Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1970 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1970 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28426/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in BOLOGNA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME, VILLA COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’av vocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
nonchè contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 3028/2022 depositata il 30/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 27 novembre 2018, UnipolSai Assicurazione RAGIONE_SOCIALE.p.ARAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Monza, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME esponendo che in data 15 marzo 2011 i convenuti avevano stipulato con RAGIONE_SOCIALE, sette contratti preliminari di compravendita di immobili per i quali la data di conclusione del contratto definitivo era fissata inderogabilmente per la data del 18 ottobre 2013. La promittente venditrice consegnava agli acquirenti, per ciascun preliminare, una polizza fideiussoria rilasciata dal Consorzio Fidi Garanzia per l’eventuale restituzione delle somme riscosse contestualmente alla sottoscrizione del contratto preliminare, per il caso di inadempimento della promittente venditrice.
Quest’ultima consegnava, altresì, per ciascun contratto preliminare stipulato, una distinta polizza fideiussoria rilasciata da Milano Assicurazioni (successivamente UnipolSai) a garanzia della restituzione dei corrispettivi riscossi prima del trasferimento per il caso in cui la stessa fosse incorsa in un ‘situazione di crisi’ sensi dell’articolo 3, secondo comma del decreto -legge n. 122 del 2005.
Aggiungeva che il promittente venditore non aveva trasferito la proprietà nel termine previsto e il Tribunale di Monza ne aveva dichiarato il fallimento con sentenza del 16 luglio 2018. Ricorrendo pertanto una ‘situazione di crisi’ i convenuti Villa avevan o escusso le garanzie che facevano capo a UnipolSai Assicurazioni. Tutto ciò premesso quest’ultima riteneva che l’ipotesi di risoluzione di diritto ai sensi dell’articolo 1457 c.c. dei contratti preliminari prima della verificazione della situazione di crisi del promittente venditore avrebbe reso non operativa la garanzia rilasciata ai sensi del decreto legislativo 122 del 2005 e chiedeva dichiararsi l’insussistenza del diritto dei convenuti ad escutere le polizze fideiussoria.
Si costituivano i convenuti contestando la pretesa e spiegando domanda riconvenzionale per la declaratoria di efficacia delle polizze e condanna alla corresponsione dei relativi importi.
Il Tribunale di Monza, con sentenza del 1° settembre 2020, rigettava la domanda di accertamento negativo proposta dall’assicuratore e accoglieva quella riconvenzionale dei convenuti condannando l’attrice a corrispondere a NOME ed NOME COGNOME la somma di euro 360.400 ciascuno, a NOME COGNOME quella di euro 450.600 e a NOME COGNOME l’importo di euro 355.000, oltre interessi e spese di lite.
Secondo il Tribunale l’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 122 non prende in considerazione l’ipotesi di risoluzione del contratto avvenuta precedentemente alla dichiarazione di fallimento (situazione di crisi) per cui la ratio della norma non consentirebbe l’interpretazione prospettata dall’assicuratore poiché tale soluzione porterebbe ad escludere l’operatività della garanzia nella maggior parte dei casi pratici, in cui il fallimento è preceduto da una situazione di crisi caratterizzata da inadempimento della promittente venditrice, con conseguente recesso dei promissari acquirenti e eventuale proposizione di una domanda di risoluzione, eventualmente ex articolo 1453 c.c.
Avverso tale sentenza proponeva appello UnipolSai Assicurazioni sulla base di cinque motivi. Si costituivano in giudizio NOME NOME e NOME COGNOME contestando la fondatezza dei primi quattro motivi; con riferimento al quinto con cui si censurava anche il superamento dei massimali di polizza, chiedevano darsi atto della rinuncia degli appellati NOME e NOME COGNOME a richiedere il pagamento di importi eccedenti i predetti massimali. Spiegavano, altresì, appello incidentale contro la parte della sentenza che aveva riconosciuto gli interessi dalla data della messa in mora, anziché da quella dei singoli versamenti, concludendo per la condanna dell’appellante al pagamento degli interessi legali e sensi dell’articolo 1284 c.c. sugli importi versati dal 15 marzo 2011 al saldo.
Si costituiva con separato atto NOME COGNOME chiedendo il rigetto dell’appello. Con successivo atto depositato il 10 febbraio 2021, denominato appello incidentale, richiedeva la condanna dell’appellata al pagamento degli interessi a far data dal 15 marzo 2011.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 30 settembre 2022, in accoglimento del quinto motivo dell’appello principale e di quello incidentale proposto da NOME e NOME COGNOME (ritenuto inammissibile quello di NOME COGNOME), ritenuta a ll’efficacia delle polizze fideiussorie condannava Unipol Sai a corrispondere a NOME COGNOME la somma di euro 443.473, oltre interessi dal 15 marzo 2011, ad NOME COGNOME la somma di euro 356.817, oltre interessi con la medesima decorrenza, a NOME COGNOME la somma di euro 355.000, oltre interessi con la medesima decorrenza e a NOME COGNOME l’importo di euro 356.817 oltre interessi dalla data di messa in mora, al saldo con condanna dell’appellante al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione UnipolSai, affidandosi a due motivi. Resistono con unico atto i controricorrenti NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME contestando i motivi di
impugnazione e, con separato atto, NOME COGNOME Parte ricorrente deposita memoria ex articolo 380 bis c.p.c., come pure i controricorrenti NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME.
Motivi della decisione
Con il secondo motivo, che va anzitutto esaminato in quanto logicamente prioritario, si deduce, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c. la violazione l’articolo 1454 c.c. La sentenza sarebbe errata nella parte in cui ha ritenuto i contratti preliminari non risolti nonostante l’invio di diffide a adempiere ai sensi dell’articolo 1454 c.c., d a parte dei promettenti acquirenti. La Corte ha ritenuto inidonee quelle diffide poiché non contenevano alcun ‘cenno alla risoluzione contrattuale quale conseguenza della inosservanza della diffida’.
Al contrario, secondo la giurisprudenza di legittimità l’unico onere che grava sulla parte intimata è quello di fissare un termine per l’adempimento, spirato il quale il contratto deve intendersi risolto. Ciò si verificherebbe anche nel caso di intimazione che non contenga la dichiarazione espressa che, decorso infruttuosamente il termine concesso, il contratto si intenderà risolto.
Preliminarmente va esaminato il secondo motivo che riguardando l’argomentazione della Corte territoriale secondo la quale i contratti preliminari sarebbero stati efficaci al momento della escussione delle fideiussioni, giacché la questione risulta assorbente rispetto a quella oggetto del primo motivo.
Il motivo è infondato. La diffida a adempiere ai sensi dell’articolo 1454 c.c. deve contenere la intimazione all’adempimento, la fissazione di un termine perentorio assegnato al debitore per adempiere e l’ammonimento che in difetto il contratto si intender à risolto.
La diffida ad adempiere di cui all’art. 1454 c.c. esige la manifestazione univoca della volontà dell’intimante, non solo di fissare un termine entro cui l’altra dovrà adempiere alla propria prestazione, avvertendo la parte diffidata che l’intimante non è
disposto a tollerare un ulteriore ritardo, ma anche di ritenere risolto ope legis il contratto in caso di mancato adempimento entro tale termine, non potendo tale manifestazione sopraggiungere in un momento successivo alla diffida (Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 32821 del 27/11/2023).
Nella vicenda esaminata nella citata decisione la SRAGIONE_SOCIALE ha escluso l’effetto risolutivo alla diffida, intimata alla controparte dal promittente venditore di un immobile, di procedere alla stipula entro e non oltre il termine di 15 giorni e di restare in attesa dell’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo della stipula notarile del definitivo, in quanto in essa non era specificato se la parte intendeva ottenere l’adempimento o la risoluzione del contratto.
Nel caso in esame, come correttamente allegato dai controricorrenti, nella missiva del 4 giugno 2018 non era presente l’avvertimento riguardo alla volontà di ritenere risolto ope legis il contratto. I controricorrenti hanno ritualmente trascritto il contenuto essenziale dell’intimazione nel quale è previsto che ‘decorso inutilmente tale termine i clienti si riservano di agire a tutela dei propri diritti, ragioni e azioni, quali, ad esempio, l’escussione delle garanzie fideiussorie e il risarcimento di tutti danni subiti e subendi ‘.
Pertanto, ricorre l’ipotesi di diffida corredata dall’indicazione di un termine entro cui adempiere ma priva dell’ammonimento e quindi della dichiarazione di risoluzione del contratto allo spirare del termine. Nel caso di specie, peraltro, gli effetti prospettati sono differenti rispetto alla risoluzione del contratto.
Alla luce di quanto precede deve essere confermata l’argomentazione della Corte secondo cui i contratti sottoscritti dagli odierni controinteressati dovevano ritenersi ancora efficaci al momento in cui hanno escusso le polizze fideiussorie, con conseguente irrilevanza delle censure oggetto del primo motivo di impugnazione [ con il quale si deduce, ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c. la violazione dell’articolo 3, comma tre del decreto legislativo
n. 122 del 2005. La censura riguarda l’argomentazione della Corte territoriale che ha ritenuto sussistente il diritto di escutere le fideiussioni rilasciate da Milano Assicurazioni S.p.ARAGIONE_SOCIALE nonostante la risoluzione dei contratti preliminari verificatasi in data precedente la declaratoria di fallimento del promittente alienante RAGIONE_SOCIALE La Corte territoriale avrebbe ritenuto convincente l’argomentazione svolta dalla suprema Corte nella sentenza n. 1761 del 2018 e non quella, di senso opposto, oggetto della sentenza n. 21792 del 2019 e dell’ordinanza n. 1571 del 2020. Una siffatta statuizione violerebbe il principio di stabilità delle decisioni giurisprudenziali secondo cui non ci si può discostare da una interpretazione del giudice di legittimità senza delle apprezzabili ragioni giustificative. Nel caso di specie la giurisprudenza di legittimità successiva ha analiticamente vagliato e criticato le argomentazioni oggetto della precedente sentenza del 2018 evidenziando che nell’attuale contesto sociale il legislatore ha inteso assicurare al costruttore la possibilità di proseguire il rapporto contrattuale nonostante la sussistenza di una situazione di crisi al fine di controbilanciare gli interessi coinvolti, ma tale opportunità potrà realizzarsi soltanto nel caso in cui contratto preliminare sia ancora vigente. Sulla base di una interpretazione teologica del citato articolo 3 l’efficacia del contratto preliminare polizza preliminare intervenuta prima della situazione di crisi del promittente alienante costituisce una condizione necessaria per attivare la fideiussoria giacché la risoluzione del contratto priverebbe la garanzia della sua stessa ragione giustificativa.
In definitiva se la finalità della norma è quella di scongiurare che la sopravvenuta situazione di crisi del promittente venditore leda i diritti dell’acquirente discendenti dal preliminare, ne consegue che il contratto dovrà necessariamente essere ancora efficace al momento del sopraggiungere della situazione di crisi ], che deve pertanto ritenersi assorbito in ragion della infondatezza del secondo motivo.
All’infondatezza del 2° motivo di ricorso, assorbito il 1°, consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 13.200,00, di cui euro 13.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori d legge, in favore dei controricorrenti NOME, NOME e NOME COGNOME; in complessivi € 1 2.200,00, di cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori d legge, in favore del controricorrente NOME COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte