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Fideiussore consumatore: la Cassazione chiarisce

Due persone fisiche, garanti di un mutuo fondiario contratto da una società, si sono opposte a un precetto di pagamento. La Corte di Cassazione, accogliendo uno dei motivi di ricorso, ha stabilito un principio fondamentale: la qualifica di ‘fideiussore consumatore’ va valutata in base allo scopo personale del garante, non in base all’attività commerciale del debitore principale. Pertanto, anche chi garantisce un’impresa può beneficiare delle tutele del Codice del Consumo contro le clausole vessatorie. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione alla luce di questo principio.

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Fideiussore consumatore: la Cassazione chiarisce i criteri di tutela

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande rilevanza pratica: la qualificazione del fideiussore consumatore e l’applicabilità delle tutele previste dal Codice del Consumo. La pronuncia stabilisce che, per determinare se un garante persona fisica possa essere considerato ‘consumatore’, occorre guardare allo scopo per cui egli presta la garanzia, e non all’attività svolta dal debitore principale. Si tratta di un principio che rafforza la protezione dei garanti nei confronti degli istituti di credito.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dall’opposizione a un atto di precetto promossa da due persone fisiche che avevano prestato fideiussione a garanzia di un mutuo fondiario concesso a una società, successivamente fallita. I garanti lamentavano diverse presunte irregolarità, tra cui l’applicazione di tassi usurari, la mancata trasparenza del piano di ammortamento e, soprattutto, la presenza di clausole vessatorie nel contratto di garanzia, sostenendo di dover essere qualificati come consumatori.

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello avevano respinto le loro istanze. In particolare, la Corte territoriale aveva escluso l’applicabilità della disciplina consumeristica, ritenendo che i garanti avessero agito per scopi funzionali all’attività commerciale della società debitrice, e non per finalità personali.

La Decisione della Corte di Cassazione e la figura del fideiussore consumatore

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, accogliendo il motivo di ricorso relativo alla violazione del Codice del Consumo. Il punto centrale della decisione riguarda proprio i criteri per identificare il fideiussore consumatore.

I giudici di legittimità hanno chiarito che, conformemente alla giurisprudenza europea e nazionale più consolidata, i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con esclusivo riferimento alle parti del contratto in esame, ovvero il contratto di fideiussione. È irrilevante, a tal fine, la natura del contratto principale garantito.

Di conseguenza, una persona fisica che presta una garanzia per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale o professionale deve essere considerata un consumatore, anche se il debitore garantito è un’impresa. Lo scopo della garanzia non può essere ‘contaminato’ dalla natura commerciale dell’obbligazione principale.

L’atto pubblico non esclude la vessatorietà

Un altro aspetto significativo toccato dalla Corte riguarda la forma del contratto. La Corte d’Appello aveva suggerito che, essendo le clausole inserite in un contratto stipulato per atto pubblico, non potessero considerarsi predisposte unilateralmente dal creditore. La Cassazione ha smontato anche questo argomento, precisando che la disciplina a tutela del consumatore ha presupposti diversi da quelli previsti dall’art. 1341 c.c. per le condizioni generali di contratto.

Per il Codice del Consumo, la stipula tramite atto notarile non è di per sé sufficiente a dimostrare che le clausole potenzialmente vessatorie siano state oggetto di una specifica, seria ed effettiva trattativa individuale. L’onere di provare tale trattativa ricade sempre sul professionista, ossia la banca.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su un’interpretazione consolidata, richiamando precedenti pronunce delle Sezioni Unite e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La motivazione centrale risiede nella necessità di separare la valutazione del contratto di garanzia da quella del contratto principale. La fideiussione è un contratto autonomo, e la qualità delle sue parti va accertata in relazione ad esso.

Negare la tutela consumeristica al garante solo perché il debitore è un’impresa significherebbe adottare una visione superata e in contrasto con la finalità protettiva della normativa europea. La Corte ha ribadito che il collegamento funzionale tra i due contratti non può trasferire la qualità di ‘professionista’ dal debitore principale al garante persona fisica. La valutazione deve essere incentrata sulla finalità personale ed estranea all’attività professionale del soggetto che presta la garanzia.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha un’importante implicazione pratica: rafforza la posizione delle persone fisiche che garantiscono debiti di società, come familiari o soci. Questi soggetti potranno invocare più efficacemente le tutele del Codice del Consumo, contestando la validità di clausole che limitano la facoltà di opporre eccezioni, prevedono decadenze o impongono penali sproporzionate.

La decisione ribadisce che la protezione del consumatore è un principio cardine dell’ordinamento e che la sua applicazione non può essere esclusa sulla base di interpretazioni formalistiche. Per gli istituti di credito, ciò significa dover prestare maggiore attenzione non solo alla trasparenza, ma anche a dimostrare, in caso di contestazione, l’avvenuta negoziazione individuale delle clausole più onerose con il garante-consumatore.

Una persona che fornisce una garanzia (fideiussione) per un prestito concesso a una società può essere considerata un consumatore?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la qualifica di consumatore dipende dallo scopo per cui l’individuo presta la garanzia. Se agisce per finalità estranee alla propria attività imprenditoriale o professionale, è considerato un consumatore, a prescindere dal fatto che il debitore garantito sia un’impresa.

La firma di un contratto di garanzia davanti a un notaio (atto pubblico) dimostra automaticamente che le clausole sono state negoziate e non sono vessatorie?
No. La Corte chiarisce che la forma dell’atto pubblico non è, di per sé, una prova sufficiente che sia avvenuta una trattativa individuale specifica sulle clausole. L’onere di dimostrare che le clausole potenzialmente vessatorie sono state oggetto di una negoziazione seria ed effettiva rimane a carico del professionista (la banca).

L’imposta sostitutiva e le spese notarili vanno incluse nel calcolo del Tasso Effettivo Globale (TEG) per la verifica dell’usura?
No. La sentenza conferma che, in base alla normativa vigente, le imposte e le tasse sono escluse dal calcolo del TEG ai fini dell’usura. Anche le spese notarili sono escluse, in quanto non sono considerate costi direttamente collegati all’attività di erogazione del credito da parte della banca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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