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Fondo patrimoniale revocatoria: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza che dichiarava inefficace la costituzione di un fondo patrimoniale nei confronti dei creditori di una società fallita. La decisione chiarisce che per una azione di fondo patrimoniale revocatoria è sufficiente un credito anche solo litigioso, non ancora accertato con sentenza definitiva. Inoltre, ha ribadito che l’azione deve essere promossa contro entrambi i coniugi, in quanto litisconsorti necessari, anche se il debito appartiene a uno solo di essi.

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Fondo patrimoniale revocatoria: la Cassazione ne riafferma i principi

La costituzione di un fondo patrimoniale è uno strumento di protezione del patrimonio familiare, ma non rappresenta uno scudo invalicabile contro le pretese dei creditori. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di fondo patrimoniale revocatoria, chiarendo alcuni aspetti fondamentali riguardo i presupposti dell’azione e i soggetti che devono necessariamente partecipare al giudizio. Questa decisione offre spunti cruciali per comprendere i limiti di tale istituto di tutela patrimoniale.

I fatti di causa

Il curatore del fallimento di una s.r.l. agiva in giudizio contro un ex amministratore della società e sua moglie. L’obiettivo era ottenere la dichiarazione di inefficacia, tramite azione revocatoria, della costituzione di un fondo patrimoniale in cui l’ex amministratore aveva conferito tutti i suoi beni immobili. L’atto era stato stipulato il giorno successivo alla sua cessazione dalla carica di amministratore.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda del fallimento, decisione poi confermata dalla Corte d’Appello. I coniugi, ritenendo errate le conclusioni dei giudici di merito, proponevano ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

I motivi del ricorso

I ricorrenti lamentavano principalmente tre aspetti:
1. Errata valutazione del credito: Sostenevano che il giudizio di revocatoria dovesse essere sospeso in attesa della definizione del giudizio sulla loro effettiva responsabilità come amministratori, poiché il credito vantato dal fallimento era incerto e non ancora accertato in via definitiva.
2. Difetto di legittimazione passiva della moglie: La moglie dell’ex amministratore riteneva di dover essere esclusa dal giudizio, in quanto non era debitrice e del tutto all’oscuro della situazione debitoria del coniuge e della società.
3. Mancanza di prova: Contestavano la sussistenza del pregiudizio per i creditori (eventus damni) e della consapevolezza di tale pregiudizio (scientia damni), ritenendo che i giudici avessero basato la loro decisione su presunzioni e non su prove concrete.

Le motivazioni dell’azione di fondo patrimoniale revocatoria

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su ciascuno dei punti sollevati.

Il credito litigioso è sufficiente

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: per l’esperimento dell’azione revocatoria è sufficiente l’esistenza di un “credito litigioso”. Non è necessario attendere che il credito sia accertato con una sentenza passata in giudicato. L’azione revocatoria ha una funzione conservativa, volta a preservare la garanzia patrimoniale del creditore in attesa della definizione della controversia sul credito stesso. Pertanto, la pendenza del giudizio di merito sul debito non comporta la sospensione necessaria del giudizio revocatorio.

Litisconsorzio necessario tra i coniugi

Sul secondo motivo, la Corte ha affermato in modo inequivocabile la necessità del “litisconsorzio necessario” di entrambi i coniugi nell’azione revocatoria avente ad oggetto un fondo patrimoniale. La natura del vincolo di destinazione impresso sui beni e la contitolarità dei diritti sul fondo comportano che la sentenza debba avere effetto nei confronti di entrambi. L’interesse del coniuge non debitore a partecipare al giudizio sussiste sempre, sia perché beneficiario dei frutti destinati ai bisogni della famiglia, sia, come nel caso di specie, perché proprietario di parte dei beni conferiti.

L’insindacabilità dell’accertamento di fatto

Infine, riguardo al terzo motivo, la Cassazione lo ha dichiarato inammissibile. I ricorrenti, contestando la valutazione delle prove sulla sussistenza del pregiudizio e della consapevolezza di ledere i creditori, chiedevano di fatto un riesame del merito della vicenda. La Corte ha ricordato che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Non può quindi sostituire la propria valutazione dei fatti a quella compiuta dai giudici dei gradi precedenti, salvo che questa sia viziata da errori di diritto o da un’argomentazione manifestamente illogica, cosa non riscontrata nel caso in esame. La valutazione della scientia damni basata su elementi presuntivi (come la stretta successione temporale tra la cessazione della carica e la costituzione del fondo) rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma che il fondo patrimoniale non è uno strumento per sottrarre fraudolentemente i beni alla garanzia dei creditori. La giurisprudenza adotta una nozione ampia di credito, sufficiente a giustificare un’azione di fondo patrimoniale revocatoria anche in presenza di una semplice aspettativa. Inoltre, la decisione sottolinea l’importanza del coinvolgimento di entrambi i coniugi nel giudizio, rafforzando la tutela del creditore procedente. Chi intende costituire un fondo patrimoniale deve essere consapevole che, in presenza di debiti preesistenti o di situazioni che possano far sorgere future obbligazioni, tale atto può essere reso inefficace se pregiudica le ragioni creditorie.

È necessario che un credito sia certo e definitivo per poter agire in revocatoria contro un fondo patrimoniale?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che è sufficiente un “credito litigioso”, ovvero un credito anche solo potenziale o oggetto di contestazione in un altro giudizio, per poter intentare un’azione revocatoria.

Nell’azione revocatoria contro un fondo patrimoniale, è sufficiente citare in giudizio solo il coniuge debitore?
No. La Corte ha ribadito che si tratta di un’ipotesi di “litisconsorzio necessario”, il che significa che il giudizio deve essere obbligatoriamente promosso nei confronti di entrambi i coniugi, a prescindere da chi sia l’effettivo debitore.

La consapevolezza del debitore di danneggiare i creditori (scientia damni) deve essere provata in modo diretto?
No. La prova può essere fornita anche tramite presunzioni, come la stretta vicinanza temporale tra il sorgere del debito (o la consapevolezza del suo sorgere) e l’atto di costituzione del fondo, o il fatto che il debitore abbia conferito nel fondo la totalità dei suoi beni immobili. La valutazione di tali elementi spetta al giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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