Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20545 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20545 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2559/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOMECOGNOME
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7588/2022 depositata il 24/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. I sigg.ri COGNOME e COGNOME convenivano, nel 2008, dinanzi al Tribunale di Latina, i coniugi COGNOME e COGNOME chiedendo la declaratoria di inefficacia, ex art. 2901 c.c., della costituzione del fondo patrimoniale da questi ultimi stipulato in data 4 marzo 2003. A fondamento della domanda, gli attori deducevano che tale atto dispositivo era stato posto in essere in pregiudizio delle loro ragioni rapporti contrattuali tra il COGNOME e i resistenti, da cui era scaturito un creditorie, in quanto successivo all’instaurazione di decreto ingiuntivo nei confronti dello stesso nel 2008.
I convenuti si costituivano eccependo l’infondatezza della domanda, rilevando che la costituzione del fondo patrimoniale del 2003 era avvenuta in esecuzione di un provvedimento autorizzativo del Giudice Tutelare del Tribunale di Latina, che aveva subordinato la vendita della precedente casa familiare (già conferita in fondo patrimoniale in data 5 agosto 1999) all’acquisto di un nuovo immobile da destinare alla famiglia, da sottoporre al medesimo
vincolo. Sottolineavano, pertanto, che tale vincolo era già presente sin dal 1999 e che il nuovo conferimento non aveva modificato la consistenza delle garanzie patrimoniali dei creditori, escludendo qualsiasi intento fraudolento.
Con sentenza n. 2415/2019, il Tribunale di Latina accoglieva la domanda attorea, dichiarando inefficace il fondo patrimoniale nei confronti dei creditori attori.
Con sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281 -sexies c.p.c. n. 7588 del 24 novembre 2022, la Corte d’Appello di Roma, rigettava l’appello e confermava integralmente la decisione di primo grado, ritenendo provati gli elementi costitutivi dell’azione revocatoria.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i coniugi NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.
Il COGNOME resiste con controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 167, 171 e 2903 c.c., con particolare riferimento alla qualificazione giuridica della costituzione del fondo patrimoniale e alla prescrizione dell’azione revocatoria.
I ricorrenti sostengono che avevano costituito un fondo patrimoniale in data 5 agosto 1999, conferendovi l’allora casa familiare. Nel 2003, a seguito della sopravvenuta difficoltà nel sostenere il mutuo gravante sull’immobile, ottenevano dal Giudice Tutelare autorizzazione alla vendita del bene, a condizione che il ricavato venisse destinato all’acquisto di una nuova abitazione da sottoporre al medesimo vincolo.
La Corte d’appello ha ritenuto che tale conferimento integrasse la costituzione di un nuovo fondo patrimoniale autonomo rispetto a quello originario. I ricorrenti, al contrario, sostengono che il vincolo patrimoniale non si sia mai interrotto e che l’operazione del 2003 debba qualificarsi come mera sostituzione del bene conferito,
imposta da un provvedimento del Giudice Tutelare, in continuità con la volontà originaria dei coniugi e in assenza di una nuova autonoma manifestazione di volontà.
Ne deriva, secondo parte ricorrente, che il fondo patrimoniale, unitario e risalente al 1999, non può essere considerato oggetto di nuova costituzione nel 2003, con la conseguenza che l’azione revocatoria proposta nel 2008 sarebbe prescritta, essendo decorso il termine quinquennale previsto dall’art. 2903 c.c.
A sostegno della propria tesi, i ricorrenti richiamano un consolidato orientamento giurisprudenziale del merito secondo cui, in caso di alienazione di un bene già vincolato in un fondo patrimoniale, il giudice ha il potere-dovere di disporre il reimpiego del ricavato nell’acquisto di altro immobile da vincolare a garanzia dei bisogni della famiglia, proprio al fine di assicurare la continuità del vincolo di destinazione.
4.1. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. Erronea valutazione dei presupposti dell’azione revocatoria ( eventus damni , consilium fraudis , scientia damni ).
I ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello abbia erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti per l’azione revocatoria, pur in assenza dei requisiti richiesti dall’art. 2901 c.c., e in particolare quanto all’elemento oggettivo ( eventus damni ): la Corte avrebbe errato nel ritenere sussistente un pregiudizio per i creditori derivante dall’atto di conferimento dell’immobile al fondo patrimoniale nel 2003, trascurando che il vincolo era stato imposto dal Giudice Tutelare di Latina quale condizione per l’alienazione del precedente immobile, già vincolato dal 1999.
I beni dei coniugi erano da sempre privi di reale capienza rispetto al credito azionato, in quanto gravati da mutui ipotecari, e il conferimento del secondo immobile non ha aggravato la posizione dei creditori, ma ha piuttosto mantenuto inalterata (se non
migliorato) la garanzia patrimoniale, in ragione del valore e del residuo passivo inferiore.
Né risulta che i creditori abbiano dimostrato, come era loro onere, che la possibilità di soddisfazione fosse divenuta più incerta o difficile a causa dell’atto impugnato.
Quanto, invece, all’elemento soggettivo ( consilium fraudis e scientia damni ): il giudice dell’appello avrebbe omesso di considerare che l’atto del 2003 non costituiva espressione di volontà negoziale autonoma, ma mera esecuzione di un ordine giudiziale, con conseguente insussistenza del consilium fraudis .
Inoltre, al momento della costituzione del fondo nel 1999, il sig. COGNOME non aveva alcun rapporto con i creditori, mentre per la sig.ra COGNOME non è stata fornita prova né della conoscenza dei debiti, né dell’intento di sottrarsi agli stessi.
La motivazione della sentenza impugnata è censurata, infine, per aver erroneamente qualificato la sig.ra COGNOME come ‘terzo’ rispetto all’atto dispositivo, ritenendo irrilevante la sua conoscenza del debito. I ricorrenti evidenziano invece che la sig.ra COGNOME è parte dell’atto impugnato e che la prova della sua consapevolezza non è mai stata fornita, né può desumersi dalle dichiarazioni testimoniali acquisite, rese da soggetti privi di attendibilità, legati agli attori da rapporti familiari o di subordinazione, e incapaci di riferire fatti concreti.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione delle requisiti a pena d’inammissibilità prescritti all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 c.p.c., stante l’inosservanza dei principi di specificità, anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, COGNOME e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione
dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione), investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario (al p.to 81 in motivazione), esso (il principio di autosufficienza) può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950): requisito che può essere concretamente soddisfatto ‘anche’ fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod. proc. civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481);
Qualunque sia il tipo di errore denunciato (in procedendo o in iudicando), il ricorrente ha l’onere di indicare specificatamente, a pena di inammissibilità, i motivi di impugnazione, esplicandone il contenuto e individuando, in modo puntuale, gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda, oltre ai fatti che potevano condurre, se adeguatamente considerati, ad una diversa decisione. E ciò perché il ricorso deve ‘contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata’ (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 8/08/2023, n. 24179; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13/07/2023, n. 20139; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10/07/2023, n. 19524; Cass. civ., Sez. V, Ord., 22/06/2023, n. 17983; Cass. civ., Sez. I, Ord., 25/05/2023, n. 14595; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14/02/2023, n. 4571; Cass. civ., Sez. V, 20/07/2022, n. 22680; Cass. civ., Sez. 1, 19/04/2022, n. 12481; Cass. civ., Sez. V, Ord.,
13/01/2021, n. 342; Cass. civ., Sez. 1, 10/12/2020, n. 28184; Cass. civ., SS. UU., 27/12/2019, n. 34469).
Nel caso di specie, i ricorrenti richiamano un presunto ordine del Giudice Tutelare che avrebbe esteso al nuovo immobile il vincolo di destinazione già gravante sul precedente bene e sul fondo patrimoniale originario.
Tuttavia, non precisano se, quando e in quale sede processuale tale provvedimento sia stato effettivamente prodotto in giudizio, né ne documentano l’avvenuto deposito agli atti.
5.1. Va altresì posto in rilievo che i motivi, lungi dal prospettare un’effettiva violazione e falsa applicazione di legge, si sostanziano in realtà nella doglianza di erronea valutazione delle emergenze processuali e probatorie compiuta dalla corte territoriale e prima di lei dal t ribunale, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Questo perché spetta al solo giudice di merito individuare le fonti del suo convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi. Né detto giudice è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cfr. ex plurimis , v., tra le più recenti, Cass. civ., Sez. lav., Ord., 1/08/2023, n. 23351; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26/07/2023, n. 22540; Cass. civ., Sez. V, 3/07/2023, n. 18758).
Nel caso di specie, la corte territoriale ha esaminato le prove offerte, procedendo a una ricostruzione puntuale dei fatti costitutivi della domanda revocatoria avanzata dai controricorrenti, ritenendoli sufficienti a dimostrare la sussistenza sia dell’ eventus damni sia del consilium fraudis (cfr. pag. 8 sentenza impugnata).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza