Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16239 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16239 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 14695/2024 r.g. proposto da:
Laboratorio di RAGIONE_SOCIALE dott. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME i quali chiedono di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento ai propri indirizzi di posta elettronica certificata indicati, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo Studio COGNOME.
-ricorrente –
Azienda Sanitaria Locale Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME le quali chiedono di ricevere le comunicazioni delle notificazioni relative al presente procedimento agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno n. 375/2024, depositata in data 2/5/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/6/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. La società RAGIONE_SOCIALE dott. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in regime di accreditamento transitorio, ai sensi dell’art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994, e, a decorrere dall’anno 2014, in regime di accreditamento istituzionale definitivo, agiva in giudizio nei confronti dell’Asl Salerno.
In particolare, l’azione nei confronti dell’Asl Salerno mirava a conseguire il pagamento della somma complessiva di euro 78.144,11, di cui euro 28.524,74 per l’anno 2010, euro 24.849,84 per l’anno 2011 ed euro 24.769,53 per l’anno 2012, evidenziando che lo sconto tariffario di cui all’art. 1, comma 796, lettera o) della legge n. 296 del 2006, limitato agli anni 2007-2009, non potesse trovare applicazione negli anni successivi.
In subordine chiedeva il pagamento delle stesse somme a titolo di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.
La società depositava, unitamente all’atto di citazione, i contratti stipulati ai sensi dell’art. 8quinquies , comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, oltre al decreto del commissario ad acta per la prosecuzione
del piano di rientro del settore sanitario della regione Campania, n. 85 del 16/7/2014, di accreditamento istituzionale definitivo (fra le altre) anche di Laboratorio di Analisi dott. NOME COGNOME.
Si costituiva in giudizio la Asl Salerno, deducendo, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, nonché l’intervenuta prescrizione quinquennale del credito e, nel merito, chiedeva il rigetto delle domande.
Il tribunale di Salerno, con sentenza n. 2078/2021, depositata il 25/6/2021, rigettava le eccezioni sollevate dalla Asl e, nel merito, accoglieva la domanda principale di inadempimento contrattuale, ritenendo che lo sconto tariffario previsto dall’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006 non fosse applicabile oltre il triennio 2007-2009.
Proponeva appello la Asl riproponendo, per quel che ancora qui rileva, le medesime eccezioni sollevate in primo grado e, nel merito, censurando la sentenza di prime cure per avere ritenuto inapplicabile lo sconto fatture in relazione alla legge n. 296 del 2006, anche successivamente al triennio 2006-2009.
La Corte d’appello di Napoli disponeva la rimessione della causa sul ruolo con ordinanza del 13/6/2023, invitando le parti ad interloquire in ordine alle seguenti questioni, rilevate d’ufficio, per la asserita rilevanza che le stesse avrebbero potuto avere sulle sue giudizio: «1) alla sussistenza dell’accreditamento, provvisorio o definitivo, in virtù di un provvedimento all’uopo emanato dall’autorità a ciò deputata; 2) alla validità ed efficacia degli accordi contrattuali prodotti in giudizio, con riferimento alle prestazioni effettuate in ciascuno dei periodi per i quali è stato sollecitato il pagamento, anche antecedente a quello di stipula dei contratti».
La Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 375/2024, depositata il 2/5/2024, accoglieva l’appello dell’Asl.
In particolare, la Corte territoriale rilevava, con riferimento alle prestazioni di laboratorio di analisi per il triennio 2010/2012, la società RAGIONE_SOCIALE De Felice e l’ASL Salerno avevano stipulato i seguenti contratti ex art. 8quinquies : del d.lgs. n. 502 del 1992: in data 8/7/2010 per l’intero anno; in data 14/4/2011 per l’intero anno 2011; in data 9/8/2012 per l’intero anno 2012.
Ad avviso della Corte territoriale, per i periodi antecedenti alla loro stipula, i contratti non potevano avere efficacia retroattiva.
Per le prestazioni eseguite dopo la stipula dei contratti si imponeva, invece, la verifica del rapporto di accreditamento.
La società aveva depositato il decreto del commissario ad acta n. 85 del 16/7/2014 che aveva disposto l’accreditamento istituzionale definitivo della società per l’attività di medicina di laboratorio.
Tale provvedimento, per la società, avrebbe dovuto dimostrare che i contratti del 2010, 2011 2012 erano stati stipulati in regime di accreditamento provvisorio.
Tuttavia, non era stato prodotto agli atti il provvedimento amministrativo regionale che riconosceva alla struttura la qualità di soggetto accreditato per gli anni 2010/2012.
Era infondata la domanda di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., in quanto sussistevano limiti legislativi invalicabili per l’assunzione di obbligazioni per forniture o servizi da parte della PA.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società, depositando anche memoria scritta.
È rimasta intimata la Asl Salerno.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione si deduce la «nullità della sentenza per violazione degli articoli 112 c.p.c., 2909 c.c. e 324,329,342,132 c.p.c., 111 comma 6 Costituzione, ai sensi degli articoli 360, primo comma, numeri 3 e 4, c.p.c., in relazione alla
esistenza di un giudicato interno sull’applicazione dei contratti inter partes anche alle prestazioni sanitarie erogate dalla società ricorrente anteriormente alla stipula dei contratti stessi».
La Corte d’appello ha accolto il gravame della Asl Salerno sulle questioni rilevabili d’ufficio con ordinanza del 13/6/2023, in ordine all’esistenza di un provvedimento amministrativo di accreditamento della struttura e di un valido rapporto contrattuale nel triennio 20102012, di erogazione delle prestazioni sanitarie soggette al contestato sconto tariffario.
La Corte territoriale ha ritenuto di operare una distinzione delle prestazioni sanitarie erogate anteriormente e quelle erogate successivamente alla data di stipula degli stessi.
Con riguardo alle prestazioni sanitarie erogate prima della stipulazione del contratto, il giudice d’appello ha ritenuto che i contratti non possono avere applicazione retroattiva con conseguente insussistenza del diritto della società alla remunerazione.
Tuttavia, in ordine alla efficacia dei contratti, prodotti in giudizio, con riferimento alle prestazioni sanitarie espletate prima della stipula degli stessi, si è formato il giudicato interno.
Il tribunale di prime cure, infatti, ha concluso per la inapplicabilità dello sconto tariffario, accogliendo la domanda della società sul presupposto della piena efficacia contrattuale, anche per le prestazioni rese nell’anno in data antecedente a quella di sottoscrizione del contratto.
Tale motivazione non è stata impugnata specificamente dalla Asl con l’atto d’appello nel quale, anzi, si è sottolineata la piena validità ed efficacia tra le parti dei contratti stipulati e depositati.
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «nullità della sentenza per violazione degli articoli 112 c.p.c., 2909
c.c. e 324,329,342 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, numeri 3 e 4, c.p.c., in relazione alla esistenza di un giudicato interno sulla sussistenza di un rapporto di accreditamento dall’azienda sanitaria locale Salerno e la società ricorrente».
Ad avviso della Corte d’appello sarebbe mancata in atti la dimostrazione del rapporto di accreditamento istituzionale tra la società e la Asl, essendo stato prodotto in giudizio solo il decreto del commissario ad acta n. 85 del 16/7/2014.
Non sarebbe stato dimostrato che i contratti erano stati stipulati, negli anni 2010, 2011 e 2012, in regime di accreditamento provvisorio.
Sarebbe mancato allora il provvedimento regionale è espresso di accreditamento provvisorio per gli anni in contestazione.
Tuttavia, ad avviso della ricorrente, si è formato anche il giudicato in ordine alla sussistenza dell’accreditamento.
Il tribunale di Salerno ha riconosciuto il diritto in capo alla società, ritenendo sussistere il presupposto del credito, ossia l’accreditamento.
La stessa Asl, nell’atto di appello, considera pacifica la sussistenza dell’accreditamento e, comunque, non ha impugnato specificamente sul punto la sentenza di primo grado.
Con il terzo motivo di impugnazione si deduce la «violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115 c.p.c. e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, numeri 3 e 4, c.p.c., in relazione all’asserita mancanza di documentazione idonea a giustificare l’esistenza del rapporto di accreditamento».
La Corte d’appello ha accolto il gravame della Asl, affermando una presunta insufficienza probatoria in relazione alla documentazione idonea a giustificare la remunerabilità delle prestazioni.
In realtà, per la ricorrente, la documentazione prodotta in atti non è stata mai contestata specificamente.
Le uniche contestazioni specifiche della Asl attenevano alla applicabilità o meno dello sconto tariffario per gli anni successivi al triennio 2007-2009.
Con il quarto motivo di impugnazione la società si duole della «violazione e/o falsa applicazione degli articoli 8bis , 8quater e 8quinquies , del d.lgs. n. 102 del 1992, degli articoli 16 e 17 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, dell’art. 2, comma 7, del d.p.r. 14/1/1997, dell’art. 32, comma 8, della legge 27/12/1997, n. 449, dell’art. 1322 c.c., degli articoli 3,32,41,81 e 97, Costituzione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all’asserita necessità della stipula degli accordi contrattuali tra Asl e struttura privata accreditata in data antecedente a quella di fissazione dei tetti di spesa sanitaria regionale, quale presupposto per l’erogazione di prestazioni sanitarie per conto e a carico del SSN».
La Corte d’appello ha ritenuto che i contratti sottoscritti tra le parti solo al termine dell’annualità, dopo l’espletamento delle prestazioni sanitarie, non potevano avere efficacia retroattiva.
In realtà, per la ricorrente, la questione della stipulazione dei contratti anche successivamente all’espletamento delle prestazioni sanitarie è strettamente collegata alla determinazione dei tetti di spesa per ogni singola struttura sanitaria, che avviene con atto autoritativo regionale, «che vincola i successivi contratti da stipulare tra le Aziende Sanitarie e le singole strutture accreditate».
L’atto di determinazione dei tetti di spesa costituisce esplicazione della funzione programmatoria attribuita alle regioni in materia sanitaria e rappresenta, quindi, un dato inabdicabile, influendo sulla possibilità stessa di attingere risorse necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate.
Data la complessità delle valutazioni, da compiere di regola annualmente, sarebbe del tutto fisiologico che la determinazione dei tetti di spesa sopravvenga nel corso dell’anno, quando le strutture sanitarie già hanno avviato l’erogazione del servizio per garantirne la necessaria continuità.
Ciò comporta – ad avviso della ricorrente – che gli atti di programmazione regionale abbiano un effetto retroattivo, la cui legittimità è riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa (si cita Cons. Stato, Ad. Plen., 2/5/2006, n. 8).
Da ciò la conseguenza che la stipulazione dei contratti di budget tra la Asl e la singola struttura sanitaria accreditata «avvenga successivamente alla fissazione regionale dei tetti di spesa sanitaria ed dunque, possibilmente, anche in corso d’anno, in un momento in cui è già in corso l’attività di erogazione delle prestazioni».
Del resto, il contratto deve necessariamente indicare i volumi massimi di prestazioni da acquistare, sicché la stipula non può precedere l’individuazione del tetto di spesa.
Ove si volesse opinare diversamente, nel senso della non remunerabilità delle prestazioni eseguite prima della stipula del contratto, si verificherebbe la «inevitabile paralisi del sistema sanitario, regionale e nazionale, a causa dei fisiologici ritardi dell’amministrazione sanitaria nella determinazione dei limiti di spesa annuale e nell’approvazione dei correlati schemi di contratto».
L’efficacia retroattiva dei contratti risponde proprio l’obiettivo primario della «pianificazione preventiva» della spesa sanitaria, congiunto a quello della necessità di «garantire la continuità del servizio».
Del resto, i corrispettivi delle prestazioni non sono pattuiti dalle parti, ma sono fissati anch’essi da apposito atto amministrativo.
Per la retroattività degli effetti del contratto pubblico si è già espressa la giurisprudenza di legittimità (si citano Cas. n. 27528 del 2021; Cass. n. 27997 del 2019; Cass., n. 15530).
Per la ricorrente non può trascurarsi, al fine di ravvisare l’efficacia retroattiva del contratto, «il più complesso procedimento amministrativo attraverso il quale si concretizza l’attività autoritativa della PA».
5. Con il quinto motivo di impugnazione si lamenta la «violazione e/o falsa applicazione degli articoli 8,8bis , 8quater , e 8quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994, e dell’art. 1, commi 237quater e s.s., della legge regione Campania n. 4 del 2011, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all’asserita necessità di un provvedimento di accreditamento di competenza regionale, quale presupposto per l’erogazione di prestazioni sanitarie per conto e a carico del SSN in regime di accreditamento transitorio».
L’errore commesso dalla Corte d’appello consiste non aver tenuto conto dell’art. 6, comma 6 della legge n. 724 del 1994, a mente del quale, l’accreditamento ex lege avviene in via transitoria, automaticamente, all’unica condizione dell’accettazione del sistema della remunerazione a prestazione sulla base di tariffe.
L’accreditamento provvisorio viene riconosciuto anche in assenza del necessario provvedimento di accreditamento istituzionale.
La normativa richiamata consente alle strutture già convenzionate, ma non ancora accreditate, di continuare ad erogare prestazioni senza prevedere, nelle more, l’adozione di alcun provvedimento di accreditamento transitorio di competenza regionale.
Inoltre, la Corte d’appello ha ignorato del tutto la disciplina speciale della regione Campania.
L’art. 1, commi 237-quater e ss., della legge regionale Campania n. 4 del 2011, ha dettato una disciplina specifica per il passaggio delle strutture già operanti in regime di accreditamento transitorio al sistema dell’accreditamento definitivo.
Con il sesto motivo di impugnazione si deduce «l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.; nullità della sentenza per manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., nella parte in cui, travisando il contenuto della prova documentale offerta e con motivazione incompatibile con detta prova, non ritiene provato il rapporto di accreditamento».
La Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto l’assenza dell’accreditamento, nonostante la prova documentale offerta in merito della società ricorrente.
Non si è tenuto conto del decreto n. 85 del 2014 del commissario ad acta , riferito espressamente anche alla società RAGIONE_SOCIALE dott. NOME COGNOME.
Con tale decreto si chiarisce l’esistenza di relazioni che certificano l’ammissibilità delle strutture alle procedure di accreditamento istituzionale, oltre al possesso di tutti i requisiti delle condizioni previsti dalla legge per il rilascio di tale accreditamento.
Con il settimo motivo di impugnazione si deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all’asserita mancata allegazione e carenza di prova in ordine all’indebito arricchimento dell’azienda sanitaria locale in virtù dello sconto applicato».
Nell’ipotesi in cui la tariffa non è applicata per intero, in relazione allo sconto, la remunerazione e inidonea a coprire integralmente i costi sostenuti dalla struttura accreditata per erogare prestatori specialistiche.
La Corte d’appello avrebbe errato nel respingere la domanda in quanto l’impoverimento denunciato dall’attrice era rappresentato proprio dalla percentuale di sconto (erroneamente) applicata dall’Asl Salerno alle prestazioni rese dalla ricorrente.
Era erronea l’affermazione della Corte territoriale per cui non era stata neppure allegata l’esistenza di uno scarto tra i costi sostenuti dalla struttura sanitaria per le prestazioni effettuate nel triennio 2010-2012 e la remunerazione decurtata dello sconto tariffario, che solo poteva giustificare un indennizzo diretto a coprire interamente i costi sostenuti.
I primi due motivi, che vanno affrontati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono fondati, con assorbimento dei restanti.
8.1. Invero, costituisce principio consolidato di questa Corte quello per cui i contratti con la pubblica amministrazione devono essere stipulati per iscritto a pena di nullità (Cass., 4 giugno 1999, n. 5448), non essendo consentita alcuna eventuale convalida o ratifica successiva (Cass., 3 gennaio 2001, n. 59).
Si è ritenuto, dunque, che, soprattutto in presenza di accordi specifici complessi con la pubblica amministrazione, la forma scritta sia assolutamente necessaria, «soprattutto al fine di rendere possibili i controlli istituzionali dell’autorità tutoria» (Cass., 3 gennaio 2001, n. 59, in tema di appalto pubblico; Cass., sez. 2, 30 maggio 2002, n. 7913, in tema di conferimento di incarichi a professionista; di recente Cass., sez. 2, 27 marzo 2023, n. 8574).
La forma scritta, allora, va vista come strumento indefettibile di garanzia del regolare svolgimento dell’attività negoziale della PA, sia nell’interesse dei cittadini, in quanto costituisce remora ad arbitri, sia nell’interesse della stessa amministrazione, in quanto agevola l’espletamento della funzione di controllo e la concreta osservanza
dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione (Cass., sez. 1, 12 luglio 2001, n. 9428; anche Cass., sez. 3, 24 giugno 2002, n. 9165).
Per tali contratti, allora, non solo deve escludersi che la manifestazione di volontà delle parti possa essere implicita o desumibile da comportamenti meramente attuativi (Cass., sez. 3, 3 agosto 2002, n. 11649), ma deve ritenersi che, salvo le ipotesi in cui specifiche norme lo consentano, il contratto deve essere consacrato in un unico documento nel quale siano specificamente indicate le clausole disciplinanti rapporto. La volontà della PA di concludere il negozio deve essere manifestata alla controparte dall’organo rappresentativo esterno dell’ente, che è il solo abilitato a stipulare in nome e per conto di questo, e ad essere perciò munito dei poteri necessari per vincolare l’amministrazione per la quale si obbliga (Cass. n. 59 del 2001, cit.; anche Cass., sez. 2, 6 dicembre 2001, n. 15488).
Si è precisato che «il contratto nullo non può essere nemmeno ritenuto suscettibile di convalida, perché attraverso la ratifica o sanatoria, può essere corretto il vizio di un atto annullabile» (Cass. n. 59 del 2001; anche Cass. n. 1615 del 1981). Il contratto privo della forma scritta ad substantiam è nullo ed insuscettibile di qualsiasi forma di sanatoria, dovendosi, quindi, escludere l’attribuzione di rilevanza ad eventuali convalida o ratifica successive e non potendosi neppure ammettere la validità di manifestazioni di volontà implicita o desumibile da comportamenti puramente attuativi (Cass., sez. 3, 15 marzo 2004, n. 5234).
Se, dunque, siano del tutto assenti gli elementi essenziali, l’atto non raggiunge il livello minimo indispensabile per la sua nascita sul piano giuridico, così da non consentire il suo perfezionamento, che
presuppone sempre l’esistenza di un quid che non sia solo di parvenza.
Con riferimento all’accreditamento, anche temporaneo o provvisorio, delle società che svolgono prestazioni a favore del servizio sanitario nazionale, valgono le regole di cui agli articoli 8,8bis , 8quater , e 8quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992.
9.1. L’art. 8bis (autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali) del d.lgs. n. 502 del 1992 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) stabilisce che «le regioni assicurano i livelli essenziali e uniformi di assistenza di cui all’art. 1 avvalendosi dei presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati ai sensi dell’art. 8quater , nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all’art. 8quinquies ».
È evidente, come, ai fini del riconoscimento della remunerazione delle prestazioni, siano necessari tre requisiti: l’autorizzazione regionale (art. 8ter ); l’accreditamento (art. 8quater ); la conclusione di specifici accordi (art. 8-q uinquies ).
Ciò trova conferma nell’art. 8bis , comma 3, del d.lgs. n. 105 del 1992, laddove stabilisce che «la realizzazione di strutture sanitarie e l’esercizio di attività sanitarie, esercizio di attività sanitarie per conto del servizio sanitario nazionale e l’esercizio di attività sanitaria carico del servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 8-ter, dell’accreditamento istituzionale di quell’art. 8quater , nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all’art. 8quinquies ».
9.2. L’art. 8quater , del d.lgs. n. 502 del 1992 (Accreditamento istituzionale), nella versione in vigore a decorrere dal 31 luglio 1999,
prevede al comma 1 che «l’accreditamento istituzionale è rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private ed ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale ed alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti».
Al comma 2, si chiarisce che «la qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all’art. 8quinquies ».
Nella norma si fa riferimento anche all’accreditamento «temporaneo» ed a quello «provvisorio», di cui si tratterà meglio successivamente, nella parte di motivazione dedicata all’accreditamento ex lege .
Si prevede, dunque, al comma 6 dell’art. 8quater , del d.lgs. n. 502 del 1992 che «entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni avviano il processo di accreditamento delle strutture temporaneamente accreditate ai sensi dell’art. 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e delle altre già operanti ».
Al comma 7 dell’art. 8quater , si precisa che «nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove strutture o per l’avvio di nuove attività in strutture preesistenti, l’accreditamento può essere concesso, in via provvisoria, per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati. L’eventuale verifica negativa comporta la sospensione automatica dell’accreditamento temporaneamente concesso».
9.3. Di fondamentale rilievo e poi l’art. 8quinquies , del d.lgs. n. 102 del 1992 (accordi contrattuali), che prevede al comma 2 che,
«in attuazione di quanto previsto dal comma 1, la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale ».
Va rilevato che, l’art. 8quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992, in vigore dal 22 agosto 2008, prevede al comma 2quinquies che «in caso di mancata stipula degli accordi di cui al presente articolo, l’accreditamento istituzionale di cui all’art. 8quater delle strutture e dei professionisti eroganti prestazioni per conto del servizio sanitario nazionale interessati è sospeso».
10. Questa Corte ha chiarito che l’obbligo per la struttura privata, già titolare di convenzione esterna ex lege n. 833 del 1978, di stipulare apposito contratto in forma scritta con la ASL territorialmente competente sussiste anche durante il regime di accreditamento provvisorio o transitorio; con esso, per un verso, la struttura accetta e si vincola a rispettare le tariffe, le condizioni di determinazione della eventuale regressione tariffaria, nonché i limiti alla quantità di prestazioni erogabili alla singola struttura, fissati in relazione ai tetti massimi di spesa per l’anno di esercizio; per l’altro, l’ente pubblico assume l’obbligazione di pagamento dei corrispettivi in base alle tariffe previste per le prestazioni effettivamente erogate agli utenti del SSR, vincolandosi ad eseguirla secondo le modalità ed i tempi indicati nel contratto, che siano stati convenzionalmente stabiliti ovvero risultino applicabili in virtù di integrazione legislativa (Cass. sez. 3, 5 luglio 2018, n. 17588; Cass., sez. 6-3, 3 giugno 2014, n. 12392).
Pertanto, ha trovato conferma l’indirizzo giurisprudenziale per cui nessuna erogazione di prestazione sanitaria finanziariamente
coperta dalla mano pubblica è possibile ove non sussista un provvedimento amministrativo di competenza regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato e al di fuori di singoli specifici rapporti contrattuali (Cass., 25 gennaio 2011, n. 1740; Cass., 19 novembre 2015, n. 23657).
Il principio regolatore dell’attività svolta in regime «transitorio», al pari di quella svolta «a regime», è fondato infatti sulla remunerabilità delle prestazioni rese dal soggetto accreditato, che è però condizionata alla necessaria sottoscrizione di specifici accordi, anche nella fase dell’accreditamento provvisorio (o transitorio), per cui, a maggior ragione, è essenziale un esplicito intervento dell’amministrazione sanitaria per modificare la situazione già oggetto di confezionamento, al fine dell’inserimento nella programmazione sanitaria regionale e conseguente incidenza sul fondo sanitario regionale (Cass., n. 17588 del 2018).
Si è ulteriormente chiarito che non può essere condivisa la tesi per cui, in mancanza degli atti amministrativi necessari a rendere effettivo il passaggio dal regime delle convenzioni a quello dell’accreditamento della regione Campania, si sarebbe instaurata una prassi basata sulla prosecuzione del fatto del regime di accreditamento provvisorio sulla conclusione di accordi contrattuali per facta concludentia .
In realtà, l’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, come integrato dall’art. 6 della legge n. 724 del 1994, nel prevedere la necessità di un provvedimento concessorio di accreditamento per l’accesso alla qualifica di erogatore del servizio, comporta che non può essere posto a carico delle regioni alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie in assenza di un provvedimento amministrativo regionale che riconosca la sicura la qualità di soggetto accreditato ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali intesi a regolare il volume
massimo delle prestazioni erogate, i requisiti del servizio e l’ammontare dei corrispettivi, dovendosi, in ogni caso, escludere, ai sensi dell’art. 8quinquies del citato d.lgs. n. 502 del 1992, che possono validamente concludersi accordi contrattuali per facta concludentia , atteso che, in base al disposto degli articoli 16 e 17 del regio decreto n. 2440 del 1923, tutti i contratti con la PA devono rivestire, a pena di nullità, la forma scritta (Cass., sez. 1, 4 marzo 2024, n. 5682; Cass., sez. 1, 15 marzo 2022, n. 8383; Cass., sez. 3, 11 marzo 2020, n. 7019; Cass., sez. 1, 6 agosto 2014, n. 1771; Cass., 3 giugno 2014, n. 12392; Cass., sez. 1, 26 marzo 2009, n. 7297;Cass., sez. 3, 12 aprile 2006, n. 8621), non rilevando comportamenti concludenti anche protrattisi per anni (Cass., sez. 63, 23 giugno 2011, n. 13886).
Fatta questa premessa del quadro normativo e giurisprudenziale, in tema di requisiti per il conseguimento del pagamento delle prestazioni sanitarie, occorrendo il triplice requisito costituito da autorizzazione, accreditamento e contratto, si evidenzia la sussistenza del sopravvenuto giudicato interno, sia con riferimento all’avvenuta stipula dei contratti – validi ed efficaci – , sottesi alle prestazioni per cui è causa, sia in ordine alla sussistenza dell’accreditamento, prima provvisorio e, successivamente, definitivo, a partire dall’anno 2015.
Si intende, dunque, dare piena conferma all’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte già manifestato in recenti pronunce (Cass., sez. 1, 13/11/2024, n. 29274; Cass., sez. 1, 12/11/2024, n. 29093; Cass., sez. 1, 13/11/2024, n. 29276).
12.1. Va solo precisato che la questione del giudicato interno in relazione alla validità ed efficacia del contratto, va distinta da quella relativa al giudicato interno formatosi sulla esistenza dell’accreditamento.
Ed infatti, si è di recente precisato che il principio derivante dalle sentenze di questa Corte, a sezioni unite, per cui «nel giudizio di appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo» (Cass., Sez.U., 12/12/2014, n. 26242 e n. 26243), va coordinato con l’indirizzo consolidato, per cui le questioni rilevabili d’ufficio, che, invece, abbiano formato oggetto nel corso del giudizio di merito di una specifica domanda od eccezione, non possono più essere riproposte nei gradi successivi del giudizio, sia pure sotto il profilo della sollecitazione dell’organo giudicante ad esercitare il proprio potere di rilevazione ex officio , qualora la decisione o l’omessa decisione di tali questioni da parte del giudice non abbia formato oggetto di specifica impugnazione, ostandovi un giudicato interno che il giudice dei gradi successivi deve in ogni caso rilevare (Cass., sez. 3, 3/1/2023, n. 50; Cass., 4/3/1998, n. 2388; Cass., 26/6/2006, n. 14755; Cass., 20/8/2009, n. 18540; Cass., 10/1/2014, n. 440; Cass., 17/1/2017, n. 923).
Il giudicato interno si forma allorché in primo grado la nullità sia stata eccepita o ne sia stata domandata la declaratoria e la decisione (anche implicita) di rigetto su tale eccezione o su tale domanda (ovvero l’omessa pronuncia su di esse) non abbia formato oggetto di motivo specifico di impugnazione (Cass., n. 50 del 2023).
Per valutare la formazione del giudicato interno occorre guardare alle questioni che sono state effettivamente prospettate dalle parti nel corso del giudizio di prime cure, oggetto di decisione – anche implicita – da parte del giudice.
Con riguardo, invece, alla questione sulla sussistenza dell’accreditamento occorre fare una puntualizzazione.
La fonte del diritto alla corresponsione del compenso alle case di cura private per le prestazioni rese in favore del servizio sanitario è la legge.
Il fatto costitutivo del diritto alla remunerazione è rappresentato sia dal contratto che dall’accreditamento, nonché dall’autorizzazione, cui la legge collega, in presenza dell’esecuzione della prestazione, l’effetto del diritto ad essere remunerati.
Sotto questo aspetto la prestazione è eseguita non in forza del contratto, ma della più complessa fattispecie legale, per cui accertata la coppia diritto/obbligo, si intendono accertati (in mancanza di specifico accertamento) tutti gli elementi costitutivi della fattispecie legale (e non contrattuale, essendo la fonte del rapporto la legge e non il contratto).
Il rapporto, a questo punto, diviene unico e non duplice, e cioè il rapporto la cui fonte è la legge, che ne prevede i diversi elementi costitutivi, ciascuno integrante questione pregiudiziale in senso logico.
La fattispecie dedotta in giudizio è la remunerazione della prestazione, gli elementi costitutivi, tutti sullo stesso piano senza che vi sia un nesso di pregiudizialità-dipendenza, sono autorizzazione, accreditamento e contratto, ricorrendo i quali l’esecuzione della prestazione dà diritto alla remunerazione.
Anche in questo caso, però, è possibile la formazione del giudicato interno sulla sussistenza dell’accreditamento, nel momento in cui il giudice di prime cure accerta la sussistenza del contratto e dunque del credito vantato dalla casa di cura privata.
In tal caso, proprio per la peculiare natura dell’obbligazione che origina da una complessa fattispecie legale, l’accertamento sulla sussistenza del contratto dimostra anche l’esistenza
dell’accreditamento, che è uno dei tre elementi imprescindibili della fattispecie legale.
14.1. Tra l’altro, nella specie, il giudicato interno intervenuto anche sulla esistenza dell’accreditamento risulta dalle difese delle parti che hanno sollevato la questione nel corso del processo di prime cure.
Ed infatti, la società sin dall’atto di citazione in giudizio, ha agito esclusivamente per ottenere l’intera remunerazione delle prestazioni erogate negli anni 2010/2012, senza la decurtazione relativa allo sconto nelle fatture, prevista per legge esclusivamente per gli anni 2007-2009, e non esportabile per gli anni successivi, quali quelli oggetto di controversia.
Nell’atto di citazione sono stati indicati, e anche prodotti in giudizio, i contratti relativi agli anni 2010, 2011 e 2012.
Costituendosi in giudizio la Asl Salerno si è limitata a sollevare le eccezioni di difetto di giurisdizione e di prescrizione, senza nulla affermare e contestare in ordine ai requisiti richiesti dalla legge per il pagamento delle prestazioni sanitarie. Senza, dunque, alcun riferimento né ai contratti né all’accreditamento.
Il tribunale di Salerno ha accolto la domanda della società, dando per acquisiti i contratti stipulati con la Asl e la loro efficacia («la pretesa creditoria di parte attrice, in particolare, fondata sulla documentazione dalla stessa prodotta, ossia i contratti ex art. 8quinquies d.lgs. n. 502/92 stipulati con la Asl Salerno per gli anni 2010, 2011 2012»).
A fronte di tale pronuncia del tribunale, ha proposto appello la Asl con varie censure, nessuna di esse improntata alla contestazione della sussistenza dei contratti e dei relativi sottesi accreditamenti, nei tre anni in esame.
Non v’è stata mai, dunque, alcuna contestazione specifica né in ordine ai contratti, depositati nel corso del giudizio di prime cure, unitamente all’atto di citazione, né in ragione dell’assenza dell’accreditamento, per ciascuna delle annualità in discussione.
Anzi, in sede d’appello la Asl ha ammesso espressamente la validità e l’efficacia di tali contratti («è evidente che i contratti ex art. 8quinquies d.lgs. 502/92, sottoscritti dall’Asl SA e dalla appellata, la cui validità ed efficacia tra le parti non è mai stato oggetto di contestazione, sono pienamente vincolati tra le parti (art. 1371 2 c.c.) e non sono suscettibili di modificazione unilaterale».
Pertanto, sull’esistenza dei contratti si è prodotto il giudicato interno, impeditivo del rilievo officioso da parte della Corte di appello.
Lo stesso vale per l’accreditamento provvisorio per gli anni 2010, 2011 e 2012.
Il tribunale di prime cure, infatti, sul profilo dell’accreditamento, ha osservato che si era in presenza di una «struttura privata accreditata» erogante prestazioni sanitarie di laboratorio di analisi, nella branca di patologia clinica, in favore dei cittadini assistiti dal SRAGIONE_SOCIALE
La Asl Salerno, nell’atto di appello ha ammesso espressamente l’esistenza dell’accreditamento in favore della IGEA, affermando che «l’odierna appellata, che opera in regime di accreditamento con la Asl Salerno ai sensi del d.lgs. 502/92».
18. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in ordine ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i primi due motivi di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di
Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 giugno 2025