SENTENZA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE N. 1681 2025 – N. R.G. 00001467 2023 DEPOSITO MINUTA 30 09 2025 PUBBLICAZIONE 30 09 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Firenze
Sezione II civile
così composta:
NOME COGNOME Presidente rel.est.
NOME COGNOME Consigliere
NOME COGNOME Consigliere
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta a ruolo il 18.7.2023 al n. 1467 del Ruolo Affari Civili Contenziosi dell’anno 2023
avente ad oggetto: Fideiussione
promossa da:
elettivamente domiciliata in Terni, presso e nello studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, come da mandato allegato all’atto di citazione in appello,
APPELLANTE
TABLE
elettivamente domiciliata in Firenze, presso e nello studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa d all’avv. NOME COGNOME del Foro di Milano, come da mandato allegato alla comparsa di costituzione e risposta in appello,
APPELLATA
All’ esito dell’ordinanza del 2.4.2025, celebrata la causa secondo il modello di trattazione scritta e
concessi i termini di cui all’art. 352 c.p.c. , la causa Ł stata trattenuta in decisione sulle seguenti
conclusioni:
;
III)accogliere le conclusioni proposte dalla appellante in primo grado, che si ripropongono al vaglio della Corte, per i motivi esposti in narrativa e per quelli già illustrati in primo grado, che per comodità espositiva si trascrivono come segue:
‘A
1)preliminarmente, accertare e dichiarare la incompetenza per territorio del Tribunale di Siena a favore del Tribunale di Terni, foro del consumatore e per l’effetto dichiarare la nullità, ovvero pronunciare l’annullamento, ovvero revocare il decreto ingiuntivo opposto;
2)revocare, annullare e comunque dichiarare la nullità o la inefficacia, del decreto ingiuntivo opposto, assolvendone nel migliore dei modi l’opponente , dichiarando che nulla Ł da lei dovuto ad alcun titolo;
B
in via gradata, fermo restando la eccezione preliminare di incompetenza per territorio e la domanda di revoca, annullamento del decreto ingiuntivo:
TABLE
obbligazioni contratte dalla RAGIONE_SOCIALE con i contratti di leasing, ai sensi del provvedimento n. 55 del 2.5.2005 della Banca D’Italia, per la intesa anticoncorrenziale vietata a monte, della quale le fidejussioni medesime costituiscono negoziazione a valle, per la violazione della l. 287/1990 e di conseguenza, revocare il decreto ingiuntivo opposto e dichiarare che nulla Ł dovuto ad alcun titolo dalla opponente alla
;
1.2)in subordine nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la nullità Ł soltanto parziale e non dell’intero contratto di garanzia, dichiarare la nullità degli artt. 1-2-5, di tutti i contratti di garanzia per cui Ł causa per le ragioni di cui al capo precedente e di conseguenza dichiarare la opponente liberata da ogni obbligazione nei confronti della banca per non aver questa agito nei termini di cui all’art. 1957 cc e comunque per ogni effetto conseguente alla nullità dei patti nulli;
1.3)in ulteriore subordine, nel caso in cui non dovessero ritenersi nulli, nØ parzialmente nulli i contratti di garanzia condannare la
al risarcimento del danno subito da in conseguenza della intesa anticoncorrenziale vietata, che si indica in €. 50.000,00, ovvero nell’importo maggiore o minore, che risulterà dalla istruttoria di causa ed in subordine da liquidarsi secondo equità;
1.4)in ulteriore subordine, nell’ipotesi in cui codesto Tribunale non dovesse ritenersi competente a conoscere la azione di accertamento della nullità totale
o parziale delle fidejussioni e della domanda di condanna al risarcimento dei danni, come sopra spiegate, ai sensi dell’art. 33 l. 287/90, riconoscendo la competenza funzionale della Corte di Appello di Perugia, ritenuta la pregiudizialità della decisione, sospendere ai sensi dell’art. 295 cpc l’odierno giudizio, in attesa della sentenza della Corte Territoriale; ovvero rimettere la causa alla Corte di Appello di Perugia, con il termine per la riassunzione;
2.1)dichiarare la nullità delle clausole vessatorie contenute in tutti i contratti di garanzia, come precisate nella citazione, per la violazione degli artt. 33-34-36 del d.lgs. 6.9.2005 n. 206;
2.2)dichiarare di conseguenza la decadenza dall’azione proposta dalla
nei confronti della opponente con la conseguente liberazione del fideiussore ai sensi dell’art. 1957 cc e revocare pertanto il decreto ingiuntivo opposto e per effetto della nullità degli altri patti impugnati;
3)in ulteriore subordine, dichiarare ed accettare la compiuta prescrizione della pretesa creditoria e di conseguenza revocare il decreto ingiuntivo opposto;
4)accertato e dichiarato l’inadempimento della
ai contratti di leasing, dichiarare fondata la eccezione di inadempimento sollevata dal fideiussore ai sensi dell’art. 1460 cc e revocare il decreto ingiuntivo opposto;
5)accertato e dichiarato l’inadempimento della
TABLE
risoluzione dei contratti garantiti e di conseguenza dei contratti di garanzia e revocare il decreto ingiuntivo opposto;
6)accertare e dichiarare la nullità degli interessi moratori e di quelli sopra soglia applicati dalla
ed altresì dichiarare non dovute le somme comunque pretese dalla opposta e revocare il decreto ingiuntivo opposto;
7)accertare e dichiarare la eccessiva onerosità della penale, costituita dai canoni a scadere, annullarla completamente ed in ipotesi ridurla ad equità e revocare il decreto ingiuntivo opposto;’
IV)in ogni caso con vittoria di spese del doppio grado di giudizio;
V)in via istruttoria ammettere le prove articolate da in primo grado e non ammesse dal Tribunale di Siena ed in particolare:
– le prove richieste con la seconda memoria ex art. 183 comma 6 cpc dell’8 luglio 2022, come riproposte con le note di trattazione scritta per la udienza del 6 ottobre 2022 in cui sono state precisate le conclusioni, che per comodità di lettura si trascrivono come segue:
‘La opponente … chiede:
-che ai sensi dell’art. 214 cpc, sia ordinata la esibizione a carico della e della RAGIONE_SOCIALE con sede in Terni, INDIRIZZO
1) della lettera, inviata dalla alla RAGIONE_SOCIALE, di risoluzione del contratto di leasing n. NUMERO_DOCUMENTO, stipulato tra le stesse, avente ad oggetto l’autocarro RAGIONE_SOCIALE. Il documento, secondo quanto sostenuto dalla esiste. Il documento serve alla opponente per provare il valore della autovettura al momento della risoluzione ed in subordine la prescrizione. La opponente non ha altro Cont Cont
modo per acquisirlo al giudizio, non avendo ricevuto la lettera, così come, si ripete, non ha ricevuto le altre depositate dalla banca e non essendo neppure parte del contratto di leasing;
che sia ammessa la CTU, al fine di stabilire il valore commerciale delle autovetture, oggetto dei sei contratti di leasing, alle date di risoluzione dei contratti, che la stessa ha indicato il 4 agosto 2011 per cinque e per il sesto alla data che risulterà dalla esibizione. Cont
Il valore delle autovetture, alla data in cui la banca aveva l’obbligo di acquisirle e di venderle, appunto coincidente con la risoluzione dei contratti, dovrà essere imputato a deconto della pretesa della stessa.
Con la richiesta di CTU l’opponente non rinuncia comunque alle eccezioni sollevate sulla risoluzione dei contratti;
che sia ammessa la CTU, tecnico-contabile sul rapporto di leasing, nel caso in cui la banca dovesse contestare la consulenza tecnica di parte prodotta dalla opponente con la prima memoria istruttoria ex art. 183 comma 6 cpc.
Il Perito di Ufficio dovrà calcolare l’effettivo saldo debitore, con la disapplicazione dei tassi, commissioni e le altre voci illecite, così come ha già fatto il consulente tecnico di parte opponente ‘.
‘Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello di Firenze adita, disattesa ogni contraria istanza, previa qualunque forma e/o statuizione:
In via preliminare e/o pregiudiziale:
– ;
-dichiarare inammissibile l’appello prestato avverso la sentenza n. 8/2023, Repert. n. 34 del 09 gennaio 2023, emessa dal Tribunale di Siena in data 28 dicembre 2022 e pubblicata in data 09 gennaio 2023, con cui veniva definito il procedimento n. R.G. 1515/2021, a norma dell’art. 342 c.p.c. e dell’art. 16 bis comma 9 octies del D.L. n. 179/2012, come modificato dal D.L. 83/2015 conv. nella L. 132/2015, come meglio esposto in atto e con ogni conseguente provvedimento di conferma dell’impugnata sentenza;
-dichiarare inammissibile l’appello prestato avverso la sentenza n. 8/2023, Repert. n. 34 del 09 gennaio 2023, emessa dal Tribunale di Siena in data 28 dicembre 2022 e pubblicata in data 09 gennaio 2023, con cui veniva definito il procedimento n. R.G. 1515/2021, a norma dell’art. 348 bis c.p.c., come meglio esposto in atto e con ogni conseguente provvedimento di conferma dell’impugnata sentenza;
Nel merito:
-nella denegata ipotesi in cui l’Ill.ma Corte adita dovesse ritenere ammissibile l’appello prestato dalla Sig.ra rigettarlo integralmente in quanto totalmente infondato in fatto e in diritto per tutti i motivi di cui in narrativa, con conseguente conferma della sentenza n. 8/2023, Repert. n. 34 del 09 gennaio 2023, emessa dal Tribunale di Siena in data 28 dicembre 2022 e pubblicata in data 09 gennaio 2023, con cui veniva definito il procedimento n. R.G. 1515/2021;
In via istruttoria:
-dichiarare inammissibili ed impercorribili o, comunque, rigettare le sole richiamate in sede di conclusioni istanze istruttorie avversarie già rigettate in sede di primo grado di giudizio, con conseguente conferma della sentenza n. 8/2023, Repert. n. 34 del 09
gennaio 2023, emessa dal Tribunale di Siena in data 28 dicembre 2022 e pubblicata in data 09 gennaio 2023, con cui veniva definito il procedimento n. R.G. 1515/2021.
Con vittoria di spese, compenso professionale, rimborso forfettario ed accessori di legge di entrambi i gradi di giudizio ‘.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Sulle conclusioni delle parti, come riportate in epigrafe, la causa di appello, iscritta al n.r.g. 1467/2023 di questa Corte (avente ad oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Siena n. 8 del 9.1.2023; parti: c.
quale soggetto subentrato nei
rapporti a
,
esperiti gli adempimenti ex art. 350 c.p.c. e sulle produzioni documentali delle parti, Ł stata trattenuta in decisione all’esito dell’ordinanza del 2.4.2025, celebrata la causa secondo il modello di trattazione scritta e concessi i termini di cui all’art. 352 c.p.c.
Si riportano, per comodità di esposizione, motivazione e dispositivo della sentenza impugnata:
‘ MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato , fideiussore della RAGIONE_SOCIALEsocietà che aveva stipulato con
n. 6 contratti di leasing aventi ad oggetto autoveicoli), proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 180/2021 emesso dal Tribunale di Siena in data del 16 febbraio 2021, con il quale le era stato ingiunto di pagare, in favore di
la somma di € 179.198,48, in ragione dell’inadempimento dell’utilizzatrice, a titolo di indennità di utilizzo con riferimento ai contratti n. 1166528, n.1166633, di canoni di leasing scaduti, di spese sostenute, di interessi e di minusvalenza da ricollocamento.
Eccepiva l’opponente: a) l’incompetenza territoriale del Tribunale adito in favore del Tribunale di Terni, quale Foro del Consumatore; b) la nullità delle fideiussioni per contrasto con il divieto di intese anticoncorrenziali di cui all’art. 2, comma 2, lett. a della L. 287/1990; c) la
vessatorietà delle clausole del contratto di fideiussione; d) la liberazione del fideiussore ex art. 1957 c.c.; e) la prescrizione della pretesa creditore; f) la violazione dei principi di buona fede e correttezza da parte della banca; g) l’eccessività della somma richiesta. Agiva, inoltre, in via di regresso contro l’utilizzatore e nei confronti dei co -fideiussori e (per la quinta e sesta fideiussione), per il caso di rigetto delle domande.
L’opposta si costituiva, contestando integralmente quanto ex adverso dedotto e instava per la conferma del decreto ingiuntivo.
La causa veniva istruita documentalmente e all’udienza del 6.10.2022, fissata per la precisazione delle conclusioni, veniva riservata in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
*
Anzitutto è incontestato che l’opponente abbia sottoscritto le seguenti fideiussioni:
in Terni il 29.8.2008 di €. 19.600,00, per il contratto di leasing n. 1166528;
in Terni il 29.9.2008 di €. 18.720,00, per il contratto di leasing n. 1166536;
in Terni il 10.10.2008 di €. 21.996,00, per il contratto di leasing n. 1166633
in Terni, il 10.10.2008, di €. 12.168,00, per il contratto di leasing n. 1166705;
in Terni, il 22.12.2008, di €. 37.200,00, per il contratto di leasing n. 1167913 (unitamente ai co-fideiussori
e ; 6. in Terni, il 22.12.2008, di €. 37.200,00 per il contratto di leasing n. 1167914 (unitamente ai co-fideiussori
e
.
Ciò premesso, occorre rilevare che ha proposto una domanda di regresso contro l’utilizzatore e nei confronti dei co-fideiussori e (per la quinta e sesta fideiussione), non formulando al giudice alcuna richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa dei terzi. Ne deriva l’inammissibilità delle domande di
regresso.
A tal proposito si osserva che nel procedimento per ingiunzione, per effetto dell’opposizione, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto. Ciò esplica i suoi effetti non solo nell’ambito dell’onere della prova ma anche in ordine ai poteri e alle preclusioni processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti. Deriva da quanto precede che il disposto dell’articolo 269 c.p.c., che disciplina le modalità della chiamata di terzo in causa, non si concilia con il procedimento instaurato tramite l’opposizione al decreto, dovendo in ogni caso l’opponente citare unicamente il soggetto che ha ottenuto detto provvedimento, non potendo le parti originariamente essere altri che il soggetto istante per la ingiunzione di pagamento e il soggetto nei cui confronti la domanda Ł diretta.
L’opponente – cui Ł, altresì, preclusa, nella qualità di convenuto sostanziale, la facoltà di chiedere lo spostamento della udienza, nonché quella di notificare l’opposizione a soggetto diverso dal creditore procedente in ingiunzione deve necessariamente chiedere al giudice, con lo stesso atto di opposizione, a pena di decadenza, l’autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritiene comune la causa sulla base dell’esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto ingiuntivo, non potendo formulare la istanza alla prima udienza (Cassazione civile sez. I, 29/10/2015, n. 22113).
Sempre in via preliminare, il Tribunale ritiene che l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla parte opponente sia infondata. in particolare, a sostegno di tale eccezione, ha invocato la normativa dettata in favore del consumatore, così come interpretata alla luce del recente orientamento della Corte di Giustizia Europea (ordinanza 19.11.2015 in causa C-74/15), evidenziando l’assenza di collegamento funzionale con la società garantita.
¨ noto che tradizionalmente la giurisprudenza di merito e di legittimità ha costantemente negato la possibilità di qualificare il fideiussore di una società alla stregua di consumatore, facendo discendere dal carattere della accessorietà del contratto di garanzia, di riflesso, la medesima qualifica rivestita dal soggetto garantito anche in capo al garante (cfr Cass. Civ. 10107/2005, Cass. Civ. 13643/2006).
Tale orientamento Ł stato tuttavia messo in discussione dal recente orientamento della Corte di Giustizia in materia di interpretazione della Direttiva 93/13/CEE in materia di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (ord. 19.11.2015 in causa C-74/15, ord. 14.9.2016 in causa C534/15). A livello sistematico si osserva peraltro come l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia alla Direttiva 93/13/CEE, da cui il nostro Codice del Consumo Ł derivato, non può essere ignorata dal giudice nazionale, che Ł tenuto ad interpretare il diritto interno alla luce dei principi europei posti alla base delle direttive, così come interpretati dalla Corte di Giustizia.
Ciò premesso, la Corte di Giustizia ha evidenziato come la direttiva 93/13/CEE possa trovare applicazione anche in relazione ai contratti accessori, quale appunto la fideiussione, dovendosi accertare l’applicabilità della direttiva in concreto e con riferimento alla qualità dei contraenti. In particolare, la Corte di Giustizia ha precisato che nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta al giudice nazionale determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base di collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata.
Un’apertura in tal senso si è registrata anche da parte della Suprema Corte che, con riferimento alla nozione di consumatore ai fini e agli effetti della 1. 3/2012
(composizione delle crisi da sovraindebitamento) ha ricompreso anche le obbligazioni contratte dal debitore persona fisica per far fronte ad esigenze personali o familiari o della piø ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale, dunque anche a favore di terzi, ma senza riflessi diretti in un’attività d’impresa o professionale propria (Cass. Civ. 1869/16).
Ciò detto, si osserva come, nel caso di specie, era socia della RAGIONE_SOCIALE quando sono stati stipulati i contratti di garanzia (doc. 2 fasc. opposta; dalla visura, in particolare, emerge che le quote societarie sono state cedute a il 23/06/2011), onde sussiste un collegamento funzionale tra la garante e la società stessa.
Appare infondato anche il motivo di opposizione relativo alla vessatorietà delle clausole apposte ai contratti di fideiussione. Tali clausole risultano approvate dal garante, secondo quanto risulta dal chiaro tenore del contratto. Secondo la giurisprudenza, la specifica approvazione scritta, richiesta dall’art. 1341 comma 2 c.c. per le clausole contrattuali vessatorie deve essere effettuata mediante sottoscrizione separata e distinta da quella in calce alle condizioni generali del contratto predisposto dall’altra parte, senza che sia necessario che la distinta sottoscrizione segua una letterale enunciazione della clausola stessa, essendo sufficiente che tale sottoscrizione sia apposta dopo un’indicazione idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore, e dovendosi ritenere assolto l’obbligo imposto dalla norma anche quando le clausole siano state individuate, nella dichiarazione di accettazione autonomamente sottoscritta, mediante il riferimento al numero d’ordine o lettera e all’oggetto di ciascuna clausola o di ciascuna disposizione di legge (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 10942 del 11/05/2006 (Rv. 593247 – 01)). Si ritiene che, nei contratti esaminati, siano stati rispettati i requisiti di ‘specificità’ e ‘separatezza’. Difatti, la specifica approvazione è consistita in una sottoscrizione unica per tutte e solo le clausole vessatorie contenute nello schema contrattuale, sufficientemente richiamate attraverso l’espresso riferimento sia al numero dell’articolo identificante la clausola vessatoria, sia al titolo e quindi all’oggetto della clausola. Dunque, Ł stata scelta una tecnica redazionale idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole specificamente approvate.
Si osserva, in ogni caso, che l’eventuale nullità parziale delle clausole indicate come vessatorie da parte opponente non presenterebbe efficacia inficiante sulla debenza delle somme oggetto di ingiunzione, in nome del principio di conservazione sotteso all’operatività del meccanismo di cui all’art. 1419 c.c., non risultando la volontà di permanenza in vita del contratto come avvinta indissolubilmente dalla permanenza in vigore delle condizioni di contratto ivi contenute.
Parimenti infondata è l’eccezione di prescrizione sollevata dall’opponente. A tal proposito, in primo luogo, va
osservato, che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito, ormai da tempo, che ‘…là dove il corrispettivo contrattuale sia solo apparentemente periodico, nel senso che esso consiste in una prestazione unitaria, pur eseguibile frazionatamente nel tempo (come nel caso dedotto nella fattispecie di contratto di ‘leasing’, in cui è dilazionata l’esigibilità delle singole rate del finanziamento, ma l’utilizzatore è tenuto a restituirne l’intero, essendo unitaria la prestazione che egli si impegna ad eseguire) il termine di prescrizione Ł quello decennale, applicabile in genere alle azioni contrattuali e, segnatamente, a quelle di adempimento o di responsabilità’ (cfr. Cass. 30/01/2008 n. 2086 e Trib. Bologna 21/04/2014). Inoltre, va precisato che, il termine di decorrenza della prescrizione comincia a decorrere dalla data di scadenza dell’ultima rata poiché il finanziatore, prima di detta scadenza, non potrebbe legittimamente pretendere il pagamento. ‘Nel contratto di mutuo la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata inizia a decorrere dalla scadenza dell’ultima rata, atteso che il pagamento dei ratei configura un’obbligazione unica ed il relativo debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell’ultima rata’ (cfr. Cass. 30/08/25011 n. 17798; Cass. 06/02/2004 n. 2301 e Trib. Taranto 10/09/2015). Nel caso di specie, la scadenza contrattuale originariamente pattuita risaliva al 2012, onde i dieci anni non possono considerarsi decorsi.
Con ulteriore motivo di opposizione, l’opponente ha dedotto la nullità delle fideiussioni sottoscritte contestualmente alla stipula dei contratti di leasing finanziario, per violazione dell’art. 2 della L.287/1990, c.d. Legge Antitrust.
Anzitutto occorre evidenziare che detta questione si atteggia quale eccezione avente rilievo meramente incidentale, in quanto volta a far accertare senza efficacia di giudicato l’invalidità negoziale dedotta dall’opponente al fine di paralizzare la pretesa creditoria di cui al decreto ingiuntivo opposto.
Tale precisazione elimina in radice qualunque profilo (rilevabile anche d’ufficio) di incompetenza funzionale dell’adito Tribunale in favore della Sezione Specializzata in materia di imprese territorialmente competente a norma dell’art. 33 della L. n. 287/1990.
Ciò posto, sul tema della validità dell’obbligazione di garanzia, occorre innanzitutto osservare che le fideiussioni prestate da non sono del tipo omnibus ma sono fideiussioni specifiche, espressamente legate alle operazioni di finanziamento di cui ai contratti di leasing conclusi dalla RAGIONE_SOCIALE
Per quanto sopra, non vale richiamare il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 adottato dalla Banca d’Italia in veste di Autorità Garante della Concorrenza tra gli Istituti di Credito (a tenore del quale ‘gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie fideiussione omnibus contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a)’) per affermare sic et
simpliciter che le fideiussioni sono state attuative di una intesa illecita.
Infatti il predetto provvedimento, emanato all’esito di apposita istruttoria avente ad oggetto le clausole contrattuali utilizzate dalla banche per la fideiussione omnibus e la loro corrispondenza con lo schema predisposto dall’ABI per detta tipologia di fideiussione, ha valore di prova privilegiata solo in relazione all’esistenza di una condotta anticoncorrenziale riguardante, per l’appunto, la concertazione tra le banche di un unico modello di fideiussione omnibus, mentre analogo valore evidentemente non può possedere rispetto alla diversa figura negoziale della fideiussione specifica, che non Ł stata oggetto di istruttoria e di approfondimento da parte dell’Autorità Garante.
Dunque, spettava all’opponente offrire ulteriori prove che le fideiussioni in concreto sottoscritte corrispondessero, a loro volta, ad un modello uniformemente adottato dalle banche nel periodo di riferimento, tanto da palesare un’intesa tra le stesse sul piano della contrattualistica volta a falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.
Nessun elemento in tal senso Ł stato tuttavia fornito.
Va peraltro aggiunto che, con la sentenza n. 41994 del 2021, le Sezioni Unite della Cassazione hanno definitivamente chiarito che la nullità invocata dall’opponente – salva la prova della ricorrenza dei presupposti per l’estensione all’intero contratto ai sensi all’art. 1419 c.c., comma 1, nel caso di specie non fornita – Ł di tipo parziale, ossia limitata alle sole clausole che riproducano quelle costituenti intesa vietata. In particolare la S.C. ha espresso il seguente principio di diritto, a cui occorre attenersi: ‘i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3 della Legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti’.
Dunque, non sarebbe in ogni caso predicabile la nullità integrale delle fideiussioni per cui Ł causa.
Quanto all’eccezione relativa alla violazione dell’art. 1957 c.c., essa si appalesa evidentemente infondata, tenuto conto della clausola derogatoria espressamente contenuta nei contratti di fideiussione, regolarmente sottoscritti dall’opponente (art. 1 contratti fideiussione).
Infine, non vi siano elementi per considerare contrario a buona fede il comportamento della banca, anche in considerazione del fatto che i contratti di leasing non sono stati risolti ma sono scaduti per lo spirare del termine pattuito.
Il decreto ingiuntivo va quindi confermato e l’opposizione proposta integralmente rigettata.
Stante i recenti sviluppi della giurisprudenza di legittimità in tema di nullità delle fideiussioni per contrasto con il divieto di intese anticoncorrenziali di cui all’art. 2, comma 2, lett. a della L. 287/1990, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, sia pure limitatamente al 50%.
P.Q.M.
Il Tribunale, ogni diversa istanza o eccezione disattesa o assorbita, definitivamente pronunciando, così dispone:
Rigetta, per le ragioni di cui in motivazione, l’opposizione, e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 180/2021 emesso dal Tribunale di Siena in data del 16 febbraio 2021 verso ;
compensa le spese di lite nella misura del 50%; condanna l’opponente a rimborsare a
la restante metà delle spese di lite, che si liquidano in 5.905,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese gen. al 15%, c.p.a. e iva ‘ .
Avverso la suddetta sentenza ha interposto appello chiedendo, in accoglimento del proposto appello e in riforma dell’impugnata decisione, di sentire:
I)preliminarmente sospendere la efficacia esecutiva della sentenza impugnata, per tutte le ragioni indicate in narrativa
II)rigettare tutte le eccezioni, domande e conclusioni proposte dalla
III)accogliere le conclusioni proposte dalla appellante in primo grado
IV) in ogni caso con vittoria di spese del doppio grado di giudizio
V)in via istruttoria con ammissione delle prove articolate in primo grado e non ammesse dal Tribunale di Siena.
Si Ł costituita , resistendo all’avversario appello, quale soggetto subentrato nei rapporti a
a sua volta concludendo per la declaratoria di inammissibilità dell’appello e per il suo rigetto, col favore delle spese.
Con ordinanza del 2-3 luglio 2024 questa Corte ha rigettato l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva dell ‘ impugnata sentenza.
Con ordinanza del 2-3 luglio 2024 il Consigliere Istruttore, impregiudicata ogni decisione finale, ha formulato la seguente proposta di soluzione conciliativa: pagamento da parte dell’appellante dell’importo ingiuntole in via monitoria, detratti gli importi relativi alle minusvalenze da ricollocamento.
La proposta non Ł stata accettata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, quanto all’eccezione di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. si osserva che essa debba andare disattesa in ragione del fatto che l’impugnazione è stata proposta nel sostanziale rispetto delle prescrizioni di legge, risultando sufficientemente chiara l’esposizione delle doglianze espresse contro la decisione impugnata oltre che adeguatamente prospettate le modifiche richieste, avendo consentito comunque all’appellata di espletare puntualmente le proprie difese. E’ peraltro evidente come la lunghezza dell’atto di appello derivi dal dato, del tutto palese, del richiamo testuale al contenuto di consulenza tecnica di parte allegata nel giudizio di primo grado, che non si è concretizzato quale specifico profilo di doglianza avverso l’impugnata sentenza e non ha aggravato in tal modo né l’attività difensiva di controparte né quella giurisdizionale.
Va preliminarmente disattesa l’altra eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 348 -bis c.p.c. in
ragione del fatto che l’appello è oramai nella sua fase decisoria.
Il primo motivo di appello -con cui, in sintesi, viene mossa censura all’impugnata decisione nella parte in cui questa ha rigettato l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall’odierna appellante, sul ritenuto errato presupposto di non averla qualificata come soggetto consumatore – è infondato.
Va premesso che, non avendo peraltro esplicitato la rilevanza dell’argomentazione secondo cui la sua sarebbe una domanda e non un’eccezione, correttamente la prospettazione dell’appellante è stata ritenuta dal primo Giudice come una vera e propria eccezione, atteso che nel procedimento monitorio e nel relativo giudizio di opposizione il ricorrente ed opposto è attore sostanziale e l’ingiunto ed opponente viceversa convenuto sostanziale, donde la difesa di quest’ultimo in punto di competenza è un’eccezione in senso tecnico, che nel caso di specie è stata tempestivamente formulata con l’atto di citazione in opposizione.
Nella rimanente parte del motivo di impugnazione l’appellante insiste nell’affermazione della propria qualità di consumatore – come tale ravvisabile anche nell’ipotesi di fideiussione, laddove, secondo la richiamata giurisprudenza comunitaria e nazionale, non vi sia stato alcun coinvolgimento del garante nell’attività dell’obbligato principale -, in proposito invocando la propria condizione di mera socia di minoranza (con una quota di capitale di 19.500,00 Euro su un totale di Euro 50.000,00) all’interno della compagine sociale della società obbligata principale e soprattutto la carenza in capo alla stessa di alcun ruolo gestorio.
Osserva questa Corte come la percentuale partecipativa al capitale di una RAGIONE_SOCIALE -e sul
presupposto, peraltro non dimostrato nel caso di specie, che non abbia contribuito al formarsi della maggioranza in sede assembleare – non è un dato di per sé rilevante.
In materia di RAGIONE_SOCIALE al socio, qualunque sia la sua percentuale di partecipazione al capitale sociale, sono attribuiti infatti incisivi poteri di controllo sull’operato degli amministratori e soprattutto precisi diritti di informazione (vd. art. 2476 c.c.) che pongono il primo in condizione di venire a conoscenza dell’andamento degli affari sociali.
La prova dell’insussistenza di detta condizione deve essere rigorosamente provata (ad es. mediante la dimostrazione che, prima del rilascio della fideiussione, siano state fornite dagli amministratori nelle sedi rituali, in primo luogo durante il procedimento di approvazione del bilancio annuale, informazioni non veritiere ed altresì che queste, a fideiussione rilasciata ed a seguito dell’esercizio dei poteri di controllo, si siano rivelate tali).
In difetto di tutto ciò, come avvenuto nel caso di specie (in cui l’appellante null’altro ha dedotto se non di essere non amministratrice e, considerata da sola, socia di minoranza), l’eccezione si conferma priva di fondamento e così pure il corrispondente articolato motivo di appello.
La circostanza che la abbia, successivamente al rilascio delle fideiussioni, ceduto la sua quota di partecipazione al capitale della società obbligata principale è priva di rilievo, non potendo le conseguenze di legge o le sorti dell’accordo contrattuale, con il quale è stata ritualmente pattuita la competenza del foro del creditore, dipendere dalla condotta unilaterale e soggettiva di uno solo dei soggetti paciscenti.
Conseguentemente è infondato il secondo motivo di appello, con cui la lamenta la mancata applicazione in suo favore della disciplina a vantaggio del consumatore (segnatamente gli artt. 33 -34 36 del D.Lgs. n. 206/2005).
Con il terzo motivo di appello viene mossa censura all’impugnata decisione nella parte in cui questa ha rigettato l’eccezione di prescrizione delle ragioni creditorie invocate da parte appellata.
Sostiene in particolare parte appellante che il dies a quo avrebbe dovuto farsi decorrere dal momento in cui la Banca creditrice avrebbe potuto per i contratti in questione invocare la decadenza dal beneficio del termine ed avvalersi della pattuita clausola risolutiva espressa.
Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza.
Ove infatti pure si voglia accedere alla suddetta tesi, l’appellante colloca la decadenza dal beneficio del termine a partire dai mesi di giugno/luglio 2010 e, pur rappresentando che missive di avvenuta risoluzione dei contratti di locazione finanziaria, indirizzate anche ad essa appellante, non sono mai state ricevute da quest’ultima (in particolare la lettera del 29 ottobre 2020), dà comunque atto che il 7 maggio 2018 veniva recapitata missiva interruttiva della prescrizione alla società obbligata principale, con ciò dando per riconosciuti come raggiunti utilmente gli effetti di cui all’art. 1310 c.c. secondo l’applicabile ordinario termine di prescrizione decennale.
Con il quarto motivo di appello viene, in sintesi, mossa censura all’impugnata decisione nella parte in cui questa ha ritenuto inapplicabile al caso in esame il Provvedimento della Banca d’Italia, quale allora Autorità Garante in materia di concorrenza in ambito bancario, n. 55 del 2.5.2005.
In particolare parte appellante -laddove il primo Giudice ha osservato che l’oggetto del citato Provvedimento riguarda unicamente le fideiussioni omnibus e non si applica a quelle qui in esame, che sono invece pacificamente fideiussioni specifiche -lamenta che da detto principio deriverebbe illegittima disparità di trattamento a danno dei fideiussori specifici.
Il motivo è infondato.
Nella fideiussione omnibus il garante, fermo il limite monetario che deve essere espressamente pattuito, non è anzitempo in grado di conoscere le obbligazioni che il debitore principale andrà nello specifico a contrarre.
Viceversa nelle fideiussioni specifiche -per di più, come nel caso in esame, in quelle fideiussioni dirette a garantire le obbligazioni derivanti da un ben individuato e richiamato contratto – il garante è sin dall’inizio perfettamente in grado di comprendere entità e tempi di adempimento dell’obbligato principale. Donde, per quanto qui rileva, la perfetta derogabilità di una diposizione come quella di cui all’art. 1957 c.c. (oggetto di una delle clausole ritenute illegittime dalla Banca d’Italia), conoscendo infatti il garante, al contrario di quanto potrebbe avvenire per le fideiussioni omnibus , ogni specifica data di scadenza dell’obbligazione principale.
Correlativamente è infondato il sesto motivo di appello con cui si muove censura all’impugnata decisione nella parte in cui questa ha dichiarato insussistente la decadenza ex art. 1957 c.c. della Banca creditrice, essendovi stata legittima deroga del termine previsto da detta norma in ciascuno dei contratti qui in esame.
Con il sesto motivo di appello viene dedotta l’avvenuta violazione da parte del primo Giudice del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto per
non avere, in sintesi, la sentenza appellata adeguatamente valutato la rilevanza del tempo intercorso fra la data in cui per ciascun contratto la società concedente avrebbe potuto avvalersi della clausola risolutiva espressa e la data finale di durata del contratto, colpevolmente lasciata decorrere dalla concedente (che quanto meno non ha notiziato essa odierna appellante e comunque non ha a suo tempo assunto iniziative giudiziali), con conseguente imputabilità alla concedente della pur richiesta minusvalenza da ricollocamento dei beni locati.
Il motivo è fondato nei limiti che saranno precisati. Deve comunque tenersi conto del principio per il quale l’aspettativa economica che ciascuna delle parti ripone nella regolare esecuzione del contratto di leasing non può essere alterata per effetto della condotta dell’altra.
Nel caso in esame con la richiesta di pagamento dei canoni fino alla finale durata del contratto e per effetto della pacifica rinuncia ad avvalersi per tempo della clausola risolutiva espressa la società concedente (nella cui posizione è subentrata la odierna appellata) non ha preteso nulla di più di quanto le sarebbe derivato dalla regolare esecuzione del contratto. I parimenti richiesti interessi di mora derivano da quello che è il pacifico inadempimento della società utilizzatrice.
Viceversa non può invocare la società concedente (e per essa ora la odierna appellata) ogni indennizzo da minusvalenza da ricollocamento dei beni locati (pure richiesto in sede monitoria con riferimento a tutti e sei i contratti) perché, per via della omessa tempestiva invocazione della clausola risolutiva espressa, è la
società concedente stessa che ha dato luogo al formarsi della suddetta minusvalenza.
Diverso è il discorso per l’indennità di utilizzo per ritardata restituzione dei beni, a durata finale dei contratti maturata (è quanto richiesto dalla società concedente riguardo ai contratti 1166528 e 1166633), posto che la concedente aveva diritto comunque alla restituzione del bene ex adverso non riscattato. Altro sul punto vd. infra – è verificare, tenuto conto della maturata obsolescenza del bene, quale sia l’effettivo quantum dovuto a tale titolo.
Con il settimo motivo di appello – nel quale è altresì riportato testualmente il contenuto di consulenza tecnica di parte allegata in primo grado che occupa le pagg. 55 -132 dell’atto di appello – parte appellante muove censura all’impugnata decisione nella parte in cui questa dà conferma del quantum della pretesa di controparte. Dal motivo possono in verità enuclearsi quali specifici profili di censura l’eccessivo ammontare che la società concedente avrebbe richiesto a titolo di penali e comunque l’eccessività dell’importo totale richiesto in sede monitoria che sarebbe pari al totale delle fideiussioni rilasciate, oltre che dalla odierna appellante, altresì da altri fideiussori e, per taluni contratti (i nn. 1167913 e 1167914), dai cofideiussori.
Il motivo, nella parte in cui sono enucleabili, come sopra esposto, specifici profili di censura, è infondato per le seguenti ragioni:
-la questione delle penali contrattuali è priva di rilievo nel caso di specie, avendo la società concedente (ed ora la subentrata nei rapporti) viceversa solo richiesto il totale dei canoni scaduti fino alla, per tutti maturata, data finale dei contratti
-il totale richiesto dalla società concedente (ed ora dalla subentrata nei rapporti) non corrisponde al totale degli importi garantiti, bensì al totale delle voci richieste a titolo di canoni insoluti, di interessi, di indennità (per due dei contratti) di utilizzo per ritardata restituzione dei beni ed altresì di indennizzo da minusvalenza da ricollocamento dei beni locati (voce, quest’ultima, per quanto sopra esposto non dovuta).
Tutto ciò posto, le somme per le quali la RAGIONE_SOCIALE è effettivamente tenuta in qualità di fideiubente o cofideiubente sono le seguenti (per canoni non dovuti e conseguenti interessi di mora)
TABLE
per complessivi Euro 174.229,98, di cui Euro 94.648,40 a titolo di canoni rimasti insoluti ed inferiore al capitale garantito di complessivi Euro 146.884,00.
L’ingiunzione è stata emessa nei confronti della per Euro 179.198,48.
La differenza fra Euro 179.198,48 ed Euro 174.229,98 trova giustificazione nell’indennità di utilizzo per ritardata restituzione dei beni, relativamente ai contratti 1166528 e 1166633. Si tratta, per quanto riguarda la garanzia della per la quale sussiste il suo interesse all’impugnativa, di una differenza (di poco meno di Euro 5.000,00) del tutto congrua, che, nel complesso, tenuto conto di quello che è stato il pacifico ed effettivo ritardo nella
restituzione, induce quindi a ritenere in conclusione infondato il da lei proposto appello.
Le spese, anche relativamente al primo grado (peraltro ivi compensate per metà – vd. ottavo motivo di appello che viene pertanto ritenuto infondato -), seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo (secondo aliquote medie rapportate all’ammontare dell’ingiunzione, esclusa la fase istruttoria).
Vi è sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1quater , primo periodo, D.P.R. 115/2002 nei confronti dell’appellante .
P.Q.M.
la Corte
definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza od eccezione, sull’appello proposto da avverso la sentenza del Tribunale di Siena n. 8 del 9.1.2023,
rigetta il proposto appello e conferma l’impugnata sentenza;
TABLE
delle spese di lite del presente grado di giudizio da quest’ultima sopportate che vengono liquidate in Euro 9.991,00 per compensi di avvocato, oltre spese generali, CAP ed IVA come per legge;
dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 -quater , primo periodo, D.P.R. 115/2002 nei confronti dell’appellante .
Così deciso in Firenze il 29 settembre 2025.
Il Presidente rel.est.