Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28123 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28123 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3923/2022 R.G. proposto da
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
Oggetto: Abusivo frazionamento del credito – Presupposti
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 30/09/2025 CC
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA;
COGNOME NOME;
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE;
COGNOME NOME;
VON COGNOME NOME
-intimati – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO MILANO n. 1965/2021 depositata il 25/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 30/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1965/2021, pubblicata in data 26 giugno 2021, la Corte d’appello di Milano, decidendo nel contraddittorio tra l’appellante RAGIONE_SOCIALE e gli appellati NOME COGNOME e NOME COGNOME e nella dichiarata contumacia di RAGIONE_SOCIALE, NOMECOGNOME NOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.P.A., ha -per quel che rileva nella presente sede -riformato la sentenza Tribunale di Sondrio n. 182/2019, nella parte in cui quest’ultima avev a dichiarato inammissibile per abusivo frazionamento del credito la domanda -originariamente formulata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.P.A. e poi coltivata da RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito -di condanna della società RAGIONE_SOCIALE (debitrice principale) nonché di COGNOME, NOME
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (fideiussori) al pagamento della somma di € 8.034.779,08, oltre interessi di mora e per l’effetto ha accertato la responsabilità per tale debito di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
RAGIONE_SOCIALE aveva originariamente ottenuto nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE nonché di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME l’emissione di un decreto ingiuntivo pe r l’importo di € 5.000.000,00, quale saldo passivo del conto corrente n. 142/8006.
Proposta opposizione innanzi il Tribunale di Sondrio da parte di tutti gli ingiunti, con separati atti poi oggetto di riunione -ad esclusione dell’opposizione proposta da NOME COGNOME, dichiarata separatamente improcedibile in quanto tardiva – nelle more di tale giudizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.P.A. aveva instaurato un giudizio ordinario nei confronti delle medesime controparti, chiedendo l’accertamento del proprio ulteriore credito di € 8.034.779,08, quale somma ulteriormente dovuta, sempre in relazione al saldo passivo del conto corrente n. 142/8006.
Riunito anche tale procedimento a quelli precedentemente promossi, il Tribunale di Sondrio, all’esito del giudizio – nel corso del quale erano intervenuti sia il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, con conseguente interruzione e riassunzione del giudizio nei confronti della Procedura, sia la rinuncia agli atti del giudizio tra RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.P.A. e COGNOME a seguito di transazione, sia l’intervento di RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva respinto integralmente l’opposizione avverso il decreto
ingiuntivo, mentre aveva dichiarato inammissibile per abusivo frazionamento del credito la domanda successivamente proposta da RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Milano, decidendo sull’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in relazione a tale ultima statuizione, ha richiamato gli orientamenti assunti da questa Corte in materia, evidenziando in particolare che il presupposto per potere applicare il divieto di “frazionamento” del credito per abuso del diritto è costituito dal passaggio in giudicato della decisione concernente la prima domanda, presupposto che nella specie non si era integrato.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE e, per essa, la procuratrice RAGIONE_SOCIALE.
Sono rimasti intimati RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.P.A., tutti evocati dal ricorrente.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
All’esito dell’adunanza collegiale del 29 ottobre 2024, questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 21 dicembre 2024, rilevato che, con l’ordinanza interlocutoria n. 3643/2024, era stata rimessa alle Sezioni Unite la questione di massima di particolare importanza degli effetti derivanti dall’abusivo frazionamento della domanda creditoria sulla proponibilità della stessa ovvero unicamente sul regime delle spese processuali del procedimento nel quale è stata promossa, ha disposto il rinvio a nuovo ruolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la ‘violazione e falsa applicazione della regola di correttezza e buona fede artt. 1175 e 1375 c.c. e degli ‘inderogabili doveri di solidarietà’ il cui adempimento è richiesto dall’art. 2 e 24 della Costituzione sia in relazione al canone del ‘giusto processo’, di cui al novellato art. 111 della Costituzione e art. 47 e 54 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea’.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3 e 4, c.p.c., la ‘violazione e falsa applicazione delle norme sulle spese di lite artt. 91, 92 e 93 c.p.c. e 24 Cost. mancata riforma delle spese liquidate in primo grado in ragione della riforma della decisione in sede di appello’ .
Il primo motivo di ricorso deve essere disatteso, in quanto il dispositivo della decisione impugnata risulta conforme a diritto, dovendosi tuttavia correggere la motivazione, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c.
La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto di escludere la sussistenza di una fattispecie di abusivo frazionamento del credito, individuando come presupposto di tale fattispecie quello del passaggio in giudicato della decisione concernente la prima domanda ed osservando che nella specie detto presupposto non poteva ritenersi integrato.
Ebbene, a seguito de ll’ordinanza interlocutoria n. 3643/2024 all’origine del rinvio a nuovo ruolo disposto nel presente procedimento con ordinanza interlocutoria -ha fatto seguito la decisione delle Sezioni Unite Cass. Sez. U – Sentenza n. 7299 del 19/03/2025, la quale è venuta ad enunciare il seguente principio:
‘ a) in tema di abusivo frazionamento del credito, i diritti di credito che, oltre a fare capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche in proiezione iscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato oppure fondati sul medesimo o su analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale, non possono essere azionati in separati giudizi, a meno che non si accerti la titolarità, in capo al creditore, di un apprezzabile interesse alla tutela processuale frazionata, in mancanza del quale la domanda abusivamente frazionata deve essere dichiarata improponibile, impregiudicato il diritto alla sua riproposizione unitaria;
b) qualora non sia possibile l’introduzione di un giudizio unitario sulla pretesa arbitrariamente frazionata, per l’intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta, il giudice è tenuto a decidere nel merito sulla domanda anche se arbitrariamente frazionata, e terrà conto del comportamento del creditore in sede di liquidazione delle spese di lite, escludendo la condanna in suo favore o anche ponendo in tutto o in parte a suo carico le spese di lite, ex artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., integrando l’abusivo frazionamento della domanda giudiziale un comportamento contrario ai doveri di lealtà e probità processuale. ‘ .
Si deve quindi constatare che la decisione della Corte territoriale si è venuta a basare su un percorso argomentativo difforme ed anzi diametralmente opposto rispetto a quello individuato dalla recente decisione delle Sezioni Unite.
Il dispositivo della decisione della Corte ambrosiana, tuttavia, appare conforme al diritto, alla luce delle ulteriori indicazioni contenute nella medesima sentenza delle Sezioni Unite, la quale, invero, ha espressamente individuato, quale meccanismo per rimediare ad un
abusivo frazionamento, quello della riunione dei giudizi ex art. 274 c.p.c.
La riunione, infatti, viene ad elidere l’originaria frammentazione delle domande, convogliandole nell’ambito di un accertamento unitario , neutralizzando l’eventuale originaria condotta abusiva del creditore e quindi sventando i rischi sia di una durata irragionevole del giudizio, sia del contrasto di giudicati, sia, infine, dell’artefatta moltiplicazione delle spese processuali, e cioè quei profili che sono stati individuati come ragioni per l’individuazione di un principio generale di divieto di abusivo frazionamento.
Nel caso in esame, la Corte d’appello di Milano ha espressamente osservato che ‘p er effetto delle disposte riunioni, il giudizio di primo grado proseguiva sull’intero credito originato dallo scoperto del c/c n. 142/8006. Si svolgeva una trattazione unitaria, si procedeva ad una comune fase decisionale ed il Tribunale pronunciava un’uni ca sentenza. ‘ .
La Corte territoriale, cioè, ha direttamente evidenziato che, mercè la tempestiva riunione dei giudizi, l’accertamento del credito azionato dalla banca originaria creditrice era stato integralmente ricondotto nell’alveo di una trattazione e valutazione unitaria, pienamente idonea, conseguentemente, ad assicurare quelle esigenze che vengono invece vulnerate nell’ipotesi di abusivo frazionamento del credito .
Si deve, anzi, osservare che è stata, semmai, la scelta del giudice di prime cure di pronunciarsi sul merito della domanda con la quale era stata azionata la prima frazione del credito e dichiarare invece la inammissibilità (così riporta la decisione della Corte d’appello) della domanda relativa alla seconda frazione di credito a ripristinare nel concreto quel frazionamento che lo stesso Tribunale aveva
precedentemente ricondotto ad unità grazie al ricorso alla riunione dei procedimenti.
La decisione finale della Corte d’appello nel momento in cui ha disatteso la tesi dell’odierno ricorrente – risulta, quindi, conforme a diritto, seppure sulla base di diverse ragioni, ed il motivo di ricorso non può, conseguentemente, trovare accoglimento.
Il secondo motivo è inammissibile.
Ci si trova di fronte, infatti, ad un motivo meramente ottativo o ipotetico, in quanto finalizzato a prospettare uno scenario alternativo di decisione sulle spese di lite nel giudizio di merito in caso di recepimento delle tesi del ricorrente.
È evidente, tuttavia, che un motivo col quale si prospetti quella che avrebbe dovuto -o dovrebbe -essere la diversa regolamentazione delle spese di lite nello scenario di un ipotetico – auspicato – diverso esito del giudizio di merito non costituisce un vero ed ammissibile motivo di censura -non censurandosi nel concreto la decisione sulla spese per la diretta violazione di una delle regole di distribuzione di cui agli artt. 91 segg. c.p.c. – ma una semplice prospettazione alternativa, destinata ad esser e o assorbita dall’eventuale accoglimento degli altri motivi di ricorso -rendendosi in quel caso necessaria una nuova statuizione sulle spese – oppure, in caso di rigetto dei motivi medesimi -come nel caso in esame – a risultare inammissibile per radicale carenza di autonomia.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 15.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 30 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME