Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15622 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15622 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21486/2023 R.G. proposto da : NOME COGNOME elettivamente domiciliato in PESCARA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1152/2023 depositata il 18/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con decreto telematico del 13 aprile 2015 il Tribunale di Pescara ingiungeva a RAGIONE_SOCIALE di pagare l’importo di euro 74.990,52 oltre interessi e spese, in favore di NOME COGNOME sulla base di una polizza fideiussoria rilasciata dalla società in relazione al contratto preliminare di compravendita stipulato tra la società RAGIONE_SOCIALE
e l’ingiungente, beneficiario della polizza. A tale contratto preliminare non aveva fatto seguito il definitivo, per inadempimento della società.
Avverso tale decreto proponeva opposizione la società RAGIONE_SOCIALE deducendo la carenza dei presupposti di cui all’articolo 3 del decreto legislativo del 20 giugno 2005, n. 122 per l’escussione della polizza in quanto il contratto preliminare si sarebbe risolto prima della dichiarazione di fallimento della promittente venditrice. Contestava, altresì, l’entità della pretesa, perché comprensiva delle spese sostenute per ottenere la risoluzione del contratto e non imputabili alla società.
Si costituiva l’opposto contestando i motivi dell’atto di citazione.
Il Tribunale di Pescara, con sentenza del 18 maggio 2020, revocava il decreto ingiuntivo rilevando che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’escussione della garanzia fideiussoria presupponeva la persistente efficacia del contratto preliminare di compravendita, allorché si sia verificata la situazione di crisi del promittente venditore.
Secondo il Tribunale, il testo dell’articolo 3, terzo comma detta una disciplina peculiare rispetto ad altre ipotesi di crisi del costruttore. Infatti, a differenza del pignoramento immobiliare, nel caso di procedure concorsuali riguardanti il costruttore, la norma impone al promissario acquirente che voglia escutere la garanzia fideiussoria,
di non risolvere dal contratto, così contemperando la tutela degli acquirenti con quella dei creditori.
Nel caso di specie, l’opposto avrebbe ottenuto la risoluzione del contratto preliminare a seguito di recesso, determinato dall’inadempimento del venditore, con condanna di quest’ultimo al pagamento del doppio della caparra. Si sarebbe, pertanto, estinto, sia il vincolo contrattuale, che la garanzia fideiussoria, e ciò prima dell’accertamento dello stato di crisi, intervenuto con la successiva sentenza di fallimento. Da ciò discenderebbe l’irrituale riscossione della polizza da parte di NOME COGNOME.
Avverso tale decisione proponeva appello il creditore, si costituiva la società RAGIONE_SOCIALE e la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 18 luglio 2023, rigettava l’impugnazione condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decreto propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a due motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., la violazione dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 122 del 2005 e l’errata riconducibilità della risoluzione del preliminare alla volontà del promittente acquirente, mentre questa sarebbe avvenuta per scadenza del termine essenziale e quindi ope legis.
L’articolo 20 del contratto preliminare prevedeva la stipula del definitivo entro il 30 settembre 2012 e tale termine era qualificato come essenziale, nell’interesse della promittente venditrice. Pertanto, la scadenza di quel termine essenziale determinava la risoluzione del contratto di diritto, con ciò rendendo irrilevante il profilo dell’imputabilità dell’inadempimento.
Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. e 132 c.p.c. la nullità della sentenza per motivazione apparente, in relazione al terzo motivo di appello, con il quale il
ricorrente aveva contestato la ritenuta accessorietà della polizza fideiussoria rispetto al contratto preliminare.
La sentenza impugnata avrebbe attribuito natura accessoria alla garanzia, rispetto al contratto preliminare, senza fornire alcuna reale motivazione. In sede di appello era stata contestata la sussistenza della accessorietà della polizza fideiussoria, prospettandone una natura atipica per il fatto che l’utilità in denaro che il COGNOME avrebbe potuto richiedere alla compagnia di assicurazione, costituirebbe un bene affatto diverso rispetto a quello oggetto del contratto preliminare.
La polizza presenterebbe, poi, caratteri propri del contratto autonomo di garanzia, per cui trattandosi di polizza fideiussoria autonoma, l’estinzione dell’obbligazione principale non comporterebbe l’estinzione di quella accessoria. Sulla base di tale rico struzione giuridica deriverebbe l’obbligo di restituzione, da parte dell’impresa costruttrice, delle somme che la stessa ha incassato nel caso di inadempimento e conseguente risoluzione del contratto.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati. La questione riguarda l’ambito di applicabilità al caso di specie del disposto dell’art. 3 del d.lgs. n. 122/2005.
Ai sensi dell’art. 3, co. 1, del d.lgs. n. 122/2005, la fideiussione rilasciata in occasione della conclusione di un contratto avente ad oggetto l’acquisto di un immobile da costruire, è destinata a garantire la restituzione delle somme corrisposte dal promittente compratore per l’acquisto di detto immobile, nel caso in cui il costruttore incorra in una situazione di crisi, definita secondo i termini di cui al secondo comma del medesimo art. 3.
In forza di tale ultima disposizione, costituiscono “situazione di crisi” la trascrizione del pignoramento relativo all’immobile oggetto del contratto (lett. a), ovvero la pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento o del provvedimento di liquidazione coatta
amministrativa (lett. b), la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo (lett. c), ovvero la pubblicazione della sentenza che dichiari lo stato di insolvenza o, se anteriore, del decreto che disponga la liquidazione coatta amministrativa o l’amministrazione straordinaria (lett. d).
Ai sensi del terzo comma del medesimo art. 3, la fideiussione può essere escussa a decorrere dalla data in cui si è verificata la situazione di crisi così definita, a condizione che, per l’ipotesi di cui alla lett. a), l’acquirente abbia comunicato al costruttore la propria volontà di recedere dal contratto preliminare e, per le ipotesi successive, l’organo della procedura concorsuale non abbia comunicato la volontà di subentrarvi.
Sulla base di tale quadro normativo, la questione sottoposta all’esame della Corte territoriale riguardava la verifica dei requisiti di operatività della norma sopra citata. In particolare, se le condizioni richiamate al terzo comma dell’art. 3 siano integrate dalla mera comunicazione della volontà del promittente compratore di recedere dal contratto preliminare o dalla necessità che l’organo della procedura concorsuale non abbia comunicato la propria volontà di subentrarvi, ovvero se ricorra l’ulteriore re quisito della sussistenza, al momento dell’insorgenza di una situazione di crisi, della persistente efficacia del contratto preliminare.
Tale valutazione va operata sulla base della situazione fattuale specifica oggetto di esame ed in considerazione della causa concreta dello stipulato contratto di garanzia rilasciata in favore del promittente compratore, che è quella di rientrare in possesso delle somme anticipate nel caso in cui il costruttore non provveda al trasferimento della proprietà, o di altro diritto reale sull’immobile da costruire, per essere insorta una delle situazioni di crisi definite dallo stesso legislatore.
Sulla questione questa Corte ha raggiunto soluzioni che riflettono due diverse impostazioni: un primo indirizzo espresso dalla sentenza
n. 11761 del 2018, ove si è affermata l’irrilevanza, a i fini dell’operatività della garanzia fideiussoria per cui è causa, del fatto che i contratti preliminari siano ancora efficaci tra le parti; e Cass. n. 21792 del 2019, che ha privilegiato la soluzione condivisa anche da Cass. n. 1571 del 2020 di questa Corte.
Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito non si fa invero carico della specificità del caso concreto (prospettato come recesso per inadempimento della controparte ovvero per altra causa) specificando se l’ipotesi è compatibile con la ratio della norma che è quella di garantire il promittente compratore di tornare in possesso delle somme anticipate nel caso in cui il costruttore non provveda al trasferimento della proprietà o di altro diritto reale sull’immobile da costruire.
Con riferimento specifico al termine essenziale la motivazione non consente di comprendere l’ iter argomentativo seguito dalla Corte territoriale, perché non risulta considerata la disciplina del termine essenziale posto nell’interesse del promittente venditore e della necessità di adottare ulteriori adempimenti (lettera di messa in mora) per rendere quel termine, essenziale anche per il promittente acquirente.
Il termine essenziale è stato previsto nell’interesse del promittente alienante e non nell’interesse dell’odierno ricorrente, pertanto gli effetti dell’inutile scadenza del termine richiedono l’attivazione della parte nel cui interesse il termine è stato fissato (curatore del fallimento) a decidere se adempiere entro un ulteriore termine oppure dare atto del proprio inadempimento ovvero consentire alla parte adempiente di mettere in mora la controparte prospettando, nel caso di inadempimento del nuovo termine assegnato, la risoluzione del contratto preliminare.
Tali profili non sono stati chiariti dalla corte territoriale al fine di valutare la compatibilità tra la peculiarità del caso concreto, nei termini delineati dalle clausole contrattuali menzionate nella
sentenza impugnata e la ratio del meccanismo previsto dal citato art. 3.
Il giudice del rinvio dovrà pertanto accertare la portata di una siffatta pattuizione e verificarne la reale utilità ove interpretata nel senso di escludere l’operatività della garanzia nella maggior parte dei casi che si verificano nella pratica e, quindi, la compatibilità della stessa con la ratio della legge introdotta per tutelare i promissari acquirenti di un immobile da costruire dal rischio, conseguente al fallimento dell’impresa costruttrice e promittente venditrice, di non acquistare la proprietà dell’immobile (non ancora costruito) e per altro verso non ottenere la restituzione degli acconti versati all’impresa fallita.
Alla fondatezza nei suindicati termini dei motivi consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’A ppello d i L’ Aquila, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’A ppello d i L’ Aquila, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte