LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fideiussore socio: quando non si libera dal debito

La Corte di Cassazione ha stabilito che un fideiussore socio e legale rappresentante di una società non può invocare la liberazione dal debito (ex art. 1956 c.c.) se la banca concede nuovo credito alla società senza un’autorizzazione formale. La sua doppia qualifica implica la conoscenza delle difficoltà economiche dell’azienda, rendendo inapplicabile la tutela prevista per il garante ignaro. Il ricorso del fideiussore socio è stato quindi respinto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Fideiussore socio e nuovi crediti: una guida alla sentenza della Cassazione

La figura del garante è cruciale nel mondo del credito, ma cosa succede quando il fideiussore è anche socio e amministratore della società debitrice? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che il doppio ruolo del fideiussore socio ha implicazioni significative, limitando la sua possibilità di liberarsi dagli obblighi di garanzia. La Suprema Corte ha confermato un principio consolidato: chi ha un ruolo attivo nell’azienda non può invocare la protezione dell’art. 1956 del codice civile, pensata per il garante ignaro delle difficoltà finanziarie del debitore.

I Fatti del Caso: Garanzia, Assegni a Vuoto e il Ruolo del Fideiussore Socio

La vicenda giudiziaria ha origine dall’opposizione di un fideiussore a un decreto ingiuntivo emesso da un istituto di credito. Il garante sosteneva di doversi considerare liberato dalla sua obbligazione perché la banca aveva concesso nuovo credito alla società garantita, pagando due assegni nonostante il conto corrente fosse privo di fondi, il tutto senza la sua preventiva autorizzazione.

Inizialmente, le corti di merito avevano respinto la sua richiesta. La questione è giunta una prima volta in Cassazione, la quale aveva stabilito un punto fermo: il pagamento di assegni su un conto scoperto costituisce a tutti gli effetti una forma di “concessione di credito” ai sensi dell’art. 1956 c.c. Il caso era stato quindi rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Nel giudizio di rinvio, la Corte d’Appello ha nuovamente rigettato l’opposizione del garante, ma con una motivazione diversa. Ha infatti evidenziato che il fideiussore era anche socio e legale rappresentante della società debitrice. Questa doppia veste, secondo i giudici, implicava che egli fosse a conoscenza della situazione finanziaria precaria e della necessità di credito, rendendo superflua una specifica autorizzazione formale da parte sua in qualità di garante. Contro questa decisione, il garante ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il principio del “fideiussore socio”

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. La sentenza si fonda su un orientamento giurisprudenziale ormai stabile che distingue nettamente la posizione del garante “estraneo” alla gestione aziendale da quella del fideiussore socio o amministratore.

Il Primo e il Secondo Motivo: I Limiti del Giudizio di Rinvio e la Conoscenza Presunta

Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse violato i limiti del giudizio di rinvio, introducendo la questione della sua qualità di socio. La Cassazione ha respinto questa censura, chiarendo che la precedente sentenza si era limitata a definire la nozione di “far credito”, lasciando al giudice del rinvio il compito di verificare tutte le altre condizioni richieste dall’art. 1956 c.c., inclusa la necessità dell’autorizzazione del fideiussore.

Sul punto centrale, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il secondo motivo, ribadendo che la tutela prevista dall’art. 1956 c.c. non si applica quando il fideiussore, per il suo ruolo nell’azienda (socio, amministratore o anche stretto familiare), è nella posizione di conoscere le difficoltà economiche del debitore. In tali casi, si presume che la richiesta di credito provenga, di fatto, anche da lui, o che egli ne sia comunque a conoscenza. L’obbligo informativo della banca viene meno perché il garante ha già accesso diretto alle informazioni rilevanti.

Gli Altri Motivi di Ricorso: Fatti Decisivi e Spese Legali

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati respinti. La Corte ha ritenuto inammissibile la censura relativa all’omesso esame di fatti decisivi, poiché questi erano stati in realtà valutati e giudicati irrilevanti dalla Corte d’Appello. Infine, è stata confermata la corretta regolamentazione delle spese legali, spiegando che, in seguito a una cassazione con rinvio, il giudice successivo ha il potere di ridefinire completamente le spese di tutti i gradi di giudizio in base all’esito finale della lite.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano sulla ratio dell’art. 1956 c.c., che è quella di proteggere il fideiussore dall’aggravamento del proprio rischio a causa di iniziative del creditore di cui non è a conoscenza. Questo presupposto viene meno quando il fideiussore è intrinsecamente legato alla gestione del debitore principale. La qualità di socio e legale rappresentante crea una presunzione di conoscenza che non può essere superata. L’ordinanza cita precedenti conformi, sottolineando come anche il socio di minoranza, attraverso l’esercizio dei suoi diritti (come l’approvazione dei bilanci), abbia la possibilità di conoscere la situazione economica della società. La sua eventuale ignoranza è considerata colpevole e non può giustificare un obbligo “sostitutivo” di vigilanza in capo alla banca.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: chi garantisce per una società in cui ricopre ruoli apicali o di controllo non può successivamente invocare l’art. 1956 c.c. per liberarsi dalla fideiussione. La sua posizione lo rende un “insider” e la legge presume che ogni operazione di credito sia avvenuta, se non con la sua esplicita richiesta, quantomeno con la sua tacita approvazione. Per imprenditori, soci e amministratori che prestano garanzie personali, ciò significa che la loro responsabilità è strettamente legata alla gestione aziendale e non possono sperare di essere tutelati come un garante terzo ed estraneo.

Un fideiussore che è anche socio e amministratore della società debitrice può essere liberato dal suo obbligo se la banca concede nuovo credito all’azienda senza una sua autorizzazione specifica?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sua doppia qualifica di fideiussore e socio/legale rappresentante implica una presunzione di conoscenza delle difficoltà economiche della società. Pertanto, non può invocare la tutela dell’art. 1956 del codice civile, in quanto la richiesta di credito si considera proveniente o comunque nota anche a lui.

Il pagamento di assegni senza provvista da parte di una banca è considerato una “nuova concessione di credito”?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che l’azione della banca di pagare assegni tratti su un conto corrente privo di fondi sufficienti si qualifica come “far credito” ai sensi dell’art. 1956 del codice civile, in quanto aumenta l’esposizione debitoria del correntista.

Dopo l’annullamento di una sentenza da parte della Cassazione, il giudice del rinvio può esaminare questioni non decise in precedenza?
Sì. Il giudice del rinvio deve attenersi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione, ma ha il potere e il dovere di esaminare tutti gli altri presupposti necessari per l’applicazione della norma, a condizione che non siano già stati coperti da un giudicato. Nel caso specifico, la Cassazione aveva solo definito cosa fosse “far credito”, lasciando al giudice del rinvio la valutazione delle altre condizioni, come la conoscenza e l’autorizzazione del fideiussore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati