Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2711 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2711 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
sul ricorso n.6835/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 849/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 25/8/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 25 agosto 2020, rigettava appello proposto dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso ordinanza ex articolo 702 bis c.p.c. emessa in data 11 luglio 2017 dal Tribunale di Bergamo, la quale aveva accolto azione NOME riguardante l’istituzione di un fondo patrimoniale da parte dei suddetti avvenuta il 4 giugno 2013; l’ azione era stata esercitata da RAGIONE_SOCIALE quale creditrice nei confronti del COGNOME per fideiussione da lui rilasciata in rapporto di un’obbligazione di RAGIONE_SOCIALE, società fallita nell’aprile 2014, avendo RAGIONE_SOCIALE poi ceduto all’epoca dell’appello il credito a RAGIONE_SOCIALE
Il COGNOME e la COGNOME hanno proposto ricorso, articolato in quattro motivi. Si è difesa con controricorso la cessionaria del credito a mezzo della mandataria RAGIONE_SOCIALE, che ha pure depositato memoria.
Considerato che:
1.1 Con il primo motivo si denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e/o o falsa applicazione del principio di cui all’articolo 81 c.p.c. in ordine alla legittimazione a contraddire.
Il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere sussistente la legittimazione passiva della COGNOME, seguendo una giurisprudenza di legittimità non condivisa però dagli attuali ricorrenti. Questi già avevano eccepito in primo grado che la legittimazione passiva della COGNOME avrebbe dovuto rapportarsi al tipo di azione, e non di negozio, seguendo così la giurisprudenza della Cassazione a loro avviso maggiormente corretta (si invocano le sentenze nn. 11582/2005, 10052/2009 e
4341/2010 di questa Suprema Corte) per cui ella non sarebbe una litisconsorte passiva per l’azione NOME riguardante il fondo patrimoniale e pertanto non andrebbe condannata a rifondere le spese di lite.
1.2 Delle tre pronunce richiamate l’unica massimata (e ad essa si conformano le altre, che sono posteriori) è la ormai remota Cass. sez. 3, 31 maggio 2005 n. 11582, secondo la quale l’azione revocatoria avente ad oggetto un fondo patrimoniale può incidere soltanto sulla posizione soggettiva del coniuge debitore, l’altro coniuge rimanendo estraneo all’azione anche se è stato uno dei contraenti nell’atto di costituzione del fondo; pertanto il coniuge non debitore non è litisconsorte necessario passivo nell’azione NOME e l’attore può essere condannato a rifondergli le spese di lite.
La linea che si è affermata, invece, è compattamente difforme.
In particolare, tra gli arresti massimati, limpida è la posizione assunta da Cass. sez. 1, 27 gennaio 2012 n. 1242, la quale afferma che la natura reale del vincolo di destinazione impresso mediante la costituzione del fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia e la conseguente necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per cui è stato costituito il fondo comportano che, nel giudizio relativo all’ azione NOME, per dichiarare la inefficacia del fondo stesso la legittimazione passiva spetta ad entrambi i coniugi, anche nel caso in cui l’atto costitutivo sia stato stipulato da uno solo, considerato che ad ambedue spetta, ai sensi dell’articolo 168 c.c., la proprietà dei beni oggetto della convenzione, salvo sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo; peraltro, anche qualora la costituzione del fondo non comporti effetto traslativo essendosi il coniuge – o il terzo costituente – riservata la proprietà dei beni, il coniuge non proprietario ha comunque interesse a partecipare al giudizio.
Sulla stessa linea poco prima si era già avviata Cass. sez. 3, 18 ottobre 2011 n. 21494, la quale, dopo avere assunto la stessa posizione dell’arresto appena richiamato a proposito dell’azione NOME relativa alla costituzione di fondo patrimoniale istituito per i bisogni della famiglia, ne ha poi dedotto che nel giudizio finalizzato a revocare l’atto costitutivo del fondo cui hanno preso parte
ambedue i coniugi, divenendo così comproprietari dei beni vincolati, sussiste litisconsorzio necessario di tali stipulanti (cfr. pure Cass. sez. 1, 13 luglio 2006 n. 15197).
Questi insegnamenti sono stati pienamente confermati da Cass. sez. 6-3, ord. 22 febbraio 2022 n. 5768 nonché da Cass. sez. 3, ord. 24 marzo 2023 n. 8447, la quale insegna (conformemente a Cass. sez. 3, 3 agosto 2017 n. 19330) che, nel caso di azione NOME esercitata da un creditore che ha titolo esclusivamente nei confronti di uno dei coniugi per ottenere la dichiarazione di inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale stipulato da entrambi i coniugi stessi, è litisconsorte necessario il coniuge non debitore, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati ai bisogni della famiglia, e quindi destinatario di esiti pregiudizievoli nel caso dell’eventuale accoglimento dell’azione NOME.
Da ultimo, questa linea è stata integralmente ribadita da Cass. sez. 3, 7 aprile 2023 n. 9536 e da Cass. sez. 3, ord. 7 luglio 2023 n. 19319; e non emerge dalle argomentazioni offerte nel motivo in esame alcuna ragione per discostarsi dallo stabile orientamento, diretto chiaramente a tutelare il coniuge non debitore.
Dunque il motivo risulta infondato: la COGNOME era litisconsorte necessaria avendo interesse, e si è difesa resistendo. Non vi è pertanto alcuna ragione per escluderla dalla condanna alla rifusione delle spese a controparte quale parte soccombente.
Il secondo motivo, rubricato come denunciante, in riferimento all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e/falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., lamentando ancora la condanna della COGNOME alle spese nonostante non sia proprietaria dei beni confluiti nel fondo patrimoniale né sia gravata di obbligazioni fideiussorie risulta ovviamente assorbito da quanto rilevato a proposito del precedente.
3.1 Con il terzo motivo si denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c. sull’istituto del fondo patrimoniale.
Il giudice d’appello avrebbe errato nel non qualificare in questo caso il fondo patrimoniale come di natura onerosa, avendolo al contrario qualificato gratuito. Si riconosce che la prevalente giurisprudenza di legittimità qualifica gratuiti gli atti di costituzione di fondo patrimoniale, ma si invocano contrarietà dottrinali. Inoltre il giudice d’appello avrebbe omesso di considerare ‘ lo specifico contesto familiare ‘, che invece avrebbe potuto accertare o comunque corroborare mediante le non ammesse prove testimoniali (ne sono trascritti capitoli a pagina 20s. del ricorso).
La giurisprudenza che i ricorrenti dichiarano di non condividere si è orientata appunto alla gratuità, non essendo obbligatoria la costituzione del fondo patrimoniale, riconducibile dunque ad un atto di liberalità. Nel caso in esame, però, il fondo patrimoniale sarebbe stato lo strumento con cui il COGNOME ‘ intendeva assicurare l’adempimento dei doveri ‘ su di lui gravanti ai sensi degli articoli 143 e 147 c.c., per cui l’atto avrebbe dovuto essere qualificato oneroso, con la conseguente necessità di dimostrare la scientia damni di entrambi i contraenti, che qui sarebbe mancante.
3.2 La qualificazione come atto gratuito del fondo patrimoniale è stata adottata da consolidata giurisprudenza: oltre a Cass. sez. 3, ord. 9 aprile 2019 n. 9798 che viene richiamata anche nella sentenza d’appello e fornisce una qualificazione espressa in tal senso, traendola dalla funzione dell’istituto ( ‘ Il richiamo, nell’ambito dell’accordo con il quale i coniugi fissano consensualmente le condizioni della separazione, ad un precedente atto di costituzione di fondo patrimoniale, non determina il venir meno della natura gratuita di quest’ultimo, il quale, pertanto, è suscettibile di revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901, comma 1, n. 1, c.c., non trovando tale azione ostacolo né nell’avvenuta omologazione dell’accordo suddetto – cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione -, né nella pretesa inscindibilità di tale pattuizione dal complesso delle altre condizioni della separazione, né, infine, nella circostanza che la costituzione del fondo patrimoniale sia stata pattuita in funzione solutoria dell’obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di
contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in contestazione non già la sussistenza dell’obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti. ‘) -, tra gli arresti massimati meno risalenti si vedano per esempio Cass. sez. 3, agosto 2007 n. 17418, Cass. sez. 3, 7 ottobre 2008 n. 24757. Cass. sez. 3, 18 ottobre 2011 n. 21492 e, da ultimo, Cass. sez. 3, ord. 2 aprile 2021 n. 9192.
Non emergono dalle – pur specifiche e ben elaborate – argomentazioni con cui i ricorrenti si oppongono a tale qualificazione ragioni dotate di una reale consistenza, per cui questo collegio ritiene di dare conferma e prosecuzione alla giurisprudenza appena richiamata, con conseguente rigetto del motivo.
4.1 Con il quarto motivo, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 170 c.c., 115 e 116 c.p.c., 2697 c.c. per avere il giudice d’appello negato l’illegittimità delle iscrizioni ipotecarie sugli immobili costituenti il fondo patrimoniale.
Invero il giudice d’appello – nelle pagine 26 e seguenti della sentenza – affronta la questione osservando che gli appellanti, attuali ricorrenti, avevano censurato come errata la statuizione per cui il divieto dell’articolo 170 c.c. sarebbe limitato soltanto alle esecuzioni immobiliari, e avevano qualificato pacifico il fatto che l’assunzione della obbligazione fideiussoria era ‘ avvenuta per scopi estranei ai bisogni della famiglia, essendo stata prestata a garanzia di debiti di una persona giuridica ‘, chiedendo quindi la cancellazione delle iscrizioni.
La corte territoriale richiama giurisprudenza di legittimità per cui ‘ grava sul debitore che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti nel fondo l’onere di provare che il debito sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari ‘ , rapportandosi a una giurisprudenza di questa Suprema Corte che sussiste in tal senso, la cui rigidità il motivo viene ora a censurare.
4.2 In effetti sussiste la giurisprudenza su cui ha fatto perno la corte territoriale, richiamando un ampio passo motivazionale di Cass. sez. 5, ord. 28 maggio 2020 n. 10166, in cui si sono evocate Cass. sez. 6-5, ord. 24 febbraio 2015 n. 3738 e Cass. sez. 3, 19 febbraio 2013 n. 4011 – quest’ultima ben massimata come
segue : ‘ L’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 cod. civ. grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, sicchè, ove sia proposta opposizione, ex art. 615 cod. proc. civ., per contestare il diritto del creditore ad agire esecutivamente, il debitore opponente deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il suo debito verso quest’ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a tal fine occorrendo che l’indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura della stessa: pertanto, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi fosse quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari. ‘ -.
4.3 Attualmente, peraltro, la lettura interpretativa è stata affinata, in sostanza per salvaguardare nella corretta misura anche la posizione del debitore e non solo quella di chi se ne trova dinanzi l’inadempimento, id est per offrire una interpretazione equilibrata della norma-chiave, l’articolo 170 c.c. -‘ L’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati i contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia ‘ -.
In particolare, Cass. ord. 8 febbraio 2021 n. 2904 ha offerto la seguente massima : ‘ Il debitore che contesti il diritto del creditore di agire esecutivamente sui beni costituiti in fondo patrimoniale deve dimostrare, anche a mezzo di presunzioni semplici, che il medesimo creditore era consapevole, al momento del perfezionamento dell’atto dal quale deriva l’obbligazione, che questa era contratta per scopi estranei ai bisogni della famiglia ancorché intesi in senso lato ovvero volti non soltanto al soddisfacimento delle necessità cd. essenziali o indispensabili della famiglia ma anche ad esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della medesima, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa ed al miglioramento del suo benessere economico, restando
escluse ragioni voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi. In relazione ai debiti assunti nell’esercizio dell’attività d’impresa o a quella professionale, essi non assolvono di norma a tali bisogni, ma può essere fornita la prova che siano eccezionalmente destinati a soddisfarli in via diretta ed immediata, avuto riguardo alle specificità del caso concreto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di appello la quale aveva presunto, in assenza di prova di una diversa fonte di sostentamento della famiglia, che i mezzi per il soddisfacimento dei bisogni di questa derivassero dall’attività d’impresa dell’opponente). ‘
In motivazione, ricostruisce e chiarisce la fattispecie per quanto qui rileva: ‘ Atteso che l’art. 170 c.c. disciplina l’efficacia sui beni del fondo patrimoniale di titoli che possono giustificare l’esecuzione su di essi … il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura – <> o <> delle obbligazioni … ma nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia … Si è da questa Corte posto d’altro canto in rilievo che i bisogni della famiglia sono da intendersi non in senso restrittivo, come riferentesi cioè alla necessità di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia, bensì … nel senso di ricomprendere in detti bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed l’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi … In altri termini, i bisogni della famiglia debbono essere intesi in senso lato, non limitatamente cioè alle necessità c.d. essenziali o indispensabili della famiglia ma avendo più ampiamente riguardo a quanto necessario e funzionale allo svolgimento e allo sviluppo della vita familiare secondo il relativo indirizzo, e al miglioramento del benessere (anche) economico della famiglia … C on particolare riferimento ai debiti derivanti dall’attività professionale o d ‘ impresa del coniuge, anche se la
circostanza che il debito sia sorto nell’ambito dell’impresa o dell’attività professionale non è di per sé idonea ad escludere in termini assoluti che esso sia stato contratto per soddisfare i bisogni della famiglia …, risponde invero a nozione di comune esperienza che le obbligazioni assunte nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale abbiano uno scopo normalmente estraneo ai bisogni della famiglia … È pertanto necessario l’accertamento da parte del giudice di merito della relazione sussistente tra il fatto generatore del debito e i bisogni della famiglia in senso ampio intesi …, avuto riguardo alle specifiche circostanze del caso concreto. Va al riguardo per altro verso sottolineato che il vincolo di inespropriabilità ex art. 170 c.c. deve essere contemperato con l’esigenza di tutela dell’affidamento dei creditori. Atteso che la prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c. grava su chi intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, … per contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente il debitore … deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore … ma anche che il suo debito verso quest’ultimo è stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia … Poiché il vincolo de quo opera esclusivamente nei confronti dei creditori consapevoli che l’obbligazione è stata contratta non già per far fronte ai bisogni della famiglia ma per altra e diversa finalità alla famiglia estranea, si è sottolineato come tale consapevolezza debba sussistere al momento del perfezionamento dell’atto da cui deriva l’obbligazione. La prova dell’estraneità e della consapevolezza … può essere peraltro fornita anche per presunzioni semplici … È pertanto sufficiente provare che lo scopo dell’obbligazione apparisse al momento della relativa assunzione come estraneo ai bisogni della famiglia … Le obbligazioni concernenti l’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale risultano … avere di norma un’inerenza diretta ed immediata con le esigenze dell’attività imprenditoriale o professionale, solo indirettamente e mediatamente potendo assolvere (anche) al soddisfacimento dei bisogni della famiglia (arg. ex art. 178 c.c. e art. 179 c.c., lett.d), se e nella misura in cui con i proventi della propria attività professionale o imprenditoriale il coniuge, in adempimento dei propri doveri ex art. 143 c.c., vi faccia fronte. È fatta peraltro salva la prova contraria, potendo dimostrarsi che, pur se posto in
essere nell’ambito dello svolgimento dell’attività d’impresa o professionale nello specifico caso concreto, diversamente dall ‘i d quod plerumque accidit , l’atto di assunzione del debito è eccezionalmente volto ad immediatamente e direttamente soddisfare i bisogni della famiglia. ‘
4.4 A questo riequilibrio tra le posizioni delle parti che si riflette sulla conformazione probatoria in cui si conclude il percorso motivazionale appena riportato ha dato seguito da ultimo Cass. sez. 3, 28 settembre 2023 n. 27562; e la sua piena condivisibilità comporta l’adesione anche del presente collegio, che intende pertanto proseguirlo.
Da ciò deriva l’accoglimento p.q.r. del quarto motivo e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla corte territoriale perché proceda alla verifica probatoria che tale giurisprudenza esige, rendendo quindi realmente concreto l’accertamento che nella pronuncia ora cassata viceversa si arresta ad un piano del tutto formale, e quindi incompleto.
In conclusione, il ricorso va accolto per il quarto motivo, rigettati gli altri, con cassa zione in relazione dell’impugnata sentenza e rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 5 ottobre 2023
Il Presidente
NOME COGNOME