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Garanzia cessione credito: esclusa se c’è conoscenza

Una società immobiliare acquistava un credito da una procedura fallimentare, che si rivelava inesistente. La Corte di Cassazione ha stabilito che la garanzia cessione credito, prevista dall’art. 1266 c.c., non è operante se l’acquirente (cessionario) era a conoscenza dell’inesistenza del credito al momento dell’acquisto. Di conseguenza, il cessionario non può richiedere il risarcimento per il mancato guadagno (lucro cessante), ma solo la restituzione del prezzo pagato.

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Garanzia cessione credito: se il compratore sa che è inesistente, non ha diritto al risarcimento pieno

La garanzia cessione credito è un meccanismo fondamentale per la sicurezza delle transazioni commerciali. Ma cosa succede se chi acquista un credito è già consapevole della sua inesistenza? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito che la tutela legale viene meno, limitando il diritto del compratore al solo rimborso del prezzo pagato e escludendo il risarcimento per il mancato guadagno.

I fatti di causa

Una società immobiliare aveva acquistato da una procedura fallimentare un credito che quest’ultima vantava verso una terza società. Successivamente, emergeva che il credito era di fatto inesistente, poiché il fallimento vi aveva sostanzialmente rinunciato anni prima.

La società acquirente, sentendosi lesa, si insinuava al passivo del fallimento chiedendo l’ammissione di un credito di importo pari al valore nominale del credito acquistato (oltre 162.000 euro), invocando la garanzia per l’esistenza del credito prevista dall’art. 1266 del codice civile.
Il giudice delegato ammetteva al passivo solo una somma molto inferiore (7.000 euro), corrispondente al prezzo effettivamente pagato per la cessione e per le spese legali, escludendo il cosiddetto lucro cessante, ovvero il profitto che la società si aspettava di realizzare.
Il Tribunale confermava questa decisione, ritenendo che la società acquirente fosse a conoscenza delle vicende che avevano portato all’inesistenza del credito. Di qui il ricorso in Cassazione.

La questione giuridica e la garanzia cessione credito

Il cuore della questione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 1266 del codice civile. Questa norma stabilisce che, nelle cessioni a titolo oneroso, il venditore (cedente) è tenuto a garantire l’esistenza del credito al momento del trasferimento (il cosiddetto nomen verum). Si tratta di un effetto naturale del contratto, che mira a proteggere l’acquirente (cessionario) dall’eventualità di aver comprato un diritto “vuoto”.

La società ricorrente sosteneva che tale garanzia dovesse operare in modo oggettivo, a prescindere dalla buona o mala fede del cessionario. Secondo questa tesi, il semplice fatto che il credito fosse inesistente avrebbe dovuto darle diritto al risarcimento dell’intero valore, comprensivo del guadagno sperato.

La decisione della Corte di Cassazione sulla garanzia cessione credito

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale. Gli Ermellini hanno fornito un’importante precisazione sull’ambito di applicazione della garanzia cessione credito.

Le motivazioni

I giudici hanno spiegato che la ragione giustificatrice della garanzia prevista dall’art. 1266 c.c. risiede nella tutela dell’affidamento del cessionario. La legge protegge chi acquista un credito confidando nella sua esistenza e validità.

Tuttavia, questa protezione viene meno se il cessionario è già a conoscenza dell’inesistenza del credito al momento della stipula del contratto. In un caso del genere, manca proprio il presupposto per l’applicazione della garanzia: l’affidamento da tutelare. Se una parte acquista consapevolmente un bene (in questo caso, un diritto di credito) sapendo che è privo di valore, non può poi pretendere di essere risarcita per il mancato guadagno che ne sarebbe derivato se il bene fosse stato valido.

La Corte ha quindi concluso che la conoscenza dell’inesistenza del credito da parte del cessionario determina il venir meno della ragione giustificatrice dell’obbligo di garanzia a carico del cedente. Di conseguenza, la pretesa del cessionario non può estendersi al lucro cessante (la differenza tra il valore nominale del credito e il prezzo pagato), ma può limitarsi, come correttamente statuito nei gradi di merito, al solo danno emergente, ovvero alla restituzione di quanto effettivamente sborsato per l’acquisto.

La Cassazione ha inoltre dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso, che miravano a una rivalutazione delle prove su cui il Tribunale aveva fondato la propria decisione circa la conoscenza dell’inesistenza del credito da parte della società, ribadendo che tale accertamento di fatto non è sindacabile in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di equilibrio e buona fede nei contratti di cessione del credito. La garanzia cessione credito non è un meccanismo automatico e sanzionatorio, ma uno strumento di tutela finalizzato a proteggere l’affidamento del compratore. Chi acquista un credito pur essendo consapevole della sua invalidità non può beneficiare di tale protezione per lucrare un profitto. La decisione sottolinea l’importanza della buona fede contrattuale e chiarisce che il diritto non può tutelare chi agisce con la consapevolezza di concludere un affare basato su un presupposto inesistente, limitando il suo diritto al solo recupero dell’esborso economico sostenuto.

Cos’è la garanzia del ‘nomen verum’ nella cessione del credito?
È la garanzia, prevista dall’articolo 1266 del codice civile, che il venditore di un credito (cedente) è tenuto a fornire all’acquirente (cessionario), assicurando che il credito esista e sia valido al momento della vendita.

La garanzia sulla cessione del credito opera sempre?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la garanzia non opera se l’acquirente del credito (cessionario) è consapevole, al momento dell’acquisto, che il credito è inesistente. La tutela legale viene meno perché manca l’affidamento del compratore da proteggere.

Cosa può richiedere chi acquista un credito sapendo che è inesistente?
In questo caso, l’acquirente non ha diritto al risarcimento del mancato guadagno (lucro cessante), cioè la differenza tra il valore nominale del credito e il prezzo pagato. Può, tuttavia, richiedere la restituzione del prezzo effettivamente pagato e delle spese sostenute (danno emergente).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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