidazione delle spese della fase di reclamo e del grado di appello; ferma, nel resto, ogni altra statuizione della gravata sentenza.
I relativi valori vanno dunque qui determinati facendo riferimento, quanto alla fase del reclamo del giudizio di primo grado, al compenso liquidato per la precedente fase cautelare; e, quanto al giudizio di appello, ai valori medi tabellari, nella misura richiesta.
In definitiva, il ricorso principale va rigettato, mentre quello incidentale va accolto, con la appena vista decisione nel merito. Ne consegue la condanna alle spese anche del presente giudizio di legittimità, nella misura reputata congrua come in dispositivo, della
ricorrente principale in favore della controparte e declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso principale;
accoglie il ricorso incidentale; per l’effetto, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo la causa nel merito sul punto, condanna parte ricorrente alla rifusione in favore della Meloi, delle spese processuali, relative alla fase del reclamo del giudizio di primo grado, che liquida in euro 5.262,00 per compensi, oltre accessori di legge; nonché alla rifusione delle spese processuali, relative al grado di appello, che liquida in euro 9.515,00 per compensi, oltre accessori di legge; ferma, nel resto, ogni altra statuizione della gravata sentenza;
condanna la ricorrente principale alla rifusione, in favore della ricorrente incidentale, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.700 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 26 marzo 2025, nella camera di