Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3659 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2   Num. 3659  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12611/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
 contro
RAGIONE_SOCIALE A SOCIO UNICO IN LIQUIDAZIONE E IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA , RAGIONE_SOCIALE
-intimati-
avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  FIRENZE  n.  594/2017 depositata il 17/03/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udite  le  conclusioni  della  Procura  Generale,  nella  persona  del AVV_NOTAIO,  che  ha  chiesto  accogliersi  il  sesto motivo di ricorso, dichiararsi assorbito il settimo e rigettarsi gli altri motivi.
FATTI DELLA CAUSA
1.Con atto di citazione notificato il 16 settembre 2005 la RAGIONE_SOCIALE evocava avanti il Tribunale di Arezzo la RAGIONE_SOCIALE esponendo che le parti avevano stipulato un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione, da parte di NOME, di un capannone prefabbricato; che, ultimata l’opera nel marzo 2004, nel febbraio 2005, l’AVV_NOTAIO COGNOME consegnava all’attrice una relazione tecnica da cui risultava che il manufatto presentava gravi vizi costruttivi ivi descritti e la RAGIONE_SOCIALE riconosceva l’irregolare presenza di acqua nella copertura e si impegnava a eliminare il difetto, ma l’intervento eseguito si rivelava inidoneo e danneggiava anche la tinteggiatura delle pareti interne del fabbricato; che la NOME comunicava i vizi alla sua compagnia assicuratrice che corrispondeva la somma di 1.700,00 euro la quale veniva accettata dalla ricorrente solo quale acconto, in quanto i costi necessari per l’eliminazione dei difetti ed il deprezzamento del capannone erano stimati in 85.000,00 euro; chiedeva pertanto la condanna della convenuta al pagamento del residuo risarcimento.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE, la quale chiedeva ed otteneva di chiamare in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, che nel costituirsi negava la copertura  assicurativa,  il  giudice  adito  osservava  che  il  contratto stipulato dalle parti doveva essere qualificato come appalto e che in relazione alla garanzia di cui agli artt. 1667 e ss.  doveva ritenersi
maturata la relativa decadenza, in mancanza di prova della tempestività della denuncia effettuata in un momento successivo rispetto alla data in cui si erano verificate per la prima volta le infiltrazioni di acqua nel manufatto. Riteneva che i vizi denunciati non potevano essere ricondotti alla fattispecie di cui all’art. 1669 c.c. dovendosi escludere, sulla scorta delle valutazioni del c.t.u., che i difetti riscontrati potessero essere qualificati come vizi gravi, in quanto non inficiavano la fruibilità e il godimento dell’edificio interessando solo una porzione limitata dello stesso. Il Tribunale adito respingeva, quindi, la domanda attrice e rigettava la domanda restitutoria proposta da RAGIONE_SOCIALE con compensazione delle spese tra tutte le parti. Sul gravame interposto da RAGIONE_SOCIALE, la Corte di Appello di Firenze, nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE nonché della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), con sentenza n. 594 del 2017, nel rigettare l’impugnazione poneva a fondamento della decisione, per quanto ancora più di interesse, che andava esclusa la garanzia per i vizi ai sensi degli artt. 1667 e 1668 c.c. sulla base non solo della decadenza come già dichiarato dal Tribunale ma della clausola contrattuale n. 5) delle condizioni generali di contratto approvate per iscritto ex art. 1341 c.c. con la conseguenza che non essendo ravvisabili nella specie vizi rilevanti ai sensi dell’art.1669 cc, trattandosi di vizi non gravi, seguendo le conclusioni del c.t.u. sia quanto alle infiltrazioni (di modesta entità) sia con riferimento agli altri ulteriori vizi denunciati (macchie di umidità, discontinuità tra i giunti dei pannelli, discontinuità verticali tra pannelli adiacenti, presenza di cavillature e microlesioni sui pannelli di tamponamento perimetrale) la domanda attorea non poteva trovare accoglimento. Respingeva, altresì, la domanda ex art 96 c.p.c. proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e dichiarava le spese del grado compensate per un terzo tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, e a carico
dell’attrice il pagamento dei residui due terzi, secondo soccombenza rispetto alla UnipolSai.
 Avverso  la  citata  sentenza  della  Corte  di  appello  di  Firenze,  la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di otto motivi;
 RAGIONE_SOCIALE  e  la  RAGIONE_SOCIALE sono rimaste intimate.
Con il primo motivo viene denunciata la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., quale omessa motivazione ovvero motivazione apparente, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. Ad avviso della ricorrente la Corte di Appello non avrebbe motivato sul perché della ritenuta non riconducibilità del vizio costituito da infiltrazioni di acqua meteorica dalla copertura nelle pareti interne del capannone alla fattispecie dell’art. 1669 c.c., limitandosi ad un mero rinvio ad alcuni passi della c.t.u.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione ovvero la falsa applicazione di norme di diritto in particolare dell’art. 1669 c.c.,  in  relazione  all’art.  360,  comma  1  n.  3  c.p.c.  per  avere  la Corte di Appello ritenuto che le infiltrazioni non fossero vizi gravi ai sensi dell’art. 1669 c.c..
Con il terzo motivo la ricorrente formula la medesima critica con riferimento agli ulteriori vizi lamentati e riscontrati dal c.t.u., quali macchie di umidità, discontinuità tra i giunti dei pannelli, discontinuità verticali tra pannelli adiacenti, presenza di  cavillature e microlesioni sui pannelli di tamponamento perimetrale.
 Con  il  quarto  motivo  la  ricorrente  nel  dedurre  la  nullità  della sentenza  e/o  del  procedimento  per  violazione  dell’art.  132  n.  4 c.p.c.  per  omessa  motivazione  ovvero  motivazione  apparente  in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., si duole della ritenuta esclusione della garanzia ordinaria prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c.  per  accoglimento  dell’eccezione  di  decadenza  sollevata  dalla
NOME,  risolvendosi  in  un  mero  rinvio  alle  argomentazioni  del Tribunale di Arezzo.
8.Con il quinto motivo la ricorrente lamenta, in via subordinata al rigetto  dei  motivi  1,  3  e  4,  la  mancata  decisione  delle  questioni sollevate  con  l’atto  di  appello  con  violazione  dell’art.  112  c.p.c. Deduce che la Corte di Appello limitandosi alla mera adesione alla CTU e alla sentenza di primo grado avrebbe per ciò stesso omesso di pronunciare sui motivi di appello.
9. Con il sesto motivo viene denunciato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. In particolare, l’avere escluso la garanzia ex artt. 1667 e 1668 c.c. sulla base della clausola contrattuale n. 5 delle condizioni generali di contratto specificamente approvata dalla ricorrente, senza considerare che la clausola faceva esclusivo riferimento agli elementi prefabbricati utilizzati nella costruzione prodotti in impianti meccanizzati mentre i vizi lamentati da essa ricorrente ed evidenziati alle pagine da 3 a sette della relazione dal c.t.u. attenevano non agli elementi prefabbricati ma all’attività di costruzione in particolare per quanto riguarda i vizi da infiltrazioni essi dipendevano da carenze nel sistema di impermeabilizzazione e per quanto riguarda gli altri vizi essi dipendevano dalla conformazione alveolare dei solai, dal modo errato in cui i pannelli ed i giunti tra i pannelli erano stati apposti.
10. Con il settimo motivo la ricorrente deduce -in via subordinata – la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. quanto al risultato interpretativo raggiunto dalla Corte di merito che non terrebbe conto del dato letterale della clausola n. 5 delle condizioni generali di contratto in cui viene fatto espresso riferimento agli elementi prefabbricati utilizzati nella costruzione proprio per le caratteristiche corrispondenti allo standard di questo tipo di produzione eseguita da impianti meccanizzati (finitura industriale).
Con l’ottavo motivo viene denunciata la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1667 e 1668 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. per avere la Corte di merito escluso la garanzia ordinaria prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. in accoglimento dell’eccezione di decadenza sollevata dalla COGNOME condividendo anche le argomentazioni del giudice di prime cure in ordine al difetto di prova della tempestività della denuncia ex art. 1667 c.c. rispetto alla data della scoperta senza considerare che ai fini della decorrenza del termine decadenziale non è sufficiente che i vizi si manifestino ma occorre che l’appaltante abbia avuto conoscenza della gravità dei vizi e della loro derivazione causale dall’esecuzione dei lavori il che nella specie sarebbe avvenuto non, come opinato dalla Corte di Appello, al momento dell’apparire delle infiltrazioni ma al momento della consegna della relazione dell’AVV_NOTAIO, il giorno 9 febbraio 2005, con conseguente tempestività della denuncia inoltrata lo stesso giorno.
12. La causa è stata rimessa in udienza pubblica con ordinanza interlocutoria n.17925 del 2023 sul rilievo che ‘al fondo degli otto motivi di doglianza viene posta dalla società ricorrente una questione di diritto di particolare rilevanza che concerne la validità della clausola contrattuale di esonero preventivo da responsabilità dell’appaltatore per gli eventuali vizi dell’opera realizzanda, concetto da ritenere diverso da quello di deroga pattizia in senso restrittivo a tutela dell’appaltatore che consiste in una modifica convenzionale di alcuni aspetti di attuazione della garanzia speciale prevista dalle disposizioni di cui agli artt. 1667, 1668 e 1669 c.c.’.
13.  La  Procura  Generale  ha  chiesto  accogliersi  il  sesto  motivo  di ricorso, dichiararsi assorbito il settimo e rigettarsi gli altri motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Occorre  premettere,  con  riguardo  alla  ragione  per  la  quale  il ricorso  è  stato  discusso  in  udienza  pubblica,  che  la  principale obbligazione dell’appaltatore di lavori edili consiste nel dare
corretta esecuzione all’intervento edilizio secondo  le modalità stabilite  nel  contratto  di  appalto  e  secondo  le  regole  dell’arte costruttiva.
In  relazione  alla  suddetta  obbligazione  l’appaltatore  è  tenuto,  ai sensi dell’art. 1667 c.c., alla garanzia per la presenza di difformità -ossia di discordanze tra l’opera realizzata e l’opera quale avrebbe dovuto essere in base alle prescrizioni contrattuali- o di vizi -ossia di  difetti  tecnici  e  di  esecuzione.  Il  contenuto  della  garanzia  è stabilito dall’art. 1668 c.c.
Ove  poi  il  difetto  attenga  specificamente  ad  edifici  (o  altre  cose mobili destinate per loro natura a lunga durata) e sia grave ovvero sussista un evidente pericolo di crollo o l’edificio rovini per vizio del suolo  o  difetto  della  costruzione,  l’appaltatore  risponde  ai  sensi dell’art. 1669 c.c.
È stato precisato che ‘In materia di appalti, i gravi difetti che, ai sensi dell’art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell’appaltatore nei confronti dei committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura’ (Cass. civ., Sez. VI Ordinanza n.3674 del 7/02/2019).
Mentre la responsabilità di cui all’art.1667 c.c. ha natura contrattuale, la responsabilità che grava sul costruttore, in veste di appaltatore, prevista dall’art. 1669 c.c., è -per consolidata giurisprudenzauna speciale forma di responsabilità extracontrattuale che l’ordinamento ha previsto a tutela dell’interesse generale e, nello specifico, a tutela dell’incolumità e sicurezza dei cittadini affinché gli edifici (o parti di essi), destinati per loro natura a lunga durata, vengano realizzati nell’osservanza delle migliori regole della tecnica e con materiali idonei.
Si vedano Cass. 23 settembre 1987, n. 9635: ‘L’art. 1669 cod. civ. configura un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, in quanto tutelante l’esigenza di ordine pubblico della conservazione e funzionalità degli edifici destinati per loro natura a lunga durata’; Cass. 12106 del 2 novembre 1998: ‘La norma indicata, benché collocata nell’ambito della disciplina concernente il contratto di appalto, è diretta alla tutela dell’interesse, di carattere generale, della conservazione e della funzionalità degli edifici e degli altri immobili destinati, per loro natura, ad una lunga durata. L’azione di responsabilità che ne discende ha, pertanto, carattere extracontrattuale così che trascende il rapporto negoziale fra il costruttore dell’edificio, o di altro immobile destinato ad una lunga durata- di appalto, d’opera, di vendita – in base al quale l’immobile medesimo sia pervenuto nella sfera di un soggetto diverso che dalla “rovina”, dall'”evidente pericolo di rovina”, o “dai gravi difetti” dell’opera abbia subito un pregiudizio. Inoltre, se l’art. 1669 c.c. non configura a carico del costruttore una responsabilità obiettiva né una presunzione assoluta di colpa, pone certamente nei di lui confronti una presunzione “iuris tantum” la quale, verificandosi i presupposti necessari per l’operatività della norma (la rovina, il pericolo evidente di rovina, oppure l’esistenza dei gravi difetti che pregiudicano la lunga durata dell’opera), può essere vinta non con la generica prova di aver usato nell’esecuzione di questa tutta la diligenza possibile, ma con la specifica dimostrazione, attraverso fatti positivi, precisi e concordanti, della mancanza di responsabilità.
Le  Sezioni  Unite  della  Corte  hanno  statuito  che  la  previsione dell’art. 1669 cod. civ. concreta un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale,  con  carattere  di  specialità  rispetto  al  disposto dell’art.  2043  cod.  civ.,  fermo  restando  che  –  trattandosi  di  una norma  non  di  favore,  diretta  a  limitare la responsabilità del costruttore,  bensì  finalizzata  ad  assicurare  una  più  efficace  tutela
del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale – ove non ricorrano in concreto le condizioni per la sua applicazione (come nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell’opera) può farsi luogo all’applicazione dell’art. 2043 cod. civ., senza che, tuttavia, operi il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore contemplato dall’art. 1669 cod. civ., atteso che spetta a chi agisce in giudizio l’onere di provare tutti gli elementi richiesti dall’art. 2043 cod. civ., compresa la colpa del costruttore’ (Cass. civ. Sez. Unite, n. 2284 del 3 febbraio 2014; Cass. n.27385 del 26 settembre 2023).
Proprio perché la responsabilità prevista dall’art. 1669 c.c. non si configura come responsabilità da inadempimento contrattuale ma come responsabilità extracontrattuale legata ad esigenze di ordine pubblico di conservazione e funzionalità degli edifici, per essa non è ammessa la facoltà delle parti di apportarvi deroghe o limitazioni e la clausola di esonero da responsabilità eventualmente pattuita, non ha effetto: ‘In materia di appalto, ove il committente agisca nei confronti dell’appaltatore, ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., per il risarcimento dei danni conseguenti a gravi difetti di costruzione di un immobile, non può operare tra le parti la clausola di esonero di responsabilità eventualmente pattuita, trattandosi di responsabilità extracontrattuale’ (Cass. civ. Sez. III, n. 26609 del 6/11/2008).
Dunque,  dalla  circostanza  che  l’art.  1669  cod.  civ.  trascende  il rapporto negoziale intercorrente tra le parti e gli interessi meramente privatistici sottesi alla sua instaurazione, per perseguire  ragioni  di  interesse  pubblico,  discende  la  nullità  delle clausole di esclusione o limitazione della responsabilità aggravata.
Per quanto concerne invece la responsabilità di cui all’art. 1667 c.c. essa,  come  responsabilità  contrattuale,  è  soggetta  alle  norme generali in tema responsabilità per inadempimento delle obbligazioni  e,  tra  esse,  all’art.  1229  c.c.  per  cui  il  patto  con  il quale la responsabilità del debitore appaltatore è limitata o esclusa
è  nullo  in  riferimento  al  caso  di  responsabilità  per  dolo  o  colpa grave  mentre  è  valido  per  il  resto.  La  nullità  è  sancita  al  fine  di impedire che possa convenzionalmente escludersi l’impegno minimamente diligente che sempre è dovuto dal debitore.
In sostanza, conformemente  ai principi generali, i patti che escludono o limitano preventivamente la responsabilità dell’artefice dell’opera  per  difformità  o  vizi  sono  nulli  in  caso  di  dolo  o  colpa grave  dell’appaltatore  o  nel  caso  in  cui  il  fatto  di  quest’ultimo costituisca  violazione  di  obblighi  discendenti  da  norme  di  ordine pubblico.
In ragione di quanto precede deve concludersi che la clausola contrattuale di esonero preventivo totale da responsabilità dell’appaltatore per gli eventuali vizi dell’opera realizzanda -clausola diversa da quella di deroga pattizia in senso restrittivo a tutela dell’appaltatore che consiste in una modifica convenzionale di alcuni aspetti di attuazione della garanzia speciale prevista dalle disposizioni di cui agli artt. 1667, 1668- è valida -così come la clausola di limitazione della responsabilità- ove riferita alla garanzia prevista dall’art. 1667 c.c. nei limiti in cui l’esonero (o la limitazione) riguardi vizi o difformità dipendenti da colpa lieve, non da colpa grave né da dolo, ed è invalida -al pari di quella di limitazione della responsabilità- ove riferita alla garanzia di cui all’art. 1669 c.c.
Tanto premesso, passando all’esame dei motivi, il primo motivo di ricorso è inammissibile.
2.1.  Il  sindacato  della  Corte  in  tema  di  motivazione  si  riduce  al “minimo costituzionale”. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia  motivazionale  che  si  tramuta  in  violazione  di  legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione  in  sé,  purché  il  vizio  risulti  dal  testo  della  sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di
motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. 8053/2014). Nel caso di specie la motivazione della sentenza della Corte d’appello si sottrae alla censura. La Corte di Appello ha dato conto delle ragioni per cui ha ritenuto che il vizio da infiltrazioni riscontrato dal c.t.u. non era ascrivibile a quelli di cui a ll’art. 1669 c.c. osservando che detto vizio non incideva in misura rilevante sulla efficienza e durata dell’edificio e non comportava una menomazione apprezzabile del godimento dell’immobile. Ha richiamato gli accertamenti del CTU secondo cui, dai segni lasciati dall’umidità sui muri, l’infiltrazione non incideva sulla statica dell’edificio e non inficiava la relativa fruibilità interessando solo una porzione limitata dell’edificio stesso e come era dimostrato anche dal fatto che l’odierna ricorrente aveva sempre ‘perdurato ad esplicare la propria attività all’interno dell’immobile’. La Corte di Appello ha dato conto di aver valutato criticamente le risultanze del CTU laddove ha scritto che in base ai ricordati accertamenti era ‘corretta’ la conclusione del CTU di escludere la qualificazione del vizio come grave ai sensi dell’art. 1669 c.c. e che la conclusione era vieppiù supportata dalla modesta entità della spesa occorrente per l’eliminazione del vizio stesso.
2.2. In realtà, con il motivo in esame, la ricorrente mira a rimettere in discussione l’indagine volta a stabilire se i difetti costruttivi ricadevano nella disciplina dell’art. 1669 c.c., ovvero in quella posta dagli artt. 1667 e 1668 c.c. in tema di garanzia per le difformità e i vizi dell’opera. L’indagine rientra nei compiti propri del giudice del merito, coinvolgendo l’accertamento e la valutazione degli elementi di fatto del caso concreto. Questo accertamento di merito è sottratto al sindacato di legittimità se, come nel caso in esame,
adeguatamente motivato (Cass. Sez. 2, 26/04/2005 n. 8577; Cass. Sez. 2, 21/04/1994, n. 3794).
Il secondo motivo di ricorso va respinto in quanto basato sulla tesi  errata  per  cui  i  vizi  da  infiltrazione  sarebbero  sempre  gravi difetti ai sensi dell’art. 1669 c.c. Si legge nel corpo del motivo ‘è illegittima l’esclusione del vizio da infiltrazione di acqua meteorica … nonostante fossero state accertate infiltrazioni in parti dell’immobile  provenienti  dalla  copertura  a  causa  di  carenze  del sistema di impermeabilizzazione’.
La ricorrente richiama a supporto Cass. 2260 del 1998.
Proprio da questa sentenza emerge l’erroneità della tesi atteso che in detta sentenza non è scritto che tra i gravi difetti di costruzione per i quali è operante a carico dell’appaltatore la garanzia prevista dall’art. 1669 cod. civ. ‘rientrano’ anche le infiltrazioni di acqua determinate da carenze nella impermeabilizzazione. E’ invece scritto che tra i gravi difetti di costruzione per i quali è operante a carico dell’appaltatore la garanzia prevista dall’art. 1669 cod. civ. ‘possono rientrare’ anche le infiltrazioni di acqua determinate da carenze nella impermeabilizzazione. La sentenza era riferita a infiltrazioni di acqua incidenti sulla funzionalità dell’opera con menomazione del relativo godimento (v., tra molte in senso conforme, Cass. 8140/2004, Configurano gravi difetti dell’ edificio a norma dell’art. 1669 cod. civ. anche le carenze costruttive dell’opera – da intendere anche come singola unità abitativa – che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della medesima, come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d’arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell’opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi,
pavimentazione,  impianti,  etc.),  purché  tali  da  compromettere  la sua funzionalità e l’abitabilità’).
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
4.1. Viene contestata la omessa motivazione in ordine alla esclusione della riconducibilità dei vizi ulteriori rispetto alle infiltrazioni alla fattispecie di cui all’art. 1669 c.c.
4.2.  La  Corte  di  Appello  ha  escluso  la  riconducibilità  dei  vizi  in questione  alla  fattispecie  di  cui  all’art.  1669  c.c.  esplicitando  che tali vizi erano ancor meno significativi, in termini di incidenza sulla fruibilità dell’immobile, rispetto alle infiltrazioni.
Valgono poi le considerazioni fatte al punto 2.2 in relazione al reale scopo del motivo in esame.
Rispetto al quarto motivo di ricorso hanno priorità logica il sesto e il settimo motivo. Il quarto motivo attiene alla affermazione della Corte di Appello per cui la garanzia, quand’anche, rispetto ai vizi riscontrati, non operasse la esclusione pattuita dalle parti con la clausola n.5 del contratto, non sarebbe comunque invocabile per essere la odierna ricorrente decaduta dal diritto di avvalersene. Il sesto e il settimo motivo attengono alla affermazione della Corte di Appello per cui, rispetto ai vizi riscontrati, opera l’esclusione dalla garanzia in forza della ridetta pattuizione.
 In  ordine  al  sesto  e  settimo  motivo  si  osserva  che  trattasi  di motivi con cui viene proposta la medesima doglianza.
I due motivi hanno per comune premessa che i vizi lamentati dalla ricorrente e evidenziati alle pagine da tre a sette della relazione dal c.t.u.  attenevano  non  agli  elementi  prefabbricati  utilizzati  dalla appaltatrice  per  la  realizzazione  del  fabbricato  ma  all’attività  di costruzione  e  in  particolare  i  vizi  da  infiltrazioni  dipendevano  da
carenze nel sistema di impermeabilizzazione e gli altri vizi dipendevano dalla conformazione alveolare dei solai, dal modo errato in cui i pannelli ed i giunti tra i pannelli erano stati apposti. La denuncia veicolata con il sesto motivo come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. in realtà attiene all’omesso esame di una parte della clausola contrattuale n.5 delle condizioni generali. La denuncia veicolata con il settimo motivo, di violazione o la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., attiene all’interpretazione dalla Corte di merito e che, per la ricorrente, non terrebbe conto del dato letterale della clausola n. 5 in cui viene fatto espresso riferimento agli elementi prefabbricati utilizzati nella costruzione.
Il sesto e il settimo motivo rispettano i requisiti di ammissibilità individuati  dalla  Corte  per  le  doglianze  di  erronea  interpretazione del  contratto   e sono fondati.
7.1  La  clausola  contrattuale  è  riportata  a  pagina  52  del  ricorso  e recita: ‘G li elementi prefabbricati utilizzati nella costruzione presenteranno  le  caratteristiche  corrispondenti  allo  standard  di
questo tipo di produzione industriale eseguita da impianti meccanizzati  (finitura  industriale).  Pertanto  non  saranno  ritenute valide eccezioni in merito ad eventuali imperfezioni comunque non compromettenti la statica’.
7.2. La Corte di Appello, dopo aver dato conto dei vizi accertati e del fatto che essi attenevano alle infiltrazioni per carenze di impermeabilizzazione, alla discontinuità tra i giunti dei pannelli, alle discontinuità verticali tra pannelli adiacenti, alla presenza di cavillature e microlesioni sui pannelli di tamponamento perimetrale (v. pag. 12 sentenza impugnata), ha affermato che la garanzia di cui agli artt. 1667 e 1668 doveva ‘essere esclusa sulla base della clausola contrattuale sopra richiamata … che restringe la responsabilità del costruttore ai soli vizi di natura statica’.
7.3. In questo modo la Corte di Appello ha violato l’art. 1363 c.c. in quanto ha isolato l’ultima parte della clausola dalla parte precedente  a  cui  invece  era  legata  letteralmente  dalla  parola ‘pertanto’  e  logicamente  come  parte  della  medesima  clausola. Nella  parte  precedente  a  quella  isolata  dalla  Corte  di  Appello  era fatto riferimento esclusivamente alle caratteristiche che avrebbero dovuto avere gli elementi prefabbricati.
Ciò posto occorre esaminare il  quarto motivo di ricorso.
Detto motivo è fondato.
 La  odierna  ricorrente  aveva  contestato  la  decisione  di  primo grado per avere il Tribunale di Arezzo affermato che la committente doveva  ritenersi  decaduta  dalla  garanzia  dato  che  i  vizi,  come accertato dal CTU, si erano senz’altro evidenziati al momento delle prime piogge e che la committente non aveva indicato la data del verificarsi delle prime infiltrazioni. La contestazione era stata mossa sostenendosi  che  in  realtà  la  committente  aveva  avuto  piena
contezza dei vizi e della relativa riconducibilità all’attività costruttiva solo con l’acquisizione della relazione del proprio tecnico AVV_NOTAIO COGNOME in data 9 febbraio 2005, giorno stesso della denuncia. La odierna ricorrente aveva richiamato le sentenze di questa Corte n. 18402 del 19 agosto 2009 ( ‘In tema di appalto, qualora l’opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all’esterno, il termine di prescrizione dell’azione di garanzia, ai sensi dell’art. 1667, terzo comma, cod. civ., decorre dalla scoperta dei vizi, la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell’appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore’) e n. 2460 del 1 febbraio 2008 (‘Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 cod. civ. a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; tale conoscenza deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all’atto dell’acquisizione di relazioni peritali effettuate; l’accertamento relativo, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto’).
La  Corte  di  Appello  si  è  limitata  a  scrivere:  ‘vanno  condivise  le argomentazioni del primo giudice in ordine al difetto di prova della tempestività della denuncia ex art. 1667 c.c. rispetto al data della scoperta’.
La  motivazione  è  meramente  apparente  non  dando  contezza dell’effettivo  esame  del  motivo  di  appello  né  quindi  delle  ragioni della conferma della decisione di primo grado.
Con l’accoglimento del quarto motivo restano assorbiti il quinto e l’ottavo.
 In  conclusione  vanno  accolti  il  quarto,  il  sesto  e  il  settimo motivo, vanno dichiarati assorbiti il quinto e l’ottavo motivo, vanno rigettati  gli  altri.  La  sentenza  impugnata  deve  essere  cassata  in riferimento ai motivi accolti. La causa deve essere rinvia alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese.
PQM
la  Corte  accoglie  il  quarto,  il  sesto  e  il  settimo  motivo  di  ricorso, dichiara assorbiti il quinto e l’ottavo motivo, rigetta gli altri, cassa la  sentenza  impugnata  e  rinvia  la  causa  alla  Corte  di  Appello  di Firenze in diversa composizione anche per le spese.
Roma 23 gennaio 2024.
Il Consigliere est.                Il Presidente NOME COGNOME               NOME COGNOME