Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23619 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23619 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19543-2022 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 33/2022 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 16/02/2022 R.G.N. 23/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Fondo di garanzia Inps
R.G.N. 19543/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 29/04/2025
CC
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona che, in accoglimento del gravame dell’Inps, assorbite le censure formulate dalla lavoratrice con il suo appello, ha rigettato la domanda da lei proposta e volta ad ottenere la condanna del Fondo di Garanzia costituito presso l’Inps a corrisponderle il TFR e le ultime tre retribuzioni spettanti e non erogate dal datore di lavoro RAGIONE_SOCIALE, dichiarato fallito dal Tribunale di Roma l’8.6.2017 ed il cui fallimento era stato chiuso ex art. 102 L.F. per insussistenza di attivo.
1.1. La Corte territoriale, in adesione all’orientamento formatosi presso la Cassazione ( Cass. s.u. 6070 del 2013 e 4610 del 2021), ha accertato che al momento della presentazione della domanda al Fondo la società datrice non era fallita e dunque la lavoratrice ben avrebbe potuto ottenere un titolo esecutivo per conseguire il suo credito e che ne attestasse l’entità.
Per la cassazione della sentenza ricorre NOME COGNOME che articola quattro motivi di ricorso. L’Inps resiste con controricorso e deposita memoria illustrativa. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RITENUTO CHE
Con il primo motivo di ricorso è denunciata la nullità della sentenza e/o del procedimento per omesso rilievo della inammissibilità dell’appello avversario in violazione degli artt. 434 e 342 c.p.c. e/o per difetto assoluto di motivazione sul punto (art. 360, n. 4, c.p.c.) -per non avere la Corte di Appello di Ancona accolto l’eccezione di inammissibilità (per difetto di specificità) dell’appello proposto dall’INPS con ricorso del
19.5.2021 avverso la sentenza di primo grado n. 10/2021 del Tribunale di Ascoli Piceno.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Premesso che il ricorso, pur autosufficiente con riguardo alle censure dell’appello , non lo è altrettanto per quanto concerne il contenuto della sentenza di primo grado su cui quelle censure si appuntavano, il che già sarebbe sufficiente a giustificare la declaratoria di inammissibilità, comunque esso lo è anche per la diversa ragione che la censura di omessa motivazione non può essere formulata con riguardo alla denuncia di un error in procedendo spettando alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato, o meno, il denunciato vizio di attività, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto. Né il mancato esame, da parte di quel giudice, di una questione puramente processuale può dar luogo ad omissione di pronuncia, configurandosi quest’ultima nella sola ipotesi di mancato esame di domande o eccezioni di merito (cfr. Cass. n. 22952 del 2015 ed anche Cass. n. 321 del 2016, n. 6174 del 2018 e n. 26913 del 2024).
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 cod. civ. per omesso rilievo del giudicato interno su questioni decisive per il giudizio (art. 360 n. 3 c.p.c.). Ad avviso della ricorrente la Corte di Appello di Ancona avrebbe errato nel non accogliere l’eccezione di giudicato interno, proposta dalla COGNOME rispetto alle statuizioni della sentenza di primo grado n. 10/2021 del Tribunale di Ascoli Piceno relative alla materiale e giuridica impossibilità per la stessa di dotarsi di un titolo esecutivo dopo l’intervenuto fallimento della RAGIONE_SOCIALEex datrice di lavoro della odierna
ricorrente) e fino alla chiusura, ex artt. 102 e 118, secondo comma, R.D. 16.3.1942 n. 267 (Legge fallimentare), della procedura concorsuale che, in forza di tali norme, ha comportato la contestuale e necessitata cancellazione della Società dal registro delle imprese e, quindi, la sua definitiva estinzione senza che si sia mai verificato (né potesse secondo diritto verificarsi) alcun suo ritorno in bonis.
2.1. Il motivo è inammissibile perché trascura di trascrivere la sentenza di primo grado riportandone solo brevi passi virgolettati e non consente al Collegio di valutarne ex actis la fondatezza o meno della censura.
Con il terzo motivo si denuncia un omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.) e si deduce che la Corte di Appello avrebbe omesso ogni reale esame circa il fatto, decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, costituito dal non essere (e dal non poter essere) la ex datrice RAGIONE_SOCIALE mai tornata in bonis (e dall’essere invece stata inevitabilmente estinta e cancellata dal registro delle imprese) a seguito della chiusura del suo fallimento in base al combinato disposto degli artt. 102 e 118, comma 2, della Legge fallimentare. Contro tali norme e contro le risultanze degli atti di causa la sentenza avrebbe infondatamente finito per affermare l’inesistente fatto contrario costituito dalla (asserita ma insussistente) possibilità, per la lavoratrice di precostituirsi un titolo esecutivo agendo in giudizio contro tale Società dopo il suo fallimento per essere (secondo la sentenza qui gravata) la Società medesima (sempre e solo asseritamente) ancora ‘attiva’, in base alle (ancora solo asserite e in realtà travisate) risultanze della visura camerale in atti, nel momento in cui è stata proposta la domanda di accesso al Fondo di Garanzia.
3.1. Anche questo motivo è inammissibile poiché pretende dal Collegio un riesame dei fatti ed una loro diversa valutazione non consentita davanti al giudice di legittimità se non nei ristretti e rigorosi limiti di cui all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. , neppure prospettata.
Il quarto motivo di ricorso – con il quale è denunciata la v iolazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 della L. n. 297/1982 e dell’art. 2 del d. lgs. n. 80 del 1992 nonché degli artt. 24, 102 e 118 della Legge Fallimentare in relazione all’ art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. -è infondato.
4.1. Con la censura si rileva che, anche per effetto di una lettura e di una interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata delle norme regolatrici del Fondo di Garanzia costituito presso l’INPS e di quelle della Legge fallimentare in rubrica indicate, non può essere precluso l’accesso d el lavoratore al Fondo anche in assenza della preesistenza di un titolo esecutivo nei confronti del datore di lavoro, qualora non sia stato materialmente e giuridicamente possibile ottenere tale titolo esecutivo per le ragioni indicate in ricorso.
4.2. Rileva al riguardo il Collegio che questa Corte ha già chiarito che ‘ (…) allorché il lavoratore aziona la sua pretesa verso il Fondo, con una domanda che fa sorgere l’obbligo del Fondo di provvedere, devono sussistere tutti gli elementi costitutivi della pretesa. Tra i requisiti indefettibili, vi è l’accertamento del credito, propedeutico alle azioni esecutive che la legge menziona, allorché non operino le regole del concorso (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267).
Tale scansione non solo si raccorda alla fattispecie costitutiva del diritto, nella complessità degli elementi che la compongono e che hanno nella domanda uno snodo saliente, ma si prefigge, altresì, di rendere più spedita l’attività dell’Istituto, chia mato
alla doverosa verifica dei presupposti di legge e alla sollecita erogazione del trattamento insoluto, «ove non sussista contestazione in materia» (art. 2, quinto comma, della legge n. 287 del 1982).
Per questa via, il legislatore garantisce che le risorse pubbliche destinate al Fondo siano impiegate per la «finalità istituzionale» (art. 2, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982) e scongiura il rischio del moltiplicarsi di domande meramente esplorative, carenti di requisiti imprescindibili e prevedibilmente destinate a un approdo contenzioso. Né il bilanciamento attuato dalla legge determina un irragionevole e sproporzionato aggravio a danno dei lavoratori. ‘ (cfr. Cass. n. 2397 del 2025).
La suesposta interpretazione oltre ad essere conforme alle direttive comunitarie ed in particolare, ai paragrafi 2.1 b) della direttiva 80/987/CEE e della direttiva 2008/94/CE che prevedono che sia l’autorità competente a decidere l’apertura del procedimento d’insolvenza, giustificando così una fase di accertamento e formazione del titolo -antecedente all’azione svolta nei confronti dell’Inps , neppure si espone ai rilievi di illegittimità costituzionale prospettati dalla ricorrente. Rispetto a questi va rilevato che la manifesta infondatezza emerge dalla necessità del legislatore di garantire che le risorse pubbliche destinate al Fondo siano impiegate per la «finalità istituzionale» (art.2, co.8 l. n.297/82) e di scongiurare il rischio del moltiplicarsi di domande meramente esplorative, carenti di requisiti imprescindibili e prevedibilmente destinate a un approdo contenzioso. Né il bilanciamento attuato dalla legge determina un irragionevole e sproporzionato aggravio a danno dei lavoratori (cfr. in termini Cass. 18970 del 2025).
In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Quanto alle spese si reputa equo compensarle tenuto conto del recente consolidamento della giurisprudenza sulla specifica questione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del c itato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 29 aprile 2025
La Presidente
NOME COGNOME