Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19730 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19730 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21894/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente
–
-contro-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e dife sa dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce -sez. distaccata di Taranto – n. 128/2023, pubblicata il 20.03.2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con atto di citazione notificato il 25-22020 l’A.C.R.C. Associazione RAGIONE_SOCIALE traeva in giudizio dinanzi al Tribunale di Taranto l’Associazi one RAGIONE_SOCIALE chiedendo: in via preliminare di accertare la ‘ carenza in capo alla convenuta di qualsivoglia titolo concessorio e/o abilitativo all’esercizio delle frequenze radiofoniche e per l’effetto ritenere inefficace e ad ogni modo disapplicare qualsiasi effetto autorizzatorio in capo alla verifica positiva successivamente rilasciata dal Ministero delle Comunicazioni ai sensi dell’art. 1 L. 66/2001… ‘; in via principale di accertare e dichiarare la sussistenza di un’attività illecita per violazione degli artt. 2043 e/o 2598 e ss. c.c. da parte dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE con conseguente inibizione dell’attività radiofonica e condanna al risarcimento del danno.
Con sentenza n. 2379/2020, il Tribunale di Taranto rigettava la domanda, accertando il possesso dei titoli autorizzativi ed il legittimo esercizio da parte dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE della trasmissione sulla frequenza 94,30 e la illegittimità del medesimo esercizio da parte di RAGIONE_SOCIALE della trasmissione sulla medesima frequenza.
Con sentenza n. 128/2023 la Corte di Appello di Lecce -sezione distaccata di Taranto -rigettava l’appello della RTL, confermando la decisione di primo grado per le stesse ragioni inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata di primo grado.
Al riguardo, la Corte territoriale riconosceva parimenti il legittimo esercizio da parte dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE della trasmissione sulla frequenza 94,300 MHz, ritenendo comunque assorbite tutte le contestazioni perché assorbite dalle sentenze del TAR Lazio n. 750/2021 e del Consiglio di Stato n. 2028/2022
RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione con due illustrati da memoria. L’Associazione RAGIONE_SOCIALE resiste on controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cpc) in relazione all’art. 1 del d.l. n. 5/2001, come convertito dalla l. n. 66/2001.
Al riguardo, la ricorrente assume che: entrata in vigore la legge 20.03.2001 n. 66, che aveva convertito il D.L. nr. 5/2001, l’Associazione convenuta aveva presentato domanda per poter continuare ad esercire le proprie frequenze radiofoniche, allegando quali titoli legittimanti l’attività le ordinanze sospensive del TAR Lecce; il Ministero delle Comunicazioni, nel 2001 aveva confermato su queste basi (le due ordinanze cautelari del TAR) all’Associazione il possess o dei requisiti indicati dalla legge n. 66/2001; tuttavia, nel 2005 l’Associazione RAGIONE_SOCIALE era stata destinataria di due decreti di perenzione da parte del suddetto TAR, ove pendevano i citati ricorsi avverso gli atti di diniego al rilascio, emessi nel 1994, dei decreti concessori da parte dell’allora Ministero delle Comunicazioni; per effetto di dette perenzioni i provvedimenti di diniego erano tornati validi ed efficaci con la conseguenza che dal 2005 -ovvero da ormai 18 anni -l’Associazione RAGIONE_SOCIALE non aveva alcun titolo a trasmettere i propri programmi; la lettera di verifica positiva dei requisiti ottenuta dalla stessa Associazione convenuta nel 2001 si basava, all’epoca, sulla sussistenza della suddetta ordinanza cautelare del TAR Lecce.
Il secondo motivo deduce l’omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in ordine all’interferenza tra i due segnali, pacifiche ed oggettive, e alla produzione di tale fatto dannoso ingiustamente pregiudizievole, imputabile esclusiv amente all’Associazione RAGIONE_SOCIALE poiché quello esercitato dalla ricorrente era un impianto regolarmente censito
proveniente, senza soluzione di continuità, da precedenti emittenti radiofoniche che lo avevano utilizzato sempre con le medesime caratteristiche, mentre quello usato dalla controparte non era sorretto da concessione ministeriale ed era stato nel tempo oggetto anche di modifiche strutturali (da nr. 4 antenne con una apertura di 45° – azimut ad apertura 145° N) e di trasferimenti sul territorio, documentalmente provate, che avevano modificato indebitamente l’equilibrio radioelettrico tra le trasmissioni delle parti a svantaggio della ricorrente.
Si tratta di motivi inammissibili.
L’appello è stato rigettato con la motivazione che le contestazioni relative all’esistenza di titolo autorizzatorio per la trasmissione in radiofrequenza ‘sono assorbite dalla sentenza del TAR di Lecce e da quella del Consiglio di Stato ‘ (in particolare nella sentenza del TAR si leggeva che l’ appellante non aveva impugnato la nota ministeriale con cui era stata invitata a presentare un nuovo progetto radioelettrico atto ad eliminare le interferenze in questione).
Le censure di entrambi motivi non hanno ad oggetto la ratio decidendi rappresentata dal predetto effetto assorbente sulla controversia in questione del giudicato amministrativo assunto dalla Corte territoriale a fondamento della decisione impugnata.
Il secondo motivo è altresì inammissibile per la mancata dimostrazione, a fronte di doppia conforme, della divergenza delle ragioni di fatto alla base delle due decisioni.
Invero, nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che
esse sono tra loro diverse (Cass., n. 5528/2014; n. 5947/2023; n. 26934/2023).
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 3.700,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 19 giugno 2025.