Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23533 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23533 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G. proposto da:
NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), che le rappresenta e difende
-Ricorrenti –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CF:CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-Controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
–COGNOME – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di MILANO n. 7126/2022 depositata il 14/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
CONSIDERATO CHE:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME proposero opposizione al decreto ingiuntivo n. 87317/2020 emesso dal Tribunale di Milano con il quale venne loro intimato di pagare immediatamente, in solido tra loro e con la debitrice principale RAGIONE_SOCIALE, euro 29.762,47, oltre interessi come da domanda e spese di procedura, in favore di RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEp.a., corrispondente al credito vantato a titolo di penale dovuta in forza di contratto di leasing concluso con RAGIONE_SOCIALE il 25/03/2013, e risolto di diritto il 22/3/2018 a seguito di inadempimento all ‘ obbligo di corresponsione dei canoni da parte dell ‘ utilizzatrice, al netto del valore di realizzo del bene oggetto del leasing riconsegnato dopo la risoluzione del contratto, credito garantito mediante fideiussione specifica dagli opponenti del 27/03/2013.
A fondamento dell ‘ opposizione proposta, per quanto ancora rileva in questa sede, gli attori opponenti hanno: (i) eccepito, in via preliminare, l ‘ incompetenza del Tribunale di Milano a conoscere la controversia con riguardo alle posizioni delle opponenti NOME COGNOME ed NOME COGNOME, avendo le stesse prestato la garanzia costituente il titolo della domanda monitoria proposta nei loro confronti quali consumatrici, con conseguente inderogabile applicabilità del foro del consumatore ai sensi dell ‘ art. 33, comma 2, lett. u) cod. cons. e nullità della lett. p) delle condizioni generali della fideiussione mediante la quale le parti hanno individuato nel foro di Milano quello esclusivamente competente a conoscere le controversie relative alla fideiussione prestata; (ii) eccepito nel merito, in via riconvenzionale, la nullità della fideiussione prestata siccome ritenuta espressiva di intesa dominante e quindi nulla ai sensi dell ‘ art. 2, comma 2, lett. a) l. 289/1990, in quanto riproduttiva di clausole oggetto del modello ABI di fideiussione omnibus nei
contratti bancari ritenuto espressione di intesa dominante tra istituti di credito con provvedimento n. 55/2005 della Banca d ‘ Italia, con conseguente dichiarazione di nullità integrale della fideiussione titolo della domanda monitoria e revoca del decreto opposto. (iii) eccepito l ‘ abusività dell ‘ escussione della garanzia in relazione alla parte di penale corrispondente alla differenza tra il valore di mercato e la valore di vendita dei beni oggetto del contratto di leasing, deducendo come, stante l ‘ elevato valore dei beni dalla data di acquisto, la vendita eseguita a soli 2.000,00 euro fosse stata compiuta dalla concedente in violazione degli obblighi di cui all ‘ art. 1, comma 138, l. 124/2017, chiedendo, quindi, la revoca del decreto opposto.
3.
La convenuta RAGIONE_SOCIALE, costituitasi tramite la procuratrice RAGIONE_SOCIALE, chiese il rigetto dell ‘ opposizione proposta controdeducendo, per quanto ancora rileva in questa sede: (i) quanto all ‘ eccezione di incompetenza, che NOME COGNOME è amministratore e socio al 90% della utilizzatrice e NOME e NOME COGNOME sono, del pari, soci al 5% della utilizzatrice, mentre NOME COGNOME, moglie di NOME COGNOME e madre di NOME ed NOME COGNOME, era socia di distribuzione stampa RAGIONE_SOCIALE, incorporata nell ‘ utilizzatrice il 28/12/2010, circostanze dalla quali poteva desumersi il coinvolgimento di tutti i fideiussori nell ‘ ambito della gestione dell ‘ attività imprenditoriale, fatto che esclude la prestazione di garanzia quali meri consumatori a supporto dell ‘ attività imprenditoriale paterna, con conseguente piena validità del foro esclusivo convenuto tra le parti; (ii) quanto all ‘ eccezione di nullità della fideiussione, ne ha dedotto l ‘ infondatezza in diritto.
La causa venne istruita solo documentalmente, rigettando le richieste di ordini di esibizione compiute dagli opponenti aventi ad oggetto la documentazione utilizzata dall ‘ opposta e dal consulente di parte per il compimento della perizia, nonché la documentazione relativa ad eventuali spese sostenute dall ‘ acquirente del bene
oggetto del leasing e ad eventuale documentazione relativa alla sua rivendita, siccome di carattere meramente esplorativo; non si diede corso alla CTU sul valore del bene oggetto del contratto di leasing richiesta da RAGIONE_SOCIALE, non essendo stato fornito alcun riscontro oggettivo in ordine alla non congruità della vendita rispetto ai valori di mercato del bene ed avendo pertanto l ‘ incombente richiesto carattere meramente esplorativo.
Con sentenza n. 7126/2022, depositata in data 14/9/2022, oggetto di ricorso, il Tribunale ordinario di Milano ha rigettato l ‘ opposizione proposta da NOME, NOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo n. 87317/2020 emesso dal Tribunale di Milano in favore di RAGIONE_SOCIALE, condannando NOME, NOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME al pagamento, in solido, delle spese di lite in favore di RAGIONE_SOCIALE
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per regolamento facoltativo di competenza ai sensi dell ‘ art. 43 c.p.c., affidato a due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, resiste con memoria difensiva ai sensi dell ‘ art. 47 c.p.c.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380ter c.p.c.
Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha depositato conclusioni scritte per la inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
Preliminarmente è opportuno riprodurre la motivazione con cui il Tribunale meneghino ha disatteso l’eccezione di incompetenza. Essa ha avuto il seguente tenore: <>.
Con il primo motivo, le ricorrenti denunciano, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c ., ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 33,34 d.lgs. n. 206/2005, 2697 c.c., 28, 38, 115 e 116 c.p.c. motivazione apparente ‘ , per avere il Tribunale di Milano erroneamente riconosciuto natura professionale all ‘ obbligazione fideiussoria assunta dalle ricorrenti in favore di controparte, impedendo l ‘ applicazione della normativa consumeristica inderogabile e funzionale. Richiamata la giurisprudenza comunitaria nonché di legittimità relativa ai requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina legislativa consumeristica ad un contratto di fideiussione stipulato da un socio in favore della società, secondo la quale va dato rilievo all ‘ entità della partecipazione al capitale sociale nonché all ‘ eventuale qualità di amministratore della società RAGIONE_SOCIALE assunto dal fideiussore, le ricorrenti osservano come la sentenza gravata abbia errato nel sussumere le evidenze fattuali entro i principi richiamati, trascurando totalmente la questione del riparto dell ‘ onere probatorio (così a p. 8 ss. del ricorso).
Deducono le ricorrenti che la decisione del Tribunale di Milano con la quale è stato affermato il coinvolgimento della moglie e della figlia nella società QAD risulta lesiva dei principi costantemente affermati dalla Suprema Corte. Ciò in quanto la sola circostanza per cui la COGNOME fosse socia di una pregressa attività, poi incorporata in quella del marito, non può essere sufficiente di attribuirle compiti gestori e/o ruolo imprenditoriale nella società RAGIONE_SOCIALE con la fideiussione di cui è causa. In conclusione, a detta delle ricorrenti, la sentenza gravata, in assenza di alcuna evidenza probatoria o financo indiziaria circa la natura professionale dell ‘ obbligazione assunta dalle ricorrenti con la fideiussione di cui è causa, va censurata per aver ritenuto inapplicabile la normativa speciale consumeristica e la relativa competenza inderogabile e funzionale ex art. 33 D.lgs. 206/2005.
Il AVV_NOTAIO Ministero ha formulato sul primo motivo le seguenti conclusioni: <>.
Nella memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. le ricorrenti hanno svolto deduzioni in replica sia alle difese avversarie che alle conclusioni del AVV_NOTAIO Ministero. Esse si basano sulle ragioni che si riproducono e riguardo a ciascuna di esse si svolgeranno considerazioni che evidenzieranno la loro infondatezza e, dunque, quella del motivo.
Osservano, in primo luogo le ricorrenti quanto segue: <>: ebbene questa affermazione ignora il doc. 15 del fascicolo monitorio e dunque è infondata quanto alla dedotta mancanza di prova. Quanto all ‘ irrilevanza per il fatto di riferirsi ad un passato remoto lo è altrettanto, atteso che risulta meramente assertoria e non se ne spiega l’implicazione necessaria nel senso che il riferirsi al ‘passato remoto’ escluderebbe il coinvolgimento sempre nella veste imprenditoriale e non consumeristica nella vicenda di cui trattasi.
Soggiungono, poi le ricorrenti che <>: ebbene, si tratta di rilievo inidoneo a giustificare la valutazione di esclusione della qualità consumeristica, perché concerne l ‘ operazione da realizzare da parte della società riguardo alla quale è stata prestata la fideiussione. È evidente, rileva il Collegio, che l ‘ apprezzamento della ragione della prestazione della fideiussione rispetto a chi la presta concerne la società come tale e non l ‘ operazione RAGIONE_SOCIALE.
Ulteriormente, le ricorrenti rilevano che <>: al riguardo si deve rilevare in senso opposto che il conferimento dell ‘ attività, in mancanza di altri elementi contrari, sottende comunque o una partecipazione ‘ nascosta ‘ o comunque un interesse allo svolgimento dell ‘ attività della società conferitaria, che in relazione alla prestazione della fideiussione risulta apprezzabile in senso contrario alla sua prestazione nella qualità di consumatore>>; Ancora osservano le ricorrenti che <>, ma al riguardo vale il rilievo svolto in precedenza di prima circa l’apprezzamento di tale mancanza di collegamento funzionale formale;
Rilevano ancora le ricorrenti che <>, ma in proposito rileva il Collegio che <<il Tribunale ha parlato di coinvolgimento pregresso dei figli e, quindi, anche di NOME COGNOME, nelle pregresse attività e tanto ha considerato nuovamente come elemento giustificativo anche qui di un interesse all ' attività
della società in senso del tutto contrario alla pretesa qualità di consumatore;
Le ricorrenti assumono poi che <>: si osserva, in proposito che, come già detto, il Tribunale non ha basato l ‘ esclusione della qualità consumeristica sulla partecipazione sociale minimale, ma sul pregresso coinvolgimento nelle attività imprenditoriali, così ragionando di sostanziale attività imprenditoriale di tutta la RAGIONE_SOCIALE e reputando, pertanto dirimente questa circostanza.
2.1 Assumono ancora, sempre nella memoria le ricorrenti quanto segue: <>: al riguardo va osservato che i rilievi specifici che si sono svolti sopra a proposito dei precedenti passaggi della memoria, fanno aggio anche su quanto si deduce in questa argomentazione finale. Il Collegio ritiene che vada condivisa la soluzione adottata dal Tribunale, perché, tenendo conto per la COGNOME della pregressa titolarità della società conferitaria e
tenendo conto per essa e per NOME COGNOME (come per gli altri figli) del coinvolgimento nell ‘ attività imprenditoriale paterna, ha, in definitiva, ravvisato che le medesime, prestando la fideiussione, hanno agito non come consumatori, ma come soggetti interessati all ‘ attività sociale e dunque nella sostanza come professionisti. Mette conto di rilevare che l ‘ interessamento all ‘ attività sociale, data l ‘ esistenza del rapporto familiare, bene è stato ritenuto sussistente a prescindere dalla partecipazione societaria attuale della COGNOME e dalla limitata partecipazione della COGNOME. In definitiva, sia l ‘ una che l ‘ altra si presentavano a tutti gli effetti come ‘ professionisti ‘ .
2.2 Occorre, in proposito, considerare quanto segue, che è stato registrato dalle Sezioni Unite nella sentenza Cass., sez. Un., ord. 27/02/2023, n. 5868: «La Corte di giustizia UE, intervenuta sulla nozione di consumatore ai fini dell ‘ applicazione della direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori, ha esaminato la qualifica del fideiussore. Superando l ‘ automatismo precedentemente affermato fra qualifica del debitore principale e qualifica del garante, la Corte afferma che « nel caso di una persona fisica che abbia garantito l ‘ adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta quindi al giudice nazionale determinare se tale persona abbia agito nell ‘ ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l ‘ amministrazione di quest ‘ ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata ». Onde, alla luce di tali premesse, la Corte ha stabilito che « Gli articoli 1, paragrafo 1, e 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che tale direttiva può essere applicata a un contratto di garanzia immobiliare o di fideiussione stipulato tra una persona fisica e un ente creditizio al fine di garantire le obbligazioni che una società commerciale ha
contratto nei confronti di detto ente in base a un contratto di credito, quando tale persona fisica ha agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale e non ha alcun collegamento di natura funzionale con la suddetta società » (Corte di Giustizia UE 19 novembre 2015, C-74/15, COGNOME; 14 settembre 2016, C-534/15, COGNOME)».
2.3 Nella motivazione della citata pronuncia Corte di Giustizia UE 19 novembre 2015, C-74/15, COGNOME (cfr. GU C 171 del 26/05/2015) la CGUE dà rilievo contempla due fattispecie di esclusione della qualità consumeristica. Ciò emerge dal seguente passo: «nel caso di una persona fisica che abbia garantito l ‘ adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta quindi al giudice nazionale determinare se tale persona abbia agito nell ‘ ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l ‘ amministrazione di quest ‘ ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata» . La prima è l ‘ agire nell ‘ ambito della sua attività professionale. La seconda è quella che viene indicata con l ‘ espressione ‘ sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l ‘ amministrazione di quest ‘ ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale ‘ .
2.4 Nella specie, poiché la madre era stata imprenditrice e, dunque, professionista, ed il conferimento della sua società in quella RAGIONE_SOCIALE, pur non accompagnato dall ‘ attribuzione della qualità di amministratore o di socio, comunque sottende -per la relazione familiare -una interessenza all ‘ attività della società può essere senza dubbio considerata come giustificativa dell ‘ assunzione della garanzia come professionista.
Analoga considerazione va fatta per la figlia: essa era coinvolta nell ‘ attività imprenditoriale paterna e dunque di fatto agiva come professionista. La relazione formale instaurata con la minima quota
societaria, se accompagnata allo svolgimento di quell ‘ attività, induce a considerarla professionista.
Applicazioni dei principi della ricordata giurisprudenza comunitaria in fattispecie simili a quella di cui è processo si rinvengono nelle seguenti pronunce di questa Corte: Cass., sez. 61, ord. 24/01/2020, n. 1666: « In tema di contratti stipulati dal ‘consumatore’, i requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina legislativa consumeristica, in relazione ad un contratto di fideiussione stipulato da un socio in favore della società, devono essere valutati con riferimento alle parti dello stesso (e non già del distinto contratto principale), dando rilievo – alla stregua della giurisprudenza comunitaria (CGUE, sentenza 19 novembre 2005, in causa C-74/15 COGNOME) – all ‘ entità della partecipazione al capitale sociale, nonché all ‘ eventuale qualità di amministratore della società RAGIONE_SOCIALE assunto dal fideiussore. (Nella specie, è stata ravvisata la qualità di consumatore in capo al fideiussore in ragione della sua qualità di professoressa di lettere collocata a riposo e in assenza di prova circa la sua partecipazione all’attività d’impresa del garantito )»; Cass., sez. 61, ord. 16/01/2020, n. 742: ‘ Nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C74/15, COGNOME, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, COGNOME), dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio). (Nella specie, è stata ritenuta operante l ‘ esclusività del foro del consumatore con riferimento al contenzioso tra banca e
fideiussore non professionista, ancorché l’obbligato principale avesse assunto il debito garantito per lo svolgimento di attività d’impresa )’; Cass., sez. 6-3, ord. 03/12/2020, n. 27618: « Si è tradizionalmente ritenuto, anche se non in modo univoco, che la persona fisica che presta fideiussione per garantire un debito contratto da un professionista, non assume lo status di consumatore, ma per riflesso, anche egli quello di professionista, con conseguenza ovviamente di rilievo sulla disciplina di riferimento (Cass. n. 314/2001; Cass. 202017/2005; Cass. 13643/2006; Cass. 24846/2016). Tuttavia, almeno a partire da Cass. n. 32225/2018 si è cominciato a prendere atto delle due decisioni della Corte di Giustizia Europea (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, COGNOME, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, COGNOME), che anche esse hanno innovato rispetto alla giurisprudenza precedente di quella corte, ed hanno affermato il principio per cui l ‘ oggetto del contratto è irrilevante ai fini della applicazione della disciplina del consumatore, essendo invece determinante la qualità dei contraenti, poiché la direttiva 93/13 definisce l ‘ ambito di applicazione della disciplina ‘ consumeristica ‘ non con riferimento all ‘ oggetto del contratto (tantomeno di quello garantito) ma con riferimento alla condizione che i contraenti non agiscano nell ‘ ambito della loro attività professionale ‘ . Questo orientamento è stato di recente accolto da questa Corte, con una decisione che merita di essere seguita, proprio in ragione del riferimento al revirement fatto dalla Corte di Giustizia ed agli argomenti che quel ripensamento supportano. Decisione la quale ha dunque ritenuto che nel contratto di fideiussione i requisiti soggettivi per l ‘ applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza della Unione europea (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, COGNOME, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, COGNOME), dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore
persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio) (Cass. n. 742 del 2020)’; Cass., sez. III, ord. 13/12/2018, n. 32225: « I requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina legislativa consumeristica in relazione ad un contratto di fideiussione stipulato da un socio in favore della società devono essere valutati con riferimento alle parti dello stesso (e non già del distinto contratto principale), dando rilievo -alla stregua della giurisprudenza comunitaria- all ‘ entità della partecipazione al capitale sociale nonché all ‘ eventuale qualità di amministratore della società RAGIONE_SOCIALE assunto dal fideiussore. (Nella specie, la RAGIONE_SOCIALE. ha confermato la pronuncia di merito che aveva escluso la qualità di consumatore in capo al fideiussore detentore del 70% del patrimonio sociale della società RAGIONE_SOCIALE, ancorché non amministratore della stessa, ed in assenza di prove idonee ad escludere il collegamento tra la fideiussione e lo svolgimento dell ‘ attività professionale )».
2.5 Ferme le svolte considerazioni e ulteriormente precisato che a torto, proprio in base ad esse, si addebita un’apparenza di motivazione al Tribunale, nonché -al contrario di quanto ipotizzato in senso limitativo dal P.G., che non considera che questya Coprte è anche giudice del ‘fatto rilevante ai fini processuali rilevanti in funzione della determinazione della competenza’ quando sollecitata con il regolamento di competenza -anche sulla base della situazione di fatto rilevante per l’individuazione della competenza, il primo motivo di ricorso va pertanto disatteso, e deve ritenersi operante il foro esclusivo convenuto tra le parti alla lett. p) delle condizioni generali di fideiussione, specificatamente approvate ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., con conseguente competenza del Tribunale di Milano a conoscere la presente controversia.
Con il secondo motivo, le ricorrenti denunciano, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 d.lgs. 168/2003, 33 l. 287/90 violazione del principio della domanda ‘ , per avere il Tribunale mutato la propria composizione in corso di giudizio, da monocratico a collegiale, in ragione dell ‘ eccezione riconvenzionale di nullità della fideiussione contratta, ritenuta dal Tribunale idonea di per sé a integrare la composizione collegiale ai sensi dell ‘ art. 3, 1° comma, lett. c) l. 10/10/1990, n. 287.
Sul secondo motivo. Va preliminarmente osservato, con sostanziale condivisione dell’avviso del P.G., che la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato l ‘ inammissibilità del regolamento di competenza proposto per violazione dell ‘ art. 50bis c.p.c., in quanto norma che, nello stabilire quando il Tribunale debba decidere in composizione collegiale, non attiene alla competenza, ma alla ripartizione degli affari all ‘ interno del Tribunale medesimo. Come statuito di recente da Cass., sez. 6-2, ord. 15/06/2022, n. 19232 ‘ Per un verso, con il regolamento di competenza può essere fatta valere la violazione delle sole norme sulla competenza, tecnicamente intesa, e non già la violazione delle norme sul procedimento (cfr. Cass. (ord.) 6.6.2008, n. 15019). Per altro verso, che è inammissibile il regolamento di competenza proposto per violazione dell ‘ art. 50 bis cod. proc. civ., in quanto norma che, nello stabilire quando il tribunale debba decidere in composizione collegiale, non attiene alla competenza ma alla ripartizione degli affari all ‘ interno del tribunale medesimo (cfr. Cass. (ord.) 14.5.2018, n. 11716; Cass. 9.6.2005, n. 12174, secondo cui la norma dell ‘ art. 50 bis cod. proc. civ., che stabilisce quando il Tribunale debba decidere in composizione collegiale, non attiene alla competenza, ma solo alla ripartizione degli affari all ‘ interno del medesimo Tribunale) ‘ . Conformi Cass., sez. 6-2, ord. 13/06/2022, n. 18958, a mente della quale ‘ non è esperibile ricorso per regolamento di competenza
avverso il provvedimento, quale quello di specie, con il quale è disposto il mutamento del rito, ai sensi dell ‘ art. 4 del dec. lgs. n. 150/2011, da sommario monocratico in sommario collegiale ex art. 14 del d.lgs. n. 150/2011 ed è disposta altresì, in dipendenza del mutato rito, la trasmissione degli atti al presidente della sezione civile ai fini della designazione del giudice relatore. Difatti, si tratta di un provvedimento meramente ordinatorio, che non reca, neppure in forma implicita, una pronuncia affermativa o negativa sulla competenza, in ogni caso di un provvedimento inidoneo a pregiudicare la decisione definitiva sulla competenza (cfr. Cass. sez. lav. 18.9.2007, n. 19345, secondo cui l ‘ ordinanza con la quale il giudice del lavoro dispone il mutamento del rito e rimette la causa promossa con il rito speciale al capo dell ‘ ufficio per l ‘ assegnazione ad una sezione ordinaria, non ha contenuto decisorio e non ha portata vincolante in ordine alla qualificazione del rapporto operato dal remittente; ne consegue la non impugnabilità dell ‘ ordinanza in Cassazione né con regolamento di competenza né con ricorso ordinario; Cass. (ord.) 26.5.2006, n. 12620, secondo cui il ricorso per regolamento di cui agli artt. 42 segg. c.p.c. è ammissibile soltanto se il provvedimento impugnato abbia ad oggetto una decisione irretrattabile, sia adottato da un organo giudiziario dotato di potere decisorio e presupponga l ‘ affermazione o la negazione della competenza; non è, pertanto, ravvisabile la natura di pronunce sulla competenza con riferimento a provvedimenti ordinatori retrattabili o, comunque, inidonei a pregiudicare la decisione della causa, quali quelli di trasformazione del rito, ove questi non comportino anche il trasferimento della causa ad altro giudice di grado diverso o speciale; cfr. Cass. (ord.) 5.9.2002, n. 12949; Cass. (ord.) 27.1.2005, n. 1651) ‘ .
4.1 Del resto, questa Corte spiega ulteriormente quanto segue. Per un verso, che con il regolamento di competenza può essere fatta valere la violazione delle sole norme sulla competenza, tecnicamente
intesa, e non già la violazione delle norme sul procedimento (cfr. Cass. (ord.) 6.6.2008, n. 15019). Per altro verso, che è inammissibile il regolamento di competenza proposto per violazione dell ‘ art. 50 bis cod. proc. civ., in quanto norma che, nello stabilire quando il Tribunale debba decidere in composizione collegiale, non attiene alla competenza ma alla ripartizione degli affari all ‘ interno del tribunale medesimo (cfr. Cass. (ord.) 14.5.2018, n. 11716; Cass. 9.6.2005, n. 12174, secondo cui la norma dell ‘ art. 50 bis cod. proc. civ., che stabilisce quando il Tribunale debba decidere in composizione collegiale, non attiene alla competenza, ma solo alla ripartizione degli affari all ‘ interno del medesimo Tribunale) (così Cass., sez. 6-2, ord. 13/06/2022, n. 18958, cit. In precedenza Cass., sez. 6-2, ord. 09/11/2021, n. 32815: ‘ Il ricorso è inammissibile in quanto la decisione sul rito, anche monocratico versus collegiale, non è questione di competenza, non essendo in discussione che sia il Tribunale di Treviso a dover decidere la controversia, comunque attribuita al medesimo ufficio giudiziario; sicché non ricorre la condizione di ammissibilità del regolamento costituita dalla possibilità di scelta tra due giudici diversi, e cioè non appartenenti allo stesso ufficio giudiziario, ognuno dei quali astrattamente competente a giudicare la controversia (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11716 del 14/05/2018; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 2524 del 08/02/2005) ‘ .
4.2 Nel caso di specie, vi è identità, nel Tribunale di Milano, fra il giudice del monitorio, che ha emesso il decreto ingiuntivo n. 8731 del 2020, e l ‘ ufficio giudiziario che ha successivamente trattato la relativa opposizione. Ciò è sufficiente per escludere l ‘ applicabilità del principio di diritto applicato nelle pronunce individuate dalle ricorrenti e per ritenere, in conformità all ‘ insegnamento della giurisprudenza di legittimità, inammissibile il secondo motivo avente ad oggetto questioni estranee alla competenza e ai rimedi previsti dall ‘ art. 43 c.p.c.
4.3 Ne consegue che la questione posta con il secondo motivo è estranea alla logica del regolamento di competenza ed il regolamento è inammissibile quanto ad essa . E’ qui ribadito che in sede di ricorso per regolamento di competenza le uniche norme sul procedimento la cui violazione può essere dedotta sono quella che ineriscono al procedimento di rilevazione della violazione delle norme statiche sulla competenza, oltre, naturalmente, alla violazione di queste.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Dev’essere dichiarata la competenza del Tribunale di Milano .
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Milano e rigetta il ricorso per regolamento di competenza facoltativo. Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 2.160,00, oltre agli esborsi, liquidati in euro 200,00, oltre al rimborso spese generali 15% e accessori di legge, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell ‘ art. 13, 1° comma, quater del d.p.r. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 07/05/2024 nella camera di consiglio della