Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5179 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5179 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21251/2022 R.G. proposto da :
COGNOMENOME COGNOMENOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che l i rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 499/2022 depositata il 11/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 9 settembre 2022 dell’COGNOME NOME e COGNOME NOME propongono ricorso per cassazione in relazione al la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 499/2022 depositata in data 11/2/2022.
Resiste con controricorso la società Banco BPM ha notificato.
La Corte d’appello, a conferma della sentenza di primo grado, dopo avere rilevato la fondatezza della eccezione di nullità parziale -e non totaledella clausola derogatoria dell’art. 1957 cod. civ. contenuta nella fideiussione in oggetto (perché conforme allo schema ABI ritenuto anticoncorrenziale dall’autorità garante ), ha tuttavia ritenuto che la presenza di una clausola c.d. a prima richiesta, in concorrenza con la previsione di cui all’art. 1957 cod. civ. venuta in reviviscenza in forza della dichiarata nullità parziale, determini il venir meno del solo obbligo di esperire un’azione giudiziale entro quel termine, essendo sufficiente, per evitare la decadenza, anche una mera iniziativa stragiudiziale, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale ( in ciò richiamando Cass. n. 22346/2017).
Con riferimento al rigetto di altro motivo di appello ha considerato non conforme al tenore letterale dell’art. 4 del negozio fideiussorio, ex art. 1362 cod. civ. e dell’ art. 2724 cc., il recesso esercitato dai ricorrenti appellanti senza osservare la foma prevista nel contratto, ove si prevede che ‘ Il fideiussore può recedere dalla garanzia dandone comunicazione scritta alla banca con lettera raccomandata ‘, osservando altresì che i documenti prodotti non potevano costituire principio di prova
scritta atti a giustificare l’eccezione al divieto della prova testimoniale (richiamando Cass. sez. II civ. n. 7093/2017), stante le modalità di trasmissione del recesso indicate nella clausola.
Motivi della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti deducono ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 1957 cod. civ. da solo od anche in combinato disposto con l’art. 1419 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc.civ.’, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la presenza di una clausola a prima richiesta, in concorrenza con la previsione di cui all’art. 1957 cod. civ. determini non già l’elisione del termine semestrale per agire nei confronti del debitore, ma solo il venir meno dell’obbligo di esperire un’azione giudiziale in quel termine, essendo sufficiente, per evitare la decadenza, anche una mera iniziativa stragiudiziale nei confronti del garante. Il motivo deduce che sarebbe invece necessario agire giudizialmente per ottenere l’accertamento e il soddisfacimento della pretesa del creditore, e che in ogni caso non sarebbe sufficiente agire nei soli confronti dei garanti.
6. Il motivo è infondato.
La Corte di merito ha qualificato il negozio in esame quale contratto autonomo di garanzia, sul rilievo che le parti hanno convenuto che il pagamento debba avvenire “a prima richiesta”. Nel caso oggetto di esame, la Corte di merito ha osservato che la banca ha documentato di aver trasmesso, con raccomandata dell’11/7/2012, la dichiarazione di liberazione dei garanti, con la precisazione che la stessa non copriva l’esposizione di € 119.023,37, nonché la somma portata dai tre assegni circolari allora ancora sequestrati; rilevando che tale comunicazione fosse di per sé idonea a integrare i presupposti di cui al primo comma dell’art. 1957 cod. civ., ha ritenuto, pertanto, che con
tale comunicazione la Banca avesse manifestato espressamente la volontà di revocare, con effetto immediato, l’affidamento a suo tempo concesso, con contestuale invito a provvedere a risanare lo scoperto, talché la obbligazione poteva considerarsi scaduta in quel tempo (citando Cass. sez. 1 civ. n. 5720/2004).
La statuizione della corte di merito è conforme alla giurisprudenza là dove ha ritenuto che, in presenza della clausola a prima richiesta, onde evitare la decadenza prevista nell’art. 1957 cod. civ., non è necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio. Difatti, soltanto la presenza di una clausola contrattuale non solo con riferimento al termine decadenziale, ma anche alla prevista modalità di esercizio dell’azione, potrebbe, previa, naturalmente, valutazione del caso di specie, giustificare la conclusione che, ferma la natura a prima richiesta della garanzia, l’impedimento della decadenza esiga l’azione in sede giurisdizionale (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13078 del 21/05/2008; Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 22346 del 26/09/2017; Cass.Sez. 3 -, Ordinanza n. 30185 del 14/10/2022).
A maggior ragione, nel caso in questione, ove l’applicazione dell’art. 1957 cod. civ. non deriva da una scelta pattizia, ma dalla pronuncia di nullità parziale della clausola derogatoria contenuta nel negozio di garanzia (perché ritenuto conforme allo schema ABI giudicato come anticoncorrenziale dall’autorità garante), secondo la tradizionale esegesi di tale norma, l’impedimento della decadenza si determina anche solo con un’attività extragiudiziale, e dunque non solo iniziando l’azione giudiziaria nei confronti del debitore principale, ma anche
soltanto rivolgendo al fideiussore la richiesta di adempimento (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13078 del 21/05/2008), poiché se il rinvio si intendesse anche alla previsione di un’azione giudiziale, la garanzia non sarebbe più a prima richiesta, essendovi palese contraddizione nel postulare che una volontà contrattuale di imporre al garante l’adempimento dell’obbligazione di garanzia a semplice richiesta e senza possibilità di eccezioni (Cass. Sez. 3 Sentenza n. 22346 del 26/9/2017).
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ex articolo 360 numero 3 cod. proc.civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 commi 2 e 3 della Legge 287/1990 da solo od anche in combinato disposto con l’art. 1419 cod. civ. – nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto la validità della fideiussione sottoscritta dagli attori pur nella consapevolezza della nullità delle clausole 2, 6 e 8 dello schema ABI. Deducono che non sia stato adeguatamente considerato, ai fini del rilievo di nullità totale della garanzia, che i ricorrenti non avevano provveduto a stipulare/protrarre la fideiussione per sopravvenuta mancanza di interesse, stante l’avvenuta cessione delle loro quote societarie nella RAGIONE_SOCIALE, debitrice principale per la quale avevano prestato le garanzie, e la loro completa estraneità al nuovo assetto societario.
Il motivo è inammissibile in quanto non attinge la ratio decidendi ex art. 366 n. 4 cod. proc.civ. Quanto al primo punto della questione, occorre dare continuità al principio per cui la nullità delle clausole del contratto di fideiussione contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a), della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, si estende all’intero contratto solo nel caso di interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, con la conseguenza che è precluso al giudice rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità, essendo onere della parte che ha interesse alla totale caducazione provare tale
interdipendenza (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 6685 del 13/03/2024; Cass. Sez. U, Sentenza n. 41994 del 30/12/2021; Cass. Sez. 1, n. 24044 del 26 settembre 2019 citata in motivazione della sentenza impugnata).
Riguardo all’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, i ricorrenti deducono la violazione del canone della nullità derivata indicato dalle sezioni unite con la sentenza n. 41994/2021, là dove stabilisce in via generale che il contratto dovrebbe ritenersi parzialmente nullo, ma lascia all’interprete il compito di desumere, dal contratto o dalla volontà delle parti, se possa adottarsi la strada della nullità integrale del vincolo fideiussorio. In base a tale principio, i ricorrenti deducono che, successivamente alla cessione delle quote della società che aveva in essere l’affidamento bancario, essi avevano più volte richiesto all’Istituto di Credito la revoca dei fidi concessi all’originaria società ed il loro trasferimento, in uno alle fideiussioni, a favore di altra società e precisamente la RAGIONE_SOCIALE avendo cessato la qualità di soci, in ciò dimostrandosi la carenza di un loro interesse concreto in qualità di socio d’affari o di parente del debitore, alla concessione del finanziamento.
In merito va osservato che già la sola qualificazione in termini di contratto autonomo di garanzia data al negozio in esame esclude in radice un rapporto di interdipendenza di detta garanzia dalle qualità soggettive dei contraenti, perché la causa concreta del negozio autonomo consiste nel trasferire da un soggetto all’altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, non sussistendo un rapporto ancillare con l’obbligazione principale sia sotto il profilo sostanziale che processuale ( Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 26508 del 11/10/2024; Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 4683 del 21/02/2020).
