Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15941 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15941 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/06/2024
ha pronunciato la seguente
ordinanza
sul ricorso 23497/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME; -controricorrente-
COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati- avverso la sentenza della Corte di appello di Milano 4869/2019 del 5/12/2019.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE conviene dinanzi al Tribunale di Pavia NOME e NOME COGNOME in azioni di risarcimento dei danni ex art. 1337 c.c., di riduzione del prezzo ex artt. 1480, 1489 c.c. e di risarcimento per l’inadempimento contrattuale . L’attrice allega: (a) i convenuti, quali venditori di un terreno (contratto definitivo del 22/7/2010, preceduto da preliminare)
Adunanza camerale 15/5/24
hanno garantito a lei, quale compratrice, l’esistenza di una servitù di passaggio su una porzione di terreno di proprietà di NOME COGNOME; (b) che esiste una servitù passiva di elettrodotto sotterraneo non dichiarata; (c) di non aver potuto completare nei tempi e nei modi previsti un progetto edilizio. Inoltre, l’attrice conviene in giudizio altresì COGNOME per l’accertamento della usucapione della servitù di passaggio. Il Tribunale rigetta le domande. La Corte di appello riforma parzialmente, accogliendo la domanda risarcitoria (€ 11.016) per la mancata dichiarazione di esistenza della servitù di elettrodotto, con conferma nel resto.
Ricorre in cassazione l’attrice con sei motivi, illustrati da memoria. Resiste COGNOME con controricorso e memoria.
Ragioni della decisione
– Il primo motivo (p. 9) denuncia che la Corte di appello ha omesso di interpretare una clausola del contratto di compravendita (p. 9) come di garanzia dell’esistenza di una servitù di passaggio sul fondo altrui. Si deduce violazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1369, 1371 c.c. e omesso esame circa fatti decisivi.
Il secondo motivo (p. 18) censura che l’art. 1489 c.c. concernente la garanzia che il bene non sia gravato da oneri o da diritti di godimento di terzi (quindi ad es. servitù passive non dichiarate dal venditore) non sia stato applicato alla ipotesi speculare della inesistenza di servitù attive dichiarate, così come concretizzato dalla giurisprudenza. Inoltre, si fa valere che tale garanzia opera senza che abbia rilevanza alcuna l’onere di diligenza da parte del compratore.
I primi due motivi sono da esaminare congiuntamente. Le censure salienti che essi traggono ad oggetto sono le seguenti: la Corte si è fermata al significato letterale delle parole, senza indagare la comune intenzione delle parti, desumibile dal loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto (cfr. art. 1362 c.c.). La chiarezza ha da essere
delle intenzioni, non del testo in sé. La dichiarazione di garanzia non va intesa in senso formalistico.
I primi due motivi non sono fondati.
Nella clausola si dà atto che l’accesso al bene oggetto «si pratica, come in fatto, pacificamente, pubblicamente e senza opposizione di terzi, da oltre 20 anni a mezzo delle aperture esistenti ». La Corte di appello considera (p. 9) che la semplice dichiarazione resa in fase di trattative che ci sia un accesso sul fondo altrui non costituisce né prova, né garanzia dell’esistenza di una servitù di passaggio a carico di quel fondo, mentre – a fronte del tenore testuale della clausola -è invece onere di una parte acquirente diligente accertare l’effettiva situazione di fatto.
Pur stringata, la motivazione non esorbita dai limiti dell’apprezzamento prudente della dichiarazione contrattuale. A fronte di ciò, le doglianze della parte ricorrente danno corpo all’intenzione di sovrapporre il proprio apprezzamento a quello che il giudice di merito ha espresso in una motivazione che non si espone a censure in sede di legittimità.
I primi due motivi sono rigettati.
Il terzo motivo (p. 20) denuncia l’omessa pronuncia sul motivo di appello che ha censurato l’interpretazione erronea della clausola di garanzia d’inesistenza di «liti in corso», al cospetto della diffida inviata dalla RAGIONE_SOCIALE circa un mese prima della stipula del definitivo ai venditori. Essa concerne l’inesistenza del diritto di passare sul proprio fondo e l’intenzione di non concederlo in futuro, con menzione dell’eventua le ricorso a strumenti di tutela. Si deduce violazione degli artt. 112 c.p.c.
Il terzo motivo è infondato.
Da un lato, esso presuppone logicamente l’accertamento positivo della garanzia di esistenza della servitù, che rimane escluso dal rigetto dei primi due motivi. Da un altro lato, gli estremi del vizio di omessa pronuncia (in questo caso: su un motivo di appello) non si rinvengono solo che manchi una statuizione espressa del giudice. È necessario che sia stata omessa la
decisione che si palesa indispensabile alla soluzione della questione, ma ciò non si verifica quando la pronuncia adottata (in questo caso: l’interpretazione della clausola contrattuale) implichi il rigetto della doglianza fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando l’accoglimento della doglianza risulterebbe incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (in questa direzione, cfr. Cass. 2083/2021, cui si rinvia per l’ indicazione di ulteriori precedenti).
Il terzo motivo è rigettato.
3. Il quarto motivo (p. 23) denuncia l’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 n. 5 c.p.c. per la mancata ammissione di istanze di prova testimoniale formulate in primo grado sul progetto di dare in locazione il capannone, nonché per la mancata integrazione della c.t.u. sulla diminuzione di valore.
Il quinto motivo (p. 28) denuncia che la Corte di appello ha rigettato per difetto di prova la domanda di risarcimento del danno emergente e del lucro cessante . Si fa valere l’ingiustificato diniego dell’ integrazione della c.t.u. sulla quantificazione dei danni, la mancata valutazione della testimonianza sull’impedimento alla realizzazione del capannone determinato dalla scoperta della servitù di elettrodotto, il mancato riconoscimento del danno da perdita di chance con riferimento ai canoni di affitto del capannone, nonostante la raggiunta presunzione dell’intenzione di affittare . Si deduce violazione degli artt. 116 co. 6 cost., 132 co. 2 n. 4 c.p.c., omesso esame di fatti decisivi, violazione degli artt. 2697, 2727, 2729, 1223, 1226 c.c.
Il quarto e il quinto motivo possono esaminarsi contestualmente. Essi non sono fondati.
La Corte di appello (p. 9 ss.) ha raggiunto il convincimento che la domanda di risarcimento merita l’ accoglimento in relazione alla sola diminuzione di valore del fondo ed ha espresso ciò attraverso una valutazione analitica delle risultanze dell’istruttoria (compresa la c.t.u.), ha colto il motivo
portante del rigetto delle istanze istruttorie de ll’attrice nel loro carattere generico e indeterminato ed ha in conclusione ritenuto che «la natura e la portata dei pretesi danni conseguenti alla modifica di tempi e modalità previsti per» la costruzione del capannone «non sono state allegate e provate con la necessaria specificità».
Dinanzi ad una motivazione così strutturata, il compito di questa Corte è di verificare che il giudice di merito ha manifestato di aver fatto buon governo del proprio potere di apprezzamento. Ciò è accaduto nel caso attuale. Infatti, il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento in una motivazione effettiva, resoluta e coerente (che rispetti quindi i canoni dettati da Cass. SU 8053/2014). Cosicché egli – in obbedienza al canone di proporzionalità di una motivazione necessaria, idonea allo scopo e adeguata – non è tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. Ovviamente, l’esito positivo della verifica compiuta dalla Corte di cassazione non implica logicamente che essa faccia proprio tale apprezzamento: esso è e rimane del giudice di merito (cfr. l’aggettivo possessivo «suo», impiegato in modo pregnante dall’art. 116 co . 1 c.p.c.).
Il quarto e il quinto motivo sono rigettati.
4. – Il sesto motivo censura il governo delle spese per la mancata riliquidazione delle spese del giudizio di primo grado e la mancata posizione a carico degli appellati, che si sono visti accogliere parzialmente l’appello , il 50% delle spese del giudizio di primo grado.
Il sesto motivo è accolto, per contraddittorietà irriducibile tra il passo finale della motivazione che preannuncia la nuova liquidazione complessiva delle spese processuali e il dispositivo che si ferma alla condanna dei convenuti COGNOME al rimborso in favore dell’attrice del 50% delle spese del solo secondo grado.
-È accolto il sesto motivo di ricorso e, con decisione nel merito, è estesa anche alle spese liquidate nel giudizio di primo grado la condanna dei convenuti COGNOME al rimborso in favore dell’attrice RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 50% delle spese processuali. Sono rigettati i restanti motivi. Sono compensate le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso e, decidendo nel merito, estende alle spese liquidate nel giudizio di primo grado la condanna dei convenuti COGNOME al rimborso in favore dell’attrice RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 50% delle spese processuali; rigetta i restanti motivi; compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma il 15/5/2024.