Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17020 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17020 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25000 – 2021 proposto da:
NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI PARMA, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato – avverso la sentenza n. 990/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, pubblicata il 28/4/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4/7/2024 dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Procuratore generale in persona del Sostituto NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 14/1/2015, NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Parma, la Prefettura di Parma, proponendo opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 2156/2015 con cui era stato ingiunto alla società e a lui in solido, nella qualità, il pagamento della somma di E. 138.638,00 a titolo di sanzione ex art. 174 bis l.n. 633/1941 per la violazione dell’art. 171 ter della stessa legge , come contestata in forza di verbale di accertamento del 26 marzo 2015.
A seguito di accesso presso RAGIONE_SOCIALE di Nerviano, un’ azienda che, fungendo da music server provider , forniva palinsesti musicali dedicati ai singoli richiedenti, era, infatti, stato accertato che tra i fruitori del servizio vi era anche la società RAGIONE_SOCIALE che aveva più punti vendita al pubblico dove erano riprodotti e diffusi ai clienti fonogrammi o videogrammi di opere musicali, abusivamente, cioè senza la corresponsione degli oneri spettanti a RAGIONE_SOCIALE, la società italiana di gestione collettiva cui aderiscono i produttori discografici e gli artisti per la raccolta dei diritti loro spettanti per lo sfruttamento economico dell’opera registrata su supporto fisico o digitale, cioè del l’interpretazione eseguita dall’artista grazie all’investimento e all’organizzazione imprenditoriale di un produttore .
Con sentenza n. 503/2019, il Tribunale di Parma accolse parzialmente il ricorso, limitandosi a rideterminare l’importo dovuto nel minimo edittale di Euro 69.321,00 con compensazione integrale delle spese fra le parti.
Con sentenza n. 990/2021, la Corte d’appello di Bologna rigettò l’appello proposto da NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE
In particolare, per quel che qui ancora rileva, la Corte d’appello escluse che nel caso di specie la condotta materiale posta in essere integrasse soltanto un illecito penale non sanzionabile dall’autorità amministrativa; evidenziò, quindi, che nell’illecito amministrativo la colpa si presume e che la responsabilità del soggetto è esclusa soltanto se la sua condotta sia dipesa da errori determinati da fattori esterni o inevitabili; ravvisò, poi, lo scopo di lucro nella ottimizzazione dei risultati di impresa a cui la diffusione della musica era diretta; ritenne, infine, inammissibile perché tardiva la deduzione dell’esimente della buona fede.
Avverso la sentenza n. 990/2021 della Corte d’appello di Bologna, NOME COGNOME in proprio e nella qualità di rappresentante della RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi a cui il Ministero dell’ Interno ha resistito con controricorso.
Il Pubblico Ministero ha depositato requisitoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve rilevarsi che il controricorso del ministero dell’Interno è inammissibile perché notificato tardivamente, in data 10.11.2021, oltre i termini dell’art. 370 cod. proc. civ., nella formulazione precedente la novella operata dall’art. 3, comma 27, lett. f) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149.
In particolare, la notifica del ricorso si è perfezionata il 30/9/2021 in quanto ricevuta alle ore 18:17:30 di quel giorno; conseguentemente, considerata la scadenza del termine per il deposito del ricorso al 20/10/2021, il termine per la notifica del controricorso scadeva il 9 novembre 2021, in quanto avrebbe dovuto essere
effettuata «entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso».
Con il primo motivo, NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ha denunciato, in riferimento al n. 2 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. , la violazione delle norme sulla competenza e, in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 l. n. 689/1981 e degli artt. 171 ter e 174 bis l. n. 633/1941 per non avere l a Corte d’appello dichiarato l’incompetenza della Prefettura di Parma a e mettere l’ordinanza ingiunzione per la perfetta coincidenza tra la condotta sanzionata penalmente e quella sanzionata in via amministrativa.
1.2. Il motivo è infondato.
In tema di diritto d’autore la condotta di abusiva riproduzione e di illecita duplicazione è prevista sia come illecito penale ai sensi dell’art. 171-ter della legge n. 633 del 1941 sia come illecito amministrativo ex art. 174-bis della stessa legge: tale condotta è sottoposta ad un regime di doppia punibilità, sicché deve escludersi che l’esistenza del reato dipenda dall’accertamento della violazione amministrativa; la connessione obiettiva per pregiudizialità che determina lo spostamento della competenza all’applicazione della sanzione dall’organo amministrativo al giudice penale, come previsto dall’art. 24 della legge n. 689 del 1981, ricorre, infatti, nel caso in cui la violazione amministrativa si ponga come elemento costitutivo del reato e, pertanto, non nel caso in esame (Cass. civ., Sez. 2, 18/12/2017, n. 30319; Sez. 1, n. 23925 del 09/11/2006; Sez. 2, n. 18276 del 25/07/2017).
Con il secondo motivo, il ricorrente nella doppia qualità, ha lamentato, in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 171 ter e 174 bis l. n. 633/1941 e degli artt. 1 e 3 l. n. 689/1981 per avere la Corte d’appello ritenuto infondato il motivo di impugnazione relativo all’insussistenza dell’elemento costitutivo del fine di lucro; in particolare, la Corte territoriale avrebbe dovuto coordinare il principio di cui all’art. 3 l. n. 689/81 secondo cui ciascuno è responsabile della propria azione o omissione, sia essa dolosa o colposa, con il principio di tipicità di cui all’art. 1 , riscontrando necessariamente la sussistenza, nella specie, oltre che della coscienza e volontà della condotta, anche dell’elemento specifico del fine di lucro.
Con il terzo motivo, NOME COGNOME ha prospettato, nella doppia qualità , in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 171 ter l. n. 633/1941 e, in riferimento al n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. , l’omesso esame di fatti decisivi per avere la Corte d’appello ritenuto che la condotta contestata integrasse il fine di lucro e aver omesso di considerare la mancanza di connessione fra l’attività di diffusione di musica in un negozio di abbigliamento e il ritenuto guadagno del gestore.
3.1. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione, sono infondati. La Corte d’appello, dopo aver chiarito, a pag. 4 della sentenza, che il fine di lucro non costituisce una componente dell’elemento soggettivo e che nell’illecito amministrativo il giudizio di colpevolezza è ancorato non all’elemento psicologico ma alla coscienza e volontà della condotta, ha esplicitamente riscontrato il fine di lucro nella condotta contestata nella volontà di ottimizzare i profitti di impresa: sul punto, pertanto, sia pure sinteticamente, il fine di lucro richiesto dalla norma è stato riscontrato
e correttamente individuato nella volontà della società, di cui il ricorrente è legale rappresentante, di incrementare le vendite al pubblico anche giovandosi della diffusione, nelle singole sedi di esercizio, di musica e immagini; musica e immagini, infatti, sono in tal senso inducenti perché idonei a influenzare la percezione della qualità del prodotto, il comportamento d’acquisto e il tempo di permanenza nel negozio.
Con il quarto motivo, il ricorrente, anche per la società rappresentata, ha infine sostenuto, in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello ritenuto che il motivo riguardante l’esimente della buona fede fosse una domanda nuova e come tale inammissibile: al contrario, la sussistenza della buona fede sarebbe stata prospettata sin dagli atti presentati in primo grado è sarebbe consistita nella convinzione che gli oneri pagati alla SIAE fossero comprensivi anche degli oneri dovuti alla SCF.
4.1. In disparte la sua formulazione in riferimento alla violazione del 345 cod. proc. civ., il motivo è infondato. Seppure allegata la buona fede sin dal primo grado, infatti, non sarebbe comunque ravvisabile nella fattispecie un errore esimente. Questa Corte ha già più volte chiarito che, in tema di elemento soggettivo dell’illecito amministrativo, l’errore scusabile sul fatto determinato dall’interpretazione di norme giuridiche in tanto può assumere rilievo, in quanto non attinga la sola interpretazione giuridica del precetto, ma verta sui presupposti della violazione e sia stato determinato da un elemento positivo, estraneo all’autore, che sia idoneo ad ingenerare in quest’ultimo l’incolpevole opinione di liceità del proprio agire (Cass. Sez. 2, n. 12110 del 17/05/2018); secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 364 del 1988, infatti, l’i gnoranza inevitabile deve comunque essere valutata in riferimento agli obblighi
di conoscenza, generali o specifici che gravano sull’autore e dagli elementi idonei ad ingenerare il convincimento della liceità del suo operato (Cass. Sez. 2, n. 19995 del 18/07/2008)
3. Il ricorso è perciò, respinto.
Non vi è luogo a statuizione sulle spese in conseguenza della inammissibilità del controricorso.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda