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Garanzia soci: firma ‘in proprio’ vincola anche loro

In un caso riguardante una garanzia soci, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’espressione ‘in proprio’ in un contratto crea un’obbligazione personale per i firmatari, distinta da quella della società che rappresentano. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva dato un’interpretazione illogica e priva di significato alla clausola, violando i principi di interpretazione letterale e di conservazione del contratto. La causa è stata rinviata per una nuova valutazione.

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Garanzia Soci: Quando la Firma ‘in Proprio’ Vincola Personalmente

L’ordinanza n. 2049/2024 della Corte di Cassazione offre un chiarimento cruciale sulla garanzia soci e sull’interpretazione delle clausole contrattuali. La Suprema Corte ha stabilito che l’espressione ‘in proprio’, inserita in un contratto, non è una mera formalità, ma assume un peso giuridico preciso, vincolando personalmente i soci firmatari al di là del loro ruolo di rappresentanti legali della società. Questa decisione ribadisce l’importanza di un’interpretazione letterale e logica dei contratti, censurando le letture che svuotano di significato le pattuizioni delle parti.

I Fatti di Causa: La Controversia sulla Garanzia dei Soci

La vicenda trae origine da una richiesta di pagamento di quasi 500.000 euro, avanzata da due creditori nei confronti di due soci di una S.r.l. I creditori sostenevano che i due soci avessero personalmente garantito, con una scrittura privata, il debito contratto dalla loro società (‘Area Costruzioni’) verso un’altra società (‘Mecri’). Il debito derivava dalla compravendita di terreni edificabili.

La scrittura privata conteneva una clausola cruciale in cui si affermava che ‘i sottoscritti, tutti, in proprio, riconoscono reciprocamente e accettano tutte le scritture’. Proprio su questa espressione si è concentrato il contenzioso legale.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le pretese dei creditori. Secondo i giudici di merito, la scrittura privata non conteneva una chiara volontà dei soci di assumere un’obbligazione personale. La loro firma ‘in proprio’ era stata interpretata come un mero atto di approvazione dell’operazione societaria, necessario per le successive registrazioni contabili e fiscali, ma non come una vera e propria garanzia soci a livello personale.

L’Analisi della Cassazione sulla Garanzia Soci

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato questa interpretazione, giudicandola ‘implausibile’ e ‘del tutto inappagante’. I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dei creditori, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame.

La Violazione dei Canoni di Interpretazione Contrattuale

La Suprema Corte ha evidenziato come i giudici di merito abbiano violato fondamentali canoni ermeneutici. In primo luogo, è stato violato l’art. 1362 del codice civile, che impone di indagare la comune intenzione delle parti partendo dal senso letterale delle parole. L’espressione ‘in proprio’ ha un significato inequivocabile nel linguaggio giuridico: indica un’assunzione di responsabilità a titolo personale, distinta da quella assunta in qualità di rappresentante legale. Ignorare questo dato letterale ha portato a un’interpretazione errata.

Il Principio di Conservazione del Contratto

In secondo luogo, la Cassazione ha richiamato l’art. 1367 del codice civile, noto come principio di conservazione del contratto. Secondo tale principio, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono essere interpretati nel senso in cui possano avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno. L’interpretazione della Corte d’Appello rendeva la clausola ‘in proprio’ del tutto inutile e priva di senso, un ‘ultroneo impegno’ che non aggiungeva nulla a quanto già derivava dalla firma come rappresentanti legali. Questo approccio è stato censurato come logicamente e giuridicamente insostenibile.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione sono state nette: un’interpretazione che priva di significato una clausola contrattuale, specialmente quando questa ha un chiaro senso letterale, è illegittima. Il giudice non può fornire giustificazioni ‘palesemente inconferenti’ per svuotare di contenuto la volontà delle parti. L’assunzione di un’obbligazione ‘in proprio’, accanto a quella in qualità di rappresentante legale societario, non può essere derubricata a una semplice formalità contabile. È un impegno aggiuntivo e distinto, che deve essere riconosciuto e tutelato. La Corte ha quindi affermato il principio secondo cui il giudice viola i canoni ermeneutici se l’interpretazione risulta logicamente implausibile rispetto al dato letterale e se priva di significato l’assunzione di responsabilità personale dei sottoscrittori.

le conclusioni

In conclusione, con l’ordinanza n. 2049/2024, la Cassazione rafforza la certezza dei rapporti giuridici e il valore della parola scritta nei contratti. La decisione serve da monito: la garanzia soci è una questione seria e l’uso di termini come ‘in proprio’ ha conseguenze giuridiche precise. I soci che firmano accordi per conto della propria società devono essere consapevoli che l’aggiunta di tale dicitura può comportare la loro responsabilità personale e illimitata. La causa torna ora alla Corte d’Appello, che dovrà attenersi a questi principi per qualificare correttamente il negozio come fideiussione o garanzia autonoma e decidere nuovamente nel merito.

Quando la firma di un socio su un contratto societario lo impegna anche personalmente?
Secondo la Corte di Cassazione, un socio si impegna personalmente quando nel contratto viene usata l’espressione ‘in proprio’ o una dicitura equivalente. Questa clausola non è una mera formalità, ma indica la chiara volontà di assumere un’obbligazione a titolo personale, distinta e aggiuntiva rispetto a quella della società che rappresenta.

Qual è la differenza tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia?
Sebbene la Corte non decida quale delle due figure ricorra nel caso specifico (rimettendo la qualificazione al giudice del rinvio), nel testo menziona che il contratto autonomo di garanzia si caratterizza, rispetto alla fideiussione, per l’assenza di accessorietà. Ciò significa che il garante non può opporre al creditore le eccezioni che spetterebbero al debitore principale, obbligandosi a pagare ‘a prima richiesta’.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto ‘implausibile’ l’interpretazione dei giudici d’appello?
La Corte ha ritenuto implausibile l’interpretazione perché violava due principi fondamentali dell’interpretazione contrattuale: il criterio letterale (art. 1362 c.c.) e il principio di conservazione (art. 1367 c.c.). L’interpretazione dei giudici di merito ignorava il chiaro significato dell’espressione ‘in proprio’ e, di conseguenza, rendeva la clausola completamente inutile e priva di qualsiasi effetto giuridico, cosa che va contro la logica e la legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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