Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3544 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 3544  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31426/2020 R.G. proposto da:
COGNOME  NOME,  rappresentato  e  difeso  dall’AVV_NOTAIO  NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura speciale in calce al ricorso.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) per procura speciale in calce al controricorso.
-controricorrente- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di FOGGIA n. 124/2014, depositato il 12/11/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Foggia ha dichiarato inammissibile l’opposizione ex art. 98 l. fall. proposta da NOME COGNOME contro il rigetto da parte del G.D. al RAGIONE_SOCIALE della sua domanda tardiva di ammissione allo stato passivo del credito, di euro 175.000, vantato in forza del rapporto di lavoro intrattenuto con la società poi fallita e preteso a titolo di risarcimento dei danni da licenziamento illegittimo. Il tribunale ha rilevato che la domanda di ammissione del credito risarcitorio era stata già proposta in sede tempestiva e che il g.d. l’aveva respinta col decreto di esecutività dello stato passivo del 21.7.2015, contro il quale COGNOME non aveva proposto opposizione, con la conseguenza che la statuizione di rigetto era coperta dal giudicato endofallimentare.
Il decreto, pubblicato il 12.11.2020, è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo e unico motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 96, 98 e 113 bis l. fall., il ricorrente contesta che si fosse formato un giudicato endofallimentare sul rigetto della precedente domanda di ammissione al passivo del credito risarcitorio, in quanto la nuova domanda, avanzata ai sensi dell’art. 101 l.fall., pur avendo contenuto identico a quella tempestiva in ordine al quantum richiesto, si fondava su un elemento del tutto nuovo, costituito dalla ‘declaratoria di illegittimità del licenziamento’ pronunciata dalla Corte di appello di Bari con sentenza emessa nel contraddittorio della curatela fallimentare, e divenuta definitiva in data
19.12.2016:  secondo  il  ricorrente  il    credito  azionato  in  via  tardiva sarebbe dunque sorto nella pendenza della procedura fallimentare, con la  conseguenza che, nell’emettere il decreto di esecutività dello stato passivo  delle domande tempestive, il giudice delegato non avrebbe compiuto alcun accertamento negativo, ma si sarebbe  limitato, del tutto  correttamente,    a  rigettare  la  domanda  per  il  fatto,  non contestabile , della mancanza, all’epoca, del titolo necessario all’ammissione.
1.1 Il motivo è infondato.
Come emerge dalla narrativa del ricorso, la domanda di ammissione del credito risarcitorio proposta in via tardiva, oltre ad avere petitum identico a quella tempestiva, si fondava sulla medesima causa petendi (illegittimità del licenziamento).
Erra dunque COGNOME nel ritenere che il credito fosse sorto solo in seguito alla sentenza del giudice del lavoro che aveva accertato in via definitiva la sussistenza di detta causa petendi: si trattava, piuttosto, di un credito subordinato nell’ an al l’ accertamento in questione, e di ciò appariva pienamente consapevole lo stesso ricorrente che, con la domanda avanzata in via tempestiva, ne aveva correttamente richiesto l’ammissione con riserva (si ignora se ai sensi del n. 1 o del n. 3 del 1° comma dell’art. 96 l. fall.), in attesa della pronuncia della corte d’appello in ordine alla dedotta illegittimità del licenziamento.
No n  v’è  dubbio,  quindi,  che  sulla  prima  statuizione  di  rigetto ,  non opposta da COGNOME,  si  fosse formato il giudicato endofallimentare, con conseguente preclusione alla riproposizione della domanda.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La  Corte  rigetta  il  ricorso  e  condanna  il  ricorrente  al  pagamento  in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in euro  4.300   per compensi e in euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo  a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello  per  il  ricorso principale,  se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 25.09.2024