Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3923 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3923 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22822 R.G. anno 2019 proposto da:
NOME , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 3359/2019 depositata il 20 maggio 2019 della Corte di appello di Roma.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 ottobre 2023 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo pronunciato nei suoi confronti dal Tribunale di Roma per la somma di euro 47.681,93: somma, questa, costituente il saldo finale, alla data del 12 novembre 2007, del conto corrente intrattenuto con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. dalla società RAGIONE_SOCIALE, di cui la stessa COGNOME si era resa garante.
Il Tribunale di Roma ha respinto l’opposizione rilevando come l ‘opponente avesse prestato una garanzia autonoma: in conseguenza, ad avviso del Giudice di prime cure, non era alla medesima consentito contestare la prova del quantum .
Il gravame proposto avverso la sentenza di primo grado è stato respinto dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 20 maggio 2019. La detta Corte ha ritenuto che l’esame della questione relativa alla prova del credito fosse preclusa dalla natura della garanzia prestata dall’appellante, la quale imponeva il pagamento «a prima richiesta e senza eccezioni».
La pronuncia della Corte capitolina è impugnata per cassazione da NOME COGNOME con un ricorso articolato in tre motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata in giudizio da RAGIONE_SOCIALE. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo si oppone la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1945 c.c.. Deduce la ricorrente che al garante autonomo è consentito di svolgere ogni contestazione relativa al contratto principale ove il medesimo contravvenga a norme imperative. Avrebbe dunque errato la Corte di appello nel ritenere che la medesima istante, quale garante, non avrebbe potuto contestare il quantum della pretesa azionata.
Col secondo mezzo si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1346, 1418 c.c., dell’art. 117 t.u.b., dell’art.
1283 c.c., dell’art. 1282, comma 2 , e dell’art. 1815 c.c.. Si asserisce che i Giudici del merito avrebbero erroneamente omesso di rilevare d’ufficio le nullità di cui sarebbe stato affetto il contratto di conto corrente, il quale prevedeva l ‘applicazione di interessi anatocistici, l’ addebito di interessi quantificati sulla base degli usi su piazza e una commissione di massimo scoperto da ritenersi illegittima, in quanto convenuta con una pattuizione priva di causa, indeterminata o indeterminabile nell’oggetto e mancante della forma scritta.
Col terzo motivo si lamenta l’« omessa valutazione dei fatti decisivi» e la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 183, comma 6, c.p.c.. La censura investe il tema della tardiva produzione, da parte della banca, degli estratti di conto corrente con cui avrebbe dovuto darsi dimostrazione del saldo finale (estratti che si deduce essere stati versati in atti una volta spirato il termine per la prova diretta). La ricorrente si duole della mancata pronuncia sull’eccezione di intempestività della produzione documentale e assume che, non essendo stata fornita valida prova del credito azionato, la pronuncia impugnata andrebbe cassata.
– Il ricorso è inammissibile.
2.1. Sono anzitutto inammissibili il primo e il secondo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente.
La ricorrente pone, in questa sede, questioni nuove, incentrate sulla nullità del contratto di conto corrente.
Ora, è senz’altro vero che l’ impermeabilità del contratto autonomo di garanzia alle eccezioni di merito del garante trova un limite, oltre che nel caso in cui sia proponibile la cd. exceptio doli generalis seu presentis , basata sull’evidenza certa del venir meno del debito garantito per pregressa estinzione dell’obbligazione principale per adempimento o per altra causale quando la nullità del contrattobase dipenda da contrarietà a norme imperative o illiceità della causa ed attraverso il contratto di garanzia si tenda ad assicurare il risultato
che l’ordinamento vieta (Cass. Sez. U. 18 febbraio 2010, n. 3947, in motivazione, ove i richiami a Cass. 7 marzo 2002, n. 3326, Cass. 14 dicembre 2007, n. 26262 e Cass. 3 marzo 2009, n. 5044). In conformità di tale principio questa Corte ha del resto affermato più volte che al garante autonomo è consentito di sollevare l’eccezione di nullità relativa alla clausola anatocistica del contratto di conto corrente concluso dal debitore garantito (Cass. 31 marzo 2023, n. 9071; Cass. 16 febbraio 2021, n. 3873; Cass. 10 gennaio 2018, n. 371).
Occorre per ò considerare che l’odierna istante non deduce di aver formulato, nel corso del giudizio di merito, alcuna eccezione di nullità con riguardo alla capitalizzazione, agli interessi ultralegali e alla commissione di massimo scoperto: se ne trae conferma dalla stessa memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c. dell’istante , ove si precisa che una invalidità venne prospettata con riguardo al contratto di garanzia, non al contratto di conto corrente (cfr. pag. 2: non integra, evidentemente la deduzione di una nullità contrattuale il rilievo, che si assume formulato in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, per cui « sull’estratto conto ex art. 50 t.u.b. non era riportato il tasso d’interesse applicato» ed era conseguentemente «preclusa, a parte opponente, la possibilità di verificare la legittimità del tasso applicato e la sua conformità alla normativa di riferimento). E’ senz’a ltro vero che le nullità di cui al ricorso per cassazione sono rilevabili d’ufficio: ma è altrettanto vero che esse implicano accertamenti di fatto (basati, in particolare, su di una ricognizione delle pattuizioni contrattuali che interessano). In ciò è il limite alla proponibilità, in questa sede, delle relative questioni. Infatti, nel giudizio di legittimità non è consentito sollevare nuove questioni di diritto, ancorché rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quando esse presuppongano o richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di cassazione, salvo che nelle ipotesi previste dall’art. 372 c.p.c., tra le quali rientra la nullità della sentenza, purché il vizio infici direttamente
il provvedimento e non sia effetto di altra nullità relativa al procedimento (Cass. 8 febbraio 2016, n. 2443; Cass. 5 maggio 2006, n. 10319; Cass. 20 novembre 2002, n. 16331; Cass. 22 marzo 2001, n. 4163; Cass. 23 dicembre 1998, n. 12843 ; per un’applicazione del principio proprio con riferimento all’anatocismo bancario : Cass. 12 aprile 2007, n. 8820).
2.2. – Anche il terzo motivo è inammissibile.
Il mancato esame dell’eccezione di tardività relativa alla produzione degli estratti conto discende dal rilievo, espresso a chiare lettere nella sentenza impugnata, per cui, venendo in questione una garanzia autonoma, non era consentito dibattere della prova del quantum . In tal senso il mezzo di censura si mostra carente di aderenza al decisum e tale evenienza dà ragione della sua inammissibilità (Cass. 3 luglio 2020, n. 13735; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 7 novembre 2005, n. 21490).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione