Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26372 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26372 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/10/2024
INGIUNTIVO –
COMMISSIONI DI GESTIONE
DI FONDO INVESTIMENTO.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO – rel.
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
Ud. 19/09/2024 CC Cron.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 7340/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), con sede in Milano, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante e liquidatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia presso il loro studio in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Milano, alla INDIRIZZO, non in proprio ma quale gestore del RAGIONE_SOCIALE denominato ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , in persona del consigliere delegato e legale rappresentante pro tempore dottAVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla
INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (RAGIONE_SOCIALE.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 182/2023 della CORTE DI APPELLO DI MILANO, pubblicata il giorno 23/01/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 19/09/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, quale società di gestione del RAGIONE_SOCIALE denominato ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ (d’ora in avanti anche, breviter , RAGIONE_SOCIALE), propose opposizione al decreto ingiuntivo n. 11808/2018, con cui il Tribunale di Milano, richiestone da RAGIONE_SOCIALE (oggi: RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, per il prosieguo anche, più semplicemente, RAGIONE_SOCIALE), le aveva intimato il pagamento, in favore di quest’ultima, di € 774.976,87, oltre interessi e spese della procedura monitoria, a titolo di commissioni di gestione riguardanti il RAGIONE_SOCIALE predetto.
1.1. L’adito tribunale, con sentenza del 15 marzo 2021, n. 2212, accolse quell’opposizione, revocò il decreto suddetto e condannò l’opposta al pagamento delle spese processuali.
Il gravame promosso contro tale decisione da RAGIONE_SOCIALE fu respinto dall’adita Corte di appello di Milano con sentenza del 23 gennaio 2023, n. 182, pronunciata nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE nella indicata qualità.
2.1. Per quanto qui di residuo interesse, ed in estrema sintesi, quella corte: i ) rimarcò che, il 25 settembre 2015, le parti avevano concluso un ‘ Accordo Quadro di investimento ‘ che, tra l’altro, prevedeva: i-a ) il conferimento, da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, di un ramo di azienda ove fare confluire ‘ i rapporti contrattuali con gli investitori dei Fondi disciplinati dai regolamenti di gestione, dai contratti di sottoscrizione e dai rapporti di acquisto delle quote
dei fondi ‘, tra i quali il ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, un fondo immobiliare di investimento di tipo chiuso, riservato ad investitori qualificati. Successivamente, tale accordo era stato rivisto per l’emersione di importanti criticità relative ai Fondi, con rinvio della formalizzazione della cessione e con la riduzione del corrispettivo pattuito, in seguito, ulteriormente ridotto; ii ) riportò il contenuto dell’art. 7.2. di detto Accordo, relativo alle modalità ed ai tempi di pagamento delle commissioni in favore di RAGIONE_SOCIALE; iii ) osservò che, sotto il profilo letterale, detto articolo prevedeva che il pagamento dei crediti in favore di RAGIONE_SOCIALE: iiia ) era stato ‘ in ogni caso ‘ postergato a quello delle commissioni maturate da COGNOME e, ‘ successivamente a tale primo pagamento ‘, poteva essere effettuato solo a fronte dell a ‘ esistenza di disponibilità liquide in capo al RAGIONE_SOCIALE ‘ e della ‘ compatibilità dello stesso con le azioni e gli investimenti indicati nel business plan , allegato all’Accordo Quadro ‘; iii-b ) era stato ‘ espressamente subordinato al previo avveramento di – tutte – le condizioni anzidette ‘, in pendenza delle quali RAGIONE_SOCIALE aveva rinunciato ad agire nei confronti dei Fondi e/o di RAGIONE_SOCIALE per il pagamento dei crediti; iv ) ritenne che, dalla conclusione dell’Accordo Quadro, RAGIONE_SOCIALE aveva tratto ‘ due immediate utilità ‘, cioè l’immediato incasso del prezzo per la cessione del ramo d’azienda e lo sgravio dagli oneri di gestione, e che tali utilità consentivano di ritenere la clausola in esame (così come interpretata dal Tribunale) ‘ equilibrata e congrua se valutata in relazione ai contrapposti interessi delle parti ed alle obbligazioni rispettivamente assunte ‘; v ) condivise la decisione del primo Giudice rilevando che: v-a ) le condizioni di esigibilità dei crediti non si erano verificate stante la proroga del RAGIONE_SOCIALE; v-b ) non era stata fornita prova della realizzazione del programma economico dello stesso; v-c ) il riferimento ai business plan dei Fondi allegati all’Accordo Quadro avrebbe rilevato solo nell’ipotesi in cui fossero stati effettuati ‘ investimenti in immobilizzazioni non previsti ‘ in tali business plan ; v-d ) l’Accordo Quadro non aveva previsto termini intermedi per il pagamento dei crediti, sicché la postergazione non poteva che essere riferita alla scadenza del RAGIONE_SOCIALE.
Per la cassazione di questa sentenza ha promosso ricorso RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, affidandosi a tre motivi. Ha resistito, con controricorso,
RAGIONE_SOCIALE, quale società di gestione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denominato ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘.
3.1. È stata formulata, da parte del AVV_NOTAIO delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., dovendosi qui rimarcare che, in quella di RAGIONE_SOCIALE liquidazione, è stato rilevato che, successivamente alla notificazione a RAGIONE_SOCIALE del ricorso introduttivo di questo giudizio (intervenuta il 22 marzo 2023), « è passata in giudicato la sentenza n. 10432 del 13-16.12.2021 (doc. 21 fasc. legitt. RAGIONE_SOCIALE), resa dal Tribunale di Milano a definizione del giudizio r.g.n. 21591/2018, pendente tra le medesime parti dell’odierno procedimento (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), con la qu ale il Tribunale si è pronunciato in ordine alla interpretazione della medesima clausola contrattuale di cui si discute nella presente sede (i.e. l’art. 7.2 dell’Accordo Quadro) » e, « in accoglimento delle domande proposte dall’odierna ricorrente, il Tribunale adito ha fornito una lettura della predetta clausola antitetica e contraria rispetto a quella a cui è giunta la Sentenza gravata da RAGIONE_SOCIALE in questa sede, la quale, per contro, ha rigettato identiche domande sulla base dell’assunto (totalmente erroneo) che la postergazione sarebbe stata pattuita per tutta la durata dei Fondi ».
3.1.1. Contestualmente, la medesima ricorrente ha prodotto « la sentenza della Corte d’Appello di Milano depositata il 26.05.2023 , dunque successivamente alla notificazione a RAGIONE_SOCIALE del Ricorso -a sua volta munita di attestazione di definitività per mancata impugnazione -con la quale è stata dichiarata l’estinzione del giudizio di secondo grado avviato da RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia del Giudice di prime cure che aveva parzialmente accolto le domande di RAGIONE_SOCIALE », osservando pure che: i ) « Ai sensi dell’art. 338 c.p.c. e secondo la costante giurisprudenza , l’estinzione del giudizio d’appello comporta
il passaggio delle pronunce precedentemente emesse. A ciò va solo aggiunto che tale principio opera anche in caso di estinzione del giudizio d’appello a seguito di transazione, ove non risulti che le parti abbiano rinunciato all’efficacia di giudicato cons eguente alla dichiarazione di estinzione medesima »; ii ) « il giudicato esterno derivante dalla pronuncia appena trascritta comporta l’irretrattabilità della regula juris destinata a regolare i rapporti COGNOME–COGNOME in punto di esigibilità, anno per anno, successivamente al pagamento delle commissioni dovute a COGNOME per l’annualità di volta in volta presa in considerazione, e nei limiti in cui sussistano disponibilità liquide in capo ai Fondi (e dunque ai patrimoni separati della stessa RAGIONE_SOCIALE) che consentano a questi ultimi il rimborso in favore di RAGIONE_SOCIALE e che tale rimborso sia compatibile con le azioni e gli investimenti previsti nei business plan dei medesimi Fondi »; iii ) « Con la sentenza di cui RAGIONE_SOCIALE invoca il giudicato esterno, il Tribunale di Milano ha accertato che la clausola in parola non poteva essere interpretata nel senso che la postergazione di RAGIONE_SOCIALE fosse stata pattuita sino alla scadenza dei Fondi, statuendo, all’opposto, che l’esponente aveva diritto di vedersi corrispondere, nel rispetto dei limiti previsti dalla medesima clausola, di anno in anno e successivamente a RAGIONE_SOCIALE, le commissioni di gestione dovute dai Fondi. Appare evidente, quindi, come si sia di fronte a un ‘punto pregiudiziale comune ad entrambe le cause’ con la conseg uenza che esso risulta coperto da giudicato (Cass. 29.12.2021, n. 41895). Alla luce di quanto precede, l’Ecc.ma Corte dovrà disporre il rinvio alla Corte d’Appello affinché quest’ultima, in diversa composizione, pronunci nuova sentenza che tenga in considerazione ed applichi la regula juris derivante dal giudicato esterno formatosi tra le parti ».
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I formulati motivi sono così sintetizzati:
« Violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante consistente in motivazione apparente, apodittica e perplessa », per avere la corte d’appello,
nel capo ‘ I.C. ‘ della sentenza impugnata, espresso il proprio convincimento attraverso affermazioni inidonee a fare comprendere il ragionamento logicogiuridico seguito. Conseguente nullità della sentenza medesima;
II) « Violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante consistente in motivazione apparente ed apodittica », per avere la corte d’appello, nel capo ‘ I.D. ‘ della sentenza, aderito acriticamente e senza motivazione alla decisione di primo grado e per aver espresso il proprio convincimento attraverso una serie di affermazioni, contraddittorie ed apodittiche, inidonee a fare comprendere il ragionamento logico-giuridico seguito. Conseguente nullità della sentenza impugnata;
III) « Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », per avere la sentenza impugnata ritenuto, sulla base di una erronea interpretazione dell’art. 7.2 dell’Accordo quadro, che il pagamento delle commissioni in favore di valore sia postergato fino al termine finale di durata dei Fondi e che la postergazione fosse collegata alla effettiva conclusione dei business plan. Violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e conseguente illogicità della motivazione.
2. Va rilevato, innanzitutto, che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore: « Il ricorso è palesemente inammissibile. I primi due motivi denunciano assenza di motivazione in un caso con tutta evidenza non riconducibile alle quattro ipotesi considerate da Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053. Difatti la controversia verte sull’int erpretazione di una clausola contrattuale che la corte distrettuale, in conformità a quanto ritenuto dal primo giudice, ha sinteticamente scrutinato sia sul piano letterale, a pagina 12 della sentenza impugnata, sia sotto il profilo dell’intenzione dei contraenti, osservando al riguardo che l’odierna ricorrente ‘ha tratto due immediate utilità dalla conclusione di detto Accordo Quadro: il pagamen to del corrispettivo per l’acquisto del ramo di azienda, da parte di RAGIONE_SOCIALE e la sua liberazione dagli oneri di gestione dei
Fondi i quali, per quanto prospettato in atti, versavano in una condizione di profonda criticità (a prescindere, in questa sede, dalle responsabilità e dalle cause che le hanno originate, poiché non oggetto dell’accertamento richiesto alla Corte)’. Dunque la motivazione c’è, ed eccede la soglia del minimo costituzionale. Quanto al terzo mezzo, occorre ricordare che il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass. 26 maggio 2016, n. 10891; Cass. 14 luglio 2016, n. 14355). In particolare, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato (Cass. 15 novembre 2013, n. 25728). D’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 2 maggio 2006, n. 10131; Cass. 25 ottobre 2006, n. 22899; Cass. 16 febbraio 2007, n. 3644; Cass. 20 novembre 2009, n. 24539; Cass. 25 settembre 2012, n. 16254; Cass. 17 marzo 2014, n. 6125). Nel caso di specie, la ricorrente è chiaramente consapevole dell’esigenza di individuare il criterio ermeneutico violato, ma lo sforzo compiuto nel formulare la doglianza non riesce ad intaccare l’evidenza: e cioè che il giudice di merito si è mosso per l’appunto entro l’ambito del
fondamentale criterio ermeneutico segnato dall’articolo 1362 c.c., offrendo un’interpretazione plausibile, e quindi insindacabile ».
Tanto premesso, ritiene il Collegio di dovere esaminare, pregiudizialmente, la già descritta eccezione di giudicato esterno sollevata dalla ricorrente, per la prima volta, solo con la propria memoria 380bis .1 cod. proc. civ. telematicamente depositata il 9 settembre 2024.
Una tale eccezione è certamente ammissibile in questa sede.
3.1. Invero, come ricordato da Cass. n. 5370 del 2024 e Cass. n. 25863 del 2022 ( cfr . le rispettive motivazioni), le Sezioni Unite di questa Corte, in ordine alla deducibilità in sede di legittimità del giudicato esterno formatosi successivamente alla conclusione del giudizio di merito, in parte rettificando quanto già detto, sempre a Sezioni Unite, con la sentenza n. 226 del 2001, hanno precisato che l’affermazione secondo cui l’eccezione di giudicato non può essere dedotta per la prima volta in cassazione attesa la non deducibilità di questioni nuove in sede di giudizio di legittimità, conserva tutta la sua validità con riferimento alla fattispecie (posta ad oggetto della precedente sentenza) di un giudicato esterno che si sia formato « nel corso del giudizio di merito » e che, viceversa, la medesima non è applicabile al caso « nel quale il giudicato esterno si assume essersi formato successivamente alla conclusione del giudizio di merito ». Nel giustificare il distinguo, le Sezioni Unite hanno chiarito, tuttavia, che « è “nuova” la questione che avrebbe potuto essere sollevata nel giudizio di merito e non lo è stata », ed hanno aggiunto che « è più che ovvio che non poteva proporsi nel giudizio di merito l’eccezione relativa ad un giudicato che si sia formato solo dopo la conclusione di quel giudizio » ( cfr. Cass., SU, n. 13916 del 2006).
3.1.1. La medesima conclusione è stata ribadita con successiva sentenza nella quale, sempre a Sezioni Unite, questa Corte – fissando il principio di diritto secondo cui « nel caso in cui il giudicato esterno si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado e la sua esistenza non sia stata eccepita, nel corso dello stesso, dalla parte interessata, la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per revocazione e non con quello per cassazione » – ha aggiunto che « tale
soluzione è del resto coerente con la giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di giudicato esterno, considerato che la possibilità di dedurre per la prima volta nel giudizio di cassazione l’eccezione di giudicato esterno che, per essersi formato nelle more del giudizio di merito, poteva essere in quella sede dedotto risulta chiaramente esclusa sia dalla sentenza 226/01 che dalla sentenza 13916/06 » ( cfr . Cass., SU, n. 21493 del 2010).
3.1.2. Entrambe le sentenze sopra riportate, pertanto, pur facendo riferimento alla conclusione del giudizio, individuano il momento oltre il quale resta preclusa la rilevabilità nel giudizio di cassazione del giudicato esterno in ragione della possibilità, o meno, di proporsi l’eccezione nel giudizio di merito ( cfr . sostanzialmente in tal senso anche Cass. n. 12754 del 2022). La linea di demarcazione tra la revocazione ed il ricorso per cassazione viene, di conseguenza, tracciata dalle Sezioni Unite in ragione della formazione del giudicato in un momento in cui la questione poteva o meno essere eccepita nel giudizio di secondo grado (su quest’ultimo aspetto, vedasi pure Cass. n. 28733 del 2022). Il riferimento alla conclusione del giudizio, contenuto nelle citate sentenze, deve essere letto, di conseguenza, unitamente all’ulteriore riferimento alla possibilità per la parte di introdurre la questione in quel giudizio.
3.1.3. In ragione di tali princìpi, fissati dalle Sezioni Unite e che il Collegio, condividendoli, ritiene di dover ribadire, può darsi seguito, dunque, all’orientamento, già espresso da questa Corte, secondo cui nel giudizio di legittimità è opponibile il giudicato esterno con riferimento alla decisione divenuta definitiva dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado d’appello ( cfr., e plurimis , Cass. n. 5370 del 2024; Cass. n. 25863 del 2022; Cass. n. 40721 del 2021; Cass. n. 39815 del 2021; Cass. n. 38189 del 2021; Cass. n. 35089 del 2021; Cass. n. 14883 del 2019, che, nel rito ordinario, fa coincidere tale termine con quello di scadenza delle memorie di replica). Né rileva, in questa sede, interrogarsi ulteriormente se detto termine possa essere procrastinato alla data in cui la decisione viene deliberata o, in quello successivo di sua pubblicazione, posto che, nella specie, per quanto si è già precedentemente evidenziato, il giudicato esterno
dedotto da RAGIONE_SOCIALE si è formato allorquando è divenuta cosa giudicata, per decorso del suo termine di impugnazione, la sentenza della Corte di appello di Milano depositata il 26 maggio 2023, n. 1729, ben oltre, dunque, entrambi tali momenti rispetto alla sentenza impugnata in questa sede (deliberata nella camera di consiglio del 15 novembre 2022 e pubblicata il successivo 23 gennaio 2023).
3.2. Oltre che ammissibile, l’eccezione di giudicato esterno in esame può essere anche adeguatamente delibata, perché la copia della sentenza della Corte di appello di Milano n. 1729/2023 (resa tra le stesse parti oggi in causa), pubblicata il 26 maggio 2023 e munita della certificazione di cancelleria di sua non avvenuta impugnazione, è stata depositata telematicamente da RAGIONE_SOCIALE il 4 settembre 2024, nel pieno rispetto, quindi, dell’art. 372, comma 2, cod. proc. civ., nel testo, qui applicabile ratione temporis , modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
3.2.1. In definitiva, come recentemente sancito da Cass. n. 8906 del 2024, « Nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto (Cass. ord. n. 12754/2022). Ne consegue che il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem , corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche attraverso la stabilità della decisione (Cass. sez. un. n. 13916/2006) ».
3.2.2. Cass. n. 1534 del 2018, a sua volta, ha puntualizzato che, nel giudizio di cassazione, ove il giudicato esterno si sia formato
successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, la produzione della corrispondente documentazione « non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 cod. proc. civ., il quale, riferendosi esclusivamente ai documenti che potevano essere prodotti nel giudizio di merito, non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato (conf. Cass. n. 11112/2008; Cass. n. 16376/2003; Cass. S.U. n. 13916/2006) ».
3.3. L’eccezione di cui si discute, infine, si rivela fondata.
3.3.1. Invero, la già menzionata sentenza della Corte di appello di Milano n. 1729/2023, resa, tra le stesse parti oggi in causa, il 26 maggio 2023, si è pronunciata sul gravame promosso da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 1043/2021, emessa dal Tribunale di Milano in data 16 dicembre 2021, con la quale esso appellante era stato condannato al pagamento, a favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 556.585, 76 per causali del tutto analoghe (sebbene riferite ad un diverso fondo di investimento) a quella discussa nel presente procedimento ed in forza di una interpretazione antitetica e contraria, rispetto a quella a cui è giunta la decisione impugnata da RAGIONE_SOCIALE in questa sede, della medesima clausola contrattuale di cui si pure qui si discute, vale a dire l’art. 7.2 dell’ Accordo Quadro di RAGIONE_SOCIALE del 25 settembre 2015.
3.3.2. In particolare, quella corte di appello, avendo dato atto che le parti avevano comunicato di avere raggiunto un accordo e che, successivamente, l’ appellante aveva rinunciato agli atti, a spese compensate, e l’appellata aveva accettato la rinuncia così formulata, ha disposto, « visto l’art. 306 c.p.c. », la cancellazione della causa dal ruolo ed ha dichiarato « l’estinzione del processo ».
3.3.3. Orbene, costituisce costante indirizzo ermeneutico di legittimità quello secondo cui la rinuncia agli atti del giudizio -ammissibile anche in appello ex artt. 359 e 306 cod. proc. civ. -va tenuta distinta dalla rinuncia all’azione (o rinuncia all’impugnazione se interviene dopo il giudizio di primo grado), la quale è rinunzia di merito ed è immediatamente efficace anche senza l’accettazione della controparte determinando il venir meno del potere-dovere del giudice di pronunziare ( cfr. e plurimis Cass. n.
18255/2004, Cass. n. 8387/99, Cass. n. 2268/99). Questa Corte, del resto, ha già precisato che la rinuncia all’impugnazione di pone in perfetto parallelismo con la rinuncia all’azione nel giudizio di primo grado e determina, come la rinuncia agli atti del giudizio di appello, il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado; l’identità degli effetti, tuttavia, non comporta la piena corrispondenza dei due istituti poiché, mentre la rinuncia agli atti del giudizio di appello è efficace o in quanto accettata o in quanto non richieda accettazione, la rinuncia all’impugnazione fa venir meno il potere-dovere del giudice di pronunciare con efficacia immediata, senza bisogno di accettazione ( cfr . Cass. n. 5556 del 1995; vedasi anche Cass. n. 4499 del 1996, secondo cui la rinuncia all’impugnazione provoca il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, determinando la cessazione della materia del contendere sull’oggetto del gravame indipendentemente dall’accettazione della controparte).
3.3.1. In sostanza, come condivisibilmente sancito da Cass. n. 5250 del 2018, « non soltanto la rinuncia all’impugnazione, ma anche la rinuncia agli atti del giudizio di impugnazione (a cui consegue l’estinzione di tale giudizio), determina, per il disposto dell’articolo 338 c.p.c., il passaggio in giudicato della sentenza impugnata ». A ciò va solo aggiunto che tale principio opera anche in caso di estinzione del giudizio d’appello a seguito di transazione ove non risulti che le parti abbiano rinunciato all’ efficacia di giudicato conseguente alla dichiarazione di estinzione medesima ( cfr. Cass. 16.03.2017, n. 6845, secondo la quale « la rinuncia agli atti, compiuta in appello, di un giudizio definito in primo grado con una decisione di fondatezza dell’azione investe soltanto gli atti del procedimento di gravame, e comporta il passaggio in giudicato della pronuncia in conseguenza della sopravvenuta inefficacia della sua impugnazione, in quanto l’estinzione, a norma dell’art. 310 c.p.c. , rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo. Ne consegue che l’efficacia abdicativa in ordine all’effetto sostanziale della decisione di merito va riconosciuta soltanto ad un atto che possa essere interpretato come rinuncia anche al giudicato, in quanto estesa alla sentenza già emessa ed
alle sue conseguenze ». Nel medesimo senso, si veda pure Cass. n. 5026 del 2003).
3.3.2. Pertanto, a seguito della statuizione, ormai definitiva perché non ulteriormente impugnata, della Corte di appello di Milano n. 1729/2023, resa, tra le stesse parti oggi in causa, il 26 maggio 2023, è passata in giudicato la sentenza n. 1043/2021, emessa dal Tribunale di Milano in data 16 dicembre 2021, con la quale, come si è già accennato, COGNOME era stato condannato al pagamento, a favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 556.585,76 per causali del tutto analoghe (sebbene riferite ad un diverso fondo di investimento) a quella discussa nel presente procedimento: tanto in forza di una interpretazione antitetica e contraria, rispetto a quella a cui è giunta la decisione impugnata da RAGIONE_SOCIALE in questa sede ( l’Accordo Quadro non aveva previsto termini intermedi per il pagamento dei crediti, sicché la postergazione non poteva che essere riferita alla scadenza del RAGIONE_SOCIALE), della medesima clausola contrattuale di cui si pure qui si discute, vale a dire l’art. 7.2 dell’ Accordo Quadro di RAGIONE_SOCIALE del 25 settembre 2015.
3.3.2.1. In particolare, si legge nella suddetta sentenza n. 1043/2021 (già prodotta in secondo grado da NOME, nuovamente depositata in questa sede contestualmente al deposito del suo ricorso e trascritta nella sua memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. del 9 settembre 2024) che, « Per la corretta interpretazione della clausola 7.2 è necessario seguire i parametri di cui all’art. 1362 e ss. c.c. e quindi dell’interpretazione letterale, complessiva, secondo l’intenzione delle parti, secondo il comportame nto successivo secondo buona fede, conservativa. In primo luogo, la postergazione è unicamente definita quale successiva ‘al pagamento dei crediti vantati da RAGIONE_SOCIALE a titolo di commissioni di gestione’ che ovviamente diventano esigibili anno per anno e deve chiarirsi che non vi sono stati investimenti in immobilizzazioni nel 2015 né negli anni successivi; quindi non si è verificata la prima preclusione. Né la postergazione al ‘pagamento’ può interpretarsi come postergazione all’effettivo pagamento perché altrimenti si tratterebbe di cui clausola potestativa (si voluit) cui -per il suo tenore -non appare appartenere; inoltre, si presterebbe
facilmente a condotte abusive di mancata corresponsione dei compensi al sol fine di evitare la corresponsione delle commissioni al precedente gestore del fondo. Quindi la clausola indica solo un ordine di imputazione delle liquidità. Ancora, sulla base della interpretazione letterale, sistematica e conservativa e di buona fede, il riferimento ai bilanci successivi impone di ritenere che in mancanza di investimenti in immobilizzazioni e pagata l’annualità della commissione della RAGIONE_SOCIALE, diventa il turn o della precedente RAGIONE_SOCIALE ad essere ricompensata. La conferma di tale interpretazione rinviene nel secondo comma dell’articolo in questione che chiarisce che ‘restando inteso che successivamente a tale pagamento , il relativo credito di RAGIONE_SOCIALE potrà essere soddisfatto nei limiti in cui sussistano disponibilità liquide in capo al RAGIONE_SOCIALE rilevanti che permettano tale rimborso e che lo stesso sia compatibile con le azioni e gli investimenti previsti nei succitati business plan dei Fondi’ . Quindi la postergazione è annuale e non posticipata al momento della liquidazione finale del fondo in quanto si parla di compatibilità con le (future) azioni e gli investimenti previsti nel business plan. Al contrario, al momento della liquidazione finale non sono più possibili future azioni e investimenti. . La contraria pronuncia del Tribunale di Milano n. 2212/2021 , medesima sezione, di interpretazione della medesima clausola per altro fondo, si spiega in quanto considera prevalente tutte le complete finalità di liquidazione rispetto agli accordi di cessione. Deve invece ritenersi che la voluntas delle parti si sia espressa nel testo oggetto di interpretazione nel senso che l’inserimento temporale del pagamento delle spettanze della precedente SGR sia pattuito come antecedente alla liquidazione finale in quanto detto pagamento sia compatibile per le azioni e gli investimenti dei business plan tempo per tempo approvati e nei limiti delle disponibilità liquide ».
3.3.2.2. Come correttamente rimarcato dalla difesa di COGNOME nella sua menzionata memoria del 9 settembre 2024, il giudicato esterno derivante dalla pronuncia appena trascritta comporta l’irretrattabilità della regula juris
destinata a regolare i rapporti RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE in punto di esigibilità, anno per anno, successivamente al pagamento delle commissioni dovute a COGNOME per l’annualità di volta in volta presa in considerazione, e nei limiti in cui sussistano disponibilità liquide in capo ai Fondi (e dunque ai patrimoni separati della stessa COGNOME) che consentano a questi ultimi il rimborso in favore di RAGIONE_SOCIALE e che tale rimborso sia compatibile con le azioni e gli investimenti previsti nei business plan dei medesimi Fondi.
3.3. Non osta, poi, agli effetti preclusivi del giudicato esterno -sotto ogni profilo a tal fine rilevante -la circostanza che le due pronunce (quella, appena descritta, di cui è invocato il giudicato esterno e quella oggetto della odierna impugnazione) riguardino crediti vantati da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di due differenti Fondi la cui gestione è passata (e permane tuttora) in capo a COGNOME.
3.3.1. Basta considerare, invero, che: i ) in entrambe le controversie, l’oggetto del contendere era costituito dalla medesima questione giuridica rappresentata dalla corretta interpretazione del citato art. 7.2 dell’ Accordo Quadro di RAGIONE_SOCIALE del 25 settembre 2015 (vale a dire l’esistenza rimasta incontroversa in quanto riconosciuta anche nei rendiconti di gestione periodici formati e sottoscritti da COGNOME -e l’esigibilità dei crediti per commissioni di gestione maturate da RAGIONE_SOCIALE sino al 29.02.2016), dunque da una questione pacificamente comune ad entrami i diritti di credito azionati da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE quale RAGIONE_SOCIALE subentrante nei rapporti di gestione dei Fondi ceduti con l’ Accordo Quadro predetto; ii ) secondo la consolidata, e qui condivisa, giurisprudenza di legittimità, ove due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo
( cfr., ex aliis , Cass. n. 7834 del 2024; Cass. n. 11703 del 2020; Cass. n. 8650 del 2010; Cass., SU, n. 13916 del 2006); iii ) poiché l’interpretazione del menzionato art. 7.2 dell’ Accordo Quadro oggi ancora avversata da COGNOME ha costituito presupposto necessario per l’accoglimento , nel giudizio definito dalla menzionata sentenza del Tribunale di Milano n. 1043/2021 delle domande di RAGIONE_SOCIALE (nei limiti più sopra indicati), la questione di diritto connessa alla postergazione dell’esponente non può che ritenersi definitivamente risolta in senso contrario rispetto a quello invocato dalla odierna controricorrente e fatto proprio dalla sentenza della Corte di appello di Milano n. 182/2023 impugnata in questa sede dalla ricorrente; iv ) è chiaro che ci si trovi al cospetto di ‘ punto pregiudiziale comune ad entrambe le cause ‘ con la conseguenza che esso risulta coperto da giudicato ( cfr . Cass. n. 41895 del 2021).
3.4. Alla stregua delle considerazioni tutte fin qui esposte, dunque, e pronunciando sul terzo motivo di ricorso, scrutinabile prioritariamente rispetto agli altri (da considerarsi assorbiti) in virtù del principio cd. della ragione più liquida , la sentenza oggi impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame, che tenga in considerazione ed applichi la regula juris derivante dal giudicato esterno formatosi tra le parti, e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
p.q.m.
La Corte pronunciando sul terzo motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarandone assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame, da effettuarsi applicando la regula juris derivante dal giudicato esterno formatosi tra le parti, e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile