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Garanzia fideiussoria: la prova del pagamento non serve

Una società assicurativa, che aveva rilasciato una garanzia fideiussoria, ha pagato un istituto di credito a seguito dell’inadempimento della società garantita, poi fallita. La richiesta di ammissione al passivo era stata respinta per mancata prova del pagamento. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, statuendo che per l’ammissione al passivo del garante non è necessaria la prova del pagamento, essendo sufficienti la dimostrazione del rilascio della garanzia e l’inadempimento del debitore principale.

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Garanzia Fideiussoria e Fallimento: Prova del Pagamento Non Necessaria per l’Ammissione al Passivo

In un contesto economico complesso come quello attuale, la garanzia fideiussoria rappresenta uno strumento cruciale per la sicurezza delle transazioni commerciali. Tuttavia, cosa accade quando il debitore principale fallisce e il garante, dopo aver pagato, deve recuperare il proprio credito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto procedurale fondamentale: la prova del pagamento non è un requisito costitutivo per l’ammissione del garante al passivo fallimentare. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: una Complessa Catena di Garanzie Internazionali

La vicenda trae origine da un contratto di fornitura tra una società italiana e una committente estera. Per garantire la corretta esecuzione del contratto, era stata attivata una complessa catena di garanzie:
1. Una banca estera emetteva un performance bond a favore della committente.
2. Un primario istituto di credito italiano rilasciava una controgaranzia a favore della banca estera.
3. Una società assicurativa specializzata, a sua volta, prestava una garanzia fideiussoria per coprire parzialmente il rischio dell’istituto di credito italiano.

A seguito dell’inadempimento della società fornitrice italiana, la committente estera escuteva il performance bond. A cascata, la banca estera si rivaleva sulla banca italiana, la quale, dopo aver pagato, chiedeva l’intervento della società assicurativa in virtù della fideiussione. La società assicurativa provvedeva al pagamento di oltre 4 milioni di dollari.

Nel frattempo, la società fornitrice veniva dichiarata fallita. La società assicurativa presentava quindi domanda di ammissione al passivo fallimentare per recuperare la somma versata, chiedendone il riconoscimento in via privilegiata.

Il Percorso Giudiziario e la Questione della Prova

Sia il giudice delegato che il Tribunale, in sede di opposizione, respingevano la domanda della società assicurativa. La motivazione del Tribunale si concentrava su un aspetto puramente probatorio: la quietanza di pagamento prodotta era stata ritenuta inefficace perché la firma era illeggibile e non era stata allegata la procura del soggetto che l’aveva sottoscritta. In sostanza, secondo il giudice di merito, il garante non aveva fornito una prova sufficiente dell’avvenuto pagamento.

L’Analisi della Corte: I Veri Fatti Costitutivi del Diritto del Garante

La Corte di Cassazione, investita del caso, ha ribaltato completamente questa prospettiva, accogliendo il ricorso della società assicurativa. La Suprema Corte ha chiarito un principio di diritto cruciale per la gestione della garanzia fideiussoria in ambito fallimentare.

Le Motivazioni

La Corte ha stabilito che l’accertamento del tribunale era errato. Il diritto del garante a essere ammesso al passivo fallimentare non si fonda sulla dimostrazione di aver già pagato il creditore garantito. I fatti costitutivi del diritto del garante, che devono essere provati per l’ammissione al passivo, sono altri:
1. L’avvenuto rilascio della garanzia.
2. L’inadempimento della società garantita (poi fallita).

Nel caso specifico, il rilascio della controgaranzia da parte della società assicurativa era un fatto pacifico e non contestato. Il focus dell’indagine, secondo la Cassazione, avrebbe dovuto essere sulla verifica dell’inadempimento della società fallita verso i suoi partner contrattuali e sulla conseguente escussione a catena delle garanzie che avevano portato l’istituto di credito a pagare.

Il pagamento effettuato dal garante (la società assicurativa) non è l’elemento che fa nascere il suo diritto, ma rappresenta piuttosto la condizione per poter concretamente esercitare l’azione di regresso e ottenere la soddisfazione del credito. Tuttavia, ai fini della semplice ammissione al passivo, è sufficiente dimostrare l’esistenza del rapporto di garanzia e l’inadempimento del debitore principale. Pertanto, la questione della validità formale della quietanza di pagamento, su cui si era arenato il Tribunale, è stata ritenuta non decisiva.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato il decreto del Tribunale e ha rinviato la causa per un nuovo esame. Questa ordinanza rafforza la tutela del garante, chiarendo che la prova del pagamento non è un prerequisito per l’insinuazione al passivo. È sufficiente dimostrare l’esistenza dell’obbligazione di garanzia e l’inadempimento del debitore principale. Questa precisazione semplifica notevolmente l’onere probatorio per i garanti e garantisce una maggiore certezza del diritto nelle complesse procedure fallimentari.

Cosa deve provare un garante per essere ammesso al passivo del debitore fallito?
Secondo la Corte di Cassazione, il garante deve dimostrare due elementi fondamentali: l’avvenuto rilascio della garanzia e l’inadempimento della società garantita, che ha fatto sorgere l’obbligazione di pagamento a suo carico.

La prova del pagamento al creditore è necessaria per l’ammissione al passivo del garante?
No. La Corte ha chiarito che il pagamento effettuato dal garante non è un fatto costitutivo del suo diritto ad essere ammesso al passivo. È sufficiente che il credito del garante sia sorto a causa dell’inadempimento del debitore principale e dell’esistenza della garanzia.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale?
La Corte ha annullato la decisione perché il Tribunale aveva erroneamente basato il rigetto della domanda sulla presunta mancata prova del pagamento da parte del garante, ritenendolo un elemento decisivo. La Cassazione ha invece stabilito che i fatti costitutivi del diritto erano altri (rilascio della garanzia e inadempimento del debitore) e che il Tribunale avrebbe dovuto concentrarsi su quelli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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