Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25205 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25205 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1388/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE SIRACUSA, rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1301/2021 depositata il 16/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio, nell’anno 2010, davanti al Tribunale di Siracusa l’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per essersi rifiutata di stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile di proprietà dell’attrice, così interrompendo ingiustificatamente le trattative. L’immobile era destinato a sede di ambulatori e servizi. Aggiungeva che il direttore generale della Azienda aveva comunicato il recesso con nota del 25 settembre 2009 giustifica ndo l’interruzione delle trattative per ‘indisponibilità degli immobili al 1° giugno 2009’ e ciò sebbene fossero stati ultimati i lavori richiesti.
Il Tribunale di Siracusa, con sentenza non definitiva del 26 febbraio 2015, tra l’altro, accertava la responsabilità precontrattuale dell’Azienda e pronunziava condanna generica di risarcimento limitatamente alle spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto (danno emergente); rigettava, invece, la domanda di risarcimento del danno da lucro cessante. La causa proseguiva per la quantificazione della prima voce di danno attraverso consulenza tecnica, successivamente integrata.
Il Tribunale, con seconda sentenza non definitiva del 17 ottobre 2017, riteneva insufficiente l’elaborato , necessario disporre la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio ed affidare l’elaborato ad un collegio di tre periti e disponeva il prosieguo del giudizio con separata ordinanza.
Il Tribunale di Siracusa, con sentenza definitiva del 12 giugno 2020 condannava l’Azienda a corrispondere alla attrice la somma di euro 831.610,68, oltre rivalutazione e interessi e spese legali.
La quantificazione del danno era riferita ad un ipotizzato uso direzionaleresidenziale dell’immobile, sfruttando tutte le caratteristiche dello stesso.
Avverso tale sentenza proponeva appello l’Azienda sanitaria con atto di citazione dell’11 luglio 2020 sulla base di quattro motivi, chiedendo il rinnovo della consulenza tecnica. Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE deducendo l’inammissibilità del gra vame, per violazione del giudicato interno e del divieto di nova in appello e, comunque, l’infondatezza dell’appello.
La Corte d’appello di Catania, con sentenza del 16 giugno 2021 , in parziale accoglimento dell’appello, riduceva la condanna dell’Azienda sanitaria all’importo di euro 213.011,39, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali nella misura indicata in motivazione. Compensava le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito nella misura di 1/3, ponendo la restante parte a carico dell’Azienda ospedaliera.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, dedotto ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., si lamenta la violazione dell’articolo 2909 c.c. e la nullità della sentenza ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c.
In particolare, la Corte territoriale di Catania avrebbe erroneamente ritenuto infondate le deduzioni svolte da entrambe le parti circa l’effetto vincolante per il giudice dei criteri di liquidazione del danno stabiliti nelle sentenze non definitive, che non risultano impugnate né fatte oggetto di riserva di gravame. Secondo la Corte, quelle considerazioni relative alle modalità di determinazione del danno risarcibile non avrebbero natura decisoria, ma ordinatoria o istruttoria, in quanto tali, revocabili e modificabili dal giudice che le
ha emesse. Tali criteri sarebbero riferiti, sia alla sentenza non definitiva n. 405 del 2015, sia a quella successiva del 17 ottobre 2017. Quest’ultima, in particolare, non avrebbe un contenuto decisorio, ma istruttorio. Sulla base di tali indicazioni la Corte territoriale avrebbe erroneamente determinato il risarcimento in misura ridotta con riferimento ad un ‘utilizzo direzionale’ dell’immobile, difforme rispetto all’utilizzo generico dello stabile, individuato come criterio vincolante nelle due sentenze non definitive del Tribunale di Siracusa.
In sostanza, la Corte avrebbe utilizzato un criterio che era stato escluso dalle sentenze non definitive, secondo le quali il danno avrebbe dovuto essere quantificato calcolando le spese di trasformazione sostenute dall’impresa per portare l’immobile da us o generico, ad un uso specifico da parte della Azienda sanitaria, nonché per trasformare nuovamente quell’immobile da uso sanitario ad uso generico, intendendosi per generico un uso neutro, che consentisse di locare l’edificio anche a soggetti diversi dall e Asl. Sotto tale profilo la motivazione della Corte sarebbe comunque apparente, non spiegando il percorso logico giuridico adottato per ritenere insussistente l’ipotesi di giudicato interno.
1.1. Il primo motivo è fondato nei limiti che seguono.
Rileva questa Corte che nella prima sentenza non definitiva il Tribunale osserva che ‘la quantificazione va riferita alla eliminazione degli interventi realizzati specificamente per un uso ASP nel senso sopra detto e al ripristino (con riferimento ad essi) di una condizione di uso generico -non già come calcolato dal consulente, un integrale ripristino allo stato rustico con demolizioni’. Nel definire il ripristino ad uso ASP il Tribunale fa riferimento in via esemplificativa a parte dell’impiantistica e all’adattamento dei locali, quali gli ambulatori, rilevando che le altre parti possono essere valutate differentemente, per esempio, gli ambienti per disabili, eccetera.
Proseguendo, il Tribunale precisa che il consulente dovrà quantificare le spese di trasformazione ‘per rendere l’immobile da una condizione di idoneità ad uso generico, ad una condizione di specifica idoneità ad uso ASP’ e viceversa.
Nella motivazione della seconda sentenza non definitiva si fa presente che ‘per uso generico va inteso un uso che consenta di rimettere l’edificio nel circuito locatizio, anche ad un soggetto diverso da ASP e quindi l’eliminazione e trasformazione di quell e lavorazioni utilizzabili esclusivamente da ASP’.
Tale ultimo criterio è fatto proprio dal Tribunale di Siracusa nella sentenza definitiva, ribadendo che saranno considerate le spese di trasformazione per rendere l’immobile ‘da una condizione di idoneità ad uso generico, ad una condizione di specifica idoneità ad uso ASP, nonché le spese di ritrasformazione da uso ASP a uso generico’.
La Corte d’appello, al contrario, individua come criterio risarcitorio il prima prospettato dai consulenti e cioè quello del fabbricato direzionale, censurando la motivazione del Tribunale con la quale tale ipotesi era stata scartata.
In particolare, la Corte territoriale non ha valutato la sussistenza di un giudicato nei termini sopra descritti.
Costituisce principio consolidato che ‘nel caso di sentenza d’appello non definitiva e di prosecuzione del giudizio per l’ulteriore istruzione della controversia, il giudice resta vincolato dalla pronuncia, ancorché non passata in giudicato, sia per le questioni definite, sia per quelle che costituiscono il presupposto logico necessario del prosieguo, senza alcuna possibilità di adottare una diversa decisione con la sentenza definitiva, pena la violazione del giudicato interno, rilevabile d’ufficio (pure in sede di legittimità) non solo quando la sentenza non definitiva non è stata immediatamente impugnata, né fatta oggetto di riserva di impugnazione differita, ma anche per inosservanza della preclusione derivante dalla decisione non
definitiva la cui impugnazione sia stata riservata (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 19145 del 11/07/2024, Rv. 671953 – 02)
Nel caso di specie, dall’esame delle tre decisioni di primo grado emerge che la tipologia di danno da responsabilità precontrattuale individuata nelle sentenze non definitive (e quindi vincolanti) è quella relativa ai costi necessari per trasformare un immobile da uso generico, ad uso specifico sanitario e viceversa.
La Corte d’appello, al contrario, non si avvede dell’esistenza di tale vincolo e ritiene più appagante l’ipotesi risarcitoria prospettata dai consulenti e cioè quella del fabbricato direzionale, contestando la motivazione del Tribunale con la quale tale ipotesi era stata esclusa. In sostanza, la Corte territoriale ha utilizzato un criterio risarcitorio che era stato espressamente scartato dalle sentenze non definitive, secondo le quali il danno avrebbe dovuto essere quantificato calcolando le spese di trasformazione sostenute dall’ impresa per portare l’immobile da uso generico ad un uso specifico da parte dell’Azienda sanitaria, nonché per trasformare nuovamente quell’immobile da uso sanitario ad uso generico, intendendosi per generico un uso neutro, che consentisse di locare l’edif icio anche a soggetti diversi dalle Asl.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, le statuizioni contenute, principalmente, nella sentenza non definitiva del 26 febbraio 2015, in ordine alla modalità di determinazione del danno risarcibile, hanno natura decisoria e come tali sono vincolanti. In particolare, l’articolata motivazione di tale ultima decisione contiene una chiara statuizione in ordine alla perimetrazione del danno risarcibile. Dopo un approfondito esame delle voci di danno da perdita delle occasioni contrattuali e da perdita di chance, il Tribunale, a pag. 24, esclude la risarcibilità del lucro cessante, limitando l’area risarcibile al danno emergente. Sotto tale profilo il primo giudice procede all’individuazione del danno effettivamente risarcibile.
In primo luogo, si sofferma sulle voci di danno incompatibili con la considerazione secondo cui ‘prima dell’inizio dei lavori contabilizzati l’immobile in esame si presentava allo stato di rustico e privo di tramezzature ed impianti’.
Conseguentemente esclude dall’area risarcibile le opere comunque indispensabili a qualsiasi tipologia di immobile ed elencate in via esemplificativa a pag. 25. Individua, poi, il criterio sulla base del quale determinare il danno, rappresentato dalle spese di trasformazione e dal successivo ripristino degli interventi realizzati specificamente ad uso ASP, per poi addivenire ad un uso generico. I criteri sono specificamente individuati nel primo periodo di pagina 26 della citata sentenza.
Nella seconda statuizione non definitiva (anche essa non impugnata, come già evidenziato) del 18.10.2017, a pag. 8 il Tribunale ribadisce che ‘per uso generico va inteso come un uso che consenta di rimettere l’edificio nel circuito locatizio anche a un soggetto diverso da ASP e, quindi, la eliminazione e trasformazione di quelle lavorazioni u tilizzabili esclusivamente da ASP’.
Nella terza sentenza (quella definitiva), quindi, il Tribunale di Siracusa correttamente rileva, così come dovrà fare il giudice del rinvio, che l’oggetto del giudizio riguarda la quantificazione del risarcimento del danno, considerando le spese di trasformazione necessarie per trasformare l’immobile, da una condizione di idoneità ad uso generico, ad una condizione di specifica idoneità all’uso sanitario, nonché quelle necessarie per trasformare nuovamente l’immobile da tale uso a quello generico.
Sotto tale profilo va esclusa la considerazione come ‘destinazione d’uso direzionale’ quale parametro da prendere in esame per la quantificazione dei costi di trasformazione e ri-trasformazione dell’immobile, poiché differente rispetto al criterio individuato dalle sentenze non definitive.
1.3. In definitiva, attesa l’esistenza del giudicato interno nei termini sopra indicati il motivo deve trovare accoglimento.
Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., la violazione l’articolo 1337 c.p.c. anche fini della nullità della sentenza dedotta ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. La Corte d’appello ha valutato la corretta applicazione dell’articolo 1337 c.c. da parte del Tribunale limitando il risarcimento allo stretto interesse negativo, costituito dalle spese sopportate inutilmente nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto ed escludendo i danni che si sareb bero potuti evitare o i vantaggi che l’impresa avrebbe potuto conseguire con la stipulazione ed esecuzione del contratto.
Sulla base di tali principi ha ritenuto che la seconda ipotesi (ritenuta preferibile dal Tribunale) fosse in contrasto con il principio secondo cui il predetto danno riguarda solo l’interesse negativo. La scelta, infatti, determinerebbe un arricchimento ingiustificato, attribuendo all’impresa un risarcimento maggiore rispetto alle spese necessarie per rimuovere gli effetti negativi della decisione subita. L’errore, secondo la ricorrente, risiederebbe nel fatto di non avere colto che l’uso generico al quale fare riferimento avrebbe dovuto intendersi quello abitativo, giacché nella prima concessione edilizia, quello abitativo era l’uso sul quale si era formato un silenzio assenso. Solo a seguito delle trattative con l’Azienda sanitaria era stato disposto il ca mbio di destinazione d’uso, da abitativo a sanitario. Inoltre, i quesiti sottoposti ai consulenti muovevano sempre dalla destinazione d’uso generico (abitativo, direzionale, commerciale limitatamente al piano terra).
Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’articolo 360, n. 4 e 132, n. 4 c.p.c. e 118 delle disposizioni di attuazione.
La Corte territoriale si è limitata ad enunciare il proprio convincimento e cioè la violazione da parte del Tribunale delle norme
sul risarcimento da responsabilità precontrattuale, senza indicare le ragioni. Si tratterebbe di una motivazione apparente.
Con il quarto motivo si lamenta, ai sensi articolo 360, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dall’uso di destinazione dell’immobile oggetto del contratto non concluso. Secondo la Corte territoriale l’edificio non avrebbe mai avuto un a destinazione residenziale, poiché al momento delle trattative, era allo stato di rustico. Il giudice di appello avrebbe omesso di considerare che l’immobile era destinato ad uso generico, inteso come fabbricato residenziale e direzionale, giacché l’or iginaria destinazione risultante dalla prima concessione edilizia era proprio in quei termini.
I motivi secondo, terzo e quarto vanno trattati congiuntamente perché strettamente connessi.
Le doglianze, in particolare, si traducono in una specifica censura al criterio liquidatorio dell’interesse negativo, con specifico riferimento al dato fattuale del cd ‘uso generico’ dell’immobile in oggetto.
5.1. Le stesse, pertanto, sono assorbite in considerazione de ll’accoglimento del primo motivo riguardante la violazione delle norme in tema di giudicato, che si traducono nell’applicazione, come già detto, di un criterio di quantificazione del risarcimento del danno che tenga in considerazione le spese di trasformazione necessarie per trasformare l’immobile, da una condizione di idoneità ad uso generico, ad una condizione di specifica idoneità all’uso sanitario, nonché quelle necessarie per trasformare nuovamente l’immobile da tale uso a quello generico.
Conclusivamente va accolto il primo motivo nei termini sopra precisati, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo nei termini precisati in motivazione, assorbiti gli altri.
Cassa la decisione impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte