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Finanziamento soci: quando il credito è postergato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una S.r.l. che chiedeva la postergazione di un debito verso un socio. Secondo la Corte, per applicare la postergazione del finanziamento soci, è essenziale dimostrare che il finanziamento (anche indiretto, come la mancata riscossione di un credito) sia stato concesso in un momento di squilibrio finanziario. Tuttavia, se il socio creditore ha ripetutamente richiesto il pagamento, non si configura un finanziamento postergabile.

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Finanziamento Soci: Quando la Mancata Riscossione di un Credito Diventa Finanziamento Postergato?

L’istituto del finanziamento soci è un tema cruciale nel diritto societario, specialmente quando una società si trova in difficoltà economica. La legge, attraverso l’articolo 2467 del Codice Civile, stabilisce che i finanziamenti concessi dai soci in momenti di crisi aziendale debbano essere ‘postergati’, ovvero rimborsati solo dopo aver soddisfatto tutti gli altri creditori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto controverso: un debito commerciale verso un socio, se non riscosso, può essere considerato un finanziamento postergabile? La risposta non è scontata e dipende da elementi fattuali precisi.

Il caso: un debito commerciale trasformato in presunto finanziamento soci

Una società a responsabilità limitata (chiamiamola Società A) si trovava debitrice di una somma ingente, circa 2,8 milioni di euro, nei confronti di un’altra S.r.l. (Società B), che deteneva anche il 25% del suo capitale sociale. Questo debito derivava da un contratto d’appalto del 2012.

La Società A sosteneva che l’incasso di tale somma era stato di fatto differito a tempo indeterminato dalla Società B per supportarla finanziariamente in un periodo di difficoltà. Secondo la Società A, questa mancata riscossione si era trasformata in un vero e proprio finanziamento soci, che, essendo stato concesso in una situazione di squilibrio finanziario, doveva essere postergato rispetto agli altri crediti.

Quando la Società B è fallita, il suo curatore ha richiesto il pagamento del debito. La Società A si è opposta, portando la questione in tribunale per far accertare la non esigibilità del credito in base alla disciplina sulla postergazione.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda della Società A. Secondo i giudici, la società non era riuscita a dimostrare la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 2467 c.c. al momento della concessione del presunto finanziamento. In altre parole, non era stato provato che, nel momento in cui la Società B aveva smesso di richiedere attivamente il pagamento, la Società A si trovasse in una situazione di ‘rischio di insolvenza’ o di ‘eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto’.

I motivi del ricorso e il dibattito sul finanziamento soci

La Società A ha impugnato la decisione in Cassazione, lamentando principalmente due errori:
1. Errore sul momento della valutazione: i giudici avrebbero sbagliato a focalizzarsi sul momento in cui il debito commerciale era sorto (2012), invece di analizzare la situazione finanziaria nel momento successivo in cui la mancata riscossione si era configurata come finanziamento.
2. Mancata considerazione del finanziamento indiretto: la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente considerato che un finanziamento soci può realizzarsi anche indirettamente, appunto tramite la tolleranza del mancato pagamento di un debito.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, offrendo però chiarimenti fondamentali. Gli Ermellini hanno sottolineato che il punto nodale della controversia risiedeva in un accertamento di fatto compiuto dalla Corte d’Appello, che i ricorrenti non avevano adeguatamente contestato.

La Corte territoriale, infatti, aveva rilevato che la società creditrice (Società B) aveva ‘tempestivamente e ripetutamente’ richiesto il pagamento del credito. Questa constatazione, secondo la Cassazione, costituisce una ratio decidendi autonoma e decisiva. Se un socio creditore continua a chiedere il pagamento, viene a mancare la volontà, anche tacita, di concedere un finanziamento. La mancata riscossione, in questo scenario, non è frutto di una scelta di supportare finanziariamente la società, ma piuttosto la conseguenza di una difficoltà oggettiva nell’ottenere quanto dovuto.

In sostanza, la Cassazione afferma che, sebbene un finanziamento possa essere indiretto, la sua esistenza deve essere provata. La prova principale è la volontà del socio di convertire il suo credito in una forma di sostegno finanziario. Le continue richieste di pagamento dimostrano esattamente il contrario, escludendo così la possibilità di applicare la postergazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio chiave per imprese e soci: non ogni credito non riscosso da un socio si trasforma automaticamente in un finanziamento soci postergabile. Per poter invocare l’applicazione dell’art. 2467 c.c. è necessario dimostrare due elementi concorrenti:

1. La condizione oggettiva della società: un eccessivo squilibrio debitorio o una situazione finanziaria che renderebbe più saggio un conferimento di capitale piuttosto che un prestito.
2. La volontà soggettiva del socio: la chiara intenzione, anche se manifestata tacitamente, di finanziare la società rinunciando (almeno temporaneamente) a esigere il proprio credito.

Se il socio creditore, al contrario, si attiva per recuperare il suo credito, non si può parlare di finanziamento, e il suo credito mantiene la sua natura originaria, senza essere soggetto a postergazione. La prova delle reiterate richieste di pagamento diventa, quindi, un elemento decisivo per sventare tentativi di qualificare un debito commerciale come finanziamento postergato.

Quando un debito di una società verso un socio può essere considerato un ‘finanziamento soci’ postergabile?
Quando la sua restituzione viene di fatto rinviata, ad esempio tramite la mancata riscossione, in un momento in cui la società presenta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento o una situazione finanziaria che renderebbe più ragionevole un conferimento di capitale.

Per valutare se un finanziamento soci debba essere postergato, a quale momento si deve guardare?
La valutazione va fatta con riferimento al momento in cui il finanziamento viene concesso, che nel caso di mancata riscossione di un credito, corrisponde al momento in cui si manifesta la volontà (anche tacita) del socio di finanziare la società rinunciando all’incasso.

Se un socio creditore chiede ripetutamente il pagamento del suo credito, si può comunque parlare di finanziamento postergabile?
No. Secondo la Corte, la richiesta ‘tempestiva e ripetuta’ di pagamento da parte del socio creditore è incompatibile con la volontà di concedere un finanziamento e, pertanto, esclude l’applicazione della norma sulla postergazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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