Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8067 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8067 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3520/2021 R.G. proposto da: INDIRIZZO ALGHERO, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
FLUMENE
NOME,
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI n. 195/2020 depositata il 19/06/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che
1.- Il Condominio di INDIRIZZORAGIONE_SOCIALE ha ricevuto fatture per consumi di acqua da parte della società RAGIONE_SOCIALE, che ha somministrato il servizio succedendo al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE. Il Condominio ha agito in giudizio davanti al Tribunale di Sassari negando di avere avuto un qualche rapporto contrattuale con la società somministrante, ed in particolare sostenendo che l’unico rapporto contrattuale era intercorso tra la società ed i singoli condomini, ma non con il condominio in quanto tale, rispetto al quale non esisteva alcun atto scritto. Ove anche vi fosse stato un accordo rivolto alla somministrazione di acqua, doveva considerarsi nullo per difetto di forma, dovendo il contratto con una pubblica
amministrazione stipularsi nella forma scritta.
2.- RAGIONE_SOCIALE si è costituita ed, oltre ad eccepire il difetto di giurisdizione, ha altresì spiegato domanda riconvenzionale finalizzata all’accertamento di un rapporto contrattuale valido, e dunque tale da legittimare la pretesa di corrispettivo della somministrazione di acqua.
3.- Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha accolto la domanda del condominio con l’argomento che, essendo parte del rapporto un ente pubblico, il relativo atto andava stipulato nella forma scritta: in difetto di tale forma il contratto è nullo e non obbliga al corrispettivo.
4.- Questa decisione è stata riformata dalla Corte di Appello di Sassari, la quale ha osservato, anche sulla scorta di una decisione a Sezioni Unite di questa Corte, che la regola della forma scritta non vale quando il rapporto è instaurato con una società commerciale, sia pure controllata interamente dall’ente pubblico. 5.- Ricorre il condominio con tre motivi. La società RAGIONE_SOCIALE
chiede il rigetto del ricorso.
Considerato che
7.- Con il primo motivo il condominio prospetta una violazione dell’articolo 342 c.p.c.
Secondo il ricorrente, l’appello non era sufficientemente illustrato, in quanto la società si era limitata a chiedere che si facesse applicazione dei principi delle Sezioni Unite (n. 20684 del 2018), ma non aveva detto alcunché sulla ragione per la quale quei principi facessero al caso concreto.
La censura è posta sia come omessa pronuncia che come violazione di legge.
Il motivo è infondato.
Avendo i giudici di appello accolto il gravame, implicitamente hanno ritenuto specifici, o almeno sufficientemente tali, i motivi di impugnazione, e dunque non si può prospettare una omessa pronuncia.
Ad ogni modo, è principio di diritto che ‘gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado,
tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata ‘ (Cass. sez. Un. 36481/ 2022).
L’appellante ha chiaramente censurato la decisione di primo grado sulla questione della necessità della forma scritta e, per farlo, ha richiamato gli argomenti delle Sezioni Unite di questa Corte, indicando quegli argomenti come pertinenti al caso concreto.
8.- Con il secondo motivo si prospetta dell’articolo 2908 c.c. e 324, 112, 115 e ss. c.p.c.
La tesi è la seguente.
Il giudice di appello ha attribuito a quello di primo grado una ratio decidendi errata: che la necessità della forma scritta derivasse dal fatto che la società era succeduta ad un ente pubblico (p. 17-18).
Poi però si sostiene che questo presupposto logico della sentenza di primo grado, ossia che via sia stata una successione tra RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE, non è stato oggetto di impugnazione da parte della società e dunque deve ritenersi giudicato, con la conseguenza che, essendo la società mero successore dell’ente pubblico, è subentrata in un rapporto nullo, per difetto forma del relativo atto.
Questo motivo contiene poi l’ulteriore censura secondo cui la società RAGIONE_SOCIALE, a prescindere dal fatto di essere succeduta nel rapporto inizialmente instaurato dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, essendo una società in house, del tutto dipendente dal comune stesso, è assimilabile ad un ente pubblico, e dunque vale per lei la regola della forma scritta del contratto cosi come vale per ogni ente pubblico.
Il motivo, in tutte queste sue censure, è infondato.
Innanzitutto, non si è formato alcun giudicato sulla questione della successione nel contratto di somministrazione tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, sia perché la Corte di Appello si è pronunciata
su tale questione, negando che vi sia stata successione (p. 9), sia in quanto l’esistenza o meno di una successione non era la ratio decidendi del primo grado, ma semmai un argomento a sostegno di quella ratio decidendi : la quale stava nel fatto che la società era tenuta anche essa al rispetto della forma scritta, in quanto, ossia per la ragione che, era succeduta ad un ente che quella forma doveva rispettare. La ratio della decisione è che il contratto è nullo per difetto di forma scritta, ed è a sostegno di tale ratio che si spiega, ossia si argomenta, che la forma scritta era necessaria trattandosi di soggetto che era subentrato a quello tenuto a stipulare per iscritto.
Ovviamente sugli argomenti non si forma giudicato.
L’altra questione è relativa alla natura della società che ha somministrato l’acqua.
Come è noto le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che l’azienda speciale di un ente pubblico territoriale, pur appartenendo al sistema con cui la pubblica amministrazione fornisce i servizi pubblici, non può qualificarsi, ai fini della normativa sulla forma dei contratti, come pubblica amministrazione in senso stretto, con la conseguenza che per i contratti stipulati da una tale azienda non è imposta la forma scritta, ma vige il principio di libertà delle forme (Cass. sez. Un. 20684 del 2018).
La ricorrente assume che questo principio di diritto non si applica alle società in house che invece sono parte stessa della pubblica amministrazione, di cui condividono la natura e la funzione pubblica.
Ma è una censura infondata.
In realtà non c’è alcuna differenza quanto alla regola sulla forma del contratto tra l’azienda speciale di una pubblica amministrazione, a cui specificamente è stata dedicata la decisione delle sezioni unite, e la società cosiddetta in house: in entrambi i casi si tratta di società che sono interamente controllate dalla
pubblica amministrazione e di cui quest’ultima si serve per perseguire finalità pubbliche, ossia per erogare servizi pubblici. Ma questa strumentalità, che è comune ad entrambe, non impedisce, come le Sezioni Unite hanno specificato, di vedere nella società ‘gestita’ dalla pubblica amministrazione un soggetto a se stante, quindi diverso dalla pubblica amministrazione per cui conto agisce. La ratio della regola è nel senso che, essendo la forma scritta imposta quando sia parte del contratto una pubblica amministrazione, essa non può estendersi ai casi in cui il soggetto che stipula è formalmente diverso da una pubblica amministrazione, anche se agisce per conto di quella. Del resto, la creazione di queste società, sia pure interamente controllate dalla pubblica amministrazione, è una scelta che quest’ultima opera proprio al fine di rendere più spedita l’erogazione del servizio, svincolandola dai requisiti formali che invece vincolano l’ente pubblico. Ciò avviene altresì attraverso l’attribuzione alla società in house di una autonomia organizzativa propria, che è certa, e che significa che dunque gli atti sono compiuti dalla società autonomamente, senza il rispetto delle regole che l’organizzazione dell’ente pubblico imporrebbe.
Dunque, correttamente la corte di merito ha fatto applicazione del principio di diritto delle sezioni unite, sul presupposto che la società in house è un soggetto distinto dall’ente pubblico per cui agisce, ed ha una propria autonomia organizzativa, e non ha natura pubblicistica a sua volta, quanto alle regole sulla forma del contratto.
9.- Con il terzo motivo si prospetta violazione dell’articolo 92 c.p.c.
Il condominio ricorrente si duole del fatto di essere stato condannato anche al rimborso delle spese di primo grado, nel quale era risultato vincitore, ed anche se in appello v’è stata soccombenza reciproca.
Infine, osserva che la soccombenza è stata determinata da una decisione di questa Corte sopravvenuta alla instaurazione del giudizio.
Il motivo è infondato.
La soccombenza reciproca si valuta nel medesimo grado e non in gradi diversi: avendo la Corte di Appello riformato la decisione di primo grado, il condominio deve ritenersi soccombente interamente, e non parzialmente. La soccombenza parziale, infatti, presuppone l’accoglimento di una delle domande ed il rigetto delle altre, vicenda diversa da quella qui verificatasi.
Quanto alla ragione di tale soccombenza, la valutazione del giudice di merito è insindacabile sotto questo aspetto, e rimessa alla sua discrezionalità, che risulta motivata.
Il ricorso va dunque rigettato, ma essendo stata la soccombenza determinata dall’applicazione di un principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, successivamente alla introduzione del giudizio, le spese del presente giudizio possono compensarsi tra le parti, mentre non è a farsi luogo a pronunzia al riguardo in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra ricorrente e controricorrente le spese del giudizio dii cassazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 23/01/2024.