Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4130 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4130 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22492/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMENOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di ROMA n. 1542/2020 depositata il 27/02/2020.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023, dal Consigliere relatore NOME COGNOME,
Rilevato che
NOME e NOME COGNOME e la moglie del primo, NOME COGNOME, conclusero, in data 04/10/1996, un accordo transattivo con il quale le dette parti si facevano reciproche concessioni, al fine di evitare l’insorgere di ulteriori vertenze in relazione alla sorte di una società di persone, la RAGIONE_SOCIALE, e in particolare il primo, a fronte della fruizione di un locale commerciale in Guidonia, nel quale era sita l’attività di vendita di elettrodomestici svolta in precedenza con la (comune) madre, si obbligava a corrispondere alla sorella la somma mensile di lire un milione settecento settanta « vita natural durante di essa » e dopo otto anni , sia in caso di affitto che di vendita dell’immobile suddetto, avrebbe riconosciuto alla sorella stessa quanto di sua competenza.
a seguito del mancato pagamento delle mensilità di rendita da aprile a ottobre 2005 NOME COGNOME chiese e ottenne, dal Tribunale di Milano, competente per territorio in quanto ella era ivi residente, un decreto ingiuntivo, che venne opposto da NOME COGNOME;
i l Tribunale di Milano, all’esito della causa, con la sentenza n. 1566 del 1999, rigettò l ‘opposizione del COGNOME e affermò la validità della scrittura privata del 4/10/1996, qualificandola quale vitalizio;
la sentenza del Tribunale di Milano non venne appellata;
successivamente NOME COGNOME propose, dinanzi al Tribunale di Roma, un’autonoma azione di accertamento della nullità di detta scrittura privata, qualificandola come donazione non conforme a diritto, in quanto non conclusa per atto pubblico, e
quindi chiese l’accertamento della nullità dell’atto, con ogni conseguenza in ordine alle obbligazioni restitutorie;
Il Tribunale, nel contraddittorio con NOME COGNOME e con l’intervento volontario , in favore del genitore, dei figli del COGNOME, NOME e NOME, espletata consulenza tecnica contabile d’ufficio, rigettò la domanda, con sentenza n. 14924 del 9/07/2014, affermando essersi formato giudicato implicito sulla base della sentenza del Tribunale di Milano;
l a Corte d’appello di Roma, adìta da NOMENOME NOME NOME COGNOME COGNOMEche successivamente rinunciavano agli atti del giudizio -nel ricostituito contraddittorio con NOME COGNOME, con la sentenza n. 1542 del 27/02/2020, ha rigettato l’impugnazione , gravando tutti gli appellanti delle spese;
avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre per cassazione, con due motivi, NOME COGNOME;
risponde con controricorso NOME COGNOME;
entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza del 18/12/2023 alla quale il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Considerato che
il primo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 354 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la Corte d’appello disposto l’integrazione del contradditorio , con conseguente rimessione al primo giudice, nei confronti della signora NOME COGNOME, coniuge di NOME COGNOME e pure ella firmataria, e quindi parte dell’accordo sottoscritto in data 4/10/1996 ;
il motivo, e comunque la censura che esso contiene, non risulta proposto dinanzi al giudice di appello, con conseguente formazione di giudicato sul punto (Cass. n. 3503 del 04/08/1977 Rv. 387083 01);
il motivo è infondato in quanto nella specie non viene in considerazione una situazione di litisconsorzio sostanziale o processuale, non essendo la COGNOME comproprietaria dell’immobile di cui veniva concessa l’utilizzazione e non avendo ella, nella detta scrittura sottoscritta il 4/10/1996, assunto alcuna obbligazione nei confronti di NOME COGNOME, ossia dell’altra parte stipulante ovvero nei confronti del marito e dei figli comuni, NOME e NOME, che assumevano la veste di garanti;
il ricorrente è, altresì, carente d’interesse alla proposizione del motivo, in quanto egli stesso, ovvero i figli suddetti, che pure erano parti in giudizio, quantomeno fino alla rinuncia agli atti, intervenuta soltanto in fase d’appello e in sede di precisazione delle conclusioni o nell’imminenza della relativa udienza , avrebbero potuto autonomamente chiamare in causa la propria moglie e madre, ove avessero ritenuta necessaria la sua partecipazione al giudizio ovvero metterla a conoscenza della pendenza di lite che, verosimilmente, doveva già essere ben nota alla COGNOME, atteso che ella risulta essere convivente con il coniuge in costanza del presente contenzioso, peraltro risalente nel tempo, in quanto il ricorso per decreto ingiuntivo venne proposto da NOME COGNOME nell’anno 2005 ;
nella prospettazione del motivo, peraltro, non è in alcun modo esplicitato quale possa essere l’interess e alla partecipazione in giudizio di NOME COGNOME, atteso che ella non aveva assunto alcuna specifica obbligazione nella scrittura privata del 4/10/1996 che aveva quali parti transigenti il di lei coniuge, NOME COGNOME, garantito dall’obbligazione dei figli NOME e NOME, e la cognata NOME COGNOME, né è dedotto che ella possa avere avuto ripercussioni economiche sfavorevoli, in ragione del regime patrimoniale della famiglia, posto che non è neppure indicato quale esso sia;
la deduz ione relativa all’essere stata NOME COGNOME socia al trenta per cento della RAGIONE_SOCIALE non risulta essere stata prospettata in precedenza, o quantomeno la prospettazione non è adeguatamente specifica, non risultando dove e quando la questione sia stata posta, e, in ogni caso, non si tratta di circostanza ancora rilevante, in quanto in causa non è stato in alcun modo indicato, nelle fasi di merito, quale fosse stata la sorte di detta partecipazione alla compagine societaria (peraltro relativa a una società semplice) e in qual modo essa incidesse sulla costituzione del vitalizio;
il primo motivo è, pertanto, rigettato;
il secondo motivo di ricorso propone censura di violazione o falsa applicazione degli artt. 324 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente applicato il giudicato esterno di cui alla sentenza n. 1566 del 2009 del Tribunale di Milano, violando il principio della cd. ragione più liquida;
il secondo motivo verte sull ‘ avvenuta formazione e rilievo del giudicato esterno, costituito da sentenza di altro giudice;
il giudicato, si apprende dalla sentenza impugnata, era stato dedotto da NOME COGNOME, allorché ella si costituì in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma;
è incontroverso che la sentenza del Tribunale di Milano n. 1566 del 2009 non sia stata impugnata e, inoltre, non risulta che siano state mosse obiezioni alla sua produzione nelle fasi di merito o in ordine all’avvenuta certificazione del suo passaggio in giudicato;
la Corte d’appello di Roma ha, quindi, coerentemente, condiviso la decisione di primo grado spiegando per quali ragioni doveva ritenersi formato il giudicato sulla qualificazione giuridica quale vitalizio e non qual e donazione dell’accordo transattivo del 4/10/1996 precisando che anche l’azione di nullità, quale quella
proposta dinanzi al Tribunale di Roma, trova limite nella formazione del giudicato derivante dalla mancata impugnazione della sentenza del Tribunale di Milano;
il giudicato, secondo la giurisprudenza di questa Corte, attuale, risalente e, quindi, oramai, stabile (di recente si veda Cass. n. 1259 del 11/01/2024 Rv. 669742 -01 e in precedenza Cass. n. 11493 del 21/06/2004 Rv. 573778 – 1) «a norma dell’art. 2909 cod. civ., fa stato tra le parti, i loro eredi ed aventi causa, nei limiti oggettivi costituiti dai suoi elementi costitutivi, ovvero il titolo della stessa azione, e il bene della vita che ne forma oggetto, a prescindere dal tipo di sentenza adottato e entro tali limiti, il giudicato copre il dedotto e il deducibile, ossia non soltanto le questioni di fatto e di diritto fatte valere in via di azione o di eccezione e, comunque, esplicitamente investite dalla decisione, ma anche le questioni che, non dedotte in giudizio, tuttavia, costituiscano presupposto logico e indefettibile della decisione stessa, restando salva ed impregiudicata soltanto l’eventuale sopravvenienza di fatti e situazioni nuove»;
questa Corte ha, altresì, affermato, con specifico riferimento al procedimento monitorio (Cass. n. 19113 del 18/07/2018 Rv. 650241 – 01) che «il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l’esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito e il rapporto stessi si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l’opposizione», cosicché, nella specie, a seguito della mancata impugnazione della sentenza del Tribunale di Milano di rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo in favore di NOME COGNOME, deve ritenersi indiscutibile la validità, con conseguente vincolatività, dell’accordo transattivo costitutivo del vitalizio in
favore di NOME COGNOME, intervenuto tra la stessa e il fratello NOME e di cui alla scrittura privata del 4/10/1996;
la prospettazione di parte ricorrente, dell’avere la Corte territoriale deciso la controversia secondo il criterio della ragione più liquida, non coglie nel segno, in quanto la Corte, come già il Tribunale, ha dovuto prioritariamente esaminare la questione del giudicato, che aveva formato oggetto di specifica allegazione difensiva da parte della COGNOME, e soltanto all’esito dell’eventuale decisione di insussistenza di una preclusione di giudicato avrebbero potuto passare all’esame della dedotta nullità della scrittura privata del 4/10/1996, in quanto costituente una donazione priva di forma pubblica;
giova, peraltro, ribadire (Cass. n. 17909 del 06/07/2018 Rv. 649260 -01; Cass. n. 1179 del 30/05/1967 Rv. 327630 – 01) che il giudice, nell’esaminare le varie questioni prospettategli, è tenuto a dare priorità a quelle che per loro natura e contenuto meritano logicamente e giuridicamente precedenza di trattazione, sicché egli e vincolato all’ordine seguito dalle parti soltanto se esso risponda ad un’imprescindibile esigenza di carattere logico giuridico;
la Corte d’appello, affermando la formazione di giudicato esterno, non è incorsa «nella violazione della regola che impone l’ordine di esame delle questioni (art. 276, comma 2, cod. proc. civ.) posto che tale regola mentre non prevede alcun ordine di trattazione per le varie questioni di merito (sicché il giudice resta libero di esaminare per prima quella che ritiene, come è d’uso dire, “più liquida”), stabilisce una gerarchia rigorosa tra l’esame delle questioni di rito e l’esame di quelle di merito, stabilendo che non possa mai a tanto consegue l’infondatezza, nel merito, dell e prospettazioni del ricorrente esaminarsi il merito d’una domanda, se prima non vengano affrontate e risolte «le questioni pregiudiziali
proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio» (così, in motivazione Cass. n. 30745 del 26/11/2019 Rv. 656177 – 02);
il ricorso è, conclusivamente, rigettato;
le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e, tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo;
la decisione di rigetto dell’impugnazione comporta che deve attest arsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di