Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3687 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3687 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/02/2024
ORDINANZA
Oggetto
POLIZZA FIDEIUSSORIA FIDEIUSSIONE
Pluralità di fideiussioni –
Confideiussione –
Differenze
R.G.N. 20830/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/05/2023
sul ricorso 20830-2020 proposto da:
CC
COGNOME NOME, domiciliato ‘ ex lege ‘ in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria di questa Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio degli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro
COGNOME COGNOME NOME;
– intimato –
avverso sentenza della Corte d ‘a ppello di Milano, n. 1037/20, depositata il 29/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/05/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 1037/20, del 29 aprile 2020, della Corte d’appello di Milano, che – accogliendo il gravame esperito da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 2206/19, del 5 marzo 2019, del Tribunale di Milano – ha accolto l’opposizione proposta dal COGNOME avverso il provvedimento monitorio che gli ingiungeva il pagamento, al NOME, della somma di € 650.000,00.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di essere stato, per diversi anni, comproprietario e cogestore -con il COGNOME -di alcune società operanti nel campo della nautica, essendo stati entrambi, in particolare, soci della società RAGIONE_SOCIALE, nonché l’uno, il COGNOME, Presidente, e, l’altro, il COGNOME, General Manager, di RAGIONE_SOCIALE
Orbene, avendo ciascuno di essi rilasciato due fideiussioni, identiche fra loro, a garanzia dei debiti delle due società verso un istituto di credito, gli stessi venivano condannati in via solidale -in forza di decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Pisa -al pagamento di € 1.300.00 0,00.
Essendo stata tale somma corrisposta interamente dall’odierno ricorrente, il medesimo depositava innanzi al Tribunale ambrosiano ricorso per decreto ingiuntivo, per ottenere la condanna del cofideiussore COGNOME a pagare il 50% di quanto corrisposto da esso NOME COGNOME.
Concesso il richiesto provvedimento monitorio, l’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. proposta dal COGNOME -a dire dell’odierno ricorrente senza contestare la qualifica di co-fideiussore, essendo
stata l’opposizione basata sull’esistenza di un fatto estintivo sopravvenuto all’obbligazione solidale, costituito da un presunto accollo interno da parte di esso NOME (con contestuale cessione, in suo favore, delle quote societarie di RAGIONE_SOCIALE di proprietà del RAGIONE_SOCIALE) -veniva rigettata dal primo giudice.
Su gravame del soccombente attore in opposizione tale decisione, tuttavia, veniva integralmente riformata in appello, essendosi ritenuta non sussistente la natura co-fideiussoria delle garanzie prestate dalle parti , donde l’esclusione del diritto di regresso dell’appellato ai sensi dell’art. 1954 cod. civ.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il COGNOME, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, nonché svolgendo ricorso incidentale condizionato sulla base di nove motivi .
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale è denunciata – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli artt. 1954 e 1299 cod. civ., anche in relazione all’art. 113, comma 1, cod. proc. civ.
Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato nel negare che la condanna solidale – contenuta nei provvedimenti monitori emessi dal Tribunale di Pisa – costituisse un valido titolo, di natura legale, affinché esso NOME potesse agire in regresso.
In ogni caso, si addebita alla sentenza impugnata – dopo aver respinto la domanda ex art. 1954 cod. civ. per (asserito) difetto, nel caso in esame, dei presupposti di una co-fideiussione – di non aver riqualificato la stessa, a norma dell’art. 113 cod. proc. civ., quale regresso ai sensi dell’art. 1299 cod. civ., ciò che sarebbe stato ben possibile, atteso che, sussistendo un rapporto di ‘ genus ad speciem ‘
tra quest’ultima norma e quella di cui all’art. 1954 cod. civ., il ‘ petitum ‘ avente ad oggetto la condanna di regresso, ai sensi della norma speciale dettata in materia di fideiussione, includerebbe il regresso generale previsto dall’art. 1299 cod. civ.
5.1. Il motivo non è fondato.
La corte di merito – con affermazione che il ricorrente contesta con altri motivi di ricorso (in particolare, il secondo, il terzo e il quarto) – ha qualificato quelle prestate dal RAGIONE_SOCIALE e dal COGNOME come ‘fideiussioni autonome e distinte’.
Essa ha ravvisato, quindi, l’esistenza del fenomeno delle fideiussioni plurime e non della co-fideiussione, traendone, pertanto, la corretta conseguenza secondo cui ‘stante l’autonomia dei rapporti di garanzia, non è configurabile una azione di regresso tra i fideiussori ed è ammessa soltanto la possibilità di surrogazione del garante che abbia estinto l’obbligazione garantita nei diritti del creditore soddisfatto’ (così Cass. Sez. 6-3, ord. 16 novembre 2017, n. 27243, Rv. 647138-01, richiamata nella sentenza impugnata).
Su tale presupposto, la Corte milanese – non senza peraltro rilevare che il regresso ex art. 1954 cod. civ. è ‘risultato il titolo speso dall’attore ingiungente nel ricorso per decreto ingiuntivo’ – ha poi escluso (ed è tale affermazione, appunto, quella investita dal presente motivo di ricorso), che l’interpretazione da essa operata della presente fattispecie, come caratterizzata da fideiussioni plurime e non da una co-fideiussione, potesse essere infirmata ‘in ragione dell’asserito giudicato interno formatosi sul punto’, in virtù dei provvedimenti monitori emessi, in favore del creditore garantito, dal Tribunale di Pisa.
Afferma, infatti, nella sentenza impugnata che se è sempre ‘facoltà del creditore agire in via solidale verso plurimi debitori, anche laddove questa solidarietà (verso il creditore) promani da autonomi titoli’, ciò non determina ‘la fondatezza della causa petendi spesa da parte appellata ai sensi dell’art. 1954 cod. civ.’. Si
tratta di affermazione corretta, giacché ritenere il contrario equivarrebbe a immaginare che la solidarietà si ‘proietti’ automaticamente nei rapporti tra i più soggetti coobbligati, qualunque sia la natura della loro relazione con il creditore e, soprattutto, tra di essi.
D’altra parte, acclarato che l’odierno ricorrente ebbe ad agire in via monitoria invocando il regresso ex art. 1954 cod. civ., e che non ebbe mai ad invocare l’art. 1299 cod. civ., restava precluso il potere di riqualificazione del giudice di appello (il cui mancato esercizio è lamentato con la seconda censura oggetto del presente motivo).
Difatti, a parte il rilievo sulla novità di tale questione dal momento che della sollecitazione rivolta al giudice di appello a procedere a tale qualificazione non vi è traccia nella sentenza impugnata (ciò che rende dubbia la sua stessa ammissibilità, giacché ove una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, ‘il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare « ex actis » la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa’; Cass. Sez. 2, ord. 24 gennaio 2019, n. 2038, Rv. 652251-02), la stessa appare, comunque, non fondata.
Infatti, il potere di riqualificazione trova un limite nella necessità di non mutare la ‘ causa petendi ‘ della pretesa azionata, considerato, oltretutto, che ricorre ‘modificazione della « causa petendi » anche quando sia diverso il titolo giuridico della pretesa, essendo impostato su presupposti di fatto e su situazioni giuridiche diverse da quelle prospettate in primo grado’, e ciò perché ‘non va confuso il fatto storico, inteso come avvenimento umano o fattuale intervenuto nella
vicenda oggetto di causa, con il fatto giuridico costitutivo, che è invece il fondamento della pretesa creditoria, occorrendo avere unicamente riguardo a quest’ultimo al fine di riscontrare se vi sia stato o meno mutamento della domanda’ (così, Cass. Sez. 6-2, ord. 11 gennaio 2018, n. 535, Rv. 647219-01).
6. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -nullità della sentenza e/o del procedimento, per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l’eccezione relativa all’esistenza di una preclusione di giudicato in merito alla natura di co-fideiussioni delle garanzie prestate -sia esterno (costituito dai predetti decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Pisa), che interno, per non essere stata mai contestata dal COGNOME, se non nella comparsa conclusionale di appello, la piena opponibilità di tali provvedimenti monitori nei suoi confronti, nonché il loro passaggio in giudicato.
6.1. Il motivo non è fondato.
Quanto alla supposta preclusione da giudicato ‘esterno’ valgono gli stessi rilievi già svolti in relazione al primo motivo di ricorso, laddove in merito a quella da giudicato ‘interno’ va richiamato il principio secondo cui la prova dell’esistenza di un giudicato può dirsi raggiunta solo in virtù di un’espressa ammissione di controparte, e non certo in presenza di una mera ‘non contestazione’ (Cass. Sez. 6-1, ord. 1° marzo 2018, n. 4803, Rv. 647893-01).
In ordine, invece, alla richiesta del ricorrente -pure contenuta nell’illustrazione del presente motivo, a pag. 22 di essere rimesso in termini per fornire la prova documentale del passaggio in giudicato dei suddetti provvedimenti monitori, e ciò per essere la presente sede la prima di cui il ricorrente disporrebbe ‘dopo aver appreso della nuova e tardiva contestazione avversaria’, essa, a tacere di ogni altra considerazione (circa la sua ritualità, anche in
ragione del fatto che non si comprende perché la produzione documentale non sia potuta avvenire contestualmente al deposito del ricorso), risulta superflua , data l’irrilevanza di tali documenti, per le ragioni illustrate nell’esaminare il primo motivo di ricorso che impediscono di dare rilievo ai provvedimenti monitori emessi dal Tribunale pisano.
7. Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1370 cod. civ, censurando la sentenza impugnata per aver escluso la natura solidale delle fideiussioni sulla base di un’unica clausola contrattuale (quella dell’art. 11), ignorando quelle di cui agli artt. 6 e 17, le quali prevedevano espressamente, l’una, la possibilità che sussistesse un altro coobbligato solidale, l’altra riferendosi esplici t amente a ‘co -fideiussori’, tra coobbligati e garanti.
In questo modo sarebbero stati disattesi i criteri di cui agli artt. 1362, 1363 e 1370.
7.1. Il motivo è inammissibile.
Va, innanzitutto, premesso che la sentenza impugnata ha operato un’interpretazione del tutto plausibile del contenuto del contratto, non solo valorizzando il chiaro tenore del suddetto art 11 (secondo cui ‘la presente fideiussione ha pieno effetto ed è autonoma e indipendente da qualsiasi altra garanzia personale e/o reale, già esistente o che venga in seguito prestata’), ma neppure sottraendosi alla necessità di una valutazione congiunta delle singole clausole contrattuali. Essa, in particolare, ha preso in rassegna proprio l’art. 17, evidenziando come esso precluda al fideiussore di ‘esercitare il diritto di regresso o di surroga che gli spetti nei confronti del debitore, di coobbligati e di garanti, ancorché con fideiussori’ (e, dunque, sempre, che ‘gli spetti’, ovvero a condizione che esso fosse stato espressamente previsto) e ciò ‘sino a quando ogni ragione di credito della Banca ‘ non fosse stata
‘interamente estinta’, fermo restando, inoltre, l’onere del fideiussore ‘di manifestare espressamente, al momento del saldo, la volontà di avvalersi del diritto di regresso e/o surroga’. Anche tali previsioni sono state valorizzate al fine di escludere che il contratto si connotasse per la ricorrenza di quella ‘consapevolezza dell’esistenza dell’altrui garanzia’ e, soprattutto, di quell”intento di garantire congiuntamente il medesimo debito’, che costituiscono i tratti distintivi della confideiussione rispetto alle fideiussioni plurime.
Stando così le cose, il motivo si risolve allora nella mera contrapposizione di una diversa interpretazione rispetto a quella accolta in sentenza, donde la necessità di dare seguito al principio secondo cui, ‘la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica a strattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito , dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra’ ( tra le molte, Cass. Sez. 3, sent. 28 novembre 2017, n. 28319, Rv. 646649-01; Cass. Sez. 1, ord. 27 giugno 2018, n. 16987, Rv. 649677-01).
Con il quarto motivo il ricorrente principale denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1372 cod. civ.
C ensura la sentenza impugnata per aver escluso l’esercizio del diritto di regresso da parte dell’odierno ricorrente, essendo mancata un’ espressa manifestazione -come, invece, richiesto dall’ultima parte dell’art. 17 del contratto della volontà di agire in regresso nei confronti di controparte, in sede di pagamento del debito garantito.
In particolare, la Corte territoriale ha escluso l’esistenza di tale manifestazione espressa, rilevando che l’atto di quietanza e surroga, prodotto in giudizio dall’odierno ricorrente, ‘risulta sottoscritto dalla Banca solo con riferimento alla possibilità di surroga nella posizione del creditore soddisfatto verso il debitore principale e non già verso l’altro garante’.
Tale affermazione, tuttavia, asseritamente viola il principio della relatività del contratto, ‘visto che il regresso è accordato dalla legge ai soggetti del gruppo solidale e regola unicamente il rapporto tra essi’, di talché esso può essere ‘derogato e/o subordinato a specifiche condizioni solo tramite apposita convenzione tra le parti cui tale diritto fa capo’.
8.1. Il motivo è inammissibile.
Come osserva, correttamente, il controricorrente, il presente motivo dà per assodato che il RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME siano soggetti obbligati solidalmente, proprio quanto la sentenza ha per converso escluso, qualificando le garanzie come plurime, e non già quale co-fideiussione.
Inoltre, la censura investe una ‘ ratio decidendi ‘ della sentenza impugnata solo aggiuntiva, giacché la Corte territoriale, da un lato, ha escluso la riconducibilità delle due fideiussioni in esame alla fattispecie di cui all’art. 1954 cod. civ., dall’altro ha evidenziato che, quand’anche si volesse ritenere sussistente taluno di quei casi in cui al fideiussore ‘spetti’ di esercitare il diritto di regresso, mancherebbe, in ogni caso, la condizione costituita dalla manifestazione espressa della volontà di avvalersi del diritto ‘ .
Trattandosi, come detto, di ‘ ratio ‘ aggiuntiva, rispetto ad altra che resiste -come illustrato -alle censure ad essa rivolte, deve darsi seguito al principio secondo cui, ‘qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle « rationes decidendi » rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa’ (Cass. Sez. 5, ord. 11 maggio 2018, n. 11493, Rv. 648023-01; in senso analogo già Cass. Sez. Un., sent. 29 marzo 2013, n. 7931, Rv. 625631-01; Cass. Sez. 3, sent. 14 febbraio 2012, n. 2108, Rv. 621882-01).
Con il quinto motivo il ricorrente principale denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1946 e 1954 cod. civ., in relazione agli artt. 2730 e 2733 cod. civ., nonché dell’art. 115 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver escluso la sussistenza di una co-fideiussione, quantunque la ricorrenza dei suoi presupposti -cioè l’interesse comune ai vari garanti e l’intento di garantire congiuntamente il medesimo debito -sarebbero stati oggetto di confessione da parte del COGNOME (essendosi egli qualificato come cofideiussore nell’atto d i citazione in opposizione a decreto ingiuntivo) e, comunque, di non contestazione.
9.1. Il motivo non è fondato.
Quanto alla pretesa confessione, deve ribadirsi che le ammissioni contenute ‘in uno degli atti processuali di parte indicati dall’art. 125 cod. proc. civ. -siccome facenti parte del processo, possono assumere anche il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dagli artt. 228 e 229 cod. proc. civ., è tuttavia necessario che la comparsa, affinché possa
produrre tale efficacia probatoria, sia stata sottoscritta dalla parte personalmente, con modalità tali che rivelino inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli contenute nell’atto’, sicché ‘è inidonea a tale s copo la mera sottoscrizione della procura scritta a margine o in calce che, anche quando riportata nel medesimo foglio in cui è inserita la dichiarazione ammissiva, costituisce atto giuridicamente distinto, benché collegato’ (Cass. Sez. 1, sent. 1° dicembr e 2016, n. 24539, Rv. 642806-02).
In ordine, invece, alla non contestazione, deve rilevarsi che il ricorrente pretende di ravvisarla per avere egli dato atto, nei propri scritti defensionali, che le parti in causa erano soci/amministratori delle società debitrici, così ‘lasciando intendere’ che le ‘fideiussioni venivano rilasciate nel comune interesse delle parti’, circostanza non contestata dal COGNOME. La censura risulta ‘ prima facie ‘ destituita di fondamento, visto che il ‘principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati’ (Cass. Sez. 3, sent. 22 settembre 2017, n. 22055, Rv. 646016-01), sicché non è ipotizzabile rispetto ad affermazioni che ‘lascerebbero intendere’ anziché affermare -determinati fatti o circostanze.
10. Con il sesto motivo il ricorrente principale denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -nullità della sentenza e/o del procedimento, per violazione e/o falsa dell’art. 345 cod. proc. civ.
Deduce di aver tempestivamente contestato la tardività dell’eccezione di controparte, giacché sollevata per la prima volta in appello, in merito al fatto che le co-fideiussioni costituivano garanzie plurime e che quindi non comportavano alcun vincolo di solidarietà tra i due fideiussori.
La Corte di merito ha pertanto asseritamente errato nel non dichiarare inammissibile tale eccezione poiché tardiva.
10.1. Il motivo non è fondato.
La deduzione della natura delle fideiussioni come ‘plurime’ (e non, invece, come integranti una co-fideiussione) costituisce un’eccezione in senso lato, se è vero che queste si sostanziano ‘nella allegazione (se fatta dalla parte) o nella rilevazione (se fatta d’ufficio dal giudice) di fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto dedotto in giudizio’, sicché, come tali ‘sottratte al divieto di cui all’art. 345, comma secondo, cod. proc. civ.’, sebbene alla condizione -qui peraltro rispettata, come sottolinea la sentenza impugnata -di essere ‘proposte con riferimento a fatti principali o secondari risultanti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo’ (così, in motivazione, Cass, Sez. 3, ord. 6 maggio 2020, n. 8525, Rv. 657810-01).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso principale.
Il ricorso incidentale condizionato resta conseguentemente assorbito.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in € 13.000,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione