Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8584 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8584 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21835/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-resistente- nonché contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
–
contro
ricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2030/2018 depositata il 04/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale di Napoli, in parziale accoglimento dell ‘azione di responsabilità proposta dal Fallimento di RAGIONE_SOCIALE per atti di mala gestio degli amministratori e del liquidatore, ha condannato (per quanto ancora interessa) NOME COGNOME al risarcimento dei danni per l’importo di 4 00.000,00 EUR e NOME COGNOME ed NOME COGNOME, in solido con lui, allo
stesso titolo ma fino a concorrenza della somma di 150.000,00 EUR, oltre accessori.
La condanna ha avuto come base il mancato recupero di crediti della società RAGIONE_SOCIALE nei confronti de RAGIONE_SOCIALE, nonostante la progressiva elevata esposizione debitoria di questa per carichi fiscali.
Tale mancato recupero è stato ritenuto totalmente ingiustificato, perché le corrispondenti poste – per fitti attivi insoluti -dovevano costituire, quanto alla RAGIONE_SOCIALE, l’ unica sostanziale fonte di entrata.
La decisione del tribunale è stata parzialmente riformata in appello, previo accoglimento della sola eccezione di prescrizione sollevata da COGNOME con riguardo all’azione sociale di responsabilità , senza esito tuttavia sull’entità del risarcimento correlato all’azione dei creditori sociali .
Contro la sentenza d’appello sono stati proposti distinti ricorsi :
un primo ricorso di COGNOME, affidato a due motivi;
un ricorso successivo di COGNOME, affidato a sette motivi, illustrati da memoria;
un ricorso incidentale di COGNOME, inserito nel controricorso, affidato a tre motivi.
COGNOME COGNOME ha depositato un controricorso e ha chiesto la definizione congiunta di tutte le impugnazioni contro la medesima sentenza.
Il Fallimento ha depositato un atto in testato ‘memoria di costituzione’ funzionale all’eventuale partecipazione all’udienza.
Il Procuratore generale ha concluso per iscritto, chiedendo il rigetto dei ricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. – Nel ricorso principale di COGNOME sono dedotti due motivi. Col primo si denunzia la violazione degli artt. 652, comma primo, cod. proc. pen. e 654 stesso codice in ordine al rapporto tra la sentenza penale di assoluzione e il giudizio civile (combinato disposto degli artt. 75 e 652 cod. proc. pen.). Il ricorrente censura la decisione per non aver ravvisato la prospettata efficacia di giudicato della sentenza resa in sede penale con la quale egli era stato assolto per gli stessi fatti addebitati con l’azione di danni.
Col secondo motivo si denunzia l’o messa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il ricorrente assume che la sentenza è censurabile per aver dichiarato di non condividere le statuizioni del giudice penale, pur essendo presente, nella decisione penale, una motivazione escludente l’avvenuta effettuazione delle attività censurate dal Fallimento. Egli lamenta che ciò sia stato fatto, nella sede civile, senza fornire spiegazione delle ragioni per le quali si dovesse pervenire a una diversa conclusione.
II. – I motivi, tra loro connessi e suscettibili di trattazione unitaria, sono in parte infondati e in parte inammissibili.
III. – Va premesso che la regiudicanda è soggetta, pro tempore , all’art. 348-ter cod. proc. civ.
Difatti, quanto al profilo di responsabilità e ai danni, essa è stata decisa in entrambi i gradi di merito in doppia conforme, e l’appello è successivo al d.l. n. 83 del 2012, conv. con modificazioni in l. n. 134 del 2012, che ha inserito nel codice di procedura l’art icolo citato.
Ne segue che la sentenza non è impugnabile per omesso esame di fatti.
IV. -Ora la sentenza ha esplicitamente ritenuto che al giudicato penale, sopraggiunto nelle more del giudizio d’appello, per quanto afferente a un capo d’imputazione concernente fatti di bancarotta parzialmente sovrapponibili, non potesse attribuirsi un effetto preclusivo ai fini dell’azione di danni, perché la curatela non si era costituita parte civile in sede penale e aveva adito il giudice civile molto prima che fosse iniziato il processo penale, nel quale era poi intervenuta la citata decisione assolutoria.
Questa circostanza, risalendo la citazione introduttiva del giudizio al 286-2011, non è controversa.
V. – I n base all’art. 652 cod. proc. pen. la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dove re o nell’esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell’interesse dello stesso, ‘ sempre che il danneggiato si sia costituito o sia
stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l’azione in sede civile a norma dell’articolo 75, comma 2 ‘ .
Come le Sezioni Unite di questa Corte da tempo hanno chiarito, la disposizione di cui all’art. 652 cod. proc. pen., al pari di quelle degli artt. 651, 653 e 654 dello stesso codice, costituisce un’eccezione al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile, e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti (v. Cass. Sez. U n. 1768-11).
Nell’alveo dell’eccezionalità , la norma -ove il processo civile sia stato previamente instaurato – va intesa in coordinazione con la facoltà di trasferimento in sede penale dell’azione di danni; con il che l’esito assolutorio del giudizio penale, quand’anche definitivo, non possiede influenza nel giudizio civile di danno se quest’ultimo sia iniziato anteriormente alla pronuncia della sentenza penale di primo grado e l’azione civile non sia stata trasferita nel giudizio penale, nell’esercizio di una libera facoltà del soggetto danneggiato (v. per tutte Cass. Sez. 3 n. 15112-13).
Invero il rapporto tra giudizio civile e giudizio penale, ispirato al principio dell ‘autonom ia e della separazione, postula che il giudizio civile di danno debba essere sospeso allorché l’azione civile sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile in sede penale, o dopo la sentenza penale di primo grado (art. 75 cod. proc. pen.), proprio in quanto esclusivamente in tali casi si verifica una concreta interferenza del giudicato penale nel giudizio civile di danno; il quale, dunque, giustappunto solo in tali casi non può pervenire anticipatamente a un esito potenzialmente difforme da quello penale in ordine alla sussistenza di uno o più dei comuni presupposti di fatto (e v. infatti Cass. Sez. 6-3 n. 22463-13, Cass. Sez. 6-3 n. 25516-15).
VI. – Il ricorrente però lamenta che vi fosse coincidenza tra i fatti addebitati in sede penale e (parzialmente) i fatti posti a fondamento dell’azione di danni e che, in relazione al periodo al quale era da correlare la propria carica amministrativa, la società aveva incassato importi ingenti, mentre la crescita esponenziale del debito era avvenuta dopo. Sicché -egli dice – il rapporto,
nell’ambito del periodo temporale di assunzione della carica amministrativa, non aveva avuto alcunché di anomalo e, al contrario, era stato produttivo, avendo consentito di realizzare incassi di denaro senza responsabilità distrattiva; cosa che avrebbe dovuto indurre la corte d’appello a una decisione contraria a quella assunta, in coerenza con quanto ritenuto in sede penale, poiché da ciò la corte avrebbe potuto discostarsi solo offrendo una adeguata motivazione al riguardo.
La doglianza, sulla quale per certi versi riflette quanto sostenuto nel secondo motivo, non è ammissibile perché surrettiziamente introduce una critica di merito.
La corte d’appello ha motivato facendo presente che già il tribunale, seppure in maniera stringata, aveva dato conto delle ragioni per le quali i fatti imputati a tutti i convenuti erano da considerare esistenti e provati per documenti (in ragione delle evidenze contabili), con particolare riferimento all’attività di mancato recupero dei crediti per la concessione del fitto alla società RAGIONE_SOCIALE nel periodo 1999-2001; tale periodo è comprensivo di quello al quale allude il ricorrente a proposito della propria carica amministrativa.
La conclusione è di pieno merito e non è sindacabile in cassazione, poiché la deduzione di omesso esame di fatti storici (oltre tutto non specificati in ricorso) è preclusa dalla doppia conforme.
VII. -Il ricorrente successivo, NOME COGNOME, articola il suo atto in sette motivi.
Col primo, denunziando la violazione o falsa applicazione degli artt. 2394, 2634 cod. civ., 223 legge fall., 25 cost., 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali , 49 della Carta dei diritti della UE, 11 preleggi, censura la sentenza per aver ritenuto la responsabilità extracontrattuale ancorata alla fattispecie di conflitto di interessi, in base a un ‘illegittima applicazione de ll’art. 26 34 cod. civ. non vigente all’epoca dei fatti .
Col secondo, denunzia la v iolazione o falsa applicazione dell’art. 2394 cod. civ., poiché la corte d’appello, in correlazione a quanto sopra, non avrebbe fornito alcun elemento ulteriore e diverso, rispetto a quello qualificabile come
situazione di conflitto d’interessi, onde giustificare la violazione degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.
Col terzo mezzo il ricorrente ulteriormente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 345 e 112 cod. proc. civ. per avere la sentenza ritenuto inammissibile per novità la questione prospettata a proposito della quantificazione del presunto credito della società RAGIONE_SOCIALE nei confronti della fallita.
Col quarto aggiunge il rilievo di v iolazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione al fondamento della pretesa suddetta.
Col quinto, denunzia la v iolazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in combinato con gli artt. 2394, 2043 cod. civ. 40 e 41 cod. pen., in quanto la corte d’appello avrebbe mancato di correlare l’accertamento della responsabilità (e la quantificazione del danno) ai parametri di legge, a proposito della integrazione della fattispecie di violazione degli obblighi di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.
Con sesto motivo deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in combinato con gli artt. 2394, 2043 cod. civ. 40 e 41 cod. pen. dal medesimo punto di vista.
Col settimo, infine, il ricorrente censura la sentenza per violazione del combinato disposto, in particolare, degli artt. 2394 e 2697 cod. civ., 1218, 1223, 1227, 2043 cod. civ., 40 e 41 cod. pen. e per omesso esame di fatto controverso, oltre che motivazione illogica e apparente sulla sussistenza della responsabilità extracontrattuale in capo al medesimo.
VIII. – I primi due motivi sono inammissibili perché incentrati su una lettura artificiosa della sentenza d’appello.
La sentenza ha confermato quella di primo grado a proposito del fatto determinativo di responsabilità integrato dalla condotta omissiva, per mancata riscossione del consistente credito maturato in capo alla società amministrata nei confronti de RAGIONE_SOCIALE a titolo di canoni di locazione.
La circostanza che questa società sia stata qualificata come strettamente collegata a COGNOME, sì da indurre a ritenere esistente un caso di conflitto di interessi, non sposta i termini del problema; nel senso che niente toglie alla
circostanza che la struttura dell’illecito sia stata ancorata, ripetesi in entrambi i gradi e in doppia conforme, alla mancata attivazione da parte degli amministratori e, poi, del liquidatore, delle necessarie iniziative a tutela del credito già maturato; credito costituente unica sostanziale fonte di entrata per la società di cui si tratta.
Tale mancata attivazione la corte d’appello, in sintonia col tribunale, ha qualificato come non dettata, in vero, da insindacabili scelte gestionali, ma da un chiaro intento di favorire la debitrice a discapito dei creditori della società RAGIONE_SOCIALE.
Ben vero q uest’ultima notazione non è autonomamente rilevante.
Serve solo a rafforzare, nell’impianto della motivazione, il difetto di giustificazione razionale del contegno omissivo protratto nel tempo.
Nel complesso si tratta di una valutazione di merito, rispondente alla fattispecie di cui all’art. 2394 cod. civ. per l’accertata inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale mediante una gestione dell’impresa non caratterizzata da diligenza e da correttezza.
IX. – Il terzo motivo è inammissibile per genericità.
Risulta dalla sentenza che il ricorrente era stato amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE e poi amministratore delegato in periodi vari (dal 1996 al 1997; dal 1997 al 1998; dal 1999 al 2000) anche se con intervalli; e infine liquidatore dal 2006 alla data del fallimento.
Egli riferisce la censura alla quantificazione del danno.
Ma il danno è stato determinato in ragione dell’incontestata entità del credito rimasto insoluto per l’intero periodo , nell’inerzia degli amministratori e dello stesso liquidatore.
A fronte di questa circostanza, che nitidamente traspare dalla sentenza, l’impugnante non ha minimamente spiega to in qual senso l’affermazione di novità dell’allegazione (qui censurata) – per cui il debito della RAGIONE_SOCIALE nel 2000 era da considerare corrispondente a circa quattro mensilità – avrebbe avuto un’ efficacia causale in ordine alla quantificazione del danno.
X. – I restanti motivi, dal quarto al settimo, sono inammissibili, poiché riflettono un tentativo globale di rivisitazione del giudizio di fatto, anche a proposito dell’esistenza di un regolare rapporto di affitto tra le società .
Si è già detto che la fattispecie processuale è soggetta all’art. 348 -ter cod. proc. civ., sicché i fatti accertati dal giudice del merito in doppia conforme, già ben vero insindacabili in generale nella sede di legittimità, tali restano ancor di più, visto che neppure il sindacato indiretto (per il tramite, cioè, del vizio di motivazione) in questo caso è consentito.
Dopodiché l ‘ art. 2697 cod. civ. è invocato a sproposito, perché la corte territoriale, come anche il tribunale, non ha deciso in base alla regola di riparto, e neppure in ragione di una presunta non contestazione che sarebbe stata, invece, contraddetta dalle difese svolte dal ricorrente in appello.
La corte ha deciso in base a quanto emergente dai documenti e dalle scritture contabili, con ciò esercitando la potestà di apprezzamento delle prove a essa riservata istituzionalmente.
XI. -Va infine esaminato il ricorso incidentale di COGNOME.
Tale ricorso denunzia innanzitutto la violazione o falsa applicazione dell’art. 2947 cod. civ. , per avere la sentenza errato nel far decorrere il termine di prescrizione a fronte della ritenuta commissione del fatto.
Questo motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi della sentenza, atteso che l’eccezione di prescrizione è stata ritenuta inammissibile in condivisione di quanto in proposito ritenuto dal tribunale: vale a dire che il COGNOME, essendosi tardivamente costituito in prime cure, non aveva sollevato l’eccezione tempestivamente, così da essere decaduto dalla potestà di proporla.
XII. -Col secondo motivo il medesimo ricorrente incidentale deduce la v iolazione o falsa applicazione dell’art. 652 cod. proc. pen.
Il motivo è infondato perché replica la stessa tesi sostenuta dal ricorrente principale; sicché va disatteso per l’eguale ragione spesa in ordine a quella.
XIII. -Infine nel terzo mezzo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 652 cod. proc. pen., 112 stesso codice, 2934, 1218, 2043 e 2697 cod. civ. e l’ omesso esame di fatto decisivo.
Il motivo è inammissibile in quanto riflette lo stesso tentativo di revisione del giudizio di fatto di cui al ricorso di COGNOME, a fronte di sentenza motivata con impianto complessivo immune da errori di diritto e insindacabile -nel resto – in cassazione.
XIV. -I ricorsi sono rigettati.
La (asserita) memoria di costituzione del Fallimento non rappresenta, per il suo contenuto, un atto di esercizio di attività difensiva. Sicché non devesi pronunciare sulle spese processuali.
p.q.m.
La Corte rigetta i ricorsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo a ciascun ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì