Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8129 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8129 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18742/2022 R.G.
proposto da
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL – controricorrente – avverso la sentenza n. 336 della CORTE D ‘ APPELLO di MESSINA, pubblicata il 20/5/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/2/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME -ricevuta, in data 17/11/2016, la notifica di un atto di precetto da parte di NOME COGNOME, il quale minacciava di agire in executivis in forza del decreto ingiuntivo n. 1633/2015 del GRAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE -proponeva opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi: sosteneva l’inesistenza del titolo esecutivo azionato , ex art. 161, comma 2, cod. proc. civ., perché privo della sottoscrizione del gRAGIONE_SOCIALE che aveva emesso il provvedimento monitorio, recante soltanto un segno grafico del tutto illeggibile e nessun’altra indicazione sul suo nominativo; contestava , altresì, la mancata apposizione del decreto di esecutorietà sull’originale dell’atto, in violazione dell’art. 654 cod. proc. civ.
2. Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 500 del 2/3/2018, respingeva l’opposizione: affermava che la contestazione ex art. 615 cod. proc. civ. afferente al titolo esecutivo giudiziale era inammissibile, dovendo essere svolta con l’opposizione a decreto ingiuntivo, non già con l’opposizione esecutiva ; rilevava, poi, che, a seguito dello smarrimento dell’originale del provvedimento monitorio, era stata autorizzata dal GRAGIONE_SOCIALE di P ace l’apposizione dell’esecutorietà, ex art. 654 cod. proc. civ., su una copia conforme.
3. Investita dell’appello di NOME COGNOME, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, c on la sentenza n. 1740 del 27/8/2019, rigettava l’impugnazione con riguardo all’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. e la dichiarava inammissibile con riferimento all’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ.
4. Per quanto qui rileva, in relazione alle contestazioni riconducibili all’art. 615 cod. proc. civ., il gRAGIONE_SOCIALE d’appello richiamava gli orientamenti giurisprudenziali secondo cui «l’inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo può essere dedot ta attraverso il rimedio dell’opposizione a precetto o alla esecuzione» e «la sottoscrizione dell’atto da parte del gRAGIONE_SOCIALE ne costituisce requisito essenziale, la cui ingiustificata mancanza, pur se involontaria, provocata, cioè, da errore o da dimenticanza, ne determina la nullità assoluta e insanabile, equiparabile all’inesistenza, senza che possa ovviarsi né con il procedimento di correzione degli errori materiali, né con
la rinnovazione della pubblicazione da parte dello stesso organo che -emessa la pronunzia -ha ormai esaurito la sua funzione giurisdizionale»; tuttavia, escludeva l’applicabilità dei menzionati princip î nella fattispecie esaminata, in cui «il vizio del decreto ingiuntivo dedotto da parte opponente (oggi appellante) attiene non già alla mancanza della sottoscrizione del GRAGIONE_SOCIALE nel decreto ingiuntivo, bensì all’illeggibilità della firma su di esso apposta , costituita da un ‘segno grafico del tutto illeggibile’ … Ora, da parte la questione dell’impossibilità di ricavare dall’atto il nome del GRAGIONE_SOCIALE -persona fisica che ha pronunciato il provvedimento monitorio, da ritenere irrilevante dato che è certo e risulta per tabulas , dall’intestazione del decreto e dal timbro appostovi in calce, che il decreto è stato emesso dal ‘GRAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘ -, giova notare che l”inesistenza’ della sentenza (o, il che è lo stesso, del provvedimento giudiziale a contenuto decisorio) per omessa sottoscrizione ai sensi del secondo comma dell’art. 161, comma 2, c. p. c. è predicabile solo quando la sottoscrizione sia del tutto mancante, con conseguente non riconducibilità dell’atto al gRAGIONE_SOCIALE, e non anche quando la stessa sia solo insufficiente, come nel caso della sottoscrizione con firma illeggibile, ricorrendo, in detta ipotesi, una mera nullità … Ed allora, se nel caso di specie quello prospettato da parte opponente costituisce, al più, un vizio di nullità del decreto ingiuntivo, esso non avrebbe potuto essere fatto valer e dall’interessato se non con il rimedio dell’opposizione a decreto ingiuntivo».
5. La Corte messinese, poi, dichiarava inammissibile l’appello nella parte in cui era stata impugnata la decisione di primo grado -inappellabile -sulla pretesa violazione dell’art. 654 cod. proc. civ., riconducibile ad un vizio denunciato con l’opposizione ex art. 617 cod. civ.
6. Avverso tale decisione NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; resisteva con controricorso NOME COGNOME.
7. A ll’esito della camera di consiglio del 19/2/2024, il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell’art. 380 -bis .1, comma 2, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., «Violazione e falsa applicazione degli artt. 161 comma II e 132, n. 5., c.p.c.», per avere la Corte d’appello affermato che il decreto ingiuntivo -recante un segno grafico illeggibile e privo di elementi idonei ad identificare il gRAGIONE_SOCIALE (persona fisica) che lo aveva emesso -non è inesistente, ma al più nullo, dato che nel caso esaminato l’identificazione del gRAGIONE_SOCIALE risultava dall’intestazione e dal timbro app osto (i quali riportavano la dizione «GRAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE») e l’illeggibilità della firma non era equiparabile alla sua totale mancanza.
La censura è fondata.
La giurisprudenza di questa Corte (in parte richiamata anche nella sentenza impugnata) è univoca nell’affermare che la sottoscrizione del provvedimento giurisdizionale mediante apposizione di un segno grafico illeggibile ed inidoneo ad identificare la persona fisica equivale alla mancanza di sottoscrizione, determinante l’inesistenza e non la sola nullità -dell’atto giudiziario, a meno che il predetto segno non sia riconducibile, anche tramite l’esame di altre parti del provvedimento, ad un autore determ inato.
Tra i vari precedenti giurisprudenziali che tracciano la suddetta linea interpretativa dell’art. 161, comma 2, cod. proc. civ., si annoverano Cass., Sez. 2, Sentenza n. 7546 del 23/03/2017, Rv. 643526-01 («La sentenza è “inesistente” per omessa sottoscrizione solo quando questa sia del tutto mancante, con conseguente non riconducibilità dell’atto al gRAGIONE_SOCIALE, e non anche quando la stessa sia solo insufficiente, come nel caso della sottoscrizione con firma illeggibile, ricorrendo, in detta ipotesi, una mera nullità. (Nella specie, la RAGIONE_SOCIALEC. ha ritenuto affetta da nullità la sentenza con sottoscrizione illeggibile, in quanto riconducibile al gRAGIONE_SOCIALE in forza dell’intestazione e della dicitura ‘il gRAGIONE_SOCIALE‘ sulla quale era stata apposta la sottoscrizione).»), Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 5772 del 07/03/2017, Rv. 643260-
01 («In tema di sottoscrizione della sentenza da parte del gRAGIONE_SOCIALE, non costituisce motivo di nullità del provvedimento l’illeggibilità della firma, salvo che essa non consista in un segno informe privo di qualsiasi identità, al punto da risolversi in una vera e propria mancanza di sottoscrizione, né la presunzione di identità tra l’autore del segno grafico indistinguibile e la persona del gRAGIONE_SOCIALE indicato in sentenza è inficiata dalla mera deduzione dell’assoluta indecifrabilità del segno, ove fra questo e l’indicazione nominativa del gRAGIONE_SOCIALE contenuta nell’atto sussistano adeguati elementi di collegamento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto insussistente una tale nullità in un’ordinanza emessa ex art. 348 -ter c.p.c., atteso che la sottoscrizione non era comunque priva di identità grafologica, costando in un’apparente sequenza di nome e cognome, e che, essendo stata l’ordinanza pronunciata a scioglimento di una riserva formulata in udienza, per superare la presunzione di corrispondenza tra il gRAGIONE_SOCIALE di ques t’ultima e l’estensore del provvedimento, il ricorrente avrebbe dovuto dedurre e dimostrare la totale incompatibilità tra la sottoscrizione del verbale d’udienza e quella dell’ordinanza impugnata).») e Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 35032 del 14/12/2023, Rv. 669625-01 ( «al difetto del requisito della sottoscrizione del gRAGIONE_SOCIALE … è equiparato anche il caso della sottoscrizione illeggibile, allorché dal contenuto del provvedimento non emerga alcuna idonea indicazione della persona del gRAGIONE_SOCIALE che l’abbia pronunc iata, onde rimanga impedita ogni possibilità di identificabilità del decidente stesso»).
5. La decisione di Cass. 7546/2017 è espressamente richiamata -come precedente (asseritamente ritenuto conferente) -dalla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE: con tale pronuncia è stato affermato il principio generale secondo cui l’illeggibilità della sottoscrizione del gRAGIONE_SOCIALE configura un vizio di nullità, ma la fattispecie a cui la Corte di legittimità si riferisce è -tuttavia -quella di una sottoscrizione che è sì illeggibile, ma comunque riconducibile ad un determinato gRAGIONE_SOCIALE in virtù delle risultanze dell’in testazione e della parte finale della sentenza.
La Corte territoriale, dunque, fa una scorretta applicazione del principio per due distinte ragioni.
In primis , contrariamente a quanto deciso in appello, la completa illeggibilità della sottoscrizione dev’essere equiparata alla sua totale carenza, perché il segno grafico deve avere caratteristiche di specificità sufficienti a garantire le funzioni di identificazione del gRAGIONE_SOCIALE e di riferibilità soggettiva del provvedimento.
Proprio in relazione alle menzionate funzioni si è escluso l’inemendabile vizio di inesistenza se l’illeggibilità non inficia l’idoneità identificativa della sottoscrizione e, cioè, quando sussistono nel provvedimento adeguati elementi per il collegamento del segno grafico con un’indicazione nominativa contenuta nell’atto stesso (come statuito da Cass. 35032/2023, «il riferimento ad elementi ‘ ab extrinseco ‘ non può avere alcuna rilevanza al fine della ‘identificabilità’ della sottoscrizione (pacificamente) illeggibile del gRAGIONE_SOCIALE, poiché le relative possibili indicazioni che conducono a tale risultato devono indefettibilmente emergere dallo stesso contesto letterale ‘interno’ del provvedimento»).
Il secondo errore della Corte messinese attiene proprio alla individuazione dei predetti elementi di collegamento tra il segno illeggibile e il gRAGIONE_SOCIALE che ha emesso il decreto ingiuntivo azionato come titolo esecutivo: nella sentenza impugnata si sostiene che «l’impossibilità di ricavare dall’atto il nome del GRAGIONE_SOCIALE-persona fisica che ha pronunciato il provvedimento monitorio» è irrilevante perché risulta, «dall’intestazione del decreto e dal timbro appostovi in calce, che il decreto è stato emesso dal ‘RAGIONE_SOCIALE‘».
È evidente che la menzionata specificazione identifica «il gRAGIONE_SOCIALE» quale ufficio giudiziario, ma non contiene alcuna indicazione sulla persona fisica che ha assunto la decisione.
In accoglimento della censura, perciò, la sentenza impugnata va cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, a norma
dell’art. 384 cod. proc. civ. , la causa può essere decisa nel merito, accogliendo -in ragione dell’inesistenza del titolo esecutivo azionato -l’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. originariamente avanzata da NOME COGNOME.
Resta assorbito il secondo motivo, col quale il COGNOME contestava la dichiarazione d’inammissibilità dell’appello, in quanto, a detta de l ricorrente, il Tribunale aveva qualificato l’azione come «opposizione a precetto» nel frontespizio della sentenza e in nessuna parte di questa si faceva riferimento all’art. 617 cod. proc. civ., di talché l’appello era da considerare ammissibile in base al principio di apparenza.
La definitiva statuizione relativa alla carenza, in capo al creditore, del diritto di procedere ad esecuzione forzata rende superflua ogni decisione sul quomodo della stessa o degli atti prodromici.
Tuttavia, ai soli fini della regolazione delle spese, si deve rilevare l’evidente infondatezza della censura, dato che lo stesso ricorrente -pur invocando il principio di apparenza per sostenere l’ammissibilità del proprio appello -riconosce che la pronuncia di primo grado non conteneva un’univoca qualificazione dell’azione ( né può essere considerata tale la dizione «opposizione a precetto» -ex se ambigua, perché identifica sia l’opposizione a norma dell’art. 615, comma 1, cod. proc. civ., sia quella proposta ai sensi dell’art. 617, comma 1, cod. proc. civ. contenuta nell’epigrafe della sentenza); orbene, se il potere di qualificazione non è esercitato dal gRAGIONE_SOCIALE a quo , esso spetta al gRAGIONE_SOCIALE ad quem , non solo ai fini del merito, ma altresì del vaglio di ammissibilità dell’impugnazione ( ex multis , Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 3338 del 02/03/2012, Rv. 621960-01).
Nel caso, perciò, con riguardo al dedotto vizio attinente all’apposizione del decreto di esecutorietà ex art. 654 cod. proc. civ., la Corte messinese ha correttamente individuato una questione afferente all’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. (lo stesso ricorrente non censura la correttezza di tale qualificazione) e ha conseguentemente statuito l’inammissibilità dell’appello, vietato dall’art. 618, ult. comma, cod. proc. civ.
È parimenti assorbito il terzo motivo, attinente alla regolazione delle spese di lite.
Riguardo a queste ultime, ritiene il Collegio di compensare integralmente i costi dell’intero giudizio, in considerazione dell’accoglimento soltanto parziale delle diverse opposizioni originariamente avanzate dall’odierno ricorrente.
p. q. m.
la Corte, accoglie il primo motivo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione all’esecuzione avanzata da NOME COGNOME ; dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo; compensa integralmente le spese del l’intero giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,