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Garanzia impropria e vendita: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di vendita di un orologio di lusso rivelatosi contraffatto. L’acquirente finale ha citato in giudizio il rivenditore, che a sua volta ha chiamato in causa il suo fornitore. La Corte ha stabilito che, in caso di garanzia impropria, la domanda dell’attore si estende automaticamente al terzo chiamato se quest’ultimo viene indicato come l’unico e vero responsabile. Ha inoltre chiarito l’uso della prova presuntiva per determinare il momento della contraffazione, rigettando il ricorso del fornitore originario e confermando la sua responsabilità.

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Garanzia Impropria: Chi Paga per l’Orologio Contraffatto?

L’acquisto di beni di lusso, specialmente quando passano attraverso diversi intermediari, nasconde insidie complesse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo i meccanismi di responsabilità in una catena di vendita e il funzionamento della garanzia impropria. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere come la legge individua il colpevole quando un prodotto si rivela non autentico.

I Fatti: La Catena di Vendita di un Orologio di Lusso

Un acquirente acquista un prestigioso orologio di lusso da una gioielleria. Successivamente, nel tentativo di rivenderlo, scopre l’amara verità: l’orologio è contraffatto, contenendo componenti non originali. L’acquirente decide quindi di agire legalmente contro la gioielleria, chiedendo la risoluzione del contratto, la restituzione del prezzo pagato e il risarcimento dei danni.

La gioielleria, a sua volta, si difende sostenendo di aver ricevuto l’orologio in esecuzione di un mandato a vendere da un fornitore terzo. Pertanto, chiama in causa quest’ultimo, chiedendo di essere tenuta indenne da ogni responsabilità e indicandolo come l’effettivo responsabile del danno.

L’Iter Giudiziario: Dal Tribunale alla Cassazione

Il Tribunale di primo grado accoglie la domanda dell’acquirente, condannando la gioielleria a restituire il prezzo. Tuttavia, respinge la domanda di manleva contro il fornitore originario, ritenendola generica. La Corte d’Appello, invece, ribalta parzialmente la decisione: pur confermando la condanna della gioielleria verso l’acquirente, accoglie la domanda di garanzia e condanna il fornitore originario a rifondere alla gioielleria tutte le somme pagate.

Il fornitore, ritenendosi ingiustamente condannato, ricorre in Cassazione, sollevando diverse questioni procedurali e di merito.

La Garanzia Impropria e l’Estensione Automatica della Domanda

Uno dei punti cruciali del ricorso riguardava la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (ultrapetizione). Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello non potesse condannarlo direttamente nei confronti della gioielleria perché la domanda originaria dell’acquirente era rivolta solo a quest’ultima. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo un aspetto fondamentale della garanzia impropria.

Quando un convenuto chiama in causa un terzo non solo per essere manlevato, ma indicandolo come l’unico e vero soggetto obbligato nei confronti dell’attore, la domanda principale si estende automaticamente al terzo. Non è necessaria una richiesta esplicita da parte dell’attore. Questo avviene perché la responsabilità del terzo e quella del convenuto si pongono in un rapporto di alternatività basato sullo stesso fatto costitutivo. In questo caso, il fatto era l’inadempimento contrattuale derivante dalla vendita di un bene contraffatto.

Il Ruolo della Prova Presuntiva nella Decisione

Un’altra censura mossa dal ricorrente riguardava la prova della sua responsabilità. Egli sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente presunto che l’orologio fosse già contraffatto al momento della consegna alla gioielleria, senza prove concrete. La Cassazione ha ritenuto infondato anche questo motivo.

I giudici di legittimità hanno spiegato che la prova presuntiva è un valido strumento a disposizione del giudice. Partendo da un fatto noto (la consegna dell’orologio dal fornitore alla gioielleria), la Corte d’Appello ha logicamente dedotto un fatto ignoto (che l’orologio fosse già contraffatto in quel momento), data l’assenza di prove attendibili che la contraffazione fosse avvenuta in una fase successiva della catena di passaggi. Il ragionamento presuntivo, basato su indizi gravi, precisi e concordanti, è stato considerato corretto e sufficiente a fondare la responsabilità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato e rigettato tutti i cinque motivi di ricorso. In sintesi:
1. Contestazione della consegna: La Corte ha ritenuto pacifico che l’orologio fosse stato consegnato dal fornitore alla gioielleria, basandosi sulla corrispondenza del numero di serie in un elenco allegato al mandato a vendere.
2. Omessa considerazione di prove: La Corte d’Appello non ha omesso di valutare le perizie, ma ha concluso che non esisteva alcun accertamento attendibile sull’autenticità dell’orologio nelle varie fasi di cessione, giustificando così il ricorso alla presunzione.
3. Attendibilità dei testi: La valutazione delle testimonianze rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
4. Violazione delle norme sulla presunzione: Il ragionamento della Corte d’Appello è stato ritenuto immune da vizi logici. La presunzione si è basata su un fatto noto (la consegna) per inferire un fatto ignoto (la contraffazione preesistente), configurando una corretta applicazione dell’art. 2729 c.c.
5. Ultrapetizione e chiamata in garanzia: La Corte ha ribadito il principio consolidato secondo cui, nella garanzia impropria con indicazione del terzo come unico responsabile, la domanda attorea si estende automaticamente a quest’ultimo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida due principi di grande importanza pratica. In primo luogo, rafforza la tutela dell’acquirente finale, che vede la propria azione estendersi automaticamente al soggetto indicato come vero responsabile, senza dover modificare la propria domanda. In secondo luogo, chiarisce che in una catena di vendite, in assenza di prove contrarie, si può presumere che il difetto del bene preesistesse alla sua consegna da parte del primo cedente. Questo principio pone un onere probatorio significativo su chi vende beni usati o di seconda mano, che deve essere in grado di dimostrare l’integrità e l’autenticità del prodotto al momento della cessione per non incorrere in responsabilità.

Se un venditore viene citato in giudizio e chiama in causa il suo fornitore indicandolo come unico responsabile, la domanda dell’acquirente si estende automaticamente al fornitore?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, nel caso di chiamata in garanzia impropria in cui il convenuto individui il terzo come l’unico vero obbligato, la domanda principale si estende automaticamente a quest’ultimo, anche senza una richiesta esplicita dell’attore.

Come può un giudice stabilire chi ha contraffatto un bene se questo è passato di mano più volte?
Il giudice può utilizzare la prova presuntiva. Partendo da un fatto provato (ad esempio, la prima consegna del bene nella catena di vendita), può logicamente dedurre un fatto ignoto (che il bene fosse già contraffatto in quel momento), specialmente se mancano prove credibili che la contraffazione sia avvenuta in seguito.

La responsabilità per la vendita di un prodotto contraffatto ricade solo sul venditore finale?
No. La responsabilità può risalire la catena commerciale. Se il venditore finale dimostra di aver ricevuto il bene già contraffatto dal suo fornitore, può chiamarlo in causa per essere liberato da ogni responsabilità, e la condanna può essere emessa direttamente a carico del fornitore originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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