Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17163 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17163 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5468/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in qualità di fideiussore-garante, RAGIONE_SOCIALE in qualità di fideiussore-garante, elettivamente domiciliati in PESCARA INDIRIZZO con domicilio digitale eletto presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
sul controricorso incidentale proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
– controricorrente e ricorrente incidentalecontro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE COGNOME, elettivamente domiciliati in PESCARA INDIRIZZOdom. dig.) , presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti a ricorso incidentale- avverso SENTENZA CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1306/2023 depositata il 11/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Risulta dalla sentenza impugnata che RAGIONE_SOCIALE in qualità di obbligato principale, nonché RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE in qualità di garanti (nei limiti delle garanzie prestate), hanno proposto opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Pescara in favore di Banca dell’Adriatico S.p.A., incorporata in Intesa Sanpaolo S.p.A., per l’importo di € 312.143,94, a titolo di saldo debitore di rapporto di conto corrente per € 175.962,05 acceso in data 11 ottobre 2006, nonché per saldo di contratto di finanziamento acceso in data 10 novembre 2011 per € 136.181,89 . Gli opponenti hanno dedotto la nullità del contratto in assenza di pattuizione delle condizioni contrattuali, nonché hanno dedotto l’applicazione di interessi anatocistici, la nullità dei costi per spese (con particolare riferimento alla commissione di massimo scoperto), il superamento del tasso soglia, l’illegittimo utilizzo dello ius variandi , l’illegittimità del piano di ammortamento alla francese e la nullità delle fideiussioni.
Il Tribunale di Pescara ha rigettato l’opposizione , con decisione confermata dalla sentenza della Corte di Appello dell’Aquila qui impugnata. Ha ritenuto il giudice di appello che lo ius variandi è stato espressamente pattuito tra le parti, in conformità con il disposto dell’art. 118 d. lgs. n. 385/1993 (TUB) pro tempore , ritenendo che gli
appellanti non avessero assolto all’onere della prova di allegare e individuare le comunicazioni contestate. Ha, poi, escluso l’indeterminatezza dell’apertura di credito appoggiata in conto corrente, regolata per relationem alle condizioni contrattuali del conto corrente.
Il giudice di appello ha, poi, ritenuto irrilevante il superamento del tasso soglia avvenuto in fase di esecuzione del contratto, ove la clausola pattuita abbia tenuto conto del tasso all’epoca vigente.
E’ stata ritenuta legittima la capitalizzazione degli interessi, in quanto assistita da periodicità identica per tassi a credito e tassi a debito, nonché determinata la clausola relativa alla commissione di massimo scoperto. E’, poi, stata confermata la sentenza in punto rigetto dell’espletamento di CTU contabile. E’ stato ritenuto legittimo l’importo dovuto per saldo finanziamento chirografario, benché destinato a ripianare debiti pregressi, ancorché tale finalità non fosse stata dimostrata nel caso di specie.
Il giudice di appello ha, inoltre, ritenuto che non incide sulla validità dei contratti l’omessa indicazione dell’indice sintetico di costo (ISC) e del TAEG, in quanto indicazioni sintetiche delle condizioni economiche applicate al contratto. E’ stata, infine, escluso che i contratti sarebbero stati sottoscritti in stato di bisogno e si è ritenuto che l’ammortamento alla francese non comport i l’applicazione di interessi anatocistici. Il giudice di appello ha, infine, escluso la nullità delle garanzie prestate.
Propongono ricorso per cassazione la società ingiunta e i garanti, affidato a sei motivi, cui resiste con controricorso la banca, che propone a sua volta ricorso incidentale condizionato, affidato a un unico motivo, cui resistono i ricorrenti principali. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 cod. proc. civ., dell’art. 118 TUB, dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto correttamente applicato dalla banca lo ius variandi . Deduce parte ricorrente che, una volta che il correntista ha dedotto l’omesso invio delle comunicazioni di modifica delle condizioni contrattuali, è onere della banca provarne l’invio, né essendo onere del correntista individuare le comunicazioni aventi carattere peggiorativo o, comunque, contestate, con conseguente inefficacia delle modifiche contrattuali peggiorative e applicazione dell’interesse suppletivo di cui all’art. 117, comma 7, TUB . Si deduce, pertanto, che la sentenza impugnata avrebbe invertito le regole di riparto dell’onere della prova addossando al correntista la prova dell’invio delle comunicazioni, onere che in caso di contestazione va assolto dalla banca.
Il primo motivo è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha rigettato il motivo di appello in tema di illegittimo esercizio dello ius variandi perché gli opponenti avevano omesso di individuare quali fossero le comunicazioni di modifica delle condizioni contrattuali peggiorative, circostanza tale da incidere sulla determinatezza della domanda e delle somme oggetto di azione di indebito (« hanno omesso di individuare le comunicazioni di modifica da loro contestate, né hanno indicato in quali periodi sarebbero avvenute e/o quali sarebbero state le condizioni peggiorative applicate dalla Banca, né quali sarebbero le somme da restituire» ). Il tema affrontato nella sentenza di appello non attiene, pertanto, all’onere della prova, ma alla determinatezza della domanda introduttiva, dovendo la banca assolvere al l’onere di dare prova dell’invio delle comunicazioni relative alla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali che si fossero dimostrate in
tesi peggiorative una volta che il cliente abbia indicato i periodi in cui tali modifiche sarebbero state inviate.
Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 cod. proc. civ., dell’art. 118 TUB, dell’art. 2697 cod. civ., nonché della disciplina in tema di capitalizzazione trimestrale e di commissione di massimo scoperto, di decorrenza delle valute nonché delle condizioni contrattuali applicate all’apertura di credito collegata al conto corrente, nonché degli artt. 1282, 1293, 1284, 1418, 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto determinate le condizioni contrattuali e, in particolare, la commissione di massimo scoperto e delle altre voci relative ai tassi e alle spese applicate. Osserva parte ricorrente che il contratto di apertura di credito, per il quale era stata incrementata la disponibilità, non riporta le condizioni contrattuali, deducendo che la sentenza impugnata non avrebbe fatto corretto esame delle risultanze documentali.
Osserva, inoltre, parte ricorrente principale che vi è stata indebita applicazione della capitalizzazione trimestrale, benché avente medesima periodicità, in quanto -a fronte della capitalizzazione infrannuale -non vi sarebbe indicazione del tasso annuo. Deduce che vi sarebbe stata non solo usura sopravvenuta ma anche usura genetica, come esposto nella consulenza di parte, si sarebbe dovuto valutare se le condizioni applicate costituissero nuove condizioni, ovvero modifica di quelle originarie e che nel tasso soglia si sarebbe dovuta calcolare anche la CMS.
Il motivo è inammissibile, in quanto -come correttamente evidenziato dal controricorrente -mira a una rivalutazione del materiale probatorio già oggetto di esame nei due gradi del giudizio di merito, ove è stata accertata la specifica pattuizione delle condizioni contrattuali e la loro determinatezza, nonché il mancato
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superamento del tasso soglia in relazione alle condizioni contrattuali concretamente applicate.
Il motivo è, invece, infondato quanto alla dedotta illecita capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, posto che per i contratti di conto corrente stipulati successivamente alla delibera CICR del 9 febbraio 2000, è sufficiente, ai fini della liceità della capitalizzazione degli interessi, il requisito della reciprocità, ancorché il tasso pattuito per i saldi periodici debitori sia diverso da quello previsto per quelli creditori (Cass., n. 11014/2024). A maggior ragione, non si rivela illecita la clausola che non indichi il tasso annuo, in quanto tasso ricavabile da una mera operazione aritmetica in ragione del tasso applicato per ciascun trimestre.
Con il terzo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 cod. proc. civ., 1418, 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza. Osserva parte ricorrente che erroneamente il giudice di appello non ha disposto CTU, né ha verificato la mancata approvazione delle condizioni economiche, né -infine -ha tenuto in buon conto le risultanze della perizia di parte.
Il terzo motivo va valutato unitamente al quinto motivo del ricorso principale, con il quale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 184, 191 cod. proc. civ., 117, 118 TUB, 1283, 1284, 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza ha ritenuto di non disporre CTU. I due motivi sono inammissibili, posto che la decisione di far ricorso alla CTU spetta al giudice del merito, denunciabile in cassazione solo in relazione all’anomalia motivazionale (Cass., n. 7472/2017), consulenza che il giudice di appello ha ritenuto superflua con motivazione immune da censure (« deve osservarsi, in relazione alla fattispecie, come il Tribunale abbia condivisibilmente escluso la necessità di disporre la CTU chiesta dagli
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opponenti, siccome resasi superflua in seguito alla reiezione di tutte le censure da loro mosse nei confronti della pretesa creditoria azionata dalla Banca in monitorio »). La censura relativa alla mancata valorizzazione della perizia di parte si risolve, invece, in un nuovo apprezzamento delle prove, che spetta ugualmente al giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità.
Con il quarto motivo del medesimo ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 cod. proc. civ., 1418, 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il finanziamento non fosse affetto da nullità, senza avere la sentenza impugnata verificato il saldo al momento dell’erogazione del finanziamento, nonché nella parte in cui ha ritenuto irrilevante l’omessa indicazione nel TAEG nel contratto . Parte ricorrente ripropone la censura secondo cui il contratto sarebbe stato stipulato per ripianare un precedente indebitamento artificiosamente creato dalla banca per pregressa applicazione di clausole illegittime. Insiste, inoltre, per la declaratoria di indeterminatezza delle clausole contrattuali, ove non sia previsto negozialmente l’indicazione del TAEG, con conseguente nullità del contratto, nonché per la nullità dell’ammortamento alla francese nella parte in cui genera interessi anatocistici, composti o compensativi.
Il quarto motivo è inammissibile nella parte in cui deduce la nullità del finanziamento per avere questo ripianato un precedente indebitamento artificiosamente creato per effetto di indebita applicazione di interessi usurari, in quanto circostanza in fatto esclusa dal giudice di appello (« l’invocata nullità presupponeva la prova non fornita dagli opponenti -che le passività maturate sul conto corrente alla data dell’erogazione del finanziamento stesso derivassero da somme addebitate dalla Banca a titolo di interessi, spese e commissioni superiori in percentuale al tasso soglia »). Né il ricorrente può limitarsi a richiamare genericamente atti e documenti, benché
allegati al ricorso, senza indicare le parti di tali documenti in cui le circostanze in fatto sarebbero state indicate, con conseguente difetto di specificità della censura (« quanto indicato con l’atto di gravame (doc. E1), dagli estratti conto (doc. E12), dal contratto di finanziamento chirografario n° NUMERO_DOCUMENTO (vedasi doc. I) e dalla perizia del tecnico dei ricorrenti (doc. E 11)» : pag. 29 ricorso) .
11. Il quarto motivo è, invece, infondato nella parte in cui deduce la nullità nel contratto di finanziamento del TAEG/ISC. L’indice sintetico di costo (ISC), qualificabile anche quale tasso annuo effettivo globale (TAEG), è un indicatore sintetico del costo complessivo dell’operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi e altre condizioni, la mancata indicazione per iscritto dei quali è sanzionata con la nullità, seguita dalla sostituzione automatica ex art. 117 del d.lgs. n. 385 del 1993 (Cass., n. 4597/2023; Cass., n. 39169/2021). Si verte, nella sostanza, in tema di documento di sintesi, il quale assolve a una funzione meramente informativa senza rientrare nel contenuto strutturale del contratto stesso (Cass., n. 14000/2023).
n. 5468/2024 R.G. 12. Infondato è il medesimo motivo nella parte in cui censura l’illegittima capitalizzazione del piano di ammortamento alla francese. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ammortamento alla francese, non si verifica la produzione di « interessi su interessi », ossia di calcolo degli interessi sul capitale incrementato di interessi, né di interessi su interessi « scaduti » (propriamente anatocistici), bensì si produce l’effetto secondo cui « nel piano concordato tra le parti la restituzione del capitale è ritardata per la necessità di assicurare la rata costante (calmierata nei primi anni) in equilibrio finanziario, il che comporta la debenza di più interessi corrispettivi da parte del mutuatario a favore del mutuante per il differimento del termine per la restituzione dell’equivalente del capitale ricevuto»
(Cass., n. 8322/2025; Cass., n. 7382/2025; Cass., Sez. U., n. 15130/2024).
Con il sesto motivo del medesimo ricorso si deducono, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., diversi e separati profili di censura in violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 cod. proc. civ., 1362 e ss. cod. civ., 1418, 1421, 1957 cod. civ. Si censura, in primo luogo, la qualificazione dei suddetti contratti come contratti autonomi di garanzia e non come fideiussioni, non risultando dalla documentazione contrattuale la pattuizione del l’escussione a prima richiesta senza facoltà di proposizione di eccezioni.
Si deduce, in secondo luogo , la violazione dell’art. 1 956 cod. civ. (norma assente nel parametro normativo invocato in epigrafe del motivo), invocandosi la liberazione dei fideiussori per avere la banca fatto credito all’obbligato principale nonostante conoscesse le precarie condizioni finanziarie di quest’ultimo.
Deduce parte ricorrente, inoltre, come il ricorrente garante COGNOME debba qualificarsi quale consumatore, con conseguente nullità della sua garanzia prestata anche nelle forme del contratto autonomo di garanzia.
Si censura, ancora, la circostanza che non sarebbe stata ritenuta la nullità delle fideiussioni per nullità e abusività delle garanzie prestate, quali fideiussioni omnibus, in relazione alla normativa antitrust (l. n. 287/1990), avendo la sentenza impugnata ritenuto nulle le fideiussioni in contrasto con il Provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005. Osserva parte ricorrente che le fideiussioni sono nulle in tutto e non in parte, con nullità rilevabile anche di ufficio, per violazione della disciplina antitrust in quanto fideiussioni contenenti clausole identiche ai modelli ABI. La censura viene, inoltre, articolata in relazione alla nullità della clausola di decadenza dalla garanzia ex art. 1957 cod. civ.
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17. Il sesto motivo , nella parte in cui censura l’erronea qualificazione dei contratti dei garanti come contratti autonomi di garanzia anziché quali fideiussioni è inammissibile, in quanto impinge nell’accertamento compiuto dal giudice del merito che, con motivazione immune da censura, ha ritenuto che nella specie non si tratta di fideiussioni ma di contratti autonomi di garanzia (« deve ritenersi che i contratti stipulati fra le parti anzidette siano dei contratti (atipici) autonomi di garanzia a prima richiesta e non delle fideiussioni (tipiche) in senso proprio »). Tale accertamento è stato compiuto sulla base dell’esame di diverse clausole contrattuali, quali la clausola contenuta nell’art. 7 (« pagare immediatamente alla Banca, a semplice richiesta scritta »), nonché la clausola contenuta nell’art. 8, che prevede la permanenza della garanzia anche in caso di invalidità dell’obbligazione principale quella contenuta nell’art. 6, in cui vi è una deroga espressa all’art. 1957 cod. civ. , attività interpretativa che spetta al giudice del merito ed è insindacabile in cassazione se correttamente motivata (Cass., n. 1547/2019).
18. Il motivo è infondato in relazione alla violazione dell’art. 1 956 cod. civ., avendo il giudice di appello accertato la mancata prova da parte del creditore -oltre che del requisito oggettivo dell’erogazione di un finanziamento in epoca successiva al peggioramento delle condizioni finanziarie del debitore garantito, successivamente alla prestazione della garanzia – del requisito soggettivo, costituito dalla consapevolezza del peggioramento delle condizioni economiche del debitore rispetto al momento della costituzione del rapporto (Cass., n. 10870/2005), costituente violazione dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (Cass., n. 394/2006; Cass., n. 11979/2013).
n. 5468/2024 R.G. 19. La censura della natura di consumatore del ricorrente COGNOME è invece, inammissibile, per difetto di specificità, non essendo stato indicato in quale veste il ricorrente COGNOME abbia sottoscritto le
garanzie; in ogni caso, gli eventuali accertamenti officiosi che possono essere operati dal giudice in tema di operatività delle norme imperative -come nella tutela consumeristica – si scontrano con il limite del divieto degli accertamenti di fatto nel giudizio di legittimità (Cass., n. 20438/2019).
20. Quanto alla applicazione della disciplina delle fideiussioni omnibus e alla censura relativa alla clausola di estinzione della garanzia ex art. 1957 cod. civ., la decisione -pur corretta in diritto -impone la correzione della motivazione, stante l’accertamento in fatto che si verte in tema di contratti autonomi di garanzia e non di fideiussioni. Quanto al primo aspetto, il principio enunciato dalle Sezioni Unite circa la nullità parziale dei contratti di fideiussione in quanto in violazione della disciplina della concorrenza (Cass., Sez. U., n. 41994/2021) vale, difatti, unicamente per le fideiussioni omnibus oggetto del Provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005 – e in particolare per le sole fideiussioni omnibus dei periodi oggetto di analisi -per cui non può essere utilizzato per dedurre la nullità di un’intesa restrittiva atta a incidere su contratti di garanzia di diverso contenuto, rispetto ai quali chi eccepisce la nullità è tenuto a dimostrare l’illecito antitrust, senza avvalersi di prova privilegiata (Cass., n. 26847/2024). La censura va, pertanto, rigettata.
21. Quanto al secondo aspetto, al contratto autonomo di garanzia -connotato da assenza di accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella dell’ordinante, essendo la prima qualitativamente diversa dalla seconda, oltre che rivolta non al pagamento del debito principale, bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata -non è applicabile il disposto dell’art. 1957 cod. civ., salvo diversa specifica pattuizione intercorsa tra le parti, purché compatibile con le restanti clausole contrattuali (Cass., n. 7883/2017; Cass. Sez. U., n. 3947/2010). La censura va, pertanto, rigettata.
n. 5468/2024 R.G.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato la banca deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2968, 2969 e 1957 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha esaminato l’eccezione di decadenza di cui all’art. 1957 cod. civ. in quanto proposta per la prima volta in appello, in quanto rilevabile di ufficio, laddove la suddetta eccezione è rimessa alla disponibilità delle parti.
Il ricorso incidentale è assorbito per effetto del rigetto del ricorso principale. Le spese sono regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato quanto al ricorso principale
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in € 8.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per anticipazioni, 15% per rimborso forfetario, oltre accessori di legge; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 11/06/2025.