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Finanziamento soci: quando è postergato? La Cassazione

Una holding company concedeva un ingente prestito alla sua controllata, successivamente fallita. La società sosteneva che il prestito dovesse essere trattato come un debito ordinario, ma i tribunali hanno dissentito. La Corte di Cassazione ha confermato che un finanziamento soci è postergato rispetto ai crediti degli altri creditori quando viene concesso in una situazione di squilibrio finanziario o quando un conferimento di capitale sarebbe stato più ragionevole, come stabilito dall’analisi fattuale del tribunale di merito. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

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Finanziamento Soci: Quando il Prestito del Socio Passa in Secondo Piano

Il finanziamento soci è uno strumento cruciale per la vita delle società, ma nasconde insidie significative, soprattutto quando l’azienda naviga in cattive acque. Un socio che presta denaro alla propria società potrebbe scoprire, in caso di fallimento, di essere l’ultimo a essere rimborsato. Con l’ordinanza n. 18487/2024, la Corte di Cassazione ribadisce i criteri per cui un finanziamento del socio viene postergato, sottolineando che non conta la forma del prestito, ma la sostanza della situazione finanziaria della società.

I Fatti di Causa

Una società holding, socia al 40% di una S.r.l. impegnata nella realizzazione di impianti fotovoltaici, aveva inizialmente partecipato a un finanziamento soci per circa 1.9 milioni di euro. Successivamente, a causa della mancanza di finanziamenti esterni, la holding concedeva alla sua partecipata un ulteriore ‘prestito ponte’ di 3 milioni di euro, formalizzato come un contratto di mutuo.

Anni dopo, la società operativa veniva dichiarata fallita. In sede di ammissione al passivo, sia il credito derivante dal primo finanziamento sia quello relativo al mutuo venivano ammessi, ma con postergazione. Ciò significa che la holding sarebbe stata rimborsata solo dopo che tutti gli altri creditori (banche, fornitori, etc.) fossero stati integralmente soddisfatti.

La holding si opponeva a questa decisione, sostenendo che il prestito da 3 milioni fosse un mutuo ordinario e non un finanziamento soci soggetto a postergazione, in quanto, a suo dire, la società non era sottocapitalizzata al momento dell’erogazione.

La Decisione dei Giudici di Merito e il criterio del finanziamento soci

Il Tribunale rigettava l’opposizione, stabilendo che la distinzione formale tra ‘mutuo’ e ‘finanziamento soci’ era irrilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 2467 c.c. I giudici hanno evidenziato la grave situazione di squilibrio finanziario della società al momento del prestito, basandosi su indici inequivocabili:

* Indice di indebitamento (leverage): pari a 153,8, a fronte di un valore considerato fisiologico inferiore a 4.
* Indice di indipendenza finanziaria: pari allo 0,6%, ben al di sotto della soglia minima del 25%.

Il Tribunale ha inoltre applicato il secondo criterio previsto dalla norma: il prestito era stato concesso in una ‘situazione finanziaria della società in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento’. La società, infatti, non era in grado di accedere al credito bancario e, con quel prestito, il socio si era anche garantito una posizione preferenziale a discapito degli altri creditori.

Contro questa decisione, la holding proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’errata e superficiale lettura dei dati di bilancio e una violazione di legge.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiudendo definitivamente la questione. Le motivazioni della Corte sono prevalentemente di natura processuale, ma offrono importanti chiarimenti sostanziali.

Inammissibilità per Motivi di Fatto

La Corte ha spiegato che entrambi i motivi di ricorso, sebbene formulati in modo diverso, miravano in realtà a ottenere un nuovo esame dei fatti e delle prove, come i dati di bilancio. Questo tipo di valutazione, tuttavia, è di competenza esclusiva del giudice di merito (in questo caso, il Tribunale) e non può essere oggetto del giudizio di legittimità della Cassazione.

L’appellante, invocando una ‘omessa e contraddittoria motivazione’, utilizzava una formula superata e non più applicabile, senza indicare un fatto storico preciso il cui esame fosse stato omesso. Di fatto, stava semplicemente contrapponendo la propria interpretazione dei dati a quella, motivata, del Tribunale.

La Sostanza Prevale sulla Forma

Pur nella sua natura processuale, la decisione della Cassazione conferma un principio fondamentale: per stabilire se un finanziamento soci debba essere postergato, non ci si deve fermare all’etichetta formale data al contratto (es. ‘mutuo’). Ciò che conta è la valutazione della situazione finanziaria complessiva della società al momento in cui il finanziamento è stato erogato. Se sussiste un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto, o se le circostanze rendevano più ‘ragionevole’ un aumento di capitale anziché un ulteriore debito, la regola della postergazione scatta automaticamente per proteggere i creditori esterni.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame è un monito per i soci che intendono sostenere finanziariamente le proprie società. La Corte di Cassazione ribadisce che il tentativo di mascherare un apporto di capitale di rischio sotto forma di prestito, per garantirsi una posizione migliore in caso di crisi, non è tutelato dall’ordinamento.

Le implicazioni sono chiare:

1. Analisi Finanziaria Cruciale: Prima di erogare un finanziamento, il socio deve valutare attentamente la situazione patrimoniale e finanziaria della società. Indici di bilancio gravemente alterati sono un campanello d’allarme.
2. La Forma non Basta: Chiamare un prestito ‘mutuo’ non è sufficiente a sottrarlo alla disciplina dell’art. 2467 c.c. se le condizioni sostanziali per la sua applicazione sono presenti.
3. Limiti del Ricorso in Cassazione: La valutazione dei dati contabili e dello stato di salute di una società è un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, a meno di vizi procedurali specifici e correttamente dedotti.

In definitiva, il finanziamento soci resta uno strumento valido, ma il suo utilizzo in contesti di crisi aziendale richiede la consapevolezza che il rischio d’impresa non può essere scaricato sui creditori terzi attraverso artifizi contrattuali.

Quando un prestito fatto da un socio alla propria società (finanziamento soci) viene rimborsato dopo gli altri creditori?
Un finanziamento soci viene rimborsato dopo gli altri creditori (postergato) quando è stato concesso in un momento in cui la società presentava un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, o in una situazione finanziaria generale in cui un conferimento di capitale sarebbe stato più ragionevole.

La qualifica formale di ‘mutuo’ è sufficiente a escludere la postergazione del finanziamento soci?
No. Secondo la Corte, la qualificazione formale del contratto come ‘mutuo’ è irrilevante. Ciò che conta è la sostanza dell’operazione e le condizioni finanziarie della società al momento dell’erogazione, ai sensi dell’art. 2467 del codice civile.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei dati di bilancio fatta dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché la valutazione delle prove e dei dati di bilancio costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. Il ricorso in Cassazione può riguardare solo la violazione di norme di diritto e non un riesame delle prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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