Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22848 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22848 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31656/2020 R.G. proposto da:
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende,
-ricorrente
contro
Fallimento società RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME Bartolomeo (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, controricorrente-
nonché contro
Concordato Preventivo COGNOME RAGIONE_SOCIALE, Procuratore Generale della Repubblica presso a Corte d’Appello di Bari e RAGIONE_SOCIALE,
-intimati- avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 1920/2020 depositata il 05/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 30/6/2017 il Tribunale di Foggia rigettò la domanda di omologazione del concordato preventivo proposta da COGNOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE e, contestualmente, dichiarò il fallimento della stessa società; sul reclamo di quest’ultima, la Corte d’Appello di Bari, in accoglimento del gravame interposto dalla debitrice e dai soci COGNOME NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME NOME, revocò il fallimento.
L’adita Corte di Cassazione, con ordinanza nr. 8906/2020 del 7/5/2020, in accoglimento del ricorso proposto dalla curatela del fallimento, cassò con rinvio alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, rilevando che il giudice del reclamo aveva erroneamente valutato, ai fini della revoca del fallimento, circostanze sopravvenute alla decisione del giudice di primo grado.
La Corte d’Appello di Bari, in sede di rinvio, rigettava il reclamo proposto dalla società e dai soci.
La Corte distrettuale, dopo essersi uniformata al principio impartito dal giudice di legittimità circa l’irrilevanza dei fatti sopravvenuti alla pronuncia del fallimento, ha dato conto di tutti gli elementi, desumibili dai dati e dagli atti della procedura di concordato preventivo e del fallimento (situazione debitoria esposta con il piano concordatario, relazione del professionista attestatore, relazione del curatore), indicatori dello stato di insolvenza della RAGIONE_SOCIALE. Ulteriori indici dello stato di decozione sono stati colti dall’impugnata sentenza: i) nel mancato pagamento dei tributi per gli anni pregressi, ii) nelle plurime richieste di rientro da parte delle banche con segnalazione di sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia a far data dal giugno 2015; iii) nella dismissione del personale dipendente e nella precaria situazione economico-finanziaria delle società partecipate; iv) nella inesigibilità del consistente credito vantato nei confronti della soc. il
RAGIONE_SOCIALE che, al momento della dichiarazione di fallimento, versava in situazione di insolvenza.
COGNOME e RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo; il Fallimento ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art 380bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il mezzo di impugnazione denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 394, 384, comma 2°, c.p.c., 5, 18, 180, commi 3° e 7°, e 186 bis l. fall., 2909 c.c. , nonché omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c.: la ricorrente sostiene che la Corte distrettuale avrebbe erroneamente ritenuto coperta da giudicato la questione della mancata omologazione della domanda di concordato preventivo omettendo , quindi, di validare il piano di risanamento in continuità aziendale ai sensi dell’art 186 bis l.fall. in quanto l’accertamento dei presupposti del concordato è inscindibilmente collegato all’insolvenza fallimentare.
1.1 Sempre a dire del ricorrente, la Corte di merito avrebbe disatteso la regola di giudizio enunciata dalla Corte di Cassazione che demandava al giudice di rinvio il riesame dell’accertamento dell’insolvenza della società che riguardava anche la revisione delle condizioni di accesso alla procedura concordataria.
1.2 Deduce, infine, la ricorrente che la Corte avrebbe dovuto affermare la fattibilità della proposta concordataria che il Tribunale aveva escluso contrariamente al vero.
2 Il motivo è nel suo complesso manifestamente infondato.
2.1 Come sopra precisato, il giudice rescindente ha rimesso la causa al giudice di rinvio perimetrando l’indagine di tale autorità giudiziaria alla sola sussistenza o meno dei presupposti oggettivi per la dichiarazione di fallimento espungendo tutti fatti sopravvenuti alla dichiarazione di fallimento che erano stati presi in
considerazione dall’originaria sentenza della Corte d’Appello in difformità con il costante orientamento di questa Corte.
2.2 L’impugnata sentenza dà esplicitamente atto che, come convenuto da entrambe le parti, il thema decidendum della controversia era limitato a tale accertamento.
2.3 La statuizione assunta dal Tribunale di Foggia circa il rigetto della domanda di omologa del concordato preventivo aveva, infatti, trovato conferma anche nella sentenza della Corte d’Appello di Bari, e tale capo non era stato oggetto di impugnazione incidentale condizionato da parte della controricorrente in Cassazione, sicchè, su tale questione, come correttamente affermato dal giudice di rinvio si è formato il giudicato interno che preclude qualsivoglia indagine sulla fattibilità della proposta e del paino concordatario.
2.4 Del resto la censura, peccando di carenza di autosufficienza, non riporta , neanche in forma riassuntiva, il contenuto del controricorso del giudizio svoltosi in Cassazione onde consentire la verifica della riproposizione in quel giudizio del tema della ammissione della domanda di omologa.
2.5 Né può condividersi l’assunto del ric orrente il quale predica una sorta di ‘inscindibilità’ tra il giudizio di ammissione al concordato preventivo quello volto alla verifica dei presupposti, ex art. 5. l.fall., per la dichiarazione di fallimento.
2.6 E’ di tutta evidenza come la verifica della sussistenza dei requisiti di fallibilità sia ben diversa dalla cognizione sulle condizioni di ammissione al concordato preventivo.
In conclusione il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 10.200 di cui € 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 13 giugno 2025.