Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11600 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11600 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27974/2021 R.G. proposto da : COGNOME e NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 452/2021 depositata il 4/8/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/3/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Terni, con sentenza n. 693/2018, accoglieva le domande proposte dal fallimento di RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiarando, ai sensi dell’art. 66 l. fall. e 2901 cod. civ., l’inefficacia nei suoi confronti del
fondo patrimoniale costituito con atto a rogito del Notaio NOME COGNOME in data 21 settembre 2010.
La Corte distrettuale di Perugia, a seguito dell’appello presentato da NOME COGNOME e NOME COGNOME ricordava che il credito litigioso che trovi fonte in un rapporto contrattuale contestato in un separato giudizio è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore, cosicché il relativo giudizio non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 cod. proc. civ. in ragione della pendenza della controversia sul credito da accertare e per la cui conservazione è stata proposta domanda revocatoria.
Sottolineava, peraltro, che l’intervento, in data 27 dicembre 2017, della sentenza di primo grado favorevole alla curatela sull’azione di responsabilità proposta nei confronti di COGNOME, ancorché non avente autorità di cosa giudicata, costituiva un ulteriore motivo per non disporre l’invocata sospensione anche ove si fosse voluto ritenere (ciò che non era) che la controversia fosse pregiudicata dall’esito dell’altra.
Riteneva che il vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia, la conseguente necessità che la sentenza facesse stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo era stato costituito e la titolarità del diritto di proprietà sui beni costituenti il fondo in capo a entrambi i coniugi ex art. 168 cod. civ. comportassero, in assenza di una diversa previsione nell’atto costitutivo, che nel giudizio di revocatoria promossa dal creditore personale di uno dei coniugi fossero legittimati passivi entrambi i coniugi, ancorché l’atto fosse stipulato da uno solo di essi.
Ravvisava, pertanto, un interesse di NOME COGNOME coniuge di NOME COGNOME alla partecipazione al giudizio in qualità di litisconsorte necessario, al di là e a prescindere dalla pregressa
formale titolarità dei beni destinati al fondo stesso, dato che la natura del relativo atto costitutivo – per il quale era stato necessario, nel suo momento genetico, il consenso dell’altro coniuge -era del tutto indipendente dalla titolarità dei beni riversati in esso, evidenziando, peraltro, che nel caso di specie, per diretta ammissione degli appellanti, COGNOME era anche titolare di parte dei beni ancor prima della costituzione del fondo.
Sosteneva che nella fattispecie in esame sussisteva certamente un potenziale pregiudizio per la massa dei creditori del fallimento RAGIONE_SOCIALE, atteso che con l’atto di costituzione del fondo patrimoniale NOME COGNOME aveva sottratto alla garanzia patrimoniale generica tutti i beni immobili di cui era proprietario, rendendo per ciò solo quantomeno più incerta e difficile l’eventuale azione esecutiva che il curatore e i creditori sociali avrebbero potuto esperire per soddisfare il credito risarcitorio conseguente all’esito favorevole di una possibile azione di responsabilità nei suoi confronti. Evidenziava che il danno per la massa dei creditori fallimentari dedotto dalla curatela fallimentare e ricollegato all’attività di COGNOME quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE era stato causato da condotte poste in essere in data antecedente alla costituzione del fondo, nel corso dell’anno 2009, quando aveva disatteso le direttive impartite dai soci a mente degli artt. 2482bis e 2483ter cod. civ. ai fini della riduzione del capitale sociale, sottolineando che un simile contegno (riscontrato all’inter no della sentenza n. 1067/2017) rendeva già all’epoca non meramente ipotetica un’azione di responsabilità nei suoi confronti.
Evinceva, infine, la scientia damni in via presuntiva dal compimento (il giorno successivo alla cessazione dalla carica di amministratore e di nomina del liquidatore della RAGIONE_SOCIALE) dell’atto dispositivo dopo brevissimo tempo dal verificarsi del fatto costitutivo del credito e dal contestuale conferimento di tutti i beni immobili di proprietà del Sabatini nel fondo patrimoniale.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto due ricorsi, di identico tenore, per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, pubblicata in data 4 agosto 2021, prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I due ricorsi di coincidente contenuto presentati da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti della medesima decisione (rispettivamente il 16 novembre 2021, ore 18.20, e il 17 novembre 2021, ore 9.13) devono essere riuniti, nel senso previsto d all’art. 335 cod. proc. civ.
Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., l’errata valutazione della sentenza del Tribunale di Terni n. 1067/2017 e, quindi, di un fatto ritenuto decisivo per il giudizio da parte del medesimo tribunale e della Corte d’appello di Perugia, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ. , in rapporto all’art. 2901 cod. civ. , nonché l’esistenza di una motivazione contraddittoria e/o insufficiente: la Corte distrettuale -a dire dei ricorrenti -ha erroneamente negato la sospensione necessaria del giudizio revocatorio, trascurando di valorizzare il carattere pregiudiziale della controversia in tema di responsabilità degli amministratori, che riguardava un presupposto processuale dell ‘azione pauliana, quale era la titolarità del credito per la tutela del quale era stata instaurata la lite ex art. 2901 cod. civ.; la legittimazione ad agire ovvero l’interesse ad agire dovevano risultare in maniera certa ed incontestabile e non potevano essere desunti da una sentenza nemmeno passata in giudicato.
6. Il motivo non è fondato. Infatti, con riferimento all’azione revocatoria viene in rilievo come ha correttamente ricordato la decisione impugnata – una nozione lata
di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con la conseguenza che anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore, a nulla rilevando che sia di fonte contrattuale o derivi da fatto illecito e senza che vi sia necessità della preventiva introduzione di un giudizio di accertamento del medesimo credito o della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, in coerenza con la funzione di tale azione, che non persegue fini restitutori (Cass. 4212/2020).
Il fatto che il credito litigioso sia idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore comporta poi che il relativo giudizio non sia soggetto a sospensione necessaria ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. in rapporto alla pendenza della controversia sul credito da accertare e per la cui conservazione è stata proposta domanda revocatoria, poiché questo accertamento non costituisce l’indispensabile antecedente logicogiuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, né può ipotizzarsi un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito (Cass. 3369/2019).
7. Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 102 cod. proc. civ.: la COGNOME non aveva mai partecipato attivamente alle decisioni e alla gestione di RAGIONE_SOCIALE, della cui situazione debitoria era del tutto inconsapevole, ed era proprietaria di un unico bene confluito nel fondo patrimoniale; pertanto, poiché la revocatoria della costituzione di un fondo patrimoniale può incidere soltanto sulla posizione soggettiva del coniuge debitore, rimanendo l’altro estraneo all’azione, ancorché sia stato uno dei
contraenti dell’atto costitutivo, la COGNOME doveva reputarsi priva di legittimazione passiva rispetto all’azione introdotta dal fallimento.
8. Il motivo non è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte in materia di azione revocatoria del fondo patrimoniale, infatti, ha chiarito che la natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla sua costituzione in vista del soddisfacimento dei bisogni della famiglia e la conseguente necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo è stato costituito comportano che, nel relativo giudizio per la dichiarazione della sua inefficacia, la legittimazione passiva va riconosciuta ad entrambi i coniugi, anche se l’atto costitutivo sia stato stipulato da uno solo di essi, spettando ad entrambi, ai sensi dell’art. 168 cod. civ., la proprietà dei beni che costituiscono oggetto della convenzione, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo, con la precisazione che anche nell’ipotesi in cui la costituzione del fondo non comporti un effetto traslativo, essendosi il coniuge (o il terzo costituente) riservato la proprietà dei beni, è configurabile un interesse del coniuge non proprietario alla partecipazione al giudizio, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia (cfr. Cass. 5768/2022; si vedano nello stesso senso, fra molte, Cass. 8447/2023, Cass. 19330/2017).
Non ha errato, dunque, la Corte d’appello nel riconoscere, pur nell’ambito di un giudizio promosso dal creditore personale di uno dei coniugi per la declaratoria di inefficacia dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato da entrambi, il litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, non solo perché questi era beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, e, quindi, era destinatario degli esiti pregiudizievoli conseguenti all’eventuale accoglimento della domanda revocatoria, ma anche perché nel caso di specie la COGNOME era pure proprietaria, per sua stessa ammissione, di uno dei beni costituiti nel fondo.
9. Il terzo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 170 e 2901 cod. civ., per mancato accertamento della riconducibilità dei beni del fondo patrimoniale alle esigenze della famiglia e difetto di motivazione a questo proposito, nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e ss. cod. civ., 116 e ss. cod. proc. civ., a causa dell’errata valutazione delle risultanze istruttorie e per difetto di motivazione della sentenza impugnata, non conforme alle risultanze probatorie.
Nella fattispecie in esame la natura dei beni confluiti nel fondo patrimonio, costituiti dall’unità immobiliare di residenza dei coniugi, non lasciava dubbi -a dire dei ricorrenti – sulla loro destinazione alla soddisfazione dei bisogni famigliari e sul fatto che la costituzione del fondo era avvenuta in adempimento di un dovere morale nei confronti della famiglia, tenuto conto, peraltro, dell’assenza di proventi, stipendi o somme percepiti dai coniugi da RAGIONE_SOCIALE ovvero, comunque, di prelievi effettuati dai ricorrenti dalle disponibilità della società.
La curatela, inoltre, non aveva dato prova né della sua qualità di creditore nei confronti delle controparti, né della conoscenza o conoscibilità da parte del debitore del pregiudizio che sarebbe potuto discendere dalla costituzione del fondo patrimoniale, né, tanto meno, della sua avvenuta costituzione con lo scopo di pregiudicare le eventuali ragioni creditorie di terzi soggetti, tanto che le decisioni di merito erano state assunte sulla base di presunti elementi indiziari valutati disattendendo le regole previste dagli artt. 116 cod. proc. civ., 2727 e ss. cod. civ. e non considerando le produzioni documentali e le prove orali acquisite nel giudizio di primo grado.
10. Il motivo è inammissibile.
10.1 Il mezzo, infatti, lungi dal dedurre un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, ponendo un problema interpretativo della
stessa, prospetta un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esprimendo così un dissenso rispetto a un apprezzamento di fatto in ordine all’esistenza di un credito in capo ai creditori insinuati al passivo fallimentare e al ricorrere di un conseguente eventus damni oltre che della scientia damni -che, notoriamente, non è sindacabile da questa Corte.
Infatti, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass. 331/2020, Cass. 21098/2016, Cass. 27197/2011).
10.2 La doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile in questa sede solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione
(Cass., Sez. U., 20867/2020). Sindacato che nel caso di specie è peraltro inammissibile, perché
11. In forza delle ragioni appena illustrate il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta gli stessi e condanna i ricorrenti, in solido, al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 6.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 26 marzo 2025.