Anche in ordine ai più limitati effetti decadenziali della garanzia a prima richiesta ex art. 1957 cod. civ. correttamente considerati dalla Corte di merito, la censura non si raccorda alla ratio decidendi .
Con riferimento alla clausola di escussione della garanzia ‘a prima richiesta’ è da escludersi che la nullità che ha colpito le singole clausole fideiussorie non conformi allo schema ABI per effetto della normativa anticoncorrenziale, abbia provocato una oggettiva alterazione dell’assetto degli interessi del contratto autonomo di garanzia sottoscritto dai ricorrenti, posto a valle dell’intesa anticoncorrenziale, avendo esso come causa concreta quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione del contratto principale, nei confronti del quale manca in radice ogni vincolo di accessorietà (Sez. 3 – , Ordinanza n. 30181 del 22/11/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22233 del 20/10/2014). In ragione dell’autonomia causale di tale garanzia, a nulla rileva, a fortiori , che i ricorrenti non avessero più alcun interesse affinché la società (RAGIONE_SOCIALE) le cui quote sono state dai medesimi cedute potesse continuare ad avere accesso al credito anche attraverso l’obbligazione di garanzia assunta dai medesimi, per la sopraggiunta mancanza di legami, vincoli o relazioni con la predetta società, di cui avevano alienato le quote, essendo questo un dato del tutto indifferente ai fini della permanenza della garanzia autonoma a prima richiesta rilasciata.
Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 1325 n° 4, dell’art. 1350 e dell’art. 2724 n° 1 cod. civ., in relazione alla mancata ammissione di qualsiasi mezzo di prova circa il recesso comunicato.
I ricorrenti deducono che il Tribunale prima e la Corte di Appello dopo abbiano erroneamente ritenuto che, in mancanza di una dichiarazione di recesso per iscritto fatta pervenire con
lettera raccomandata alla sede della banca, la volontà dei signori COGNOME di recedere dal contratto di fideiussione a suo tempo stipulato a favore della RAGIONE_SOCIALE, non si fosse perfezionata, nonostante l’art. 4 del contratto di fideiussione sottoscritto in data 2 marzo 1993 non specifichi affatto che la comunicazione della volontà di recedere dal suddetto contratto debba necessariamente pervenire alla banca a mezzo di lettera raccomandata a pena di nullità. Tale decisione non terrebbe conto né della circostanza che qualsiasi affidamento concesso a società commerciali è subordinato al rilascio di una fideiussione da parte dei soci a garanzia del medesimo, sicché allorquando si discute del trasferimento dei fidi concessi ad una società a favore di un’altra società, equivale a discutere del trasferimento delle fideiussioni rilasciate dai soci delle società medesime, né della circostanza che, nel nostro ordinamento, vige il principio della libertà della forma dei contratti, come si deduce dal combinato disposto degli articoli 1325 n° 4 cod. civ. che prevede una particolare forma solo quando prevista dalla legge e 1350 cod. civ. che elenca gli atti che devono farsi per iscritto o atto pubblico sotto pena di nullità, tra i quali non rientrerebbe il contratto di fideiussione.
17.1. Il motivo è inammissibile sotto il profilo dell’articolo 366 numero 4 e n. 6 cod.proc.civ. poiché oltre a evidenziare come la sua illustrazione non si correli alla motivazione amplissima enunciata dalla Corte territoriale, là dove ha interpretato la clausola contrattuale come una clausola che impone la forma scritta per l’esercizio del diritto di recesso, considerando a tal fine non idonee le due mail della funzionaria del 23/02/2001, il medesimo non risulta autosufficiente perché, contrariamente a quanto assunto dai ricorrenti allora appellanti, la Corte di merito ha ritenuto che le missive avessero ad oggetto solo chiarimenti circa
l’ammontare degli affidamenti, senza alcun accenno alle fideiussioni, omettendo pertanto di trascrivere, per la parte di rilievo, il contenuto delle missive (cfr. Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019; cfr. anche Cass. SU n. 7074 del 2017).
Conclusivamente il ricorso va rigettato quanto al primo motivo, dichiarati inammissibili il secondo e il terzo.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 7.200,00, di cui € 7.000,00 per onorari, oltre a generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
A i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del/la ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/1/2025