Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8573 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8573 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3455-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N.3455/2019
COGNOME
Rep.
Ud.14/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 107/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 16/07/2018 R.G.N. 56/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
INPS impugna sulla base di un unico motivo la sentenza n. 107/2018 della Corte d’appello di Perugia che ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva accolto l’opposizione ad avviso di addebito di COGNOME NOME in relazione a contributi pretesi per la gestione commercianti per il periodo 10/2005 -12/2005.
Resiste COGNOME NOME con controricorso, illustrato da memoria, eccependo in primis l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 14 febbraio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
INPS censura la sentenza per ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.’, dolendosi che la Corte abbia ritenuto che non potesse avere forza di giudicato esterno la sentenza n. 206/2015 pronunciata tra le stesse parti dalla Corte territoriale, avente la ‘medesima causa petendi (cioè l’obbligo
di iscrizione … alla gestione commercianti) ma diverso petitum , riguardando rate di contributi diverse, pur afferenti il medesimo anno solare (2005)’.
Il ricorso è inammissibile.
L’Istituto afferma essere circostanza pacifica che la sentenza costituente giudicato esterno ‘si riferisce ai contributi relativi all’anno 2005’ e che il presente giudizio ha ad oggetto i contributi per lo stesso anno ‘limitatamente ai mesi 10 -12/2005’ (pa g. 7 del ricorso). Ribadisce, poi, a pag. 11 che ‘l’accertamento dei due presupposti di fatto …contenuto nella sentenza richiamata … quale giudicato esterno (…), poiché è espressamente riferito all’anno 2005 e non semplicemente ad un periodo contributivo ( identificato all’interno del medesimo anno da una o più rate) che si colloca all’interno dello stesso, è evidente che deve estendere i propri effetti a tutte le obbligazioni contributive maturate in quale medesimo anno solare. Difatti costituisce la qualificazione giuridica di due presupposti in relazione ad uno specifico arco temporale (l’anno 2005) in cui sono sorte più obbligazioni contributive’.
L’INPS, in definitiva, sostiene che nel precedente divenuto definitivo era stata affermata la ricorrenza dei due presupposti necessari per l’iscrizione alla gestione commercianti (ossia la qualificazione commerciale dell’impresa e la partecipazione del socio al lavoro aziendale con abitualità e prevalenza) con riferimento all’intero 2005, di tal chè, ‘essendo stato accertato con effetto di giudicato che detti requisiti sussistono per l’anno 2005, detto accertamento deve estendersi anche alle altre obbligazi oni contributive sorte nel medesimo anno’ (o, in altri termini, che ‘l’accertamento in relazione all’anno solare (che è antecedente comune a tutte le obbligazioni sorte in quell’anno)
della sussistenza dei detti presupposti si estende inevitabilmente a tutte le obbligazioni sorte nel corso dello stesso’).
Dalla sentenza oggi impugnata, però, non si ricava che il precedente si fosse pronunciato sull’intero 2005, poiché la Corte territoriale, diversamente, afferma che il procedimento concluso con sentenza definitiva ‘aveva ad oggetto un avviso di accertamento diverso per periodo di imposta e per entità della stessa, rispetto a quello oggetto della presente controversia’ e riferisce che nel proporre appello l’Istituto aveva fatto valere il giudicato esterno ‘che aveva ad oggetto lo stesso rapporto giuridico oggetto di contestazione, trattandosi di contribuzione afferente a diverse mensilità dello stesso anno di imposta (2005)’ (e non all’intero anno 2005).
Va, allora, richiamata la giurisprudenza di questa Corte che, da tempo, ha posto in evidenza il necessario coordinamento tra il principio secondo cui l’interpretazione del giudicato esterno può essere effettuata direttamente dalla Corte di Cassazione, con cognizione piena, e il principio della necessaria autosufficienza del ricorso, affermando, in particolare, che detta interpretazione può essere effettuata nei limiti in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, con la conseguenza che, qualora l’interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il relativo ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo, atteso che il solo dispositivo non può essere sufficiente alla comprensione del comando giudiziale (tra le tante, Cass. nr. 33891 del 2022, in motivazione con richiamo a Cass. nr. 5508 del 2018, Cass. nr. 995 del 2017 e altre). In questa prospettiva è stato precisato che i motivi di ricorso per cassazione fondati su un giudicato
esterno devono essere articolati con modalità conformi alle prescrizioni di cui all’art. 366, comma 1, nr. 6 cod.proc.civ. (cfr. Cass. nr. 21560 del 2011, Cass. nr. 10537 del 2010), sia sotto il profilo della necessità di riproduzione del testo integrale della sentenza passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa (cfr. Cass. nr. 2617 del 2015), sia sotto il profilo della specifica indicazione della sede in cui essa sarebbe rinvenibile ed esaminabile in questo giudizio di legittimità (vedi Cass. nr. 21560 del 2011 cit.).
Parte ricorrente non si è conformata a tali indicazioni, mancando la trascrizione, nel ricorso per cassazione, della sentenza richiamata nei «passaggi motivazionali» necessari per sostenere le censure (Cass. n. 16429/2023).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con condanna alle spese secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna INPS al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 1000,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 febbraio