Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5813 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5813 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24370/2018 R.G. proposto da domiciliato in INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME , domiciliato in Roma, presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione, con diritto di ricevere le comunicazioni a ll’indicato indirizzo PEC dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende
– resistente – avverso la sentenza n. 753/2018, depositata l’8 .2.2018 RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Napoli;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23.1.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’attuale contro ricorrente, premesso di avere prestato servizio presso il RAGIONE_SOCIALE nel settore di bonifica e rastrellamento degli ordigni esplosivi, si rivolse al Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, per chiedere la condanna del datore di lavoro al pagamento dei benefici economici previsti dall’art. 10, comma 1, del d. lgs. luogotenenziale n. 320 del 1946 maturati negli anni dal 1974 al 2006.
A fronte del parziale riconoscimento del diritto e dell’eccezione di prescrizione sollevata dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale dichiarò parzialmente cessata la materia del contendere e respinse, per il resto, la domanda.
La Corte d’Appello di Napoli , in accoglimento dell’impugnazione del lavoratore, accertò il suo diritto all’indennità per un totale di 507 giornate maturate tra il 1998 e il 2006 e condannò il RAGIONE_SOCIALE al pagamento del relativo importo, da quantificare in separato giudizio.
Contro la sentenza RAGIONE_SOCIALE C orte d’ Appello il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il lavoratore si è difeso con controricorso.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il RAGIONE_SOCIALE denuncia, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 2 e dell’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 2268 del d.lgs. n. 66 del 2010 ».
Il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello non avrebbe potuto applicare l’art. 10 del d.lgs. luogoten enziale n. 320 del 1946, dovendosi intendere tale normativa abrogata, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, per effetto RAGIONE_SOCIALE sopravvenuta contrattazione collettiva a seguito RAGIONE_SOCIALE c.d. privatizzazione del pubblico impiego. Inoltre, si contesta il ragionamento RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale secondo cui il d.lgs. luogotenenziale doveva intendersi vigente fino al 2010, essendone stata disposta l’abrogazione solo con il d.lgs. n. 66 del 2010 (art. 2268, n. 258).
2. Il ricorso è inammissibile.
Il RAGIONE_SOCIALE pone una questione che non era stata fatta oggetto di eccezione nel giudizio di primo grado, come esso stesso riconosce a pagina 5 del ricorso, ponendosi il dubbio che possa trattarsi di questione nuova e fugandolo con il mero rilievo che se ne era tuttavia discusso in appello.
Sennonché, emerge dalla sentenza impugnata, ma è lo stesso ricorso a precisarlo, che il RAGIONE_SOCIALE, in primo grado, oltre ad eccepire la parziale prescrizione del diritto, aveva eccepito anche la parziale cessazione RAGIONE_SOCIALE materia del contendere, avendo riconosciuto il diritto del ricorrente all’indennità, sia pure per un numero inferiore di giornate (97) rispetto a quelle rivendicate dall’attuale controricorrente (507) .
Ebbene , l’eccepita parziale cessazione RAGIONE_SOCIALE materia del contendere, accolta come tale dal Tribunale con la conseguente statuizione e non impugnata dal RAGIONE_SOCIALE, comporta la formazione del giudicato interno sul diritto del lavoratore all’indennità, potendosi ormai discutere soltanto del quantum debeatur , sia sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE prescrizione parziale, sia con riguardo alla mancanza dei documenti necessari a dimostrare lo
svolgimento dell’attività di sminamento in giornate ulteriori rispetto a quelle spontaneamente riconosciute dal RAGIONE_SOCIALE.
A prescindere dal carattere improprio dell’uso RAGIONE_SOCIALE formula «cessazione RAGIONE_SOCIALE materia del contendere» -in presenza di un mero adempimento parziale rispetto alla più ampia pretesa del lavoratore ed in assenza di un accordo sopravvenuto tra le parti per una diversa regolamentazione del rapporto (v. Cass. S.U. n. 8980/2018) -rimane il fatto che l’adempimento spontaneo (o, perlomeno, la dichiarazione di attivazione RAGIONE_SOCIALE «procedura di pagamento», posto che nella sentenza impugnata si legge che l’effettivo pagamento non era ancora avvenuto), unito a due eccezioni volte a contestare soltanto il numero delle giornate per cui è dovuta l’indennità , è incompatibile con una difesa che ora è volta a negare in radice il presupposto normativo su cui si fonda l’intera domanda dell’attuale controricorrente.
L’esplicita affermazione nella sentenza di primo grado RAGIONE_SOCIALE parziale cessazione RAGIONE_SOCIALE materia del contendere, di cui danno conto sia la sentenza d’appello, sia il ricorso per cassazione, comporta il riconoscimento del fondamento normativo RAGIONE_SOCIALE domanda del lavoratore e, in mancanza di impugnazione, è passata in giudicato. Ciò anche perché l’attuale ricorrente non sostiene in alcun modo di avere discriminato le giornate riconosciute e quelle contestate in base al riferimento cronologico al momento in cui l’avvento RAGIONE_SOCIALE contrattazione collettiva avrebbe implicitamente abrogato l’art. 10 del d.lgs. luogotenenziale n. 320 del 1946. Le uniche contestazioni riguardavano, secondo lo stesso resoconto che ne dà il RAGIONE_SOCIALE del ricorso per cassazione, la prescrizione e la prova documentale delle singole giornate. Infatti, in base al motivo di ricorso per cassazione si prospetta che avrebbe dovuto essere
rigettata «la domanda quantomeno per le prestazioni rese nel periodo tra il 2001 ed il 2006» , mentre la sentenza d’appello ha accolto la domanda del lavoratore che copre il periodo dal 1998 al 2006. Pertanto, il parziale diniego di pagamento non era mai stato motivato con la sopravvenuta abrogazione RAGIONE_SOCIALE norma invocata dal lavoratore, né il RAGIONE_SOCIALE allega che le 97 giornate spontaneamente riconosciute fossero tutte maturare prima del sopravvenire RAGIONE_SOCIALE contrattazione collettiva.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che, nonostante l’esito del giudizio , non sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 , in quanto la parte ricorrente è un’amministrazione centrale dello Stato.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 5.000 per compensi, oltre a € 200 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 23.1.2024.