Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2609 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 2609 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 14837/2018 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Milano, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore speciale AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO COGNOME, con cui elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE, al INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO .
-ricorrente –
contro
COGNOME VIGORITA VINCENZO.
-intimato –
avverso la sentenza, n. cron. 4208/2017, della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI pubblicata il giorno 18/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 08/01/2024 dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del primo motivo di ricorso con assorbimento degli altri; . COGNOME, che sentita, per la ricorrente , l’AVV_NOTAIO, per delega dell’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO ha chiesto accogliersi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con atto notificato l’8 ottobre 2003 (introduttiv o del giudizio n.r.g. 27617/2003), NOME COGNOME NOME citò RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Napoli chiedendo: i ) accertarsi e dichiararsi la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale di tale istituto di credito per l’illegittima levata e pubblicazione del protesto di cinque assegni sul conto corrente n. 659230/50 e, conseguentemente, condannarlo al risarcimento dei danni; ii ) accertarsi l’illegittimità dell’avvenuta iscrizione del suo nominativo nell’archivio di cui all’art. 10bis della legge n. 386/90 e della relativa mancata cancellazione, conseguentemente condannandosi la convenuta, ex art. 2043 cod. civ., al risarcimento dei danni; iii ) condannarsi la banca stessa al risarcimento dei danni per l’illegittimo comportamento tenuto nel procedimento cautelare celebrato innanzi al medesimo tribunale.
1.1. Lo COGNOME, peraltro, con precedente citazione notificata il 15 marzo 2003 (introduttiva del giudizio n.r.g. 498/2003), aveva già convenuto l’istituto di credito suddetto innanzi al tribunale partenopeo al fine di sentirne accertare e dichiarare la illegittimità del recesso ad nutum dall’apertura di credito per € 250.000,00 , in precedenza concessagli, per effetto del quale erano stati protestati gli assegni de quibus nonostante la residua disponibilità esistente rispetto al finanziamento prima della comunicazione del recesso. La vicenda lo aveva costretto a far fronte al pagamento degli assegni protestati. Aveva chiesto, pertanto, la condanna della banca al risarcimento dei danni subiti. Nonostante specifica diffida ed
istanza cautelare ex art. 700 cod. proc. civ., infine, non era riuscito ad ottenere la cancellazione del suo nominativo dall’elenco protesti.
1.2. Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 12815/2009 pronunciata nel contraddittorio con la banca suddetta, decidendo sul giudizio da ultimo descritto (n. 498/2003), accertò la legittimità del recesso ad nutum dall’apertura di credito per la sussistenza di ” un saldo debitorio a carico del correntista ” e che il protesto degli assegni avvenuto ” antecedentemente alla comunicazione del recesso ” era stato effettuato ” per sforamento del limite di utilizzo dell’affidamento “. Rigettò, dunque, la domanda risarcit oria dell’attore e tale statuizione non fu appellata.
1.3. Con sentenza n. 7537/2012, resa, invece, nel giudizio n. 27617/2003, lo stesso tribunale dichiarò inammissibile la domanda di risarcimento danni per l’asserito illegittimo protesto degli assegni bancari ” per sopravvenuto giudicato ” discendente dalla sentenza n. 12815/09 sopra indicata e rigettò le altre domande risarcitorie proposte dallo COGNOME.
Quest’ultimo propose gravame avverso la predetta decisione n. 7537/2012 e l’adita Corte di appello di Napoli lo accolse con sentenza del 18 ottobre 2017, n. 4208, pronunciata nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE, incorporante per fusione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Per quanto qui di interesse, ed in estrema sintesi, quella corte: i ) negò l’efficacia di giudicato esterno della menzionata sentenza n. 12815/09 del Tribunale di Napoli; ii ) accolse l’impugnazione dello COGNOME NOME, ritenendo illegittime la levata e pubblicazione dei protesti degli assegni, sussistendone la provvista, e, conseguentemente, la iscrizione del suo nominativo nell’archivio C.A.I. e, successivamente, la mancata cancellazione d i quest’ultima ; iii ) condannò l’appellata al pagamento , in favore dell’appellante , di € 24.480,00, a titolo di danno non patrimoniale, con gli interessi legali dall’8 ottobre 2003 al 21 settembre 2017 sulla somma di € 20.000,00, annualmente rivalutata secondo gli indici ISTAT sull’aumento del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati, e sull’importo di € 24.480,00 dal 21 settembre 2017; iv ) respinse la doglianza dello COGNOME
NOME relativa al risarcimento di ulteriori danni derivatigli dal comportamento processuale asseritamente scorretto tenuto dalla banca nel procedimento cautelare ex art. 700 cod. proc. civ..
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a quattro motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Non ha svolto difese in questa sede lo COGNOME.
3.1. La Prima Sezione civile di questa Corte, originariamente investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 20 dicembre 2022/2 gennaio 2023, n. 23, ritenutane la opportunità, ha rinviato la causa a nuovo ruolo disponendone la trattazione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Violazione e falsa applicazione dell’art. 163, nn. 3 e 4, c.p.c., dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c. (art. 360, comma 1, n n. 3 e 4, c.p.c.) », per avere la corte territoriale negato l’efficacia di giudicato discendente dalla sentenza n. 12815/09 del Tribunale di Napoli, precedentemente intervenuta tra le spesse parti, sulla domanda risarcitoria proposta dallo COGNOME per l’asserita illegittima levata e pubblicazione dei protesti degli assegni. Si assume che quest’ultima domanda era stata già contenuta e proposta in quella formulata per accertare l’illegittimità del recesso ad nutum della banca dall’apertura di credito. Essa, pertanto , era coperta da giudicato, poiché il petitum doveva essere individuato attraverso l’esame complessivo dell’atto introduttivo e non delle sole conclusioni. In ogni caso, la menzionata sentenza n. 12815/2009 di detto tribunale aveva accertato che il protesto degli assegni era avvenuto poiché era stato superato il limite di utilizzo dell’affidamento e tale statuizione aveva efficacia di giudicato. La corte territoriale, dunque, aveva illegittimamente operato l’accertamento sulla sussistenza, o non, della provvista al momento del protesto degli assegni poiché, su tale fatto, già esisteva il giudicato;
II) « Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. e dell’art. 111 della Costituzione (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.) »,
emergente dal testo della sentenza, per avere la corte distrettuale omesso la motivazione con riferimento al criterio seguito per la determinazione del ‘ saldo utile ‘ ai fini della sussistenza della provvista per i pagamenti degli assegni ovvero per essere la motivazione in sé illogica e/o perplessa;
III) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 1842 c.c., in correlazione all’art. 116, comma 1, c.p.c. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c). Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. e dell’art. 111 della Costituzione (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.) », emergente dal testo della sentenza, per avere la corte d’appello ritenuto provata, da parte dello COGNOME, la sussistenza della provvista al momento del protesto per il pagamento degli assegni bancari de quibus richiamando la c.t.u. espletata, ovvero per avere la corte omesso la motivazione con riferimento agli altri atti e/o documenti -diversi dalla c.t.u. -dai quali emergeva l’accertamento della suddetta provvista;
IV) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2059, 1218, 1226, 2056 e 2967 c.c., in correlazione agli artt. 115, comma 1, e 116, comma 1, c.p.c. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c) », per avere la corte cittadina ritenuto sussistente un danno non patrimoniale, in capo allo COGNOME, per l’illegittima levata e pubblicazione dei protesti e l’inserimento illegittimo nell’archivio informatico CAI, poi quantificato e liquidato n ella misura di € 20.000,00, pur in difetto di ogni prova sulla s ussistenza di detto danno.
Il primo di tali motivi si rivela fondato, con conseguente assorbimento di tutti gli altri.
2.1. Invero, giova preliminarmente distinguere il divieto di riproporre la stessa domanda già definita con pronuncia passata in giudicato, al quale si riferisce la regola secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, dal principio secondo cui l’assetto del rapporto giuridico fissato dal giudicato ha efficacia oggettiva anche rispetto a domande nuove, nascenti dal medesimo rapporto.
2.1.1. Circa il primo di tali aspetti, Cass. n. 33021 del 2022, ha evidenziato, affatto condivisibilmente, che « Il principio, costantemente
ribadito da questa Corte, secondo cui il giudicato copre il ‘dedotto ed il deducibile’ sta a significare che il vincolo del giudicato esclude che, successivamente al suo formarsi, possano esser fatte valere ragioni in fatto o in diritto che potrebbero rimettere in discussione la statuizione contenuta nella sentenza, quantunque non fatte valere ed esaminate in precedenza nel processo. In virtù del principio, l’efficacia del giudicato si estende non solo a quanto dedotto dalle parti (cd. giudicato esplicito) ma anche a quanto da esse non dedotto (cd. giudicato implicito), qualora le ragioni non dedotte siano logicamente implicate dalla pronuncia: perciò è precluso alle parti la proposizione, in un successivo giudizio, di qualsivoglia domanda o eccezione avente ad oggetto situazioni soggettive incompatibili con il diritto accertato (tra le tante a mero titolo di esempio Cass. 14 novembre 2000, n. 14747; Cass. 9 gennaio 2004, n. 112; Cass. 28 ottobre 2011, n. 22520; Cass. 4 marzo 2020, n. 6091). Il giudicato si misura, cioè, in relazione al diritto accertato; l’ambito di operatività del giudicato è, in altri termini, correlato all’oggetto del processo, nel senso che tutto ciò che rientra nel perimetro di questo è da essa colpito: in tal senso viene ripetuto che il giudicato sostanziale copre non soltanto l’esistenza del diritto azionato, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, sebbene non dedotti, mentre non si estende, oltre che ai fatti successivi al giudicato, a quelli che comportino un mutamento del petitum ovvero della causa petendi (Cass. 24 novembre 2000, n. 15178; Cass. 13 febbraio 2002, n. 2083; Cass. 24 marzo 2006, n. 6628; Cass. 19 luglio 2006, n. 16540; Cass. 11 maggio 2010, n. 11360), fermo ovviamente il requisito dell’identità delle personae. Insomma, il giudicato si forma soltanto su ciò che ha costituito oggetto della decisione, ricomprendendosi in esso anche gli accertamenti di fatto che abbiano rappresentato le premesse necessarie e il fondamento logico-giuridico, oltre che funzionale, per l’emanazione della pronuncia, con effetto preclusivo dell’esame degli stessi elementi in un successivo giudizio, sempre che l’azione in esso dispiegata abbia identici elementi costitutivi (Cass. 20 aprile 2007, n. 9486). Val quanto dire che, almeno tendenzialmente, il giudicato dispiega il suo effetto in un successivo giudizio contraddistinto dai medesimi elementi
identificativi, personae, causa petendi e petitum, sia pure avendo riguardo non al dato della mera coincidenza esteriore di tali elementi, bensì al criterio del cd . petitum sostanziale (v. sul tema Cass., Sez. Un., 23 marzo 2019, n. 11161) ».
2.1.2. In relazione, invece, al detto rilievo oggettivo del giudicato, Cass. n. 41895 del 2021 ha chiarito che « non vi è questione di identità, o meno, tra la domanda in decisione e quella definita dal giudicato ma, piuttosto, di identità del rapporto sostanziale cui le due domande, tra loro diverse, si riferiscono ».
2.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto nel giudicato in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo del giudicato, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 41895 del 2021; Cass. n. 11754 del 2018 e le pronunce ivi citate; Cass. n. 28415 del 2017; Cass. n. 25269 del 2016; Cass. n. 25304 del 2015; Cass. n. 23723 del 2013; Cass. n. 24434 del 2009; Cass. n. 26297 del 2008; Cass., SU, n. 26482 del 2007).
2.2.1. La formazione di tale giudicato esterno sul « punto fondamentale comune ad entrambe le cause » prescinde dalla proposizione di una specifica domanda di parte.
2.2.2. Alla base della giurisprudenza richiamata vi è la distinzione tra: i ) pregiudizialità tecnica (o tecnico-giuridica o pregiudizialità in senso stretto), che si verifica qualora vengano in considerazione due o più rapporti giuridici, uno dei quali (quello pregiudiziale) appartiene alla fattispecie dell’altro, che dipende da esso (quello pregiudicato); ii ) pregiudizialità logica, che si verifica, invece, quando, nell’ambito di un unico rapporto giuridico, l’accertamento di
un diritto richiede il previo accertamento di una situazione giuridica che è comune ad altri diritti nascenti dal medesimo rapporto.
2.2.3. Nel primo caso, l’accertamento di un diritto presuppone l’accertamento di un altro ‘ diritto ‘; ad esso si riferisce l’articolo 34 cod. proc. civ., secondo cui l’accertamento di una questione pregiudiziale non è idoneo a passare in giudicato, salvi i casi in cui una decisione con efficacia di giudicato sia richiesta per legge o per apposita domanda di una delle parti.
2.2.4. Nel secondo, invece, vi è un « punto pregiudiziale » – ovvero un antecedente logico necessario – comune a due diverse domande relative ad uno stesso rapporto giuridico; la pronuncia resa al riguardo acquista l’efficacia del giudicato, indipendentemente da una domanda di parte. Si è detto, in proposito, che il giudicato copre le questioni che rientrano nel fatto costitutivo del diritto dedotto in causa, alle quali si riferisce la locuzione « pregiudiziale in senso logico ».
2.3. Nella odierna fattispecie ricorre, evidentemente, questa seconda eventualità, lamentando la banca ricorrente la violazione del giudicato esterno di cui alla sentenza del Tribunale di Napoli n. 12815/2009, resa inter partes e pacificamente mai impugnata, sulla domanda dello COGNOME di risarcimento del danno per illegittimo recesso della banca stessa dall’apertura di credito che assisteva il conto corrente su cui erano stati tratti gli assegni in relazione al cui asserito illegittimo protesto sono stati lamentati i danni nel giudizio sfociato, poi, nella sentenza della Corte di appello di Napoli n. 4208/2017 oggi impugnata.
2.3.1. Invero, come si legge in quest’ultima decisione ( cfr . pag. 10), l’odierno intimato aveva contestato la statuizione a lui sfavorevole del giudice di primo grado assumendo che « la convenzione assegni ed il contratto di apertura di credito, benché potenzialmente collegati, sono completamente autonomi e distinti l’uno dall’altro e che la questione circa la illegittima levata e pubblicazione del protesto (oggetto del giudizio n. 27617/03 R.G., definito con la sentenza qui appellata) è completamente autonoma e distinta rispetto all’altra questione relativa alla illegittimità del recesso operato dalla banca dal contratto di apertura di credito (oggetto del giudizio n. 498/03 R.G., definito
con sentenza n. 12815/2009, passata in giudicato). E difatti, per accertare se un protesto è stato legittimamente elevato, occorre necessariamente verificare (come nel caso di specie) se al momento della presentazione dell’assegno vi erano fondi disponibil i sul conto corrente del traente; viceversa, per valutare la legittimità del recesso ad nutum dal contratto di apertura di credito operato dalla banca occorre verificare se sussista o meno il ‘patto contrario’ ovvero la cd. ‘giusta causa’ di recesso di cui all’art. 1845 c.c. ».
2.3.2. La corte partenopea, accogliendo tale doglianza, rilevò, in proposito ( cfr . pag. 12 della sentenza qui impugnata) che, « nel giudizio n. 498/03 R.G. (definito con sentenza n. 12815/09, passata in giudicato), l’odierno appellante ha chiesto di accertare e dichiarare l’illegittimità del recesso dal contratto di apertura di credito, comunicato dalla banca il 12 novembre 2002, n onché di accertare l’esatto saldo finale dei conti correnti di corrispondenza intrattenuti con la medesima banca, mentre, invece, nel processo rubricato al n. 27617/03 R.G. (definito con sentenza n. 7537/12 oggetto del presente giudizio di appello), ha chiesto (a) di accertare e dichiarare la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE, sia sotto il profilo dell’illecito contrattuale che sotto il profilo dell’illecito extracontrattuale, per la illegittima elevazione e pubblicazione di protesti, a partire dal 25 ottobre 2002 (e, quindi, in epoca antecedente l’illegittimo recesso dall’apertura di credito), e (b) di condannare la banca al risarcimento dei danni patiti e patendi. Per cui effettivamente, come rilevato dalla difesa della parte appellante, si tratta di azioni autonome e distinte che si basano su petita e causae petendi differenti: domanda risarcitoria per illegittimo ed ingiustificato recesso dal contratto di apertura di credito, avvenuto con lettera del 12.11.2002, in un caso; domanda risarcitoria per illegittima ed ingiustificata elevazione e pubblicazione di protesti, avvenuta circa un mese prima (ottobre 2002), nell’altro caso. Peraltro, dalla lettura della sentenza n. 12815/09 e del relativo atto introduttivo può rilevarsi che nessuna domanda risarcitoria per l’illegittima levata e pubblicazione dei protesti è stata formulata nel giudizio n. 498/03 R.G. e nessuna delle parti in lite ha mai chiesto l’accertamento,
con efficacia di giudicato, della legittimità, o meno, dei protesti degli assegni bancari. Né tanto meno il tribunale ha accertato, neppure incidenter tantum , che i protesti per cui è causa siano stati legittimamente elevati e pubblicati ». Richiamò, inoltre, i principi di Cass. n. 7402 del 1995 e precisò che « in ogni caso, non c’è alcun rapporto di dipendenza tra il recesso effettuato dalla banca ed i protesti elevati dalla stessa per sforamento del limite di utilizzo dell’affidamento e, comunque, su quest’ultima circostanza non c’è stato alcun accertamento e nessuna efficacia di giudicato. Appare dunque evidente che non vi è ‘duplicazione’ tra i due giudizi sopra individuati e che , sotto questo profilo, la sentenza di primo grado deve essere riformata risultando ammissibile la domanda proposta nel presente processo che deve quindi essere esaminata nel merito ».
2.3.3. È opportuno rimarcare, poi, che, nel giudizio n.r.g. 498/2003, definito con la già menzionata sentenza n. 12815/2009, divenuta cosa giudicata, lo COGNOME -come agevolmente emerge dal contenuto della medesima sentenza oggi integralmente riprodotto da RAGIONE_SOCIALE nella doglianza in esame -aveva dedotto che, ‘ con lettera del 12.11.2002, la banca, del tutto ingiustificatamente, gli aveva comunicato di aver inviato per il protesto n. 4 assegni tratti dell’attore per complessivi euro 24.252,46 e gli revocava l’affidamento del credito concesso indicato in euro 100.000,00 per scoperto di conto corrente e in euro 400.000,00 per anticipo su fatture, invitandolo a versare nel termine di gio rni 15… ‘. Egli, dunque, aveva introdotto comunque, sebbene a diversi fini, il presupposto di fatto dell’illegittimità del protesto: illegittimità che venne smentita dal giudice che accertò che, ‘ dalla produzione della convenuta, si ricava che, in data immediatamente antecedente alla comunicazione del recesso, venivano protestati n. 4 assegni emessi dall’attore e in data successiva venivano protestati altri due assegni, per sforamento del limite di utilizzo dell’affidamento ‘. È innegabile, allora, che la domanda risarcitoria proposta nel giudizio definito con la predetta sentenza passata in giudicato traeva, anch’essa, fondamento dall’asserita sussistenza di fondi disponibili derivanti dalla concessione di apertura di credito, in conseguenza del quale il recesso
ad nutum operato dalla banca ed il mancato pagamento degli assegni prima ancora della comunicazione del recesso, dovevano ritenersi illegittimi.
2.4. Tanto premesso, la violazione del giudicato di cui oggi si duole RAGIONE_SOCIALE sussiste perché la richiamata sentenza del Tribunale di Napoli n. 12815/2009 effettivamente aveva accertato che il recesso dall’apertura di credito era legittimo, in quanto giustificato dall’esposizione debitoria dello COGNOME, con il conseguente protesto degli assegni de quibus per superamento del limite del fido concesso. Tale accertamento, quindi, rientrando nella ratio decidendi della sentenza in questione, costituiva giudicato vincolante anche per l’avvenire tra le parti ( cfr ., per tutte, Cass., SU, n. 13916/2006), sicché la corte partenopea non avrebbe potuto verificare nuovamente -come invece ha fatto -il superamento di detto limite nell’emissione degli assegni poi protestati, oggetto di causa, e, dunque, la legittimità, o non, del protesto, già accertata in base alla precedente sentenza, passata in giudicato.
2.4.1. In altri termini, come affatto condivisibilmente osservato dal sostituto procuratore generale nella sua requisitoria scritta ( cfr . pag. 4-5), « avendo il Tribunale di Napoli, con la sentenza trascritta nel ricorso, statuito che i protesti degli assegni, antecedentemente alla comunicazione del recesso, erano avvenuti ‘per sforamento del limite di utilizzo dell’affidamento’, era precluso l’esame di diritti e/o pretese che derivavano dal lo stesso fatto. L’intimato non poteva superare le preclusioni nelle quali era incorso nel suddetto giudizio (nel quale si era formato il giudicato) instaurando un nuovo giudizio per ottenere una sentenza confliggente con quella già emessa (e passata in giudicato). E ciò in quanto la sentenza del Tribunale di Napoli n. 12815/09, statuendo che i protesti dei detti assegni erano avvenuti antecedentemente alla comunicazione del recesso ‘per sforamento del limite di utilizzo dell’affidamento’, aveva accertato, con efficacia di giudicato, non solo la legittimità del recesso ad nutum operato dalla RAGIONE_SOCIALE, ma altresì l’insussistenza di fondi disponibili, prima della comunicazione del recesso, per il pagamento degli assegni de quibus. Accertamento che verrebbe travolto nel presente giudizio (in caso di
accoglimento della domanda), dato che esso ha per oggetto il risarcimento dei danni per asserita illegittima levata e pubblicazione dei protesti degli assegni bancari ».
2.4.2. In definitiva, lo ‘ sforamento del limite di utilizzo dell’affidamento ‘ con l’emissione degli assegni protestati costituiva il sostrato fattuale comune in entrambi i giudizi e, come tale, era suscettibile di accertamento una sola volta con effetto di giudicato. Pertanto, giusta l’indirizzo ermeneutico di legittimità già esposto nel precedente § 2.2. di questa motivazione, quell’accertamento, avvenuto con la citata sentenza n. 12815/2009 del tribunale partenopeo, resa tra le stesse parti oggi in causa e pacificamente divenuta definitiva, non poteva che precludere l’esame della domanda risarcitoria successivamente avanzata dallo COGNOME NOME per la pretesa illegittima levata e pubblicazione dei protesti degli assegni bancari prima della comunicazione del recesso per asserita sussistenza d i ‘ fondi disponibili ‘ derivante dall’apertura di credito, posto che tale fatto era stato già dedotto, nel giudizio n.r.g. 498/03, a sostegno della domanda di risarcimento danni ivi proposta dallo stesso odierno intimato, poi definito, appunto, dalla sentenza suddetta.
2.4.3. Trattandosi di un punto pregiudiziale comune ad entrambe le cause, allora, erroneamente la corte distrettuale ha ritenuto che esso non fosse coperto dal giudicato, sicché la sentenza impugnata deve essere cassata.
2.5. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., dichiarandosi inammissibile la domanda di risarcimento danni per l’asserito illegittimo protesto degli assegni bancari ‘ per sopravvenuto giudicato ‘ discendente dalla sentenza n. 12815/09 sopra indicata e, conseguentemente, rigettandosi le altre domande risarcitorie proposte dallo COGNOME (tutte logicamente presupponenti l’accoglimento della prima) .
Le spese processuali di entrambi i gradi di merito (distinguendosi, esclusivamente per quelle di primo grado, tra diritti ed onorari secondo la disciplina delle tariffe professionali, che tale ripartizione prevedeva,
applicabile ratione temporis alla sentenza del 25 giugno 2012, n. 7537 -cfr . Cass., SU, n. 17405 del 2012; Cass. n. 13628 del 2015 -ed avendo i nuovi parametri individuati, sulla base della normativa primaria , dal d.m. 20 luglio 2012, n. 140, soppresso la differenza tra onorari e diritt i, nell’ambito di un intervento normativo volto alla semplificazione delle regole relative alla liquidazione dei compensi forensi) e del l’odierno giudizio di cassazione restano regolate dal principio di definitiva soccombenza e liquidate come in dispositivo. A carico dell’odierno intimato restano pure le spese della c.t.u. come liquidate in primo grado.
3. Il tenore della presenta decisione, che è di cassazione con definizione del merito e non di rigetto o inammissibilità o improponibilità, esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per cui si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione .
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE, dichiarandone assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la domanda di NOME COGNOME NOME di risarcimento danni per l’asserito illegittimo protesto degli assegni bancari ‘ per sopravvenuto giudicato ‘ discendente dalla sentenza n. 12815/09 del Tribunale di Napoli, altresì rigettando le altre domande risarcitorie proposte dall’originario attore.
Condanna lo COGNOME NOME alla refusione delle spese di entrambi i gradi di merito e di questo giudizio di legittimità in favore della odierna ricorrente, liquidate: i ) per il primo grado, in € 2.300,00 per diritti ed € 3.500,00 per onorari, oltre alle spese forfettarie nella misura del 12,5%, agli esborsi liquidati in € 250,00 ed agli accessori di legge; ii ) per il grado di appello, in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 300,00 ed agli accessori di legge; iii ) per
questo giudizio di legittimità, in € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge.
Pone a carico del medesimo odierno intimato le spese della c.t.u. come liquidate in primo grado.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della Prima sezione civile