Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23620 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 32445-2020 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 41/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 08/07/2020 R.G.N. 252/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Fondo di garanzia Inps
R.G.N. 32445/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 29/04/2025
CC
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Cremona che aveva rigettato la domanda dei ricorrenti in epigrafe indicati volta ad ottenere dall’Inps, gestore del Fondo di Garanzia, il pagamento del TFR e delle ultime retribuzioni maturate alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con fallimento, al quale avevano chiesto di essere ammessi e che era stato chiuso per mancanza di attivo.
1.1. La Corte di appello, al pari del Tribunale, ha rilevato che l’intervento del Fondo era stato chiesto senza che il credito fosse stato prima accertato con un titolo esecutivo, che incontestatamente non era stato mai chiesto. Al riguardo, ha ricordato che, pur n on contestata l’insolvenza del datore di lavoro, l’ accertamento definitivo del credito era indispensabile per consentire l’intervento del Fondo.
1.2. Ha rilevato poi che l’accertamento non può essere condotto direttamente nei confronti dell’Inps atteso che non è l’Istituto il contraente inadempiente e dunque questo non può conoscere (diversamente dal curatore fallimentare) della posizione dei singoli dipendenti del datore di lavoro fallito.
1.3. Ha chiarito che l’Inps si sostituisce al datore di lavoro per poi agire in surroga e insinuarsi al passivo del fallimento ma non può replicare sull’esistenza e l’ammontare del credito che dunque deve essere previamente accertato.
1.4. Ha rilevato che nella specie non sussisteva alcuna difficoltà di fatto a procedere all’accertamento che ben poteva essere effettuato nei confronti di quei soggetti che, dopo la cancellazione della società, continuano a rispondere per suo conto.
1.5. Ha osservato che erano stati gli stessi ricorrenti, sei mesi dopo la cessazione del loro rapporto di lavoro, a chiedere il
fallimento della società che nei tre mesi precedenti aveva cessato l’attività trasferendo la sua sede in Albania , di tal che era verosimile immaginare che il fallimento si sarebbe chiuso per mancanza di attivo e senza un accertamento dello stato passivo ex art. 102 l.f. (nella sua formulazione già da tempo vigente).
1.6. Ha evidenziato infine che il messaggio dell’Inps 14.4.2017 n. 1646, con il quale è stata ammessa, in via eccezionale, la possibilità per il lavoratore di compiere l’accertamento del credito si riferisce al caso, assolutamente particolare, del lavoratore licenziato dopo l’apertura del fallimento . Solo in tal caso il lavoratore non avrebbe potuto agire prima del fallimento – poi chiuso senza accertamento dello stato passivo ai sensi dell’art. 102 l.f. – per il pagamento del TFR essendo il rapporto a quel momento ancora in essere.
Per la cassazione della sentenza ricorrono i lavoratori in epigrafe indicati che articolano quattro motivi ai quali oppone difese l’Inps con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RITENUTO CHE
Con il primo motivo si deduce che non sarebbe sindacabile e comunque decisiva la scelta dei ricorrenti, in presenza di trasferimento della sede in paese extracomunitario di procedere direttamente a presentare istanza di fallimento.
1.1. Si tratterebbe infatti di accertamento giudiziario estremamente difficoltoso e il credito in sostanza potrebbe essere accertato solo per il tramite dell’ ammissione al passivo del fallimento.
Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo consistente nella obiettiva impossibilità di accertamento
giudiziario dei crediti di società di capitali dopo la cancellazione. Inoltre, è denunciata la v iolazione dell’art. 2945 c.c. .
Il terzo motivo denuncia l’omesso esame di fatto decisivo consistito nella chiusura anticipata del fallimento che avrebbe impedito l’ammissione al passivo del credito e, per effetto della cancellazione della società, avrebbe reso impossibile ogni azione finalizzata all’ accertamento del credito.
3.1. Ad avviso dei ricorrenti una interpretazione della normativa conforme alla direttiva 80/987/ CEE del Consiglio del 20.10.1980 deve consentire in un caso come quello in esame la possibilità di ottenere l ‘intervento del Fondo. Deducono che le norme dell’ordinamento nazionale non potrebbero applicarsi al caso di specie essendo conclamata l’impossibilità di ottenere un titolo esecutivo.
Il quarto motivo sollecita la Corte ad affermare che non vi sarebbe alcun ostacolo a ritenere che, anche nei confronti dell’Inps , il credito del lavoratore possa essere ritenuto accertato, pur in assenza di un titolo esecutivo, sulla base della medesima documentazione che consentirebbe l’azione monitoria o l’insinuazione al passivo.
Con la memoria depositata in vista dell’adunanza camerale i ricorrenti deducono che, successivamente alla sentenza di appello ed alla proposizione del ricorso per cassazione, con sentenza del Tribunale di Cremona, passata in giudicato, è stato accertato il loro diritto al TFR e gli altri crediti nei confronti dei soci della società fallita e cancellata. Sostengono che si sarebbe perciò realizzata la condizione ritenuta necessaria per l’intervento del Fondo.
5.1. L’Inps ha eccepito l’inammissibilità della produzione documentale che non attiene né alla nullità della sentenza né all’ammissibilità del ricorso .
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
6.1. Occorre preliminarmente dichiarare l’inammissibilità della produzione documentale allegata alla memoria depositata ex art. 380 bis.1. c.p.c.. Come è noto, infatti, nel giudizio di cassazione alle memorie illustrative ex artt. 378 e ex 380 bis.1 c.p.c. è possibile allegare, ex art. 372 c.p.c., solo documenti che siano stati già prodotti nei precedenti gradi di merito e di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata o l’ammissibilità del ricorso o del controricorso (cfr. Cass. 13/03/2023 n. 7281, 26/05/2020 n. 9685 e già n. 10697 del 2013).
6.2. Nel merito le censure mosse alla sentenza sono infondate alla luce della recente giurisprudenza di questa Corte che – nel rammentare che il diritto del lavoratore di ottenere dall’INPS, in caso d’insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del TFR a carico dello speciale Fondo di cui all’art. 2 della legge n. 297 del 1982 rappresenta un diritto di credito ad una prestazione previdenziale, distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro -ha poi costantemente affermato che «l’accertamento giurisdizionale della misura del TFR dovuto in esito all’ammissione allo stato passivo ovve ro la sua consacrazione in un titolo esecutivo conseguito nei confronti del datore di lavoro rappresentano la modalità necessaria per l’individuazione della misura stessa dell’intervento solidaristico del Fondo di garanzia, essendo l’ente previdenziale ter zo rispetto al rapporto di lavoro inter partes ed essendo nondimeno la sua obbligazione modulata sul TFR maturato in costanza di rapporto di lavoro» (Cass., sez. lav., 28 gennaio 2020, n. 1886, in motivazione). Pertanto, prima del verificarsi dei presupposti cui la legge subordina il sorgere del diritto alla prestazione previdenziale, nessuna domanda di pagamento può essere rivolta all’INPS (Cass., sez. lav., 19 luglio 2018, n. 19277, punto
15 delle Ragioni della decisione; nello stesso senso, Cass., sez. VI-L, 3 giugno 2021, n. 15384, e 9 giugno 2014, n. 12971).
6.3. La necessità di munirsi preventivamente di un accertamento nei confronti del datore di lavoro integra «un presupposto non solo letteralmente, ma anche logicamente necessario» e non si configura come «un onere inutile e inutilmente dispendioso» (sentenza n. 1886 – del 2020, cit., in motivazione; nello stesso senso, anche Cass., sez. lav., 18 novembre 2022, n. 34031). Quando il datore di lavoro non sia soggetto alle disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è lo stesso sistema delineato dall’ art. 2, quinto comma, della legge n. 297 del 1982 a indicare come condizione imprescindibile per l’accesso al Fondo di garanzia l’infruttuoso «esperimento dell’esecuzione forzata per la realizzazione del credito» concernente il TFR. L’esecuzione forzata in tanto può essere esperita, in quanto sussista un titolo idoneo a fondarla ( nulla executio sine titulo ).
6.4. Si è del pari ricordato che in senso contrario non possono essere invocate le pronunce di questa Corte, che hanno escluso, in relazione alle peculiarità delle singole vicende, «la necessità del preventivo esperimento di un’azione esecutiva di volta in volta mobiliare o immobiliare, non anche la necessità che il lavoratore assicurato si munisse di un titolo esecutivo nei confronti del proprio datore di lavoro» (sentenza n. 1886 del 2020, cit., in motivazione). L’aleatorietà delle azioni esecutive, che la sentenza impugnata e le controricorrenti pongono in risalto, riguarda un posterius , laddove il requisito pregiudiziale è pur sempre la sussistenza di un titolo che a quelle azioni consenta di dare impulso o che ne dimostri per tabulas l’impraticabilità, pur contenendo l’indispensabile accertamento della sussistenza e della misura del credito.
6.5. La legge è inequivocabile nel sancire «la funzione legale di elemento costitutivo per l’accesso al Fondo di Garanzia dell’accertamento in via giudiziale del credito preteso (nell ‘a n e nel quantum debeatur ) nei confronti dell’impresa inadempiente» (Cass., sez. lav., 4 aprile 2023, n. 9284). La necessità d’un previo accertamento s’impone anche per il fatto che l’INPS, in quanto gestore del Fondo, è un soggetto terzo e non ha alcun titolo per contestare la fondatezza della pretesa del lavoratore verso il suo datore di lavoro. Per altro verso, l’accertamento è funzionale alla più efficace salvaguardia del diritto di surroga che, per le somme corrisposte, compete al Fondo nel privilegio attribuito al lavoratore sul patrimonio dei datori di lavoro e degli eventuali condebitori solidali (cfr. Cass. 28/01/2025 n. 1934).
6.6. In questa prospettiva si è ritenuto che la formazione di un titolo che accerti il credito neppure è preclusa dall’estinzione della società debitrice osservandosi che in tale fattispecie, i soci sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata e non definiti all’esito della liquidazione e, anche ai fini processuali, non cessano di ricoprire la qualità di successori, pur se rispondono intra vires dei debiti trasmessi. L’eventuale infruttuosità dell’azione, per l’assenza di riparti in base al bilancio finale di liquidazione, non si riverbera sulla legittimazione passiva dei soci e di per sé non esclude l’interesse ad agire del creditore (Cass., S.U., 12 marzo 2013, n. 6070, punto 3 dei Motivi della decisione), che permane intatto allorché sia necessario, come avviene nel caso di specie, ottenere l’accertamento della pretesa nel contraddittorio con il datore di lavoro.
6.7. In sostanza l’accertamento del credito è elemento costitutivo dell’accesso al Fondo che deve preesistere alla presentazione della domanda al Fondo stesso.
6.8. Si tratta di considerazioni che non sono adeguatamente scalfite dalle censure mosse alla sentenza che ad esse si è attenuta. Come affermato da questa Corte nella sentenza da ultimo richiamata ( Cass. n. 1934 del 2025) ‘ Allorché il lavoratore aziona la sua pretesa verso il Fondo, con una domanda che fa sorgere l’obbligo del Fondo di provvedere, devono sussistere tutti gli elementi costitutivi della pretesa. Tra i requisiti indefettibili, si annovera, in prima battuta, l’a ccertamento del credito, propedeutico alle azioni esecutive che la legge menziona, allorché non operino le regole del concorso (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267). Tale scansione non solo si raccorda alla fattispecie costitutiva del diritto, nella complessità degli elementi che la compongono e che hanno nella domanda uno snodo saliente, ma si prefigge, altresì, di rendere più spedita l’attività dell’Istituto, chiamato alla doverosa verifica dei presupposti di legge e alla sollecita erogazione del trattamento insoluto, «ove non sussista contestazione in materia» (art. 2, quinto comma, della legge n. 297 del 1982). Per questa via, il legislatore garantisce che le risorse pubbliche destinate al Fondo siano impiegate per la «finalità istituzionale» (art. 2, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982) e scongiura il rischio del moltiplicarsi di domande meramente esplorative, carenti di requisiti imprescindibili e prevedibilmente destinate ad un approdo contenzioso. Né il bilanciamento attuato dalla legge determina un irragionevole e sproporzionato aggravio a danno dei lavoratori ‘ (così, da ultimo oltre a quella citata v. Cass. 27/01/2025 n. 1864, 18/02/2025 n. 4262 e inoltre, ex aliis Cass. 03/09/2024 n. 23581).
In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato.
Il recente consolidamento della giurisprudenza di questa Corte giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma il 29 aprile 2025