Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8900 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 8900  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31997/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato  NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
di TRENTO, SEZ.DIST.
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI BOLZANO n. 66/2020 depositata il 09/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
 La  società  RAGIONE_SOCIALE  citava  NOME  COGNOME  davanti  al Tribunale  di  Bolzano per  l’accertamento della  riscossione  –  non conforme ai termini del contratto e/o illegittima – della fideiussione bancaria e la successiva condanna del convenuto alla restituzione dell’importo di denaro di € 71.830,00.
L’attrice deduceva di aver concordato il 15.2.2011, mediante la stipula di due contratti separati, la consegna e il montaggio, nonché la manutenzione di un impianto fotovoltaico nella località montana di Fundres, laddove l’appaltatore avrebbe assicurato una produzione minima annua di 1000 kWh l kWp per un periodo di tre anni e garantito di tenere indenne il committente per l’eventuale mancato verificarsi del promesso risultato economico, con una garanzia bancaria a prima richiesta dell’ammontare di € 80.000,00.
Nei mesi invernali dei primi tre anni dalla messa in funzione dell’impianto fotovoltaico sarebbe risultata una produzione inferiore. Di conseguenza il committente convenuto avrebbe riscosso, in data 28.01.2015, la fideiussione dell’importo di € 71.820,00. Secondo l’attrice, l’escussione della costituita garanzia bancaria sarebbe tuttavia dovuta avvenire nel rispetto delle clausole contrattuali contenute nell’accordo di manutenzione, che avrebbero obbligato il committente a liberare l’impianto, in particolare i moduli fotovoltaici, dalla neve nei mesi invernali. Il convenuto non avrebbe adempiuto a quest’obbligo su di lui
gravante  ed  avrebbe  pertanto  cagionato  lui  stesso  le  perdite  di produzione subite.
Il convenuto  si  costituiva  e  chiedeva  il  rigetto della domanda.
Il Tribunale di Bolzano rigettava la domanda, interpretando le  disposizioni  contrattuali  convenute  dalle  parti  nel  senso  che  il servizio  invernale  non  rientrava  tra  i  compiti  del  convenuto.  Le perdite di produzione determinate dalla neve non valevano come motivo di esclusione della responsabilità in favore dell’appaltatrice ed erano pertanto coperte dalla garanzia bancaria.
Il giudice di primo grado, infine, escludeva anche un’eventuale colpa  concorrente  del  convenuto  per  il  danno  subito;  ciò  nella convinzione  che  lo  sgombero  dei  moduli  fotovoltaici  dalla  neve sarebbe risultato  un  servizio  specialistico  che non  poteva  essere preteso dal gestore dell’impianto.
Contro questa sentenza,  RAGIONE_SOCIALE proponeva appello.
NOME COGNOME si costituiva nel giudizio di impugnazione e proponeva appello in via incidentale.
La Corte d’Appello rigettava l’appello.
La Corte d’Appello richiamava l’orientamento di legittimità (Cass. n. 18995/2016) secondo cui non spetta al committente della garanzia alcuna pretesa restitutoria nei confronti del beneficiario della garanzia in base al rapporto di valuta, fintanto che questi non abbia restituito l’importo di garanzia alla banca garante. Le eccezioni relative all’escussione della garanzia bancaria a prima richiesta da parte del beneficiario devono quindi, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, essere fatte valere solo dopo che è stato effettuato il rimborso a seguito dell’azione di rivalsa
intentata  dalla  banca  di  garanzia  contro  il  committente  della garanzia.
Il rimborso dell’importo di garanzia costituisce pertanto elemento  costitutivo  della  pretesa  restitutoria  e  il  committente attore  della  garanzia  ha  il  relativo  onere  di  allegazione  e  della prova.
Nella specie l’attrice non aveva fornito alcuna allegazione di fatto  in  merito  al  rimborso  del  relativo  importo.  Né  aveva  mai dedotto espressamente l’abusiva escussione della garanzia bancaria.
6.1 In ogni caso, anche volendo considerare come eccezione di  abuso  la  richiesta  attorea  di  accertamento  della  riscossione asseritamente  contraria  ai  termini  del  contratto  e/o  illegittima dell’importo di garanzia da parte del beneficiario di quest’ultima, doveva osservarsi  che  la  prova  della  sussistenza  di  un  abuso  di diritto spettava all’attore .
L’attuale  appellante  non  aveva  fornito  la  prova  di  cui  era onerata  relativa  all’illegittima  escussione  della  garanzia  bancaria nei  confronti  dall’appellato.  Dal  risultato  istruttorio  si  evinceva invece l’inadempimento di quest’ultima ai propri obblighi contrattuali. Infatti, l’attrice non aveva fornito una prova concludente circa l’affidabilità del calcolo predisposto dalla stessa nella fase precontrattuale della redditività dell’opera da realizzare.
La promessa di produttività complessiva dell’impianto fotovoltaico da realizzare sarebbe stata calcolata -secondo la sua esposizione nel merito – con l’ausilio di programmi software.
La Corte evidenziava che anche in base alla dichiarazione di un teste era emerso che la garanzia di produzione comprendeva
anche il periodo invernale e che secondo la stessa fornitrice era inutile correre il rischio dei graffi per spazzare via la neve visto che comunque si sarebbe raggiunta la suddetta quantità di produzione di energia. Dunque, era anche incerto se la produzione di energia elettrica nei mesi invernali fosse stata effettivamente presa in considerazione ai fini del calcolo della capacità di rendimento dell’impianto fotovoltaico. Non era stata fornita alcuna prova concludente del calcolo della capacità produttiva dell’opera realizzata e, di conseguenza, il promesso risultato del rendimento. Da quanto sopra dedotto conseguiva che l’appaltatrice, su cui grava l’onere della prova, non aveva provato il proprio regolare adempimento contrattuale.
 La  società  RAGIONE_SOCIALE  ha  proposto  ricorso  per  cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di otto motivi di ricorso.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
La ricorrente con memoria  depositata in prossimità dell’udienza ha insist ito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione  dell’articolo  24  Costituzione,  degli  articoli  99,  112, 115, 116 c.p.c., oltre che degli articoli 1176, 1175, 1218, 1322, 1375, 1453, 1650 e ss., 2033, 2697, 2907 c.c. in quanto la Corte d’Appello  avrebbe  erroneamente  affermato  che  al  centro  della decisione vi era l’illegittima escussione della garanzia bancaria.
La  Corte  d’Appello  avrebbe  erroneamente  interpretato  la domanda ritenendo che il procedimento riguardasse il rapporto di garanzia mentre invece oggetto della domanda era l’inadempimento rispetto ai contratti per l’installazione e la
costruzione dell’impianto fotovoltaico di cui l’illegittima escussione della garanzia da parte della committente era una conseguenza.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa  applicazione  degli  articoli  1325,  1362,  1363,  1365  c.c.  e dell’articolo  116 c.p.c.,  nella  parte  in  cui il  giudice  d’Appello  non avrebbe accertato la comune intenzione delle parti con riguardo all’obbligo  di  togliere  la  neve  dai  pannelli  fotovoltaici,  peraltro chiaramente  evincibile  dal  testo  dei  contratti  di  installazione, montaggio e manutenzione dell’impianto fotovoltaico.
 Il  terzo  motivo  di  ricorso  è  così  rubricato: violazione  e/o falsa applicazione dell’articolo 24 Cost. degli articoli 1176, 1218, 1227, 1453, 1650 e ss., 2033, 2697 c.c. nonché dell’art. 115 c.p.c. per avere il giudice d’Appello erroneamente ritenuto che l’odierna ricorrente non avesse dimostrato di aver adempiuto ai contratti di fornitura,  montaggio  e  manutenzione  dell’impianto  fotovoltaico stipulati il 15 febbraio 2011.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione per aver omesso di esaminare i fatti decisivi dati dal corretto funzionamento  dell’impianto fotovoltaico e dalla relativa manutenzione da parte della appaltatrice secondo le c.d. legis artis.
I primi quattro motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione  possono  essere  esaminati  congiuntamente,  sono  in parte infondati e in parte inammissibili.
Deve premettersi che l’inserimento in un contratto di fideiussione  di  una  clausola  di  pagamento  “a  prima  richiesta  e senza  eccezioni”  vale  di  per  sé  a  qualificare  il  negozio  come contratto autonomo di garanzia, essendo tale clausola
incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale, non desumibile, peraltro, dalla semplice circostanza che il garante si sia costituito “fideiussore solidale”, atteso che la menzionata rinuncia alle eccezioni contrasta con l’assunzione di un impegno solidale. In particolare, la fideiussione tipica va distinta dalla polizza fideiussoria, quale contratto dalla natura autonoma, anche perché, in quest’ultimo caso, il contraente si impegna ad una prestazione distinta da quella garantita, a nulla rilevando la previsione del diritto di surroga del garante, la quale è connaturale ad ogni garanzia, autonoma o accessoria (Sez. 6-3, Ord. n. 27619 del 2020, Rv. 660059).
In tal caso, pertanto, la banca garante non può agire in regresso nei confronti del beneficiario né può opporgli le eccezioni opponibili dal creditore salvo la c.d. exceptio doli . Infatti, è del tutto consolidato l’orientamento secondo cui non possono essere addotte a fondamento della exceptio doli circostanze fattuali idonee a costituire oggetto di eccezione di merito opponibile nel rapporto principale dal debitore garantito al creditore e beneficiario della garanzia, in quanto elemento fondamentale di tale rapporto è la inopponibilità da parte del garante di eccezioni di merito proprie del rapporto principale ( ex plurimis Sez. 3, Sent. n. 30509 del 2009 Rv. 655839).
In tal caso, poiché come si è detto l ‘autonomia del contratto di garanzia rispetto al rapporto sottostante esclude la surrogazione del garante (che ha pagato adempiendo alla propria obbligazione) nei diritti che il creditore aveva nei confronti del beneficiario questi,
al fine di recuperare le somme versate al beneficiario, può agire in rivalsa nei confronti del debitore che potrà opporre al garante solo la suddetta exceptio doli .
Invece il debitore può chiedere la ripetizione del pagamento della somma  garantita al beneficiario dovendo chiedere la restituzione delle somme a suo tempo versate dal garante e da lui rimborsate  a  titolo  di  risarcimento  del  danno  o  secondo  altra ricostruzione per ripetizione dell’indebito .
In  altri  termini  in  caso  di  contratto  autonomo  di  garanzia  il garante che abbia effettuato il pagamento può ottenere l’immediat a restituzione  della  somma  erogata  al  beneficiario  chiedendola  al debitore  garantito ,  con  conseguente  ricaduta  su  quest’ultimo dell’onere di recuperare dal beneficiario le somme che dovessero risultare indebitamente incassate.
Sulla  base  di  questa  ricostruzione  trilatera  si  è  evidenziato come il debitore sia legittimato a ripetere la somma dal beneficiario soltanto  ove l’abbia  effettivamente  restituita  al  garante e  sulla mancata allegazione e prova del regresso della banca nei confronti della ricorrente si è fondata la prima ratio decidendi della sentenza impugnata.
Pertanto, venendo al caso di specie, non vi è alcun dubbio circa il  fatto  che  la  ricorrente  abbia  agito  in  giudizio  per  accertare l’illegittima  escussione  della  garanzia  fideiussoria  da  parte  della controricorrente che aveva chiesto alla banca garante il pagamento a fronte del reiterato mancato raggiungimento del quantitativo di produzione di energia elettrica che l’attrice aveva garantito .
Di conseguenza, il primo motivo è del tutto infondato in quanto la qualificazione della domanda operata dal Tribunale prima e dalla
Corte  d ‘ Appello  nel  giudizio  di  secondo  grado  corrisponde  alle stesse conclusioni della ricorrente.
Si legge nella sentenza impugnata infatti che parte ricorrente aveva così concluso: accertare e dichiarare che la riscossione della fideiussione bancaria presso la Cassa Raiffeisen di Brunico Soc. Coop. A R.L. dell’importo di € 71.830,00 era non conforme ai termini del contratto e/o illegittima e disporre pertanto, a carico del convenuto Prof. Dott. AVV_NOTAIO NOME COGNOME, titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, la restituzione dell’importo di denaro di Euro 71.830,00 o di quell’importo maggiore o minore che verrà accertato .
L’inadempimento che la ricorrente imputa alla controparte per non avere provveduto a rimuovere la neve che si era depositata sull’impianto  è  diretto  ad  accertare  l’illegittima  escussione  della garanzia.
Il  giudice  del  gravame,  pertanto,  correttamente  ha  ritenuto che  oggetto  della domanda  fosse  la  ripetizione  fatta  valere dall’appellante,  a  causa  dell’escussione  a  prima  richiesta  che asseriva indebita della garanzia bancaria prestata.
Ciò  premesso,  la  censura  che  la  ricorrente  propone  nei confronti della prima ratio decidendi cui  sopra si è fatto cenno è infondata.
La Corte d’Appello, infatti, ha  motivato il rigetto della domanda,  in  primo  luogo,  perché  parte  ricorrente  non  aveva  in alcun modo allegato e provato di aver restituito alla Banca l’importo pagato alla controparte a seguito dell’escussione della fideiussione.
Il  collegio d’Appello ha richiamato il seguente orientamento: In  tema  di  contratto  autonomo  di  garanzia,  qualora  il  garantito
abbia escusso dal garante un importo superiore al danno effettivamente subito, il debitore principale ha diritto di ripetere dal garantito l’eccedenza solo se il garante abbia proposto azione di rivalsa  nei  suoi  confronti,  non  avendo  altrimenti  legittimazione sostanziale a richiedere al garantito quanto da questi indebitamente  percepito  non  da  lui  ma  da  altro  soggetto  (Cass. Sez. 3, 27/09/2016, n. 18995, Rv. 642110 – 01).
Si legge nella sentenza che: non spetta al committente della garanzia alcuna pretesa restitutoria nei confronti del beneficiario della garanzia in base al rapporto valuta, fintanto che questi non abbia restituito l’importo di garanzia alla banca garante. Il rimborso dell’importo di garanzia costituisce pertanto elemento costitutivo della pretesa restitutoria e il committente attore della garanzia ha il relativo onere di allegazione e prova. L’attrice nel caso di specie non ha fornito alcuna allegazione di fatto in merito ad un rimborso dell’importo di garanzia effettuato dalla stessa a favore della banca garante.
La  ricorrente  nel  censurare  tale  statuizione  richiama  la  c.d. allegazione implicita e la conseguente prova per mancata contestazione del fatto allegato implicitamente.
La tesi è priva di fondamento.
La  ricorrente  conferma  di  non  aver  mai  dedotto  allegato  e provato che la banca garante abbia esercitato nei suoi confronti l’azione  di  regresso ,  elemento  costitutivo  della  sua  richiesta  di restituzione nei confronti del beneficiario che asseritamente l’abbia illegittimamente escussa. Tale  circostanza, dunque, non essendo stata  allegata  non  può  ritenersi  provata  per  la  sua  mancata contestazione, non potendosi porre in capo al convenuto l’onere di
dover contestare fatti costitutivi non allegati, anche se presupposti della domanda e il cui onere della prova ricade sull’attore.
Deve darsi continuità al seguente orientamento: Il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, né tale specificità può essere desunta dall’esame dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l’onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (Cass. Sez. 3, 22/09/2017, n. 22055, Rv. 646016 – 01).
Il rigetto del motivo di ricorso relativo alla prima ratio decidendi, trattandosi di una statuizione idonea a sorreggere da sola la decisione, rende inammissibili tutte le restanti censure volte ad affermare che la mancata produzione di energia come garantita nel contratto sia dovuta ad un asserito inadempimento della committente che avrebbe dovuto rimuovere la neve dall’impianto. In altri termini, in caso di plurime rationes decidendi è sufficiente che uno solo dei motivi di ricorso sia infondato, perché la sentenza non possa essere cassata. Deve richiamarsi in proposito il seguente principio di diritto: Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza ( ex
plurimis Sez. 1, Ord. n. 18119 del 2020; Sez. 6-5, Ord. n. 9752 del 2017).
Infine, per completezza deve osservarsi che anche le restanti censure sono inammissibili perché tendono a confutare l’interpretazione del contratto operata dalla corte territoriale che ha accertato che la garanzia della quantità di energia che l’impianto doveva produrre teneva conto anche del possibile deposito della neve nel periodo invernale e di conseguenza ha ritenuto legittimamente escussa la garanzia essendo la ricorrente inadempiente.
È sufficiente in proposito ribadire che l’interpretazione di un atto negoziale è un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, normalmente incensurabile in sede di legittimità, salvo che nelle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, alla stregua del c.d. “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, ovvero, ancora, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, previsti dall’art. 1362 ss. c.c. (Cass. n. 14355 del 2016, in motiv.). Il sindacato di legittimità può avere, quindi, ad oggetto solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass. n. 23701 del 2016). Pertanto, al fine di riscontrare l’esistenza dei denunciati errori di diritto o vizi di ragionamento, non basta che il ricorrente faccia, com’è accaduto nel caso di specie, un astratto richiamo alle regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., occorrendo,
invece, che specifichi, per un verso, i canoni in concreto inosservati e, per altro verso, il punto e il modo in cui il giudice di merito si sia da essi discostato (Cass. n. 7472 del 2011; più di recente, Cass. n. 27136 del 2017). Ne consegue l’inammissibilità del motivo di ricorso che, come quelli in esame, pur denunciando la violazione delle norme ermeneutiche o il vizio di motivazione, si risolva, in realtà, nella mera proposta di una interpretazione diversa rispetto a quella adottata dal giudice di merito (Cass. n. 24539 del 2009), così come è inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da quegli esaminati (Cass. n. 2465 del 2015, in motiv.).
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna  la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte  controricorrente,  che  liquida  in  euro  5600,  più  200  per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai  sensi  dell’art.  13,  co.  1  quater,  del  d.P.R.  n.  115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione