Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32146 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 32146 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10849/2022 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE nella qualità di rappresentante di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio EMAIL
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 199 del 10/2/2022 della Corte d ‘ appello di Brescia; udita la relazione della causa svolta all ‘ udienza del 9/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l ‘ accoglimento del ricorso;
udito il difensore del controricorrente e lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME agiva nei confronti di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (che aveva incorporato la Banca Agricola Mantovana S.p.A.) per ottenere la cancellazione dell ‘ ipoteca giudiziale iscritta dalla convenuta su beni in fondo patrimoniale e il risarcimento del conseguente danno.
Affermava l ‘ attore, imprenditore nel settore immobiliare, di aver concluso, nel marzo del 2008, un contratto di mutuo con la Banca Agricola Mantovana; in ragione del mancato rimborso del finanziamento, la banca aveva conseguito un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo e iscritto ipoteca su beni che i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano costituito in fondo patrimoniale nel periodo 2008-2010; l ‘ odierno controricorrente sosteneva che l ‘ iscrizione ipotecaria, prodromica all ‘ esecuzione forzata, era illegittima perché i beni colpiti erano sottratti ad espropriazione a norma dell ‘ art. 170 c.p.c.
Il Tribunale di Mantova, con la sentenza n. 119 del 13/2/2019, respingeva la domanda, perché il COGNOME non aveva provato che i debiti contratti erano estranei ai bisogni della famiglia.
La Corte d ‘ appello di Brescia, adita dal COGNOME, con la sentenza n. 199 del 10/2/2022 (resa nei confronti della cessionaria del credito bancario RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, in riforma della decisione di primo grado, ordinava la cancellazione dell ‘ ipoteca giudiziale, iscritta con nota del 26/10/2015, relativamente alle unità immobiliari costituite nel fondo patrimoniale, respingeva la domanda risarcitoria, compensava parzialmente le spese del giudizio.
Per quanto qui rileva, la Corte di merito così spiegava la propria decisione: «COGNOME ha dimostrato che la Banca era a conoscenza che egli era un imprenditore del settore edile che si occupava della compravendita di immobili … e che neppure era un consumatore … Ha dimostrato altresì che il mutuo era finalizzato a realizzare l ‘ immobile in Ostiglia, tanto è vero che gli fu erogato non in un ‘ unica soluzione bensì solo dopo che un tecnico incaricato dalla banca avesse verificato l ‘ effettivo stato di avanzamento dei lavori ed avesse quindi espresso il suo parere favorevole all ‘ erogazione delle
varie rate … Pertanto è provato che sia stato erogato per scopi estranei alla famiglia riguardando la sua professione. Ricorre nella fattispecie la prova per presunzioni. ‘ La prova dei presupposti di applicabilità dell ‘ articolo 170 del Cc grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale. Ove, in particolare, venga proposta opposizione ex articolo 615 del Cpc per contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente, il debitore opponente deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente ma anche che il suo debito verso quest ‘ ultimo è stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Quindi, poiché il vincolo de quo opera esclusivamente nei confronti dei creditori consapevoli che l ‘ obbligazione è stata contratta non già per far fronte ai bisogni della famiglia ma per altra e diversa finalità alla famiglia estranea, tale consapevolezza deve sussistere al momento del perfezionamento dell ‘ atto da cui deriva l ‘ obbligazione. La prova dell ‘ estraneità e della consapevolezza in argomento può essere peraltro fornita anche per presunzioni semplici. È, pertanto, sufficiente provare che lo scopo dell ‘ obbligazione apparisse al momento della relativa assunzione come estraneo ai bisogni della famiglia ‘ (così in Cass. Civ. sez. terza 15 luglio 2020 / 8 febbraio 2021 n. 2904)».
Avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo; resisteva con controricorso NOME COGNOME.
All ‘ esito della camera di consiglio del 29/5/2024, con l ‘ ordinanza n. 16247 dell ‘ 11/06/2024, la causa era rinviata per essere trattata in pubblica udienza, attesa la rilevanza della questione posta con la censura.
In data 9/7/2024 si costituiva -per RAGIONE_SOCIALE, in cui si era fusa per incorporazione RAGIONE_SOCIALE e quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE -l ‘ avv. NOME COGNOME in sostituzione del precedente difensore (avv. NOME COGNOME.
Il Pubblico Ministero, con la sua memoria e anche all ‘ udienza, concludeva per l ‘ accoglimento del ricorso.
Le parti depositavano memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l ‘ unico motivo d ‘ impugnazione, la ricorrente deduce «Violazione e falsa applicazione degli artt. 170, 2697 c.c. e 12 preleggi in relazione all ‘ art. 360 n. 3 cpc per aver ritenuto provata l ‘ estraneità ai bisogni della famiglia del debito contratto da RAGIONE_SOCIALE con la Banca Monte dei Paschi di Siena SPA, in base al quale è stata poi iscritta l ‘ ipoteca giudiziale contestata».
La censura è fondata.
La Corte d ‘ appello ha interamente fondato la propria decisione sulla decisione di Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2904 del 08/02/2021, Rv. 66052301, secondo cui, «in relazione ai debiti assunti nell ‘ esercizio dell ‘ attività d ‘ impresa o a quella professionale, essi non assolvono di norma a tali bisogni , ma può essere fornita la prova che siano eccezionalmente destinati a soddisfarli in via diretta ed immediata, avuto riguardo alle specificità del caso concreto» (nella specie, era stata cassata la decisione del giudice di merito la quale aveva presunto, in assenza di prova di una diversa fonte di sostentamento della famiglia, che i mezzi per il soddisfacimento dei bisogni di questa derivassero dall ‘ attività d ‘ impresa dell ‘ opponente).
La menzionata decisione configura una presunzione in base alla quale i debiti contratti nell ‘ ambito dell ‘ attività imprenditoriale o professionale svolta dal coniuge si devono ritenere, di regola, estranei ai bisogni della famiglia (al medesimo indirizzo si ascrive la pronuncia di Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 7232 del 04/03/2022, non massimata).
4. Una simile conclusione non è, però, convincente. Come già rilevato da Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 31575 del 13/11/2023, in motivazione, la succitata «impostazione, per la verità, risulta eccentrica rispetto alla costante giurisprudenza di questa Corte sul tema della distribuzione dell ‘ onere della prova in subiecta materia …, giacché – come pure evidenziato dalla successiva Cass. n. 41255/2021, già citata – l ‘ inerenza al soddisfacimento delle esigenze familiari non può ricollegarsi semplicemente alla tipologia dell ‘ at-
tività nel cui contesto l ‘ obbligazione è sorta, ma richiede comunque la valutazione della finalità sottostante, che deve essere quella di soddisfare esigenze – anche in senso ampio – della famiglia (per l ‘ affermazione che la suddetta finalità ‘ non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall ‘ attività professionale o d ‘ impresa del coniuge ‘ , v. Cass. n. 3738/2015; conf. Cass. n. 23876/2015, secondo la quale l ‘ inerenza dell ‘ obbligazione – nella specie, tributaria – ai bisogni della famiglia e la relativa conoscenza da parte del titolare del credito sono ‘ circostanze che non possono ritenersi dimostrate, né escluse, per il solo fatto dell ‘ insorgenza del debito nell ‘ esercizio dell ‘ impresa ‘ ). D ‘ altra parte (come ancora sottolinea la stessa Cass. n. 41255/2021), in base all ‘ espressa e letterale disposizione dell ‘ art. 170 c.c., il fatto che giustifica l ‘ esenzione dall ‘ esecuzione forzata dei beni del fondo patrimoniale e che, quindi, deve essere provato dall ‘ opponente, è un fatto negativo (cioè il fatto che il debito non venne contratto per far fronte ai bisogni della famiglia), mentre non è affatto richiesta la prova positiva della diversa specifica finalità concretamente perseguita nell ‘ assunzione del debito stesso, come parrebbe in qualche modo postulare il più recente orientamento».
5. A quanto già statuito con l ‘ ordinanza n. 31575 del 13/11/2023 -che il Collegio intende convintamente ribadire -può aggiungersi che l ‘ inerenza del debito all ‘ attività imprenditoriale o professionale svolta dal coniuge non solo non assolve quest ‘ ultimo dall ‘ onere di provare l ‘ estraneità prevista dall ‘ art. 170 c.c., ma, al contrario, che è normale, secondo l ‘ id quod plerumque accidit , che un debito così contratto sia attinente alla soddisfazione dei bisogni familiari.
6. Infatti, proprio dalla disciplina della famiglia -sia nella Carta Costituzionale (artt. 2 e 29), sia nel codice civile (artt. 143 e 144 c.c.), quale società naturale -si desume l ‘ ordinaria destinazione alle esigenze familiari dei proventi dell ‘ attività di ciascuno dei coniugi, i quali, in posizione paritaria e prestandosi reciproca assistenza (morale e materiale), hanno il dovere di rivolgere la propria capacità di lavoro professionale (o casalingo) alla contribuzione ai bisogni della famiglia (da intendersi in senso ampio: al suo
sostentamento, ma pure al suo benessere, all ‘ incremento della sua posizione economica, allo sviluppo e al potenziamento dell ‘ attività lavorativa e delle inclinazioni dei suoi membri, al pieno -o, almeno, al più armonico possibile -sviluppo della loro personalità e così via).
Il dettato normativo individua una situazione di normalità in cui i redditi derivanti dal lavoro personale dei coniugi non sono destinati alla famiglia solo in via residuale ma, anzi, in via principale (in ossequio al principio di proporzionalità contenuto nell ‘ art. 143, ult.co., c.c.); se è vero che non è possibile riferire direttamente e immediatamente alle esigenze familiari i debiti assunti nell ‘ attività professionale o imprenditoriale svolta di persona dal membro della famiglia (poiché la stessa attiene, in via immediata e diretta, soltanto all ‘ attività stessa), è altrettanto vero che il reddito che è vincolato ai bisogni della famiglia è l ‘ utile netto dell ‘ attività svolta, costituito dalla differenza tra i ricavi lordi e gli esborsi sostenuti, ordinariamente rivolto a remunerare proprio quella attività e, pertanto, alla doverosa contribuzione alle esigenze della famiglia in cui il singolo è organicamente inserito.
7. Rispetto al rischio di un ‘ eccessiva generalizzazione (secondo cui qualsiasi attività con finalità lucrative, professionale od imprenditoriale, finirebbe comunque per essere tesa al soddisfacimento dei bisogni della famiglia) che potrebbe trascurare le particolarità della fattispecie concreta, si osserva che, proprio in base alle citate norme, è possibile che l ‘ indirizzo della vita familiare sia stato regolato dai coniugi diversamente da quanto previsto nell ‘ art. 143, ult. co., c.c. (ad esempio prevedendo che i frutti della capacità di lavoro professionale non siano in alcun modo impiegati per il benessere della famiglia, alle cui esigenze si è deciso di destinare le rendite di un determinato patrimonio): ciò è certamente consentito dall ‘ art. 144 c.c., norma che impone l ‘ adozione -necessariamente sull ‘ accordo di entrambi, ma senza richiesta di forme particolari -delle decisioni fondamentali relative alla famiglia e concernenti il tipo ed il tenore di vita da condurre, la distribuzione dei compiti, l ‘ educazione e l ‘ istruzione dei figli, la determinazione delle rispettive contribuzioni ai sensi dell ‘ art. 143, ult. co., c.c.
In altre parole, la regola casistica (secondo l ‘ id quod plerumque accidit ) della rispondenza dell ‘ obbligazione contratta nell ‘ attività imprenditoriale o professionale, svolta personalmente dal coniuge debitore, alle esigenze della famiglia può essere derogata dalla prova (che, in base ai principi generali, incombe sul soggetto che invoca il divieto, a lui favorevole, ex art. 170 c.c., integrante eccezione alla generale regola della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.) di un accordo ex art. 144 c.c., in base al quale il ménage familiare non è in alcun modo alimentato dai proventi dell ‘ attività lavorativa nell ‘ ambito della quale ha avuto origine il credito azionato in sede esecutiva.
8. A tanto si aggiunga non solo che, ad ogni buon conto, in concreto il coniuge debitore potrebbe comunque provare che lo specifico credito fosse estraneo a quei bisogni, ma pure che la stessa scelta di uno speciale regime quale il fondo patrimoniale rende evidente la centralità che il coniuge che lo ha costituito attribuisce ai bisogni della famiglia anche ai fini della gestione del proprio patrimonio.
9. Alla fattispecie va, pertanto, applicato il seguente principio di diritto: «In tema di beni costituiti in fondo patrimoniale, il debitore che intenda sottrarli all’espropriazione forzata sugli stessi intrapresa è onerato di dimostrare che il creditore era consapevole dell’estraneità ai bisogni della famiglia (da intendersi non limitati al suo sostentamento, ma estesi pure al suo benessere, all’incremento della sua posizione economica, allo sviluppo e al potenziamento dell’attività lavorativa e delle inclina zioni dei suoi membri, al pieno -o, almeno, al più armonico possibile -sviluppo della loro personalità, ecc.) del debito contratto, anche se questo è sorto nell’ambito dell’attività imprenditoriale o professionale svolta personalmente dal coniuge, perché la disciplina della famiglia (artt. 2 e 29 Cost.; artt. 143 e 144 c.c.) indica una situazione di normalità in cui sono ordinariamente destinati alla famiglia -in via principale (e non solo in via residuale) -i proventi dell’attività d i ciascuno dei coniugi, i quali, in posizione paritaria e prestandosi reciproca assistenza (anche materiale), hanno il dovere di rivolgere la propria capacità di lavoro professionale (o casalingo) alla contribuzione alle esigenze
familiari, ferma restando la possibilità, per i medesimi coniugi, di regolare diversamente l’indirizzo della vita familiare con un accordo ex art. 144 c.c.».
In accoglimento del motivo, perciò, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d ‘ appello di Brescia, in diversa composizione, per nuovo esame, nonché per la regolazione delle spese del giudizio, incluse quelle di legittimità.
P. Q. M.
La Corte, accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d ‘ appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